La salute psicosociale delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri, equilibri fragili e rischi di esclusione sociale. Indagine nazionale.



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La salute psicosociale delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri, equilibri fragili e rischi di esclusione sociale. Indagine nazionale. Il contributo qui di seguito presentato è una sintesi del rapporto di ricerca realizzato nell ambito dell indagine nazionale commissionata a Synergia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali divisione III^ (Indagine sulla salute psicosociale delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri in settori del mercato del lavoro ad elevata specializzazione etnica - ricerca n. 1628), coordinata da Francesco Grandi responsabile dell Area Immigrazione di Synergia e conclusa nel giugno 2008. La stesura del rapporto di ricerca, a cura di Paolo Borghi e Francesco Grandi, è stata realizzata dal prof. Fabio Amato (Università degli Studi di Napoli L'Orientale ), Paolo Borghi (ricercatore Synergia), Francesco Grandi (ricercatore Synergia), Chiara Lainati (antropologa), prof. Nicola Pasini (Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Milano), prof.ssa Maurizia Sacchetti (Università degli Studi di Napoli L'Orientale ) sotto la supervisione del comitato scientifico composto dal prof. Marco Mazzetti (medico chirurgo, psichiatra, psicoterapeuta, Facoltà di Medicina, Università di Padova), prof. Nicola Pasini (sociologo, Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Milano), Luigi Mauri (Chief Executive di Synergia). 1. Il disegno della ricerca e la metododologia d indagine L Organizzazione Mondiale della Sanità, fin dalla sua costituzione (1948), definisce la salute come uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia". E da questa prospettiva che l indagine si è mossa concentrando il suo sforzo analitico ed euristico nella ricostruzione dei fattori di rischio di natura psicologica e sociale e sulle eventuali derive traumatiche o patologiche che lo svolgimento di determinate mansioni può comportare per i lavoratori immigrati, con un attenzione particolare al ruolo che tali traumi o patologie possono giocare all interno di processi di marginalizzazione e di esclusione sociale. Si indicano qui di seguito in forma sintetica i quattro assunti analitici chiave che hanno definito l approccio teorico della ricerca: 1. Gli specifici settori produttivi del segmento secondario del mercato del lavoro italiano (in particolare quello a bassa qualificazione e caratterizzato da maggiore precarietà), in cui prevalentemente avviene l inserimento dei lavoratori stranieri, sono caratterizzati da problematiche specifiche, strettamente connesse alle particolari condizioni ambientali, relazionali e lavorative che ne caratterizzano il contesto produttivo. 2. Le modalità prevalenti di reclutamento della forza lavoro in tali settori conduce spesso all attivazione di catene migratorie, generando forme più o meno spontanee di specializzazione etnica. La conoscenza delle dinamiche sottese è fondamentale per comprendere la diffusione di particolari subculture del malessere e della malattia, le cornici interpretative che individuano la natura del disagio, le specifiche strategie di coping. 3. All attenzione rivolta alle specificità proprie dei contesti analizzati, si è unito l intento di descrivere ed analizzare in dettaglio l inserimento delle donne e 1

degli uomini immigrati nel mercato del lavoro italiano secondo un approccio di genere. Il collocamento lavorativo non è neutro sul piano della dimensione di genere: esso tende a riprodurre - o a generare - una divisione del lavoro imperniata su specifiche rappresentazioni dei ruoli di genere, sia sul piano sociale che su quello economico. 4. L inserimento dei lavoratori stranieri nel mercato del lavoro nazionale assume caratteristiche alquanto distinte anche a seconda delle caratteristiche del territorio, poiché è lo stesso mercato del lavoro ad essere difforme. Si è per questo deciso, nell ambito dell indagine, di disaggregare le azioni esplorative in tre moduli territoriali indicati nella seguente tabella: Territorio Nazionalità popolazione target Settore lavorativo Area urbana milanese Ecuadoriana Lavoro di cura Filippina Pulizia-manutenzione Area urbana romana Cinese Ristorazione Filippina Lavoro di cura Ucraina Lavoro di cura Area urbana e suburbana Tessile (a San Giuseppe napoletana Cinese Vesuviano) Per ognuno dei tre moduli territoriali si è inteso perseguire i seguenti obiettivi fondamentali: a) realizzare un accurata ricostruzione dell orizzonte del rischio per la sicurezza e la salute psicosociale dei lavoratori; b) analizzare le caratteristiche specifiche del fenomeno migratorio considerato ed i condizionamenti che ne derivano per le scelte lavorative ed esistenziali degli individui; c) studiare il ruolo dei fattori extralavorativi per la salute psicosociale delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri; d) tracciare un profilo accurato delle dinamiche di reclutamento, di inquadramento e di relazione prevalenti nei contesti occupazionali considerati; e) studiare le modalità di accesso alla rete dei servizi socio-sanitari da parte delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri; f) sviluppare un insieme di spunti di riflessione e di indicazioni operative per le politiche sociali e del lavoro. L indagine sul campo è stata condotta con metodologie qualitative, alternando sui diversi territori interviste in profondità a testimoni privilegiati e lavoratori immigrati, lo studio di casi volto a esaminare le dinamiche di rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, nonché le condizioni ambientali e organizzative del lavoro, focus group con operatori socio-sanitari della rete dei servizi pubblici territoriali, delle associazioni di terzo settore attive in campo socio-sanitario, dei sindacati e delle associazioni di categoria. La selezione delle nazionalità della popolazione target della ricerca ha considerato la rilevanza di tali gruppi per l economia e la società italiana. La ricerca, a carattere sperimentale ed esplorativo, ha voluto indagare tematiche di frontiera e relativamente poco studiate con sistematicità per suggerire utili spunti a successive ed ulteriori ricerche di approfondimento. Per ogni gruppo target considerato si indicano qui di seguito alcuni cenni sul profilo migratorio, sul contesto lavorativo e sociale di riferimento e gli aspetti più rilevanti delle forme di disagio psicosociale più ricorrenti. 2

2. I risultati della ricerca 2.1 La migrazione ecuadoriana a Milano e il lavoro di cura Il gruppo ecuadoriano rappresenta uno dei gruppi nazionali più consistenti sul territorio milanese e presenta tratti di stabilizzazione e radicamento, maturati in un numero minore di anni, rispetto ad altri flussi con storie migratorie meno recenti. Da realtà marginale a componente strutturale dell immigrazione nel nostro paese, l immigrazione ecuadoriana mostra tratti di maturità, stabilizzazione e radicamento, con l incremento dei nuclei familiari e della presenza di minori nelle scuole. L inserimento lavorativo prevalente del gruppo ecuadoriano nell area metropolitana milanese interessa il settore dei servizi (corrieri espressi e trasporti), il settore edile e, in prevalenza per le donne, quello domestico e di cura, si riscontrano comunque anche le prime esperienze di lavoro autonomo. Nei fatti, i percorsi di mobilità orizzontale che le traiettorie lavorative delle donne ecuadoriane esprimono risultano molto più rapidi che per altri gruppi nazionali concentrati nello specifico mercato del lavoro di cura. Il punto di accelerazione è stato nei primi anni del 2000 con un incremento delle riunificazioni familiari che ha spinto le lavoratrici primomigranti ad emanciparsi da un regime di lavoro live-in e full time per andare verso un impiego ad ore, spesso combinando impegni molteplici e prestazioni plurime (lavoro domestico, baysitting, care a persone non autosufficienti) lungo l arco della giornata o della settimana lavorativa. Se il contesto del lavoro di cura domiciliare è connotato, più di altri segmenti di mercato, da forme di lavoro sommerso, parzialmente irregolare e costituisce, proprio per questa porosità, una struttura vantaggiosa d accesso per chi giunge in Italia irregolarmente, tuttavia la condizione di irregolarità prolungata rende maggiormente vulnerabili le lavoratrici e le espone costantemente a forme di ritorsione, ricatto, mancato pagamento delle prestazioni, elusione dei patti verbali raggiunti all inizio della relazione di lavoro. Per quanto tutte le intervistate abbiano espresso nei racconti alte qualità di resilienza e una capacità adattiva a situazioni nuove e altamente problematiche, tuttavia l impatto con il mercato del lavoro di cura, la vicinanza alla malattia, la richiesta di un attenzione psicologica ed emotiva elevata, la solitudine e il poco supporto che in alcuni casi viene fornito dai datori di lavoro, portano la lavoratrice ad un autoaddossamento di oneri assistenziali, relazionali, gestionali che sfociano nel sovraffaticamento fisico e nella spossatezza psicologica che può sfociare in patologia. A fronte delle condizioni variabili dei contesti di cura, dello sviluppo costante delle condizioni dell assistito e della conseguente trasformazione delle esigenze di care e di gestione della casa, quello che viene evidenziato in molte interviste è un esaurimento o comunque una forte erosione del capitale di salute iniziale: il migrante sano dell inizio della carriera migratoria si trova spesso a convivere dopo pochi anni con traumi fisici, stress, dolori, ansie, il tutto reso più gravoso dall assenza di riposo, dall impossibilità di controllare la scansione dei ritmi di lavoro e dei ritmi di vita. L assenza di relazioni significative, la compressione degli spazi di socialità, diverse forme depressive, portano ad una sostanziale derubricazione dell attenzione al sé nella sua parte fisica e psicologica (accantonamento dei propri desideri, sacrificio delle esigenze personali). Spesso addirittura si convive con il dolore e si continua a lavorare: l impegno lavorativo rende difficilmente accessibili i servizi territoriali, scarsa accessibilità determinata anche dalla poca disponibilità dei datori di lavoro ad essere flessibili sugli orari di lavoro in caso di necessità. 3

Lo stress legato alla conciliazione di più impegni di lavoro, a prestazioni d assistenza presso anziani con deficit funzionali gravi, a condizioni di conciliazione di più campi di attenzione (famiglia, gestione delle rimesse, lavoro) che esauriscono progressivamente il capitale di risorse psicofisico delle lavoratrici, fino al rischio del burn-out e al pensiero dominante del riposo, sono alcuni degli elementi che complicano la messa in atto di strategie di cura e di difesa, nel valutare il benessere percepito e quello auspicato nel contesto di immigrazione: le testimonianze raccolte concentrano la loro attenzione sugli aspetti relazionali (e su quanto le relazioni sono in grado di veicolare in termini di risorse di senso, di protezione, di riconoscimento) o sul conseguimento di un bene materiale, molto più che su argomentazioni relative alla salute fisica (condizione che viene citata ma sempre in modo generico, quasi rappresentasse l assunto di base imprescindibile per qualsiasi altro ragionamento). Un esperienza di benessere sembra scaturire, invece, dal conseguimento di un obiettivo del progetto migratorio o di un tappa fondamentale del corso di vita come l acquisto di una casa, il ricongiungimento o l arrivo di un parente stretto che mette fine alla solitudine. In fondo il benessere si identifica qui con il racconto della propria success story, reale o presunta, percepita o a venire. Dalle interviste appare però chiaro che il peso maggiore del lavoro di conciliazione grava sulle donne, chiamate spesso a riprodurre contemporaneamente solidarietà orizzontale con il coniuge e verticale tra le generazioni, anche sull asse transnazionale. La spesa delle proprie risorse affettive e di tempo in contesti ad alta intensità relazionale come il care domiciliare, rischiano di portare ad un esaurimento complessivo che rende faticoso assolvere i doveri di accudimento all interno della propria famiglia e affrontate tutti gli oneri che il progetto familiare comporta. Il disagio per questa mancanza, il senso di colpa per la produzione di condizioni psico-affettive precarie o non presidiate come il sentimento e la necessità richiederebbero è un peso che grava ancora sulla componente femminile della famiglia. 2.2 L immigrazione filippina a Milano e il settore delle pulizie L immigrazione filippina nel nostro paese e in particolare nelle aree metropolitane di Roma e Milano, fin dagli inizi, pur mantenendo saldi legami con il paese d origine (anche in forza di programmi politici e finanziari elaborati ad hoc in quegli anni e un sedimentato ideologico costruito intorno alla figura del migrante e delle sue funzioni vitali per la madre patria) ha subito mostrato i tratti di un immigrazione di popolamento, caratterizzata da progetti migratori di lunga durata e dalla propensione all insediamento stabile, testimoniato in primo luogo dall incremento costante e progressivo delle riunificazioni familiari. Contraddistinto fin dall inizio da una prevalenza della componente femminile oggi la struttura di genere del flusso si va costantemente riequilibrando. La femminilizzazione del flusso migratorio filippino è conseguenza di un insieme di fattori di natura sia socio-economica che culturale. Contrariamente a quanto avviene nella maggior parte dei paesi asiatici, nelle Filippine si tende a favorire l istruzione femminile rispetto a quella maschile, in quanto le donne sono viste come i veri pilastri della vita comunitaria e sono considerate più responsabili ed affidabili anche come percettrici di reddito in seno al nucleo familiare. Non è dunque un caso che l emigrazione filippina sia costituita in stragrande maggioranza da donne (Cologna, 2003). Il rapido aumento della componente femminile prima, i nuovi arrivi di migranti adulti e la prosecuzione dei ricongiungimenti familiari di coppie giovani poi, arricchiscono un 4

profilo socio-demografico che testimonia contestualmente l anzianità della presenza migratoria con una forte presenza di migranti di classi d età matura. Il gruppo filippino nella provincia di Milano rappresenta il secondo gruppo immigrato per numerosità, superato solo dagli egiziani. A Milano, inoltre, gli immigrati filippini continuano a vantare tassi di occupazioni più altri rispetto alle altre nazionalità. Sono state le donne ad avviare la costruzione di network informali di connazionali che sono andati progressivamente ispessendosi e strutturandosi, prima appoggiandosi alle realtà autoctone del collateralismo cattolico e progressivamente rendendosene autonome o sviluppando percorsi paralleli (Lainati, 2000). Tali reticoli di appartenenza hanno rappresentato e rappresentano ancora i principali referenti per ogni forma di socialità e di richiesta di aiuto. Se il settore di presenza storica dell immigrazione filippina è quello della collaborazione domestica full time o ad ore presso le famiglie, negli anni tuttavia, in conseguenza al radicamento progressivo della comunità filippina, il mercato del lavoro di prestazioni a bassa qualifica nel comparto delle pulizie si è articolato e ha modificato, almeno parzialmente, le strategie di collocamento dei lavoratori filippini. L indagine si è concentrata proprio sui lavoratori occupati in quelle imprese di pulizia e manutenzione che prestano i loro servizi presso strutture ospedaliere, scolastiche, sportive, fieristiche, uffici, stazioni della ferrovia e delle linee metropolitane. Lo scenario di questo specifico segmento di mercato del lavoro si presenta come una realtà piuttosto eterogenea e articolata per la grande variabilità delle strutture e delle organizzazioni di impresa, per le modalità di reclutamento della manodopera (diretta, tramite agenzia interinale, informale) e le formule di contrattualizzazione, per la divisione interna di turni e mansioni, e per l estrema articolazione di un settore di mercato caratterizzato da forme di subappalto che spesso conducono ad un impoverimento delle garanzie e dei diritti del lavoratore. Le traiettorie lavorative testimoniate dalle interviste mostrano alcuni dei possibili esiti evolutivi delle carriere professionali degli immigrati filippini all interno di questo segmento del mercato. Se infatti uno dei percorsi già osservati in altre indagini - correlato alla maturità di insediamento e all incremento dei ricongiungimenti familiari riguarda la mobilità orizzontale e il passaggio da un regime di full time job ad un regime ad ore, sempre all interno dello spaccato della collaborazione domestica, spesso con la combinazione di più sequenze di impegno part time (Zontini 2001), quello che si può osservare nel caso specifico delle imprese di pulizia è una forma di mobilità orizzontale allargata in cui il lavoratore somma uno o più impegni ad ore di collaborazione domestica presso famiglie (meglio retribuita e per di più in nero) ad un impiego seralenotturno o mattutino presso una cooperativa o un impresa di pulizie (più faticoso ma con regolare contratto che garantisce la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno). Sono proprio le difficoltà di conciliazione di più occupazioni, i tempi stretti in cui si richiedono le prestazioni e la sostanziale debolezza contrattuale del lavoratore che vanno a comporre una vulnerabilità che ha diverse ricadute, sia sotto il profilo fisico sia psicologico. Una maggiore livello di precarietà e vulnerabilità interessa gli occupati filippini nelle imprese subappaltatrici di servizi di pulizia. Nella filiera del subappalto sono infatti le ditte aggiudicatrici a negoziare con l azienda appaltatrice le clausole contrattuali. Le condizioni per i lavoratori delle cooperative o delle imprese nel subappalto divengono progressivamente più vincolanti e meno garantiste via via che si scende il livello della catena delle esternalizzazioni, in particolare si fa più difficile quando è del tutto eluso il rispetto della normativa sui riposi e sugli straordinari. 5

E questo il caso di alcune lavoratrici filippine impiegate da imprese subappaltatrici per i lavori di pulizia delle stazioni della metropolitana. Il loro racconto è interessante anche per inquadrare il sentimento di impotenza e inefficacia di strategie intraprese, quali ad esempio l iscrizione al sindacato, per risolvere la propria condizione di svantaggio. Paradossalmente, proprio la sindacalizzazione della lavoratrice fatta in nome di una richiesta di tutela e di rispetto di standard contrattuali minimi diviene una condizione di ulteriore svantaggio complessivo e di discriminazione aggiuntiva. Inoltre la piena consapevolezza di una segmentazione gerarchica tra lavoratori chiamati a fare lo stesso tipo di mansioni, nello stesso luogo, con gli stessi orari ma contrattualizzati da due imprese diverse, con dotazioni e ausili differenziati e livelli salariali differenti, è un elemento che crea malessere e frustrazione, rende tangibile una forma di discriminazione che si ritiene di non meritare e assolutamente ingiustificata a parità di prestazioni di lavoro. Una delle forme di rischio denunciate dai lavoratori filippini riguarda l utilizzo, durante il lavoro, di sostanze tossiche e di detersivi ad alto contenuto di ammoniaca. Non sempre i lavoratori ricevono adeguate istruzioni sul loro utilizzo e oltre a rischi e a piccoli incidenti accorsi l uso prolungato di alcune sostanze sembra contribuire all insorgenza di allergie, problemi respiratori e dermatologici. Nel mettere a tema le questioni relative alla propria salute come rilevato in altre indagini i lavoratori richiamano la preoccupazione di ammalarsi in modo grave, la paura che la propria salute venga messa a repentaglio fino al punto di non poter più lavorare. La sottovalutazione dei livelli di usura fisica e la relativizzazione del bisogno di riposo e di cura, può sul lungo periodo manifestarsi con caratteri di gravità elevata oppure il malessere o una precisa patologia possono cronicizzarsi ed essere vissute come la propria normalità, come una condizione con cui convivere sperando di poter mantenere standard di attività e continuità d impiego. Appare evidente che ben oltre le condizioni del proprio fisico e pur nella preoccupazione di quanto le condizioni di stress o di rischio possono influire sui propri livelli di salute, lo stato di benessere venga identificato con il lavoro, con la possibilità stessa di lavorare. L etica del sacrificio e della dedizione al lavoro sono le forme che sostanziano di senso l'esperienza migratoria, da cui dipendono la riproduzione materiale e il successo del progetto migratorio stesso. Il senso della fatica e dell autosfruttamento, di una vita quasi annullata nella dimensione lavorativa acquista un senso e un valore solo infatti se correlata alle progressive conquiste degli obiettivi del progetto migratorio o quando permette l accesso a qualche gratificazione materiale. Va segnalato infine che una funzione importante viene assolta dall associazionismo e dalle organizzazioni religiose sia per i bisogni sociali cui esse rispondono sia per il ruolo di valorizzazione e di gratificazione simbolica degli appartenenti e di compensazione al riconoscimento sociale che l integrazione subalterna non garantisce. 2.3 L immigrazione cinese a Roma e la ristorazione A Roma fino a metà degli anni 80 la presenza della popolazione cinese è stata piuttosto esigua. A seguito delle aperture nei confronti dell emigrazione del governo di Deng Xiaoping ed in coincidenza con la prima sanatoria italiana nei confronti della popolazione immigrata non regolare (L. 943/1986) si è registrato il primo incremento significativo della popolazione di nazionalità cinese. L inserimento lavorativo nel settore della ristorazione di parte degli immigrati cinesi va necessariamente spiegato considerando molteplici fattori, alcuni dei quali riguardano direttamente l evoluzione del territorio urbano e le abitudini dei suoi abitanti. La ristorazione è stata una delle prime attività dei cinesi a Roma ma la presenza della ristorazione cinese è stata piuttosto 6

limitata fino agli anni 80. Intorno agli anni 90 la diffusione sul territorio dei ristoranti si fa più marcata anche grazie alla progressiva strutturazione dei canali d importazione dei prodotti cinesi, le caratteristiche dell offerta e della clientela rimangono pressoché le stesse del periodo precedente eccetto che per la popolazione immigrata non cinese che diventa parte della clientela abituale (Mudu, 2006). La dislocazione territoriale, che continua ad insistere sulle zone turistiche e di maggior concentrazione di lavoratori impiegati nei servizi, dimostra ancora una volta che tali ristoranti non vengono aperti per soddisfare una domanda interna alla propria comunità nazionale. Gli anni più recenti infine sono caratterizzati da una leggera diminuzione del numero di ristoranti cinesi: la ragione va cercata in parte con la scelta di privilegiare altre attività che sembrano garantire minori spese e maggiori guadagni come l import-export o i negozi di articoli per la casa, in parte con una saturazione del mercato della ristorazione a cui si cerca di far fronte riconvertendo i ristoranti cinesi in ristoranti di cucina giapponese, inserendosi in questo modo in una fascia di mercato diversa da quella tradizionalmente battuta fino a pochi anni prima. Un primo aspetto che contribuisce a delineare il contesto lavorativo e che ne struttura ambiente e modalità di relazione riguarda la selezione e la divisione del lavoro. Molte delle attività sono a conduzione familiare, perciò la gestione dell intera attività ricade su genitori e figli, questi ultimi in alcuni casi dividono il loro tempo fra scuola e lavoro. Laddove non si può fare affidamento sulla cerchia familiare più stretta si ricorre a parenti o conoscenti che a volte arrivano appositamente dalla Cina. La provenienza dalla medesima regione permette di superare i problemi linguistici e l appartenenza alla stessa famiglia, la provenienza dalla medesima città, la referenza di un conoscente stretto sono prerequisiti importanti per stabilire un rapporto basato sulla fiducia reciproca. Il rapporto di fiducia veicolato dal legame familiare, dall origine comune o dalle referenze a cui il lavoratore può attingere se, da un lato, rappresenta un vantaggio nella misura in cui permette di trovare lavoro anche senza permesso di soggiorno, dall altro, definisce un vincolo più stretto fra datore di lavoro e lavoratore che può avere delle ricadute sull intensità del lavoro svolto e sulla possibilità di discutere di eventuali problemi ad esso connessi. Dalle interviste realizzate emerge una tendenza - da non interpretare come un atteggiamento generalizzante - a suddividere le mansioni lavorative in base al genere: il reparto cucina (lavapiatti, aiuto cuoco, cuoco) spesso è destinato agli uomini mentre le donne, ma non solo loro, si occupano del servizio ai tavoli, che per essere svolto richiede un minimo di conoscenza dell italiano. Sono invece le pulizie del bagno ad essere destinate, la maggior parte delle volte, alle donne. Un altro aspetto centrale per le ricadute sull equilibrio psicosociale dei lavoratori riguarda il disagio abitativo: sia che venga espresso esplicitamente, sia che venga raccontato con un apparente tranquillità dettata da un forte spirito di adattamento, sembra essere piuttosto diffuso. Spesso il datore di lavoro è anche l affittuario; in questi casi il lavoratore riesce ad ottenere un posto letto ad un costo relativamente contenuto, facendo economia non solo sui pasti, consumando pranzo e cena nello stesso ristorante in cui lavora, ma anche sull affitto di uno spazio abitativo funzionale solo ed esclusivamente al riposo. Spesso gli spazi vitali sono ridotti all essenziale e la privacy è sacrificata alla necessità di condividere l appartamento con altre persone (talvolta anche con gli stessi datori di lavoro). Quando è possibile alle coppie viene assegnata una stanza a parte, ma anche in questi casi la condivisione dell appartamento porta a sacrificare ed autocensurare tutte le necessità di dialogo e confronto di coppia che possano essere sconvenienti da esporre al giudizio altrui. Al sacrificio lavorativo si somma il sacrificio della vita privata che non può prevedere, di fatto, momenti di conflitto eccessivi o momenti di intimità particolari. La vita affettiva quindi, nei casi migliori in cui gli spazi abitativi consentono di pensare ad 7

