Con la sentenza in epigrafe, la Suprema Corte di Cassazione, nello statuire sulla competenza territoriale in materia di obbligazioni pecuniarie, si pronuncia altresì sulla questione relativa all interpretazione e all ambito di applicazione dell art. 1182, comma III c.c.. Nel caso in esame la questione sulla competenza si poneva poiché il contratto stipulato tra le società coinvolte non prevedeva specificamente l'importo dovuto. Pertanto, la società debitrice - argomentando in ragione della tesi che qualifica come obbligazioni pecuniarie solo quelle che sin dall'origine hanno ad oggetto la prestazione di una somma di denaro determinata -riteneva inapplicabile l art. 1182, comma III c.c., a mente del quale si prevede che l adempimento debba avvenire al domicilio del creditore, e richiamava, di contro, come luogo rilevante ex art. 20 ult. parte c.p.c., il domicilio del debitore, ex art. 1182 ultimo comma c.c.. La Corte, con ordinanza 23527/2015, alla luce del contrasto ermeneutico in subiecta materia, rimetteva alle S.U. la questione concernente l applicabilità dell art. 1182, comma III c.c. qualora l importo non risulti predeterminato nel contratto, bensì sia fissato motu proprio dall attore nell'atto introduttivo del giudizio per far valere la pretesa creditoria. La Corte, con l'ordinanza di rimessione, dà conto del contrasto ermeneutico, ricordando che vi si trova innanzi ad un primo orientamento (Cass. 22326/2007), a mente del quale - ove la somma di denaro sia indeterminata a monte, ma determinabile dalle parti o dal giudice, tramite operazioni che esulano dal semplice calcolo aritmetico - risulterà applicabile l ultimo comma dell art. 1182, che identifica il luogo di adempimento nel domicilio del debitore. Tuttavia, a mente del secondo orientamento (Cass. 7476/2005; 10837/2011), il forum destinatae solutionis di cui all art. 1182, comma III, sarebbe applicabile in tutte le cause aventi ad oggetto una somma di denaro, ove l attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, posto che la complessità dell indagine volta a determinare l ammontare reale del credito concerne solo la successiva fase di merito, a nulla rilevando sulla competenza territoriale. Pertanto, le Sezioni Unite, in primis, affrontano la questione preliminare riguardante l esatta interpretazione e definizione della categoria delle obbligazioni aventi ad oggetto una somma di denaro, posto che il contrasto non verte tanto sulla necessità che il credito sia liquido al fine di considerare la relativa obbligazione portable, quanto il modo di intendere tale requisito. Alla luce del primo e prevalente orientamento succitato, emerge che qualora l obbligazione pecuniaria non presenti siffatti caratteri di determinabilità alla luce di un semplice calcolo matematico, la stessa cesserebbe di essere sottoposta alla regola generale della portabilità e assumerebbe i connotati di una obbligazione querable, le cui conseguenze non sarebbero di poco conto. Infatti, la mora non sarebbe più ex re bensì diverrebbe ex persona, e di guisa sarebbe necessario un atto di costituzione in mora da parte del creditore, mutando, poi, il giudice competente ai sensi dell art. 20 c.p.c.. L'altro orientamento, per vero, minoritario in giurisprudenza, pur propugnato da autorevole dottrina, basandosi su una interpretazione letterale dell art. 1182, comma III, rifugge dalla tesi avversa, che postula la restrizione della portata applicativa della norma, non riscontrandosi sul piano positivo elementi tali da giustificare siffatta interpretazione. Alla luce di ciò il Supremo Consesso, mostra adesione all indirizzo tradizionale, che per qualificare la medesima come portabile, ai fini del combinato disposto degli artt. 1182, comma III c.c. e 20 c.p.c., ritiene necessaria l effettiva liquidità della prestazione in base al titolo. Le Sezioni Unite rilevano dunque che la particolarità delle obbligazioni pecuniarie illiquide ai fini dell adempimento del debitore riterrebbe necessario un ulteriore titolo, convenzionale o giudiziale, che risulta determinante, poiché la natura portabile o chiedibile di un obbligazione rileva anche in tema di mora. L art. 1129, comma II n. 3, inquadrando la mora ex re, esclude la necessità della costituzione in mora, qualora l obbligazione debba essere adempiuta presso il domicilio del creditore (c.d. portable).
La Cassazione dunque ritiene inapplicabile il tutto per le obbligazioni pecuniarie illiquide, poiché nel caso, la mora e con essa la responsabilità ex art. 1224 c.c. scatterebbe automaticamente anche a carico del debitore la cui prestazione non sia in concreto possibile a causa dell incertezza del relativo ammontare, e ciò sarebbe ingiustificato, poiché in base alla regola generale di cui all art. 1218 c.c., è esclusa la responsabilità del debitore la cui prestazione sia impossibile per causa a lui non imputabile. In ragione di ciò, il Supremo Consesso reputa che le indicate esigenze di protezione del debitore richiedono evidentemente che la liquidità del credito sia ancorata a dati oggettivi, mentre sarebbero frustrate se essa si facesse coincidere con la pura e semplice precisazione, da parte dell attore, della somma di denaro dedotta in giudizio, pur in assenza di indicazioni nel titolo. In tal modo non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la controversia presso il forum creditoris, bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale.