Mi chiedo e vi chiedo. Come potrebbe funzionare la vita sociale ed economica di un Paese senza questo lavoro?



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Transcript:

Anna Pianigiani Responsabile coordinamento Donne SPI-CGIL della provincia di Siena Relazione introduttiva del Convegno LAVORO DI CURA TRA FAMIGLIA E ISTITUZIONI 8 maggio 2009 Siena In questo convegno vogliamo parlare della cura come lavoro socialmente indispensabile ed economicamente importante. Infatti, che cos è il lavoro di cura? Non quello di cui si occupano le riviste femminili, definito cura del corpo o del giardino, dell arredamento, ecc, in quel caso si tratta di scelte personali, di hobby, piacevolezze e così via La cura come lavoro è occuparsi delle persone nella loro vita quotidiana e nei momenti di straordinario bisogno, curare l abitazione, curare le relazioni esterne alla famiglia. Consiste in tutti quei piccoli e grandi impegni che fanno funzionare le famiglie e la collettività, come: occuparsi dei bambini in qualità di genitori, nonni, tate, ecc, per farli crescere, per educarli; assistere e curare gli anziani e tutte le persone non autosufficienti per problemi fisici o psichici che sono impossibilitate a provvedere da sole alle proprie necessità; tenere in ordine l abitazione, fare la spesa, cucinare, lavare, stirare, rigovernare. In sintesi, occuparsi dell economia familiare; tessere la rete dei rapporti tra famiglie, ASL, Comune, ecc... quando se ne presenta la necessità e l opportunità. 1

Si tratta di un lavoro indispensabile al buon funzionamento della società. Quando viene fatto da professionisti è riconosciuto e retribuito. La maggior parte, però, si svolge nel privato e non è né riconosciuto, né retribuito. Può definirsi lavoro invisibile. Mi chiedo e vi chiedo. Come potrebbe funzionare la vita sociale ed economica di un Paese senza questo lavoro? Proviamo a pensare ad un improvvisa interruzione di queste attività per un giorno. Forse si creerebbero più problemi in questo caso che se per lo stesso periodo si interrompesse l erogazione della corrente elettrica! Oggi, quando i governanti, i mezzi di informazione, parlano della crisi economico-finanziaria globale, dicono che uno dei motivi per cui le banche italiane non sono state travolte è perché ci sono i risparmi degli italiani e l altro perché la famiglia esiste e resiste. Nessuno dice quale è il contributo del lavoro di cura nell aver creato il risparmio e nella resistenza della istituzione famiglia. Noi sappiamo che l economia familiare non potrebbe funzionare senza questo lavoro. La famiglia è la prima cellula della società. La cura è quindi un lavoro indispensabile alla riproduzione sociale e all economia del Paese. L iniziativa di oggi è organizzata dal Coordinamento donne dello SPI- CGIL della provincia di Siena. Il nostro, lo SPI-CGIL, è un Sindacato composto al 46,46% da pensionati e al 53,54% da pensionate. Riteniamo che questo convegno sia un occasione per interloquire con le Istituzioni su ciò che occorre fare affinchè questo lavoro di cura venga aiutato e 2

riconosciuto, ma anche per discutere, con gli uomini e con le donne che la nostra Organizzazione rappresenta, sul valore sociale ed economico che ha per contribuire a farlo uscire dall invisibilità! Ad occuparsi della cura sono soprattutto le donne, in particolare coloro che hanno fra 50 e 65 anni. Appartenendo alla schiera di chi ha fatto e fa questo lavoro, permettetemi qualche considerazione schietta e diretta. Noi donne delle generazioni giunte alla pensione abbiamo cercato di conciliare (quasi sempre) il lavoro di cura con un lavoro produttivo, perché era il ruolo che la società ci aveva assegnato. Penso alle donne mezzadre, a tutte coloro che anche in anni lontani erano impegnate nei sevizi sanitari e nella scuola, alle commercianti, alle sarte, ecc., a coloro che si occupavano anche della casa lavorando per tantissime ore al giorno. Quando a seguito del boom economico tante donne sono entrate nelle fabbriche e negli uffici con orari di lavoro pesanti e da rispettare, abbiamo continuato ad occuparci della cura della famiglia nella consapevolezza che la nostra emancipazione passava per la conquista dell autonomia economica; i nostri uomini, non abituati ad occuparsi della cura, non avrebbero cambiato totalmente ed improvvisamente vecchie abitudini. Abbiamo proiettato sulle figlie l aspirazione all affermazione sociale, con la conquista di più istruzione, cultura, lavori più gratificanti. Spesso ci siamo assunte l incarico solidale di prendersi cura dei bambini, degli anziani non più abili, facendo le nonne e/o le figlie. Sono ruoli assunti per 3

affetto e con affetto, accompagnati talvolta da sensi di colpa quando è stato impossibile assolverli. Si tratta di ruoli pesanti che contrastano con le aspettative di chi è andato in pensione e pensava di avere più tempo per sé. Prendersi cura comporta: impegno lavorativo, qualche volta per troppe ore giornaliere; mancanza di riposo sufficiente a ritemprarsi; fatica fisica, spesso superiore a quella richiesta, perché mancano le competenze necessarie per assistere una persona non più in grado di muoversi autonomamente; stress psico-fisico quando una donna deve prendersi cura di due famiglie la propria e quella del figlio/a o del genitore che non sempre vivono vicinissime. Tutto questo resta ancora lavoro invisibile sia per la società che forse anche per le giovani generazioni. Vogliamo parlare di tutto ciò, non per atteggiarsi a vittime, ma per affermare che la società o meglio il Governo non può nascondersi dietro l esaltazione di una famiglia che in realtà è in via di estinzione per non affrontare i problemi, anche nuovi, che abbiamo davanti. La diffusione dell istruzione e del lavoro femminile ha messo in discussione la famiglia tradizionale. Le giovani donne non potranno né vorranno fare quello che la generazione delle madri ha fatto e sta facendo 4

perché andranno in pensione più tardi e perché non sono abituate a dedicare alla cura tutto il tempo che gli hanno dedicato le generazioni precedenti. Anche se sta crescendo la cultura della condivisione nel lavoro di cura fra uomini e donne, non altrettanto avviene per quanto riguarda la condivisione fra generazioni. Penso anche per colpa nostra! Ilvo Diamanti (noto sociologo) scriveva: la società ha parcheggiato i giovani in angoli confortevoli, ma periferici. E un affermazione su cui riflettere! Occorre inoltre tenere presente che oggi non esiste più un tipo di famiglia standard, ma tanti tipi, ci sono quelle di un solo componente, spesso molto anziano, quelle degli emigranti, e così via I bisogni crescono con l invecchiamento ed il mutare della situazione socio-culturale. Nella nostra provincia le persone ultra75enni sono attualmente 46.555, nel 2015 se ne prevedono 52.053 (dati dell Osservatorio Provinciale), di questi 6.700 sono non autosufficienti gravi e molto gravi. E ancora un altro dato indicativo dei bisogni degli anziani: in provincia di Siena le persone che hanno più di 85 anni sono 9.811, di cui circa il 70% sono donne. Di queste, circa 2.750 vivono sole e con pensioni che in genere superano di poco i 500 euro mensili. Le Istituzioni come affrontano questi problemi? Come intervengono per alleviare la fatica delle famiglie e nella collaborazione alle buone relazioni sociali ed interpersonali? 5

Nel 2000 furono approvate due leggi importanti da questo punto di vista: la n. 328 di istituzione del sistema integrato dei servizi sociali e la n. 53 per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Si tratta di leggi complesse, forse in parte da semplificare, ma proiettate verso un futuro in cui la società si fa carico del lavoro di cura. Sono leggi che i Governi che si sono succeduti dal 2001 hanno lasciato inattuate, anche perché non finanziate La Regione Toscana ha approvato la legge regionale n. 41/2005 che cala nella nostra realtà i principi della legge 328, però i finanziamenti sono insufficienti. A fine 2008 è stata approvata la legge regionale di istituzione del fondo per la non autosufficienza, legge che contiene un ottimo impianto organizzativo dei servizi, ma il finanziamento messo a disposizione (50 milioni di euro) non potrà garantire la piena applicazione Comuni, Provincia e Asl, in modo differenziato, portano avanti progetti di servizi che aiutano le famiglie. Hanno mezzi scarsi, le scelte non sempre sono appropriate. Si riscontrano ritardi anche grandi nell andare verso la costituzione della rete dei servizi per l infanzia, per gli anziani. Il Governo non solo non approva i LIVEAS (Livelli essenziali di assistenza sociale) per l attuazione della legge 328, ma taglia ad esempio il tempo pieno nella scuola elementare Ma ritorniamo alla nostra realtà: Negli anni sono aumentati i servizi per l infanzia, ma solo la scuola per i bambini da 3 a 6 anni copre quasi totalmente il fabbisogno per circa 10 mesi l anno. 6

