Diritto di accesso ai documenti. (Risposta a quesito del 5 settembre 2000)

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Transcript:

Diritto di accesso ai documenti. (Risposta a quesito del 5 settembre 2000) Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 5 settembre 2000, ha adottato la seguente deliberazione: <<Con nota in data 23.3.2000, indirizzata al Consiglio Superiore della Magistratura (oltre che al Ministro della Giustizia), il Procuratore della Repubblica di...chiedeva di sapere se dovesse trovare accoglimento la richiesta avanzata a quell ufficio da tale..., il quale voleva conoscere: S la composizione dell ufficio di Procura di... con particolare riguardo alla eventuale previsione di un Procuratore aggiunto che, in quanto tale, non ripeterebbe poteri dal procuratore... ; S il criterio tabellare, regolarmente approvato dal Consiglio Superiore della Magistratura, che presidia le modalità di selezione dei magistrati in punto di assegnazione degli incarichi onde valutare, ai fini di legge, se le designazioni effettuate a firma del dott.... costituiscano meccanica applicazione di parametri definiti dal C.S.M. medesimo o se, viceversa, si risolvano eventualmente in una mera scelta personale dell attuale Procuratore. La Commissione competente ha deliberato di richiedere al riguardo un parere dell Ufficio Studi. Il parere così formulato (all. A) è sostanzialmente condivisibile. Osserva, anzitutto, il Consiglio che la materia riguardante i criteri di ripartizione e di assegnazione degli affari tra i magistrati di un ufficio giudiziario (nella specie, requirente) non rientra nelle previsioni della legge 241/1990, in particolare in quelle che concernono il diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt. 22 e segg. della citata legge). Se, infatti, nel termine Amministrazione vanno ricompresi anche gli uffici giudiziari, per espressa previsione del regolamento contenuto nel D.M. 25.1.1996 n. 115, si deve tuttavia osservare che tale previsione è limitata agli uffici giudiziari nell esercizio di funzioni non rientranti fra quelle giurisdizionali (art. 2, comma 2, D.M. citato), con espressa esclusione dei documenti aventi natura giurisdizionale o collegati con attività giurisdizionale (art. 5, comma 2, D.M. citato). E tra i provvedimenti collegati con attività giurisdizionale devono ritenersi compresi (secondo l opinione dell Ufficio Studi, che appare condivisibile) quelli concernenti i criteri di ripartizione e di assegnazione degli affari tra i magistrati di un ufficio giudiziario, in quanto diretti alla organizzazione della giurisdizione (e non semplicemente alla organizzazione dell ufficio). Peraltro, i documenti in questione, come bene è scritto nel parere dell Ufficio Studi, non possono in alcun modo considerarsi protetti o riservati, svolgendo una funzione che non è soltanto di organizzazione interna ma anche di trasparenza dell intera attività dell ufficio giudiziario. Questa esigenza di trasparenza e quindi di conoscibilità dei relativi documenti è però soddisfatta dalla legge in altre forme, diverse dal diritto di accesso disciplinato dalla legge n. 241". Più precisamente, un tale diritto di informazione sorge a favore di qualunque terzo, anche per quanto riguarda gli uffici di procura, quando - e solamente se - il programma di organizzazione dell ufficio requirente sia stato approvato dal Consiglio Superiore della Magistratura - in forza dell art. 7-ter ord.giud. - a conclusione del procedimento previsto dalla vigente circolare in tema di formazione delle tabelle, considerato che l approvazione dell atto da parte dell organo di autogoverno avviene in seduta pubblica e che l art. 18 del regolamento interno dello stesso C.S.M. garantisce un diritto di conoscenza - a favore di chiunque - anche più ampio di quello disciplinato dalla legge 241/1990; e tale diritto di conoscenza (comprendente la facoltà di prendere visione e quella di estrarre copia) non si ferma ovviamente agli atti di approvazione, ma si estende agli atti approvati. Con la conseguenza che la richiesta del terzo potrà essere rivolta senza limiti al C.S.M., ai sensi dell art. 18 del regolamento interno. Va aggiunto che, una volta concluso il procedimento di approvazione di cui si è detto, la richiesta proveniente da un terzo, volta ad ottenere la conoscenza dei criteri di organizzazione di un ufficio requirente, potrà essere rivolta non solo al C.S.M., ma anche direttamente all ufficio in questione. Non si vedono infatti ragioni per costringere il richiedente a rivolgersi all organo centrale, con inutile aggravio di

attività e di spese. E utile precisare, infine, che il diritto riconosciuto incontra l ovvio limite, di ordine pubblico, rappresentato dalla esigenza che la preventiva conoscenza da parte dell estraneo non può estendersi ad aspetti dell organizzazione dell ufficio che consentano, una volta conosciuti, la scelta del magistrato assegnatario del singolo affare; salva la facoltà di avere conoscenza successiva di ogni profilo che possa consentire allo stesso estraneo un controllo circa l avvenuto rispetto dei criteri di ripartizione e di assegnazione degli affari tra i magistrati dell ufficio. Il Consiglio, pertanto delibera di rispondere al quesito posto dal Procuratore della Repubblica di...nei termini sopra indicati>>. ALLEGATO A Parere dell Ufficio Studi e Documentazione n. 240/00 I. Il quesito. Nella seduta del 9 maggio 2000 la Sesta Commissione referente ha investito questo Ufficio del compito di redigere un parere sui limiti di applicabilità della L. 7 agosto 1990 n.241 nei confronti degli Uffici giudiziari, con riferimento in particolare alla possibilità che il diritto di accesso agli atti riconosciuto da tale legge possa essere esercitato da un terzo estraneo all Amministrazione nei confronti degli atti contenenti i criteri di ripartizione ed assegnazione degli affari tra i magistrati addetti alla Procura della Repubblica. Tale richiesta trae origine dalla nota del 23 febbraio 2000 inviata dal Procuratore della Repubblica di...al C.S.M. ed al Ministero della giustizia, in cui si chiedeva un parere sull evasione della istanza presentata dal dott...., diretta per l appunto a prendere visione e ricevere copia dell atto suddetto, onde valutare, a fini di legge, se le designazioni effettuate... costituiscano meccanica applicazione di parametri definiti dal C.S.M. medesimo o se, viceversa, si risolvano eventualmente in una mera scelta personale dell attuale Procuratore. Nella citata missiva, dopo aver rappresentato, richiamando la propria precedente comunicazione del 4 novembre 1999, che tale istanza si inserisce in un quadro più generale di iniziative poste in essere dal dott....avverso diversi magistrati del distretto, il Procuratore richiedente esprime l avviso che l istanza in oggetto non appare sorretta da alcun diritto, essendo diretta ad acquisire copia di un atto collegato alla funzione giurisdizionale, di natura interna e non sindacabile da terzi estranei all Amministrazione. II. Osservazioni dell Ufficio Studi. 1. Com è noto il diritto di accesso ai documenti amministrativi è stato riconosciuto con carattere di generalità dalla L. 7 agosto 1990 n.241, che all art.22 stabilisce: Al fine di assicurare la trasparenza dell attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite nella presente legge. A sua volta il regolamento di attuazione, approvato con D.P.R. 27 giugno 1992 n.352 prescrive che il diritto di accesso è esercitato nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni e dei concessionari dei servizi pubblici da chiunque vi abbia un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti ( art.2, comma 1 ). Il tenore letterale dell art.22 e lo stesso titolo della legge che lo contiene, dedicata al procedimento amministrativo, portano sicuramente a ritenere che il diritto di informazione contemplato dalla norma citata è stato dalla stessa riconosciuto esclusivamente nei confronti degli atti amministrativi, da intendersi secondo la loro definizione tradizionale come quegli atti posti in essere dallo Stato o da un altro ente pubblico nell esercizio dei poteri e delle competenze che le leggi gli attribuiscono per la cura di determinati interessi pubblici. Non può tuttavia non rilevarsi che la stessa formulazione della norma ed il carattere generale della sua previsione ha dato luogo in sede applicativa, proprio con riferimento alla individuazione degli atti nei cui