una dimensione familiare o di coppia, è spesso ridotta all essenziale per concentrare sforzi ed energie sul lavoro, nei casi peggiori è totalmente sacrificata. Questa condizione può cambiare con il ricongiungimento, in altri casi invece la separazione dalle persone care si prolunga in modo indefinito: sono le situazioni in cui la mancanza del permesso di soggiorno impedisce per anni di rivedere i propri figli o la propria moglie o di celebrare il funerale dei propri genitori. In queste situazioni la sofferenza lascia un segno spesso indelebile e pregiudica pesantemente l equilibrio psicofisico della persona. 2.4 L immigrazione filippina a Roma e il lavoro di cura Come accennato per il caso milanese il consolidamento della presenza della comunità filippina nella realtà romana è il frutto di un lungo processo di integrazione iniziato negli anni 70 (Casacchia, Natale 2002). Dalle interviste realizzate prevalentemente con donne (sia di recente immigrazione che non) impegnate nel lavoro di cura, emerge spesso come lo spirito di sacrificio e di sopportazione e la riconoscenza verso i familiari rimasti nel paese d origine spingano inizialmente ad accettare proposte lavorative non adeguate economicamente al carico di lavoro ed alle competenze professionali possedute. Una volta accettato un incarico, risulta molto complicato ridiscuterlo esponendo difficoltà e nuove esigenze connesse, ad esempio, ad un aggravamento della condizione dell assistito. Sovente il vincolo che l assistente contrae con il datore di lavoro non è circoscritto alla sfera professionale ma si estende alla sfera morale, imponendo lealtà e spirito di abnegazione, ed alla sfera affettiva, risorsa ambivalente nel rapporto di cura. Lo stato di benessere o di disagio dell assistente familiare, in un contesto totalizzante come spesso è il lavoro di cura, dipende in gran parte dallo spazio reale di rinegoziazione del rapporto lavorativo e dalla possibilità di rendere esplicite e riconosciute le difficoltà insite nel lavoro stesso. È infatti nel rimosso e nel non detto che il disagio individuale mette le sue radici. Il tema della conquista della fiducia ricorre in molte delle interviste realizzate e sembra strutturare lo sforzo lavorativo delle assistenti portandole ad accettare situazioni di estremo disagio. Le ragioni di questo atteggiamento sono molteplici: in primo luogo la necessità di mantenere un lavoro per garantirsi il rinnovo del permesso di soggiorno, in secondo luogo la consapevolezza che gli stessi datori di lavoro possono essere un ottima fonte per ulteriori opportunità lavorative per sé e per i propri connazionali, in terzo luogo una sorta di pudore nel manifestare il proprio disagio dettato anche dalla difficoltà nel condurre un'eventuale discussione in una lingua che non si padroneggia a sufficienza. L autocensura sembra essere una strategia ricorrente per evitare di far emergere conflitti difficili da gestire con il datore di lavoro ma anche con eventuali colleghi. Il radicamento e l integrazione della comunità filippina, garantisce una diffusa conoscenza dei servizi sanitari disponibili sul territorio ed una discreta capacità di orientamento nell utilizzarli. Per tali ragioni le difficoltà di accesso ai servizi non sono legate a forme di diffidenza e solo in minima parte alle difficoltà di ordine linguistico; semmai gli ostacoli all utilizzo dei servizi socio-sanitari territoriali sono ancora in parte connessi, per gli irregolari, al timore di subire controlli che possano mettere a repentaglio la loro permanenza in Italia, per gli altri all impossibilità di disporre di tempo libero per dare risposta ai propri bisogni di cura come rilevato anche nel caso delle assistenti familiari ecuadoriane a Milano. E interessate considerare come l insieme degli elementi segnalati quali la mancanza di tempo, le liste di attesa eccessive nelle strutture sanitarie pubbliche, il supporto delle reti di prossimità e più in generale una valutazione di costi e benefici, 8

spingano in alcuni casi a preferire strutture sanitarie private del proprio paese d origine per effettuare visite o interventi chirurgici. 2.5 L immigrazione ucraina a Napoli e il lavoro di cura Il lavoro di cura, che spesso implica anche l assistenza domestica, interessa un gran numero di immigrati, perlopiù donne, presenti nella provincia di Napoli. Nel mercato del lavoro di cura, l arrivo di manodopera ucraina ha avuto un effetto dirompente: nel corso degli anni 90 era un presenza quasi insignificante nel già articolato panorama delle immigrazioni, ma dopo la regolarizzazione del 2002 la consistenza di manodopera regolare ucraina è rapidamente cresciuta fino a sfiorare le 200mila unità. Il tragitto migratorio dall Ucraina a Napoli e le modalità di arrivo, più o meno lecite, sono ormai aspetti consolidati e sperimentati da centinaia di persone; non sembrano essere stati fonte di eccessiva preoccupazione per le persone intervistate. Va però segnalato come le difficoltà, talvolta molto pronunciate, abbiano inizio immediatamente dopo l arrivo. Infatti, le agenzie a cui si affidano le donne, se si dimostrano affidabili per l organizzazione del viaggio, non lo sono altrettanto nel trovare un collocamento abitativo e lavorativo sicuro subito dopo l arrivo a Napoli. In altri casi, i contatti con i connazionali già presenti sul territorio sono numericamente ridotti e deboli, soprattutto quando non si può fare affidamento su un familiare o un parente stretto. In tali situazioni gli aspetti problematici si presentano subito con l esigenza di trovare una sistemazione per la prima notte. Tale approccio al nuovo contesto sociale non può che essere traumatico determinando così un ridimensionamento delle aspettative. Il disagio abitativo riguarda sicuramente la fase iniziale d insediamento, anche quando si può disporre del sostegno di amici e parenti e di una promessa di lavoro concreta, ma può ripresentarsi in corrispondenza di un momento di crisi nella vita lavorativa e sociale dell assistente. Il rischio è piuttosto frequente per le assistenti familiari che prestano servizio h24, per le quali la morte dell assistito coincide con la perdita del lavoro e dell abitazione, oltre che con una rottura psicologicamente violenta di un rapporto affettivo su cui si è investito, sia per necessità, sia per un senso di umanità che prescinde da calcoli utilitaristici. In questi casi solo la possibilità di fare affidamento su una rete di sostegno articolata ed efficiente permette di non cadere in condizioni eccessivamente disagiate che complicano ancor di più i già difficili tentativi di ridefinire progetti e prospettive. L impossibilità pressoché totale di far riferimento a servizi di matching domanda-offerta di lavoro di cura e l assenza di forme di sostegno nella delicata fase di passaggio fra la fine di un incarico e l inizio di un altro, rende la ricerca di un nuovo lavoro un momento critico che pesa completamente sulle risorse individuali e il cui risultato non ha grossi margini di certezza. Passando poi alla quotidianità lavorativa le criticità che ricorrono nelle interviste realizzate riguardano il mancato riconoscimento dell importanza del ruolo ricoperto e l indifferenza percepita rispetto ai bisogni d affetto, di confronto, di scambio relazionale. Il malessere si manifesta quando le mansioni da svolgere diventano la frontiera ultima ed unica della propria identità, sia a causa di una semplice disattenzione o mancanza di tatto da parte del datore di lavoro o dell assistito, sia quando la disattenzione è intenzionale e funzionale a stabilire una distanza che rimarca le posizioni gerarchiche fra datore di lavoro e lavoratore. Quanto emerge comunque in modo evidente dalle interviste è un'esperienza di sofferenza incarnata nella vita quotidiana, nelle difficoltà lavorative che segnano il corpo e nei conflitti talvolta sotterranei, talvolta espliciti che caratterizzano il rapporto con il datore di lavoro e con l'assistito, nell'impossibilità di dedicare tempo ai bisogni di socialità, in una sofferenza latente e spesso lancinante per la lontananza dei familiari e 9