Gli asili nido pubblici e privati hanno una potenziale capienza del 26% dei bambini fino a 3 anni. Circa 500 bambini risultano in lista di attesa. Il tempo pieno nella scuola elementare è insufficiente e la sua collocazione è a macchia di leopardo. Stessa cosa possiamo dire per i servizi estivi che accolgono i bambini nei mesi di chiusura delle scuole. I posti letto disponibili per anziani non autosufficienti con la quota sanitaria al 31/12/2006 erano pari a 893, oggi sono aumentati ma non arrivano a 1.000. ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), Assistenza Domiciliare di carattere sociale rispondono in minima parte ai bisogni crescenti. Gli ospedali di Comunità sono tre: Siena, Montalcino, Poggibonsi. Posti di Cure Intermedie sono attivati in Val di Chiana. Quindi, chi si prende cura di quelle persone (bambini, anziani, diversamente abili) che non possono farlo da sole? La famiglia, quando c è. Gli studi, le statistiche, ci dicono che anche da noi siamo in presenza di un tipo di famiglia sempre più diversificata nella sua composizione. Molte di queste famiglie sono composte da una sola persona, la media provinciale è di 2,2 componenti, si aggiungono poi le famiglie di immigrati senza nessuna rete familiare. Il lavoro di cura verso bambini e anziani è svolto ancora prevalentemente solo da quelle famiglie dove sono presenti giovani pensionate/i, ma il numero di queste si va assottigliando. Anche nella nostra provincia, composta da tanti piccoli centri, sono presenti tante badanti. Quelle per le quali le famiglie hanno richiesto 1 euro all ora alla Provincia sono 758, ma si stima che le badanti operanti sul nostro territorio siano circa 1.800 non sono poche! 7

Chi sono queste donne alle quali viene delegata la cura di persone care che prima veniva svolta dalle figlie e dalle nuore che oggi non possono più svolgere? Sono quasi sempre immigrate, spesso clandestine, provenienti dai Paesi più poveri del nostro. Hanno lingua, cultura ed abitudini diverse. Spesso non hanno competenze specifiche in fatto di assistenza a persone non autosufficienti. Lavorano anche per 24 ore al giorno, spesso convivendo con l assistito. Collaborano con la famiglia quando c è. Alcune volte sorgono incomprensioni dovute alla lingua e alle diverse abitudini. Anche questa è una soluzione limitata ad un periodo della nostra epoca. Risponde positivamente al desiderio di domiciliarità dell assistenza, ma sappiamo che è limitata nel tempo. I diritti che devono essere riconosciuti a queste donne lavoratrici porteranno ad un aumento dei costi per coloro che ricorrono ai loro servizi, siano pure anziani soli e con pensioni basse. In sostanza la badante non può essere considerata la soluzione del futuro, dobbiamo anzi augurarci che diminuisca la povertà nei Paesi di origine di queste persone e che si attenui o diminuisca l offerta. Se vogliamo andare verso soluzioni adeguate all ampiezza dei problemi che si porranno in un futuro abbastanza vicino, non si potrà certo seguire la strada imboccata dal Governo, un ritorno indietro, al passato, ricacciando le donne (magari laureate) nel lavoro di cura domiciliare e scaricando su un immaginaria famiglia tutto il peso dei sacrifici necessari per uscire dalla crisi. Pensiamo invece che occorra permettere di più a donne e uomini di affermarsi e mantenersi con un lavoro produttivo capace di sfruttare le intelligenze, le conoscenze di cui è ricco il Paese. 8

Gli anziani sono una risorsa sociale. Lo si riconosce quando si esalta la funzione del volontariato. Basterebbe soffermarsi un poco a pensare quale risorsa sono le donne che si occupano della cura, dell economia familiare Vogliamo che continuino ad esserlo. Quindi occorre che la società si preoccupi di chi cura oggi e di chi dovrà farlo domani, prevenendo lo stress eccessivo cui spesso sono sottoposte. Chi è andato in pensione ha diritto a del tempo per sé, per curare le relazioni amicali, sociali, culturali, fare attività fisica o turismo. Serve a combattere la solitudine, a prevenire le malattie e il decadimento fisico. In una parola, serve per stare bene più a lungo. Per le donne significa anche esercitare un diritto democratico come quello della parità Le Istituzioni cosa dovrebbero fare per venire incontro a questo diritto di cittadinanza? Sono diritti di chi cura e di chi è curato! Dovrebbero potenziare la rete dei servizi adoperandosi nel programmare, progettare e gestire, in modo tale che a rispondere ai bisogni di persone che sono esseri unici sia prioritariamente una rete a maglie concatenate e non servizi sparsi ed indipendenti. Occorre potenziarli come qualità e quantità, siano essi servizi pubblici o privati. In primo luogo quelli per l infanzia, come gli asili nido, che devono essere sempre più servizi educativi oltre che di custodia. I centri estivi e quelli per l impiego del tempo libero dei ragazzi devono avere contenuti educativi e formativi. Per gli anziani occorre incrementare i posti in RSA stimolando anche il sorgere di strutture accreditate. Prevedere in dette strutture più posti di accoglienza temporanea per dare sollievo alle donne che si prendono cura di un familiare non autosufficiente. 9

Bisogna poi potenziare i Centri Diurni per accogliere gli anziani che rimangono in famiglia quando la stessa non può occuparsene nelle ore diurne. Queste strutture sono utili inoltre per la socializzazione, con cui combattere la solitudine ed il decadimento. E necessario aumentare i posti negli ospedali di comunità per dare sostegno alla famiglia che non può essere attrezzata ad assistere malati non ospedalizzabili. Va potenziata e qualificata l Assistenza Domiciliare Integrata e Sociale in modo che sempre più sia inserita nella rete e costituisca effettivo sostegno per chi è curato e per chi si occupa di curare come familiare. Occorre in sintesi un progetto complessivo che assuma prioritariamente i bisogni e i diritti delle persone non autosufficienti con l utilizzo più razionale delle risorse a disposizione. E opportuno inoltre progettare piccoli corsi di formazione rivolti alle persone che si occupano della cura, sia per coloro che lo fanno per professione (operatori coop. sociali, assistenti familiari) che per coloro che assistono familiari senza avere le competenze necessarie a trattare il singolo caso: malati di Alzheimer, infermi totali, ecc Comuni, Provincia, ASL, Società della Salute, dovrebbero aprire un confronto con il Sindacato nella scelta dei servizi alla persona da progettare o da adeguare. E i Sindacati devono avvalersi di più del contributo delle donne che rappresentano per meglio esprimere le proprie posizioni sui temi trattati. Resta evidente che le Istituzioni possono decidere di aprire il confronto anche ad altre Associazioni, cosa che peraltro già fanno attraverso lo strumento delle Consulte. In questo contesto rientrano anche le scelte dei servizi per il tempo libero o dell organizzazione dei tempi delle città. 10

In ultimo e non per importanza pensiamo che debba cambiare l atteggiamento verso il lavoro di cura. Attività che riguarda tutte le persone, non solo le donne pensionate. E un obiettivo non più rinviabile anche perché la tecnologia non allevia la fatica se non c è condivisione nella cura tra coloro che abitano insieme o che sono legati da affetto. La legge 53/00 è poco attuata, in alcune parti è da cambiare, ma è anche vero che i congedi in essa previsti sono utilizzati quasi esclusivamente dalle donne e poco o niente da parte dei padri; gli orari delle città (i servizi) raramente vengono pianificati tenendo conto dei reali bisogni dei cittadini. Concludendo vorrei precisare che il Coordinamento Donne SPI CGIL ha voluto questa iniziativa sapendo bene che siamo nel mezzo di una grave crisi economica. E un momento in cui tutti i problemi si acuiscono, anche quelli personali di chi deve pensare a far quadrare il bilancio familiare. Abbiamo voluto discutere di questo argomento non solo perché emerga con chiarezza che il lavoro di cura è un lavoro, ma anche che il lavoro di cura crea ricchezza quando è visibile e retribuito e anche quando è invisibile e non pagato. Occuparsene è una forma di solidarietà sociale e familiare importante. Mancano i soldi per maggiori finanziamenti pubblici necessari a rafforzare i servizi. Occorre parlare insieme, governanti e governati, per decidere in quale direzione spenderli. Tagliare i servizi pubblici vuol dire tagliare occupazione, come si sta facendo nella scuola e nell assistenza Ricacciare le donne ad occuparsi solo della cura significa aver sprecato soldi per farle studiare e non mettere a frutto la loro conoscenza. Poi non si torna 11

mai indietro allo stesso modo, tornare indietro significa peggiorare la qualità sociale, aumentare la violenza, creata anche dalla mancata solidarietà. Con l ipocrita esaltazione della famiglia si nasconde la volontà di chiedere a noi pensionate di accollarsi ulteriori sacrifici, di rinunciare al nostro benessere, ad un futuro migliore per figlie, nipoti, ecc Siamo disponibili a cambiare i consumi da quelli individuali (auto, abiti, ecc ) a quelli collettivi come la difesa dell ambiente, la sicurezza, la cura delle persone. E con queste scelte che il Paese potrà uscire dalla crisi, non certamente con ritorni al familismo che fa perno sul lavoro invisibile. Noi donne pensionate, che abbiamo alle spalle una lunga esperienza di vita e di lavoro, sappiamo bene che molti dei nostri problemi non possono essere risolti individualmente. La conquista di uno Stato Sociale di qualità, adeguato ai bisogni in continuo cambiamento richiede l impegno collettivo. Occorre pertanto che la nostra presenza sia più assidua e costante nelle e verso le Istituzioni, ma anche nel nostro Sindacato, partecipando alle iniziative ma anche assumendo ruoli di primo piano se davvero vogliamo essere protagoniste! 12