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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19878 Anno 2016 Presidente: CHINDEMI DOMENICO Relatore: DE MASI ORONZO Data pubblicazione: 05/10/2016 SENTENZA sul ricorso 1854-2011 proposto da: BANCA D'ITALIA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA NAZIONALE 91, presso lo studio dell'avvocato VINCENZA PROFETA, che Io rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIUSEPPE AGRESTI giusta delega in calce; 2016 2784 contro - ricorrente - COMUNE DI POTENZA in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati CONCETTA MATERA, BRIGIDA

PIGNATARI D'ERRICO con studio in POTENZA VIA N. SAURO - PALAZZO DELLA MOBILITA' (avviso postale ex art. 135) giusta delega a margine; - controricorrente - avverso la sentenza n. 41/2010 della COMM.TRIB.REG. di POTENZA, depositata il 13/05/2010; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/07/2016 dal Consigliere Dott. RONZO DE MASI; udito per il ricorrente l'avvocato PROFETA che preliminarmente chiede il rinvio a nuovo ruolo per rinotificare il ricorso e nel merito si riporta agli scritti depositati; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LUIGI CUOMO che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

IN FATTO La Banca d'italia, proprietaria di immobile sito in Potenza, alla Via Pretoria 175, a seguito di nota n. 14683 del 10/11/2004 della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Potenza, con cui si comunicava la sussistenza dell'interesse storico-artistico del fabbricato, ai sensi dell'art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 42 del 2004, ha chiesto il rimborso della somma di 18.902,18, oltre interessi, quale ICI versata in eccedenza per gli anni 2001, 2002 e 2003, assumendo di avere diritto all'applicazione dell'agevolazione fiscale prevista dall'art. 2, comma 5, D.L. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito con modificazioni nella Legge 24 marzo 1993 n. 75, Il Comune di Potenza ha respinto la richiesta rilevando la non conoscenza del provvedimento dichiarativo dell'interesse storico-artistico dell'immobile, neppure risultante in catasto, e comunque la mancanza di un atto promanante dal competente Ministero dei Beni Culturali. Avverso il diniego di rimborso la Banca d'italia ha proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Potenza, avanti alla quale si è costituito il predetto Comune, ribadendo le ragioni del diniego. La Commissione Tributaria Provinciale ha condiviso la tesi del Comune e rigettato il ricorso della contribuente con la sentenza n. 217/1/06, emessa il 5/6/2006, che è stata confermata dalla Commissione Tributaria Regionale di Potenza, con la sentenza n, 41/2/10 del 19/5/2010, non notificata, con la quale è stato respinto il gravame proposto dalla Banca d'italia sul rilievo che legittimamente il Comune di Potenza aveva riconosciuto dovuto il rimborso dell'ici versata soltanto a decorrere dall'annualità 2004, avendo il provvedimento adottato dalla Soprintendenza natura costitutiva. La Banca d'italia ha chiesto la cassazione della sentenza del giudice di appello con ricorso affidato ad un unico ed articolato motivo cui l'intimato Comune di La Spezia ha resistito con controricorso. IN DIRITTO Il ricorso è fondato e merita accoglimento. La ricorrente Banca d'italia deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 comma 5 del D.L. n. 16 del 1993, convertito con modificazioni nella L. n. 75 del 1993, e della disciplina vincolistica dei beni culturali di cui all'art. 5 D. Lgs. n. 490 del 1999 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), ora artt. 10, comma 1, e 12, comma 1, D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). La contribuente, dopo aver richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 345 del 2003, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del sopra citato art. 2, comma 5, nella parte in cui non si applica agli immobili di interesse storico o artistico di cui all'art. 4 L. n. 1089 del 1939 (Tutela delle cose d'interesse artistico e storico), sostituito dalli art. 5 D. Lgs. n. 490 del 1999 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 L. n. 352 dei 1997), evidenzia che l'atto dell'amministrazione dei beni culturali 1