nel senso di colpa causato dall'impossibilità di rispondere direttamente ai loro bisogni di cura, se non inviando denaro, segno questo che marca allo stesso tempo l unico aiuto possibile ed un'assenza incolmabile. Il malessere fisico, come quello psicologico, oltre ad essere una minaccia per il proprio progetto di vita è prima di tutto un campanello d'allarme che va occultato agli occhi del datore di lavoro per evitare il rischio di un licenziamento. Letteralmente non è concesso star male se non in pausa dal lavoro o durante le ferie, gli unici momenti in cui è di fatto possibile curarsi. Vi sono poi situazioni di disagio causate dalla mancanza di spazi o di oggetti adatti a restituire un valore simbolico positivo ai luoghi in cui si sviluppa la vita quotidiana: spesso l abitazione, allo stesso tempo luogo di lavoro e luogo principe della vita privata dell assistente, è la fonte primaria del senso di estraneità dell'assistente stessa. 2.6 L immigrazione cinese a Napoli e il settore tessile L area vesuviana è zona d antica tradizione nella produzione dell abbigliamento. L area di San Giuseppe Vesuviano e dei comuni adiacenti si è gradualmente sviluppata con opifici e laboratori tessili e di vestiario dando vita ad una zona che la Regione Campania ha definito 6 Distretto Industriale, il Distretto Tessile/Abbigliamento. È in questa zona, in questo tessuto produttivo, che si sono inseriti i primi immigranti cinesi provenienti da esperienze di lavoro in Toscana, dai laboratori di Prato, da precedente immigrazione in Europa o direttamente dalla Cina. Durante la crisi generalizzata del settore tessile è emerso il modello delle microimprese cinesi che lavorano in stretto contatto con committenti italiani. Dopo una prima fase di espansione, si trovano ora ad affrontare un periodo di grosse difficoltà. Le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori cinesi si connotano qui, come altrove, per un alto grado di condivisione forzata degli spazi ed una dipendenza assoluta dal datore di lavoro che fornisce anche cibo e posti letto. In molti dei casi incontrati tale rapporto viene descritto positivamente nella misura in cui il datore di lavoro si fa carico di organizzare la vita dei propri dipendenti. In alcuni casi è lo stesso datore di lavoro ad occuparsi delle pratiche per la regolarizzazione e di prendere contatti con i medici in caso di necessità. La generale situazione di crisi e le motivazioni che sembrano caratterizzarla fanno da cornice ad una condizione di precarietà quotidiana vissuta dai lavoratori delle microimprese gestite da proprietari di origine cinese. Nella quasi totalità dei casi incontrati il luogo di lavoro è anche quello in cui si consumano i pasti quotidiani e si riposa al termine di giornate di lavoro che, in prossimità dei periodi di consegna della merce ai committenti, possono durare anche quindici ore. Ritmi e modalità di lavoro richiedono ad ogni lavoratore spirito di adattamento, impegno continuo, efficienza organizzativa. Nella fabbrica-dormitorio anche i pasti sono organizzati in modo da ottimizzare tempi ed energie di lavoro. Per questo motivo un organizzazione ottimale richiede talvolta il lavoro di un unico cuoco che si occupa dei cinque pasti quotidiani dei lavoratori e dei proprietari della fabbrica. La vita in stretto e continuo contatto con colleghi e datori di lavoro genera necessariamente conflitti ed in ogni caso richiede un alto grado di disciplina per condividere e rispettare spazi, ritmi, abitudini ed esigenze di tutti. Il rapporto di stretta dipendenza dal datore di lavoro si connota per i tratti marcatamente paternalistici certamente strumentali all ottimale organizzazione del lavoro ma non totalmente riducibili ad essa. Nel rapporto di mutua fiducia che si instaura fra datore di lavoro e lavoratori, questi ultimi riconoscono una componente di generosità e di attenzione da parte del datore di lavoro, una sorta di obbligo etico che nasce nel momento in cui si stipula un accordo di lavoro, spesso solo verbale. Le particolari condizioni di vita a cui è sottoposta questa categoria di lavoratori sono 1

particolarmente aggravate da una situazione socio ambientale percepita ed esperita come fortemente ostile. Sono numerose le testimonianze di aggressioni e rapine subite per mano di giovani italiani residenti nella zona. Dalle dichiarazioni raccolte emerge netta la sensazione di un diffuso clima di discriminazione in cui sui soggetti con meno possibilità di difesa, gli irregolari, si convogliano le pulsioni violente di un contesto sociale caratterizzato da un disagio diffuso. L accesso ai servizi territoriali, in primo luogo a quelli sanitari, è estremamente ridotto per i lavoratori cinesi intervistati e limitato ai casi di estrema necessità. Barriere linguistiche, timore di ripercussioni nei casi di lavoratori senza permesso di soggiorno, e la ristretta mobilità causata da mancanza di tempo e di mezzi di trasporto, sono le principali ragioni che spiegano un afflusso ridotto ai servizi territoriali. La tendenza a fare da sé o affidarsi in tutto e per tutto al proprio datore di lavoro sembra essere prima di tutto una necessità piuttosto che una scelta. 3. Una lettura trasversale e indicazioni di policy Dall indagine è emerso come le caratteristiche individuali dei lavoratori risultino fondamentali nel definire le strutture di adattamento e di fronteggiamento del disagio psicosociale; nel percorso d integrazione è un fattore determinante il grado di definizione del progetto migratorio ed il livello di consenso e condivisione di quel progetto da parte di più individui; inoltre, i casi migliori di contenimento di forme di disagio, sono risultati quelli in cui progetto migratorio comprende volontà di radicamento e stabilizzazione con progetti di riunificazione o formazione familiare nel contesto d immigrazione. Va poi considerato che oltre alle dotazioni fisiche di partenza, capitale iniziale importante e nella maggior parte dei casi subito messo sotto stress dalle nuove condizioni alloggiative e lavorative, conta il grado di presocializzazione al contesto d accoglienza e il grado di realismo che connota le aspettative degli immigrati. La stratificazione interna dei gruppi immigrati indagati e i meccanismi altamente strutturati delle catene migratorie capaci di attivare una circolazione costante di informazione, danno a molti candidati all emigrazione la possibilità di prepararsi al nuovo contesto. Per quanto gli stessi canali informativi veicolino spesso notizie distorte e qualche volta edulcorate o attenuate rispetto ai risvolti più dolorosi e problematici, chi immigra con una consapevolezza rispetto alla dotazione di opportunità che le proprie reti sociali saranno in grado di fornire, sembra subire in misura minore il trauma iniziale dell integrazione subalterna, non chiaramente il disagio che questa produce su lungo periodo. E spesso però proprio in forza di progetti più robusti di radicamento e formazione familiare che alcuni lavoratori (è il caso delle lavoratrici ecuadoriane e filippine, a differenza di quelle ucraine) sviluppano strategie di resistenza a condizioni umilianti e depressive sperimentando percorsi di mobilità orizzontale per emanciparsi dalle realtà più dure dei segmenti di mercato riservati ai primomigranti, mentre proiettano un immaginario di mobilità verticale ormai solo sui figli. Se si guarda a come le dotazioni di capitale sociale primario e secondario sono state descritte nei differenti contesti territoriali e per i diversi gruppi nazionali, appare evidente che i network parentali o di connazionali costituiscono una struttura di supporto ambigua e non sempre scevra da condizioni di disagio e di strumentalizzazione. Sono queste reti a facilitare e controllare il placement lavorativo e abitativo, aggiornando sulla dinamica delle opportunità, ma non sempre esplicitandone i rischi. Le modalità dell intermediazione e i legami di lealtà familiare o gli obblighi affettivi che si vengono a creare nelle pratiche di matching informale possono costituire 1