confronti può essere esercitato il diritto di accesso, a delle oscillazioni ed incertezze. Così, dal punto di vista oggettivo, l opinione secondo cui il diritto di informazione ha riguardo esclusivamente agli atti che rappresentano l estrinsecazione di pubblici poteri e non anche all attività di diritto privato, operando in tale campo l Amministrazione con la stessa capacità di autodeterminazione che va riconosciuta a qualsiasi soggetto, è stata di fatto abbandonata a favore della tesi che sosteneva che il riferimento fatto dalla disposizione normativa alla attività dell Amministrazione e non ai singoli atti, autorizzerebbe l affermazione del diritto in parola anche con riguardo all attività contrattuale dell ente, sottoposta da questo punto di vista ad uno statuto particolare in osservanza del principio della trasparenza che deve caratterizzare il suo operare complessivo 1. L incertezza in qualche modo sembra ripetersi anche con riguardo ad una definizione, sotto il profilo soggettivo, degli atti amministrativi conoscibili dai privati interessati. La soluzione secondo cui la L. n.241 si occuperebbe esclusivamente degli atti posti in essere da una pubblica amministrazione, cioè da un soggetto facente parte dell apparato amministrativo, per quanto diffusa, sembra invero talvolta abbandonata o comunque ridimensionata in favore di un criterio fondato unicamente sulla considerazione della natura dell atto, non anche del suo autore. In particolare, per quanto qui interessa, merita menzione il D.M. 25 gennaio 1996 n.115, contenente il regolamento emanato dal Ministro della giustizia relativo alle categorie dei documenti sottratti al diritto di accesso ai sensi dell art.24 della L. n.241 del 1990, che menziona espressamente gli uffici giudiziari come destinatari, sia pure entro certi limiti, della normativa generale sul diritto di accesso. In particolare l art.2, comma 2, precisa che Nel presente regolamento, il termine < Amministrazione > comprende anche gli uffici giudiziari nell esercizio di funzioni non rientranti fra quelle giurisdizionali. E chiaro che tale disposizione sembra muovere verso un allargamento del diritto di accesso nei riguardi di tutti i poteri e le autorità pubbliche, nei cui confronti è sempre ravvisabile una attività di natura amministrativa almeno per quanto concerne la loro organizzazione interna e la gestione del personale. Può invero rilevarsi che in questi casi l attività posta in essere da organi pubblici non formalmente appartenenti alla pubblica amministrazione non è sostanzialmente diversa da quella analoga compiuta da enti che di essa fanno parte. Tale sembra la ragione e la giustificazione di una siffatta estensione. Diversa invece appare la situazione nel caso in cui l attività presa in considerazione ai fini dell applicabilità della L. n.241 costituisca esercizio delle funzioni istituzionali specificamente attribuite ad un organo non appartenente alla pubblica Amministrazione. In tal caso infatti l elemento soggettivo sembra avere prevalenza su quello oggettivo, relativo alla natura degli atti compiuti, non sembrando giustificato obliterare il dato normativo che conferisce all ente una posizione autonoma e quindi estranea all apparato amministrativo. Tale appare la posizione del C.S.M, che proprio sulla base del rilievo della sua non appartenenza alla pubblica Amministrazione, con la risoluzione del 24 marzo 1993 ha ritenuto inapplicabile nei propri confronti la disciplina in parola. Una maggiore uniformità di orientamento sussiste invece in giurisprudenza e dottrina in ordine alla consistenza e contenuto dell interesse che legittima in capo all istante l esercizio del diritto di accesso. Il collegamento funzionale posto dalla disposizione in esame tra tale interesse e la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, ha portato infatti ad escludere, sul piano sistematico, che tale diritto possa configurarsi come una sorta di azione popolare, diretta a verificare e controllare la correttezza e la legittimità dell azione amministrativa 2. Al contrario si è invece affermato che esso va riconosciuto laddove l istante abbia un interesse personale, reale e concreto a conoscere del contenuto di un dato documento, per i possibili riflessi che esso può esercitare sulla sua posizione giuridica, pur riconoscendo che tale influenza non deve 1 Le due opinioni avevano dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale tra la VI e la IV sezione del Consiglio di Stato, poi risolto dalla Adunanza plenaria con le sentenze n.4 e 5 del 22. 4. 1999 e n.6 del 28. 4. 1999 nel senso della estensione del diritto di accesso anche all attività di diritto privato. 2 C.d.S., sez.iv, 14. 4. 1997 n.362; sez.vi, 1. 10. 1996 n.1288; sez.iv, 11. 1. 1994 n.8; sez.vi, 26. 3. 1992 n.193.

necessariamente porsi in relazione immediata e diretta e richiedere la dimostrazione di una lesione effettiva e attuale, ritenendo quindi che l interesse in questione non si identifichi integralmente, sotto il profilo soprattutto dell attualità dell interesse ad agire, con la situazione giuridica che legittima il ricorso alla tutela giurisdizionale 3. 2. Le considerazioni sopra svolte portano senz altro a ritenere che il diritto di informazione previsto dalla L. n.241 del 1990 non sia configurabile nei confronti degli uffici giudiziari, quanto meno per ciò che concerne l attività giurisdizionale. Il diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia degli atti di un procedimento giurisdizionale è disciplinato invero direttamente dalle norme processuali, le quali scandiscono le posizioni ed i diritti delle persone coinvolte nel processo anche con riguardo a tale profilo. L affermazione della applicabilità della L. n.241 del 1990 non avrebbe infatti in queste situazioni alcun senso, atteso che il diritto di informazione trova regolamentazione in norme specifiche, funzionali ai principi che sorreggono il processo. In ogni caso il problema può ritenersi risolto dall art.5, comma 2, D.M. n.115 del 1996 sopra citato, che esclude espressamente dal diritto di accesso tutti i documenti aventi natura giurisdizionale o collegati con attività giurisdizionale. L orientamento della giurisprudenza è del resto uniforme in tal senso 4. Più complessa appare invece la risposta al quesito se il diritto di accesso possa essere esercitato nei confronti degli atti che non possiedono natura giurisdizionale, che vale a dire non risultano emanati nel corso del processo. Il citato regolamento fornisce sul punto una risposta solo parziale, dichiarando, come si è sopra visto, esclusi dal diritto di informazione i documenti di natura amministrativa collegati con l attività giurisdizionale, rimandando all interprete l enucleazione della categoria. A tal fine può probabilmente sostenersi che dovrebbero rientrare tra questi atti quelli che pur senza esercitare una diretta incidenza sul processo, attengono all organizzazione della funzione giurisdizionale in vista della attuazione dei principi e dei valori che ad essa sono propri. Il collegamento tra questi atti e quelli propri del processo andrebbe cioè individuato non solo sul piano della organizzazione dell ufficio, ma anche in ragione del rilievo che la loro adozione appare funzionale ai caratteri propri dell esercizio della giurisdizione. Tale criterio di collegamento potrebbe portare a distinguere gli atti amministrativi diretti semplicemente alla organizzazione dell ufficio, per i quali il D.M. citato implicitamente riconosce il diritto di accesso, rispetto invece a quei provvedimenti di organizzazione della giurisdizione che, in quanto collegati all attività giurisdizionale, sono sottratti all accesso. Tra questi ultimi dovrebbero ritenersi inclusi i criteri di ripartizione e di assegnazione degli affari tra i magistrati dell ufficio, in quanto atti diretti all organizzazione della giurisdizione ed all attuazione dei valori della precostituzione del giudice, per quanto concerne gli uffici giudicanti e comunque della imparzialità dell esercizio della relativa funzione. Proprio per il fine per il quale sono predisposti essi appaiono infatti collegati con l esercizio della giurisdizione, della quale mirano a garantire i valori. Naturalmente l esclusione del diritto di accesso, in forza dell interpretazione adottata, riguarderebbe soltanto i terzi estranei all ufficio, non anche i magistrati che vi prestino servizio, i quali appaiono i diretti destinatari dell atto. 3. Sotto altro e diverso profilo, il diritto dei terzi, nei confronti dell ufficio giudiziario, di accesso ai documenti che contengono i criteri di ripartizione ed assegnazioni degli affari tra i singoli magistrati dovrebbe essere escluso per mancanza di un interesse giuridicamente rilevante. L interesse generalissimo che il terzo può vantare ad una corretta applicazione dei criteri di organizzazione della funzione giurisdizionale non assume infatti alcuna propria consistenza giuridica nè appare collegabile nel concreto alla situazione sostanziale eventualmente dedotta in giudizio. In particolare va 3 C.d.S., sez.iv, 14. 10. 1998 n.1477; sez.iv, 3. 2. 1996 n.98; sez.iv, 23. 10. 1995 n.830; sez.iv, 18. 2. 1994 n.148. 4 C.d.S., sez.vi, 23. 9. 1996 n.1043; T.A.R. Campania 8. 7. 1997 n.1795.

sottolineato che l atto in questione non può in alcun modo incidere su quest ultima. La giurisprudenza invero è concorde nel ritenere che l eventuale inosservanza dei criteri tabellari costituisce una irregolarità meramente interna e non spiega alcuna efficacia invalidante sugli atti giudiziari compiuti 5. La regola risulta espressamente posta, per il processo penale, dall art.33, comma 2, c.p.p. La conoscenza del documento non appare pertanto collegabile alla tutela di posizioni giuridicamente rilevanti. Ne deriva che il controllo da parte del terzo in ordine ad una corretta applicazione dei criteri tabellari è un interesse di mero fatto, svincolato da ogni esigenza di protezione e tutela di una situazione giuridica attiva. Riconoscere in tal caso il diritto di accesso al documento de quo equivarrebbe pertanto a trasformare tale diritto in una sorta di azione popolare, diretta al controllo diffuso di legalità di una attività dell organo che per definizione non è in grado di pregiudicare un interesse giuridicamente rilevante del richiedente. Soluzione questa che invece risulta esclusa dal dettato normativo, che àncora il riconoscimento del diritto all informazione al presupposto che l interesse sotteso alla richiesta sia diretto alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. 4. La conclusione raggiunta merita infine alcuni chiarimenti. L esclusione del diritto del terzo di rivolgersi all ufficio giudiziario per prendere visione ed estrarre copia del documento a rilevanza interna che stabilisce i criteri di ripartizione dei magistrati e di assegnazione degli affari sembra discendere da una corretta interpretazione ed applicazione della L. n.241 del 1990. Negare il diritto di accesso, come contemplato da questa legge, non significa tuttavia negare un diritto alla relativa informazione. Invero i documenti in questione non possono in alcun modo considerarsi protetti o riservati, svolgendo una funzione che non è soltanto di organizzazione interna ma anche di trasparenza dell intera attività dell ufficio giudiziario. Questa esigenza di trasparenza e quindi di conoscibilità dei relativi documenti è però soddisfatta dalla legge in altre forme, diverse dal diritto accesso disciplinato dalla legge n.241. Il che equivale a dire che se pure non esiste in base a tale testo normativo ovvero in forza di altra disposizione di legge un obbligo dell ufficio giudiziario di rilasciare copia dell atto, non sembrerebbe nemmeno riscontrabile un interesse apprezzabile al diniego della richiesta, se non quello ravvisabile nell impiego delle risorse interne necessarie a soddisfarla. Il diritto di informazione del terzo per quanto riguarda l organizzazione degli uffici giudicanti è realizzato in virtù della forma che assume il provvedimento di approvazione delle relative tabelle, adottato dal C.S.M. e recepito con d.m., soggetto come tale a pubblicazione. Per gli uffici della Procura non è prevista la forma del d.m. e quindi la pubblicazione, ma in forza dell art.7 ter, comma 3, Ord. Giudiziario e della circolare adottata dal C.S.M. in tema di formazione delle tabelle per il biennio 2000-2001, adottata il 24 dicembre 1999, anche per essi è prescritto che il programma di organizzazione dell ufficio, contenente la ripartizione dei magistrati in eventuali gruppi di lavoro ed i criteri di assegnazione degli affari, sia sottoposto all approvazione da parte del Consiglio (paragrafo 65). In particolare l approvazione dell atto da parte dell organo di autogoverno, che vi provvede in seduta pubblica, assicura un alto grado di conoscibilità. L art.18 del regolamento interno del Consiglio consente infatti a chiunque di prendere visione ed estrarre copia delle delibere consiliari assunte in seduta pubblica, prevedendo un diritto di accesso al documento più ampio di quello disciplinato dalla L. n.241, in quanto svincolato dal presupposto legittimante costituito dalla ricorrenza di un interesse giuridicamente rilevante. Ne deriva che il documento in questione, che non si identifica ovviamente nel solo atto di approvazione ma si estende all atto approvato, può essere facilmente conosciuto dal terzo laddove questi rivolga l istanza al C.S.M. III. Conclusioni. Alla luce delle considerazioni che precedono, si ritiene che non sussista un obbligo del capo dell ufficio giudiziario, ai sensi della L. n.241 del 1990, di accedere alla richiesta di un terzo estraneo all ufficio diretta a 5 Cass. 18. 1. 2000, n.489; Cass. Pen., sez.vi, 4. 7. 1992 n. n.1947, Nardino; Cass. pen., sez.i, 8. 1. 1983 n.2398, Guzzo.

prendere visione ed estrarre copia dell atto contenente i criteri di ripartizione e di assegnazione degli affari tra i magistrati dell ufficio. Poichè tuttavia tale atto è soggetto ad approvazione da parte del C.S.M., che vi provvede in seduta pubblica, la richiesta del terzo potrà essere rivolta senza limiti a quest ultimo, ai sensi dell art.18 del regolamento interno del Consiglio.