è meramente ricognitivo dell'interesse storico o artistico del bene immobile bastando, ove di proprietà pubblica, la mera appartenenza alle categorie storica, artistica, archeologica, all'assoggettamento "ope legis" dello stesso al regime per tale tipologia di beni dettato dal codice civile ed alle norme protettive sopra citate, nonché a far scattare l'obbligo dei legali rappresentati degli enti alla compilazione degli speciali elenchi di cui alla L. n. 1089 del 1939, art. 4, e D.Igs. n. 490 del 1999, art. 5, ancorché con effetti meramente ricognitivi e non costitutivi. La questione che pone la ricorrente verte, dunque, sulla applicabilità del beneficio fiscale previsto dal citato art. 2, comma 5, del decreto-legge n. 16 del 1993, agli immobili di interesse storico o artistico di cui all'art. 4 della stessa legge, e successive modifiche, appartenenti ad enti pubblici. Questa Corte ha avuto modo di chiarire, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), "che l'agevolazione prevista dall'art. 2, comma 5, del d.l. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75 per gli immobili dichiarati di interesse storico o artistico, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 1089 del 1939, persegue l'obiettivo di venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili vincolati" (Cass. n. 4244/2016 e n. 11794/2010). Pertanto, la ratio della agevolazione "va individuata in una esigenza di equità fiscale, derivante dalla considerazione della minore utilità economica che presentano i beni immobili di interesse storico o artistico in conseguenza del complesso di vincoli e limiti cui la loro proprietà è sottoposta" (Corte Cost., sentenza n. 345/2003). E', inoltre, opportuno ricordare che il D.Lgs. n. 42 del 2004, non ha abrogato il testo unico in materia di beni culturali e ambientali previsto dal D.Lgs. n. 490/99 ed inciso sulla disciplina contenuta nella citata legge n. 1089 del 1939 introducendo, per quanto qui interessa, un sistema di tutela misto a seconda che si tratti di beni, ovviamente sempre di rilievo culturale, di proprietà privata oppure di proprietà pubblica, nel senso che la proprietà pubblica gode sempre delle disposizioni di tutela previste dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, mentre la proprietà privata, ne gode solo allorquando sul bene sia intervenuta una dichiarazione di interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico, da parte della Soprintendenza. Siffatta scelta interpretativa, la quale risulta senz'altro la più convincente, non può che partire dal dettato normativo, come modificato dal richiamato D.Lgs. n. 42 del 2004, che, infatti, all'art. 10, qualifica quali "beni culturali" le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato (e ad altri enti territoriali, persone giuridiche pubbliche e private) che "presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico"; i successivi commi 2 e 3 individuano poi gli altri beni qualificati culturali senza la dichiarazione prevista dal successivo art. 13, o a seguito di questa, ovvero della dichiarazione che "accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell'interesse richiesto". 2

Per il patrimonio culturale di proprietà pubblica, dunque, è previsto un sistema di tutela che può definirsi reale in quanto vige una presunzione di interesse storico ed artistico ai sensi dell'art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 42 del 2004, il quale prevede che siano da considerarsi beni culturali ai fini del godimento della tutela codicistica, le cose mobili o immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente o istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici, che presentino un semplice "interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico". Tale previsione riguarda specificatamente i beni mobili o immobili indicati all'art. 10, comma 1, che costituiscano opere di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni se mobile o ad oltre settanta anni se immobile. La presunzione di culturalità dei suddetti beni, che si ricava dal complesso di norme in esame, può essere definita provvisoria, in quanto sussiste fino a quando non sia stata effettuata una verifica da parte del Ministero competente, che può avvenire d'ufficio o su istanza dei soggetti a cui le cose appartengono, circa la effettiva sussistenza dell'interesse culturale del bene (art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 42 del 2004). Qualora, infatti, all'esito di tale verifica sul bene, non dovesse essere riscontrato alcun interesse culturale, io stesso non godrebbe affatto delle norme di protezione. Per meglio cogliere il diverso regime esistente tra il patrimonio culturale di proprietà pubblica e quello di proprietà privata (che ripete la precedente distinzione tra le fattispecie di cui agli artt. 3 e 4 L. n. 1089 del 1939), è appena il caso di rilevare che per i beni di proprietà privata vige un sistema di tutela del solo patrimonio culturale dichiarato, nel senso che essi godono di tutela solo in presenza della "dichiarazione di interesse culturale" prevista dall'art. 13 D.Lgs. n. 42 del 2004, rilasciata dalle competenti autorità, che ne attesti il valore storico e archeologico. Per tali beni, dunque, non è sufficiente la presenza del ricordato "interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico", così come previsto per i beni di proprietà pubblica, ma occorre che questo interesse venga dichiarato formalmente seguendo la procedure di cui all'art. 14 D.Lgs. n. 42 del 2004. Ed allora, alla questione concernente l'applicabilità del beneficio fiscale previsto dal citato art. 2, comma 5, dei decreto-legge n. 16 del 1993, agli immobili di interesse storico o artistico di cui all'art. 4 della stessa legge, e successive modifiche, appartenenti ad uno dei soggetti oggi individuati dall'art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 42 del 2004, non può che essere data risposta positiva essendo da escludere la necessaria preesistenza di un formale provvedimento che riconosca il loro interesse culturale, emesso dall'autorità amministrativa ai sensi dei citato D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 13, provvedimento, invece, necessario per i beni di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 10, comma 3, e, cioè, per quei beni che risultino appartenere a privati in base ad un titolo che ne legittimi la disponibilità (cfr. Cass. Pen. N. 42899/2008 e n. 39109/2006). 3

Nel caso di specie, la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Potenza, con nota n. 14683 dell'8/11/2004, ha peraltro comunicato alla Banca d'italia, proprietaria di immobile sito in Potenza, alla Via Pretoria 175, la sussistenza dell'interesse storico culturale del bene in relazione al quale la contribuente aveva chiesto il riconoscimento dell'agevolazione fiscale ai fini ICI: trattasi di provvedimento ricognitivo di tale interesse al più destinato all'assolvimento di esigenze di certezza dei rapporti giuridici e, segnatamente, di quelli tributari. La impugnata sentenza merita, in conclusione, di essere cassata e poiché la causa non può essere decisa nel merito, va rinviata alla C.T.R. della Basilicata, altra sezione, la quale procederà al riesame della controversia, attenendosi ai principi sopra enunciati, e provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, altra sezione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 luglio 2016. Il Consigliere estensore 11 Presidente (Oronzo De Masi) omenico Chindemi)