ulteriori vincoli che premono sulle dinamiche di integrazione e che possono aggravare l equilibrio psicosociale già ampiamente stressato dentro le pratiche effettive di lavoro. Su queste occorre fermarsi a ragionare distintamente per singolo settore. Il lavoro di cura domiciliare e per alcuni aspetti anche quello domestico ad ore presso case di privati è connotato da elevati livelli di pratiche informali, con diffuse situazioni di lavoro nero e grigio e una tendenza alla familizzazione dei rapporti che complica, anche a livello psicologico, le relazioni tra lavoratori e datori di lavoro e sfuma in mansioni di normalità domestica e di obbligazione morale quello che a tutti gli effetti è una prestazione professionale retribuita. Non solo. Una prestazione multipla, in cui spesso il mansionario è mal definito e il ruolo dell assistente familiare viene ad assumere i tratti delle figure del lavoro servile. Anche quando si limita alla pura prestazione di care, l assistente familiare appare una lavoratrice sola, che affronta il carico assistenziale, lo stress psico-relazionale, la malattia e la morte dell'assistito, senza avere un supporto strutturato né da parte delle famiglie né dai servizi. La necessità di garantire inoltre continuità della cura lungo l arco di tutta la giornata e fino a sei giorni la settimana, rende spesso impossibile a queste lavoratrici l accesso ai servizi territoriali anche a fronte di problemi di salute conclamati. Se per il gruppo ecuadoriano e filippino, per il profilo socio-demografico che li caratterizza, le problematiche maggiori si concentrano nella definizione di strategie di conciliazione per la cura delle proprie famiglie con il disagio psicoaffettivo che i fallimenti su questo fronte portano con sé, per le lavoratrici del gruppo ucraino i disagi psicosociali maggiori si rilevano nella mancanza di possibilità di socializzazione, a forme di clausura anche progettuale: quasi nessuna di esse, infatti, ha progetti migratori di stabilizzazione e l età più avanzata, rispetto alle lavoratrici degli altri gruppi, risulta un fattore decisivo di dimensionamento al minimo del proprio futuro, di sacrificio estremo per il futuro di altri. Sarebbe auspicabile su questo fronte un intervento massiccio che porti all emersione delle forme di lavoro nero e grigio e della miriade di pratiche informali sommerse che rendono precari e vulnerabili i percorsi lavorativi in questo settore. Data inoltre la strategicità della funzione che l assistenza domiciliare assolve per la tenuta dei livelli di fronteggiamento della non autosufficienza sui territori, serve che si irrobustiscano quei percorsi di governance territoriale che possano integrare il modulo privato del care nella rete dei servizi socio-sanitari, sostenendo la qualificazione delle prestazioni e lo sviluppo di pratiche continuate di tutoring e counselling psicologico per le lavoratrici. Per il settore del tessile nell area vesuviana e i principali disagi segnalati dai lavoratori e dalle lavoratrici cinesi intervistati, oltre all auspicio di un monitoraggio maggiore delle filiere della subfornitura (un discorso analogo vale per il comparto delle imprese di pulizia indagato nell area metropolitana milanese) per garantire la certezza del diritto e il rispetto degli standard contrattuali e salariali a tutti i livelli del ciclo produttivo diffuso, si devono predisporre politiche territoriali che pensino non solo lo sviluppo dei distretti in chiave economica ma che accompagnino l evoluzione dei sistemi del lavoro locale con interventi sociali integrati che prevengano la formazione di enclave di fatto e supportino un integrazione di ordine multidimensionale e complessivo dei lavoratori. La logica centripeta dell insediamento del gruppo cinese, funzionale alla creazione di nicchie produttive in seno ad economie manifatturiere di distretto non risponde, come vorrebbe lo stereotipo, ad una tendenza culturale o etnica di questo collettivo (si può di contro infatti osservare la geografia diffusa della ristorazione cinese nell area metropolitana di Roma) ma esattamente all organizzazione territoriale delle economie di distretto e delle reti diffuse e interdipendenti della subfornitura. Le imprese cinesi si inseriscono in questa contesto inizialmente come imprese familiari, con modalità di reclutamento e catene migratorie che procacciano candidati all emigrazione 1

prima dentro le reti parentali allargate, in seguito nei paesi e nei distretti di provenienza dell imprenditore. Le stesse imprese, connesse al ciclo produttivo in chiave subalterna, insomma dalla parte più debole e ricattabile della catena della subfornitura, operano in conto terzi nella produzione di articoli d abbigliamento, borse di tela, biancheria, tappezzeria. Dato il rapido sviluppo del comparto napoletano, anche le imprese cinesi stanno progressivamente risalendo la catena della subfornitura, controllando livelli superiori a quelli marginali occupati negli anni novanta. Ciononostante la maturità del distretto napoletano non è ai livelli di quello toscano di Prato e presenterà ancora per qualche tempo alcune delle caratteristiche deteriori per la salute dei lavoratori dei sistemi economici in fase propulsiva (Cologna, 2008). Oltre alla compressione dei tempi di vita e alla procrastinazione dei progetti familiari in cicli di produzione saturi di lavoro in imprese spesso in totale balia delle condizioni imposte dalle grandi e medie imprese italiane, il caso dei lavoratori cinesi di San Giuseppe Vesuviano si pone come caso limite di concentrazione residenziale che ricalca la concentrazione spaziale dei nodi della filiera in un area priva di servizi e di collegamenti infrastrutturali con le aree limitrofe e la città di Napoli. Al disagio delle condizioni alloggiative e di lavoro, si unisce l impossibilità di affrontare forme di socializzazione, di loisir, di consumo, di accesso ai servizi socio-sanitari, alternative a quelle improvvisate e autorganizzate all interno delle reti di connazionali. A questa concentrazione isolata si somma un atteggiamento di ostilità da parte delle comunità locali che rinforza stereotipi e segregazione. Nell attesa che si proceda ad una governance dello sviluppo economico d area che sappia contemplare nella pianificazione anche l investimento sulla convivenza e sull offerta e l accessibilità dei servizi, si suggerisce di attivare in via sperimentale e a fronte del bisogno reale rilevato in quest indagine unità mobili che stazionino sul territorio per la facilitazione dell accesso ai servizi, innanzitutto quelli di medicina di base,, in attesa di uno sviluppo di collegamenti tra l area industriale della periferia di Napoli e i centri d offerta di servizi socio-sanitari territoriali. Il problema dell accessibilità e della fruibilità dei servizi sociali e sanitari riguarda anche i lavoratori intervistati nelle aree metropolitane, in territori che hanno una struttura d offerta più ampia rispetto al caso napoletano. Le difficoltà maggiori all accesso sono strettamente collegate alle dinamiche che caratterizzano il mercato lavorativo e l impossibilità dei lavoratori di assentarsi o di avere dei permessi per accedere ai servizi, servizi spesso posizionati lontano dai luoghi di lavoro e difficilmente raggiungibili. Altri ostacoli all accesso segnalati dai lavoratori sono rappresentati dall irregolarità dello status (specialmente l accesso alle visite specialistiche) e dai costi delle prestazioni per chi non possiede la copertura prevista dal SSN e soprattutto nei casi in cui per procedere celermente negli accertamenti si scelga il canale di prestazione privato. Nelle aree metropolitane la ricchezza dell offerta non costituisce di per sé una garanzia all accesso: l assenza di un marketing dei servizi strutturato e di procedimenti di comunicazione interculturale che sappiano presentare l organizzazione complessa del sistema dei servizi e la diversità di funzione e offerta dei diversi nodi della rete, depotenzia le opportunità inclusive che i sistemi di welfare diffuso vorrebbero ottenere. Prova ne è il fatto che gli appartenenti a gruppi nel cui paese d origine l offerta sanitaria non è del tutto destrutturata (l Ucraina e le Filippine, per esempio) ma offre piuttosto punte d eccellenza o comunque prestazioni ad alto contenuto professionale nei segmenti d offerta sia pubblici che privati oltre che una rete di servizi meglio comprensibile e decodificabile, tornano al loro paese. A questa motivazione si aggiunge certamente il fatto che in alcuni casi nel paese d origine l immigrato sa di poter contare su una rete di prossimità per la cura e la convalescenza, che difficilmente avrebbe nel nostro paese. 1

