Contratti aziendali per 2 lavoratori su 3 nell industria, oltre 1 su 2 nei servizi. Assenteismo al 6,5%.

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15-12-2014 NOTA DAL CSC Indagine Confindustria sul lavoro nel 2013 Contratti aziendali per 2 lavoratori su 3 nell industria, oltre 1 su 2 nei servizi. Assenteismo al 6,5%. Giovanna Labartino e Francesca Mazzolari L annuale indagine Confindustria sulle condizioni dell occupazione nelle aziende associate ha registrato che nel 2013 nell industria in senso stretto erano coperti da un accordo aziendale 2 lavoratori su 3, 5 su 6 nelle imprese con almeno 100 dipendenti. La contrattazione aziendale è meno diffusa nei servizi, dove i lavoratori coperti erano il 56,9% (68,0% nelle imprese più grandi). I premi variabili, collettivi o individuali, sono stati erogati dal 70,5% delle imprese con contrattazione di secondo livello e dal 31,7% di quelle senza. Per il personale non dirigenziale, la copertura dei premi variabili cresce con la qualifica (52,5% tra gli operai, 56,3% tra gli impiegati e 63,4% tra i quadri), mentre l incidenza sulla retribuzione è mediamente simile (intorno al 5%). Tra i dirigenti, l erogazione appare più selettiva: solo poco più di un quarto li riceve, ma, se erogati, essi rappresentano mediamente il 15,6% della retribuzione media annua lorda. Il peso delle ore di assenza sulle ore lavorabili nelle aziende associate si è attestato nel 2013 sul 6,5%, dal 7,0% di un anno prima. L incidenza delle assenze rimane più alta nelle imprese grandi (7,2% in quelle con più di 100 addetti; 4,5% in quelle fino ai 15). L indagine ha rilevato una contrazione dell occupazione alle dipendenze dell 1,1%, dopo il -0,6% del 2012 e il -0,3% nel 2011. In espansione i flussi occupazionali sia in entrata sia in uscita, ma l aumento dei primi (da 11,7% a 15,3% dell occupazione) non è stato sufficiente a compensare la crescita dei secondi (da 12,2% a 16,4%). Resta alto il ricorso alla CIG, che nel 2013 ha assorbito potenziale forza lavoro pari al 4,7% delle ore lavorabili nell industria (dal 5,3% nel 2012) e all 1,8% nei servizi (dal 2,5%). Contrattazione decentrata e retribuzioni Contratti aziendali più diffusi nelle grandi imprese industriali. Sulla base delle risposte raccolte, si stima che nel 2013 abbiano applicato un contratto di secondo livello con contenuti economici il 29,3% delle imprese associate a Confindustria (che occupavano il 62,0% della forza lavoro alle dipendenze; Grafico A). Il fatto che la percentuale della forza lavoro coperta da contratti aziendali superi la quota di imprese che li applica è dovuto alla loro maggiore diffusione in quelle più grandi. Nell industria in senso stretto, in particolare, la quota di imprese con contratto L Indagine Confindustria sul lavoro (arrivata alla 10 a edizione) è un iniziativa di Sistema. Si ringraziano le 4.405 aziende che vi hanno partecipato e le oltre 90 Associazioni che l hanno resa possibile. Un riconoscimento particolare va a Raluca Di Benedetto, che ha collaborato al controllo dei questionari. 1

aziendale passa dal 16,6% tra le aziende fino a 15 addetti al 38,5% tra quelle medie, raggiungendo il 74,8% tra quelle con più di 100 addetti. Ampie le differenze settoriali e territoriali. Mentre tra le imprese dei servizi è meno di una su quattro ad applicare un accordo aziendale (23,4%), tra quelle dell industria in senso stretto è quasi una su tre (31,2%). Tra le imprese industriali, la quota con contratto aziendale passa dal 34,4% e 34,3% rispettivamente al Nord-Ovest e Nord-Est al 28,1% al Centro, Sud e Isole. La diffusione della contrattazione di secondo livello è risultata in aumento rispetto al 2012: in un campione di imprese che hanno partecipato alle ultime due indagini, la quota che ha applicato un contratto aziendale è cresciuta dal 26,8% al 30,1% e la percentuale di lavoratori coperti dal 60,5% al 62,6%. Premi variabili più selettivi per i dirigenti. Nel 2013 i premi variabili, Grafico A Contrattazione di secondo livello con contenuti economici (% imprese che la applicano) 1-15 addetti 16-99 addetti 100 e più addetti Industria in senso stretto Costruzioni Totale settori 19,5 (21,9) 23,4 (56,9) 36,5 (42,9) 31,2 (64,7) 37,4 (45,0) 29,3 (62,0) In parentesi: % lavoratori occupati in imprese con contratto aziendale. Percentuali calcolate come medie ponderate sulla distribuzione delle aziende associate (o dei loro addetti), per comparto e dimensione aziendale. Fonte: elaborazioni CSC su dati Indagine sul lavoro nel 2013. 68,8 (77,2) 0 20 40 60 80 100 collettivi o individuali (di risultato, di partecipazione, etc.), sono stati erogati dal 41,6% delle imprese associate a Confindustria. La diffusione dei premi variabili è molto più comune nelle imprese che applicano un contratto di secondo livello (70,5%) rispetto a quelle che non lo hanno (31,7%) e aumenta marcatamente al crescere della dimensione aziendale. In presenza di contrattazione di secondo livello, tra le aziende con 100 o più dipendenti il 90,2% eroga premi variabili rispetto al 76,2% tra quelle con 16-99 dipendenti. Anche in assenza di contratto aziendale, la probabilità che l impresa distribuisca premi variabili cresce con la dimensione, dal 38,0% nelle medie al 58,5% nelle grandi. Per il personale non dirigenziale, la copertura dei premi variabili cresce con la qualifica, mentre l incidenza sulla retribuzione è simile. Essi hanno infatti interessato il 52,5% degli operai, il 56,3% degli impiegati e il 63,4% dei quadri 1 e, nelle imprese che li hanno erogati, hanno rappresentato il 5,3% della retribuzione annua degli operai, il 4,7% degli impiegati e il 5,3% dei quadri. 1 In relazione ai premi variabili abbiamo chiesto alle imprese di indicare, per ciascuna qualifica, la quota di personale a cui sono stati effettivamente erogati. 2

Tra i dirigenti, invece, i premi variabili hanno interessato poco più di un quarto del personale (27,8%), ma, se erogati, hanno rappresentato una quota ben più consistente della loro retribuzione media annua lorda, pari al 15,6%. La natura dei premi variabili per il personale dirigenziale appare, dunque, più selettiva e mirata, in linea con le finalità incentivanti di politiche retributive legate ai risultati individuali. Per quanto riguarda, invece, altri premi (diversi da quelli variabili) o mensilità aggiuntive (oltre alla tredicesima), l incidenza di tali importi sulla retribuzione lorda annua è mediamente pari al 4,5%- 5% e sostanzialmente simile tra qualifiche, dirigenziali e non. Orari e assenze dal lavoro Giù le ore di assenza. Nel corso del 2013 le ore lavorabili pro-capite al netto delle ore di Cassa Integrazione Guadagni sono risultate pari a 1.653 (+1,8% rispetto al 2012). Di queste, 107 non sono state lavorate a causa delle assenze dal lavoro, -5,7% dalle 113 nel 2012. Il tasso di gravità delle assenze (calcolato come il rapporto tra le ore di assenza e le ore lavorabili) è quindi sceso al 6,5%, dal 7,0% di un anno prima. L incidenza delle assenze si è ridotta in tutti i settori: nelle costruzioni da 5,8% a 5,6%, nell industria in senso stretto da 6,7% a 6,2%, nei servizi da 7,4% a 6,8%. Tassi di gravità delle assenze (Ore di assenza in percentuale delle ore lavorabili) 1-15 addetti 16-99 addetti 100 e più addetti Industria in senso stretto Costruzioni Totale settori 4,5 (4,9) 5,6 (5,9) 6,2 (6,7) 5,6 (5,8) 6,8 (7,4) 6,5 (7,0) 7,2 (7,8) Grafico B 4,0 5,0 6,0 7,0 8,0 9,0 Pur essendo diminuito di più nelle imprese grandi, il tasso di gravità addetti delle aziende associate, per comparto e dimensione aziendale. delle assenze si è confermato Fonte: elaborazioni CSC su dati Indagine sul lavoro nel 2013. crescente all aumentare della dimensione aziendale: 7,2% in quelle con più di 100 addetti, 4,5% in quelle fino ai 15 (Grafico B). In parentesi: tassi di gravità delle assenze nel 2012. Percentuali calcolate come medie ponderate sulla distribuzione degli Causali di assenza diverse per genere. La malattia non professionale si è confermata la causale più frequente di assenza (3,1% delle ore lavorabili), seguita dai congedi parentali e matrimoniali (1,3%) e dagli altri permessi retribuiti, che includono i permessi sindacali e quelli per visite mediche o accompagnamento parentale (un altro 1,1%) 2. 2 Le agevolazioni ex-legge 104/92 ricadono in questa causale. 3

L incidenza delle assenze è risultata pari al 5,3% tra gli uomini e al 9,5% tra le donne (in calo rispettivamente dal 5,7% e dal 10,3% del 2012). I congedi parentali spiegano l 84% della differenza, essendo pari al 3,7% delle ore lavorabili tra le donne e allo 0,4% tra gli uomini differenza che riflette il maggior onere di accudimento familiare sostenuto dal genere femminile. Ancora ampio il ricorso alla CIG. Nel 2013 ancora il 39,4% delle imprese industriali associate a Confindustria ha avuto almeno un lavoratore in Cassa Integrazione (dal 41,7% nel 2012). Nell industria le ore di CIG sono state 78 per addetto, pari a un incidenza sulle ore lavorabili del 4,7% (rispettivamente 5,3% e 4,2% nei due anni precedenti). L incidenza delle ore di CIG è rimasta più elevata per gli operai (7,0%, dal 7,9% nel 2012). Nei servizi, l utilizzo della CIG, strutturalmente limitato rispetto all industria, rimane sullo stesso livello del 2012: circa un impresa su dieci ha avuto almeno un lavoratore in CIG; l incidenza media delle ore di CIG sulle ore lavorabili è però scesa all 1,8%, dal 2,5% nel 2012. Struttura e flussi dell occupazione Scende ancora l occupazione, specie nelle piccole imprese. L indagine ha rilevato, tra dicembre 2012 e dicembre 2013, una flessione dell occupazione alle dipendenze nelle aziende associate dell 1,1%, dopo il -0,6% nel 2012, -0,3% nel 2011, -1,1% nel 2010. Il dato medio maschera differenze consistenti tra settori: -0,6% nell industria (-3,7% nelle sole costruzioni) e -2,1% nei servizi. Nell industria nel suo complesso, come già negli anni precedenti, la contrazione occupazionale nel 2013 è stata più ampia nelle imprese fino a 15 dipendenti: -4,9% (come nel 2012) rispetto al -1,0% nelle medie; per contro, nelle grandi l occupazione ha tenuto (+0,3%). Questo andamento differenziato riflette quello dell occupazione a tempo indeterminato (95,5% dell occupazione alle dipendenze): -4,5% nelle piccole imprese contro il -1,2% nelle medie e il +0,8% nelle grandi. L occupazione temporanea è invece calata molto sia nelle imprese industriali fino a 15 dipendenti (-17,9%) sia in quelle sopra ai 100 addetti (-10,6%), mentre è cresciuta in quelle medie (+3,5%). Grafico C Turnover: scende in entrata, ma anche in uscita (Cessazioni e assunzioni nel 2013 in % dell'occupazione a dic. 2012) Industria Totale settori 2013 2012 2011 2010 TURNOVER IN USCITA* -30,3-16,4-12,2-12,9-11,9 Totali ponderati sulla distribuzione degli addetti delle aziende associate. *Turnover in uscita indicato con segno negativo. -8,6 TURNOVER IN ENTRATA 15,3 11,7 12,6 10,8 28,2 Fonte: elaborazioni CSC su dati Indagine Confindustria sul lavoro nel 2013. 8,3-40 -30-20 -10 0 10 20 30 4

Nei servizi l occupazione a tempo indeterminato è diminuita del 2,2%, in contrazione nelle aziende fino a 15 dipendenti (-5,1%) e nelle grandi (-2,4%). Quella a tempo determinato è calata del 3,3%, con la riduzione più ampia nelle piccole imprese (-7,0%). Su il turnover, soprattutto in uscita. Nel 2013 sono cresciuti i flussi occupazionali sia in entrata sia in uscita, ma l aumento dei primi (da 11,7% a 15,3% dell occupazione) non è stato sufficiente a compensare il rialzo significativo dei secondi (da 12,2% a 16,4%; Grafico C). Confermate le differenze tra classi dimensionali e settori nell entità dei flussi occupazionali in entrata e in uscita: i tassi di turnover decrescono marcatamente con l aumentare della dimensione aziendale e sono più elevati nei servizi (30,3% in uscita, 28,2% in entrata) che nell industria (rispettivamente 8,6% e 8,3%). In salita le cessazioni involontarie. Il licenziamento individuale o collettivo ha rappresentato la causa d uscita nel 16,7% dei casi, in aumento dal 13,1% nel 2012 e dall 11,6% nel 2011. L incidenza di questa causale è aumentata in particolare nelle piccole imprese (19,0% da 14,9%) e, seppur in misura minore, anche nelle medie (16,4% da 13,0%) e nelle grandi (16,5% da 12,9%). Le cessazioni per scadenza di contratto sono aumentate al 40,0% del totale, dal 37,3% nel 2012. Un altro 6,1% delle cessazioni è attribuibile a prepensionamenti o incentivi all esodo, causali la cui quota è cresciuta dal 4,8% di un anno prima. In calo, invece, l incidenza dei pensionamenti (3,9% da 8,6%), in linea con l innalzamento dell età pensionabile previsto dalla riforma Fornero. In diminuzione anche il peso delle dimissioni (23,0% da 27,4%). Cala la quota di nuove assunzioni a tempo indeterminato. Le assunzioni a tempo indeterminato sono state il 35,9% del totale delle nuove assunzioni nel 2013 (37,3% nel 2012). Come negli anni precedenti, la quota di neo-assunti a tempo indeterminato è stata superiore nelle aziende del Nord-Ovest (38,6%) e in quelle di più grandi dimensioni (il 40,3% nelle imprese con più di 100 addetti, contro il 29,8% nelle medie e il 27,0% nelle piccole). La composizione delle assunzioni è stata anche molto diversa a seconda del settore considerato. Nell industria le assunzioni a tempo indeterminato hanno raggiunto in media il 43,2% del totale, mentre nei servizi si sono fermate al 22,5%. Probabilità di stabilizzazione più elevata nell industria. Nel 2013 le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato hanno rappresentato il 31,9% del totale in essere a fine 2012. Il tasso di conversione raggiunge il 34,9% nell industria, mentre si ferma al 26,4% nei servizi. Molto elevato il tasso di conversione dei contratti di inserimento (54,8%), che sono tuttavia in esaurimento, essendo stati abrogati dalla riforma Fornero. Stabile la diffusione dell apprendistato: lo hanno usato il 21,1% delle imprese (21,3% nel 2012), il 32,8% di quelle grandi (29,6% nel 2012). A fine 2013 gli apprendisti rappresentavano l 1,4% dei lavoratori alle dipendenze; di quelli occupati un anno prima, uno su cinque è stato trasformato a tempo indeterminato. 5