Una difficoltà alla fruibilità dei servizi è stata segnalata da alcuni intervistati provenienti dall Ecuador che pur non negando un buon livello di compliance con la figura del medico di base, in alcuni casi tuttavia ne hanno lamentato le posture fredde, burocratiche e sbrigative, l assenza di una relazione di ascolto che non si limitasse alla diagnosi della patologia e alla prescrizione dei medicinali. Questo bisogno dialogicorelazionale e la necessità di una figura di riferimento che integri competenze di natura medica a competenze di natura psicologica potrebbe essere la frontiera di sviluppo e di specializzazione del medico di medicina generale sui territori. E infatti questa figura, almeno per gli immigrati regolari, a rappresentare la prima interfaccia strategica con la rete dei servizi: puntare sulla formazione del personale territoriale delle Aziende Sanitarie Locali e dei medici di medicina generale sui temi di medicina delle migrazioni, dotandoli di strumenti culturalmente adeguati per la presa in carico dei bisogni di salute anche psicosociali della popolazione immigrata e l accompagnamento ai servizi del territorio. Le strutture pubbliche dovrebbero a loro volta dotarsi di aree dedicate alla sofferenza di natura psicologica che sappiano entrare davvero in relazione con la popolazione immigrata. E auspicabile inoltre che i servizi territoriali dedicati, spesso in gestione al privato sociale e le strutture di servizio territoriale permanente trovino una sinergia d azione e si impegnino all interno di quei dispositivi di governance distrettuali che possono favorire l integrazione tra politiche, vero orizzonte di fronteggiamento delle problematiche multidimensionali quali il disagio psicosociale dei lavoratori immigrati. La presente indagine ha inoltre mostrato come sia in particolare la donna immigrata a farsi carico della gestione e del raccordo di attività plurime e a vivere lo stress della doppia presenza con elevati oneri di conciliazione dei tempi di cura, di kinwork transnazionale e dei tempi di lavoro, ad essere la principale responsabile del lavoro di riproduzione affettiva e di accudimento nei confronti dei coniugi e dei figli. Sono inoltre sempre le donne le lavoratrici maggiormente discriminate nei segmenti di lavoro indagati e i soggetti che vedono per queste ragioni più facilmente compromesso il loro capitale di salute iniziale. Una particolare attenzione dovrà essere dedicata alla componente femminile delle migrazioni non solo sotto l aspetto della salute riproduttiva ma anche a quello del più diffuso disagio psico-sociale che sembra interessarle in quanto gruppo sottoposto a più carichi funzionali e in forza di una doppia discriminazione che le colpisce in quanto donne e in quanto immigrate. Da ultimo, proprio in forza dell esperienza di benessere psicosociale che nelle interviste viene correlato all opportunità di agency e di advocacy offerta ai lavoratori immigrati nell ambito della partecipazione socio-politica e religiosa (per quanto in quest ultima in chiave compensativa e di rifugio), ci si deve interrogare a quale livello si intende agire, non solo per favorire la partecipazione della popolazione immigrata alla vita delle società d accoglienza, ma per costruire un percorso di valorizzazione e di riconoscimento sociale dei lavoratori immigrati. L indagine, nel sondare l articolato profilo del disagio psicosociale, nella combinazione dei suoi caratteri personali e di contesto, non ha registrato solamente il sentimento di brain waste dei lavoratori, quanto piuttosto una sorta di rassegnata consapevolezza rispetto all ineluttabilità della condizione di integrazione subalterna che il nostro paese ha proposto loro come processo inclusivo e di accesso alla cittadinanza. Nuove conquiste e prospettive vengono proiettate sulle seconde e terze generazioni. Le dinamiche di ordine strutturale e relazionale osservate producono svantaggio psicosociale nella misura in cui contemporaneamente deprimono le dotazioni dei singoli individui e producono o conservano contesti di vita in cui le possibilità di azione sono limitate, dove insomma la libera costruzione della vita personale (Touraine, 1998) è completamente ostacolata o almeno ampiamente impedita. 1

Il benessere psicosociale può risiedere solo laddove gli individui, indipendentemente dalla loro provenienza, sentono di appartenere ad una società, percepiscono di essere membri vitali che contribuiscono allo sviluppo della società stessa, in cui li si accetti e li si riconosca come membri legittimi. In fondo si tratta ci è stato più volte ripetuto da A.Sen di porre le basi perché si dia l esercizio consapevole della libertà che è l unica dimensione che presuppone la responsabilità degli individui, senza deprimerne le capacità e le potenzialità culturali, sociali e psicofisiche, perché solo attraverso quella dimensione si dà piena e concreta attuazione e contenuto alla soggettività che fonda il senso di ogni cittadinanza. [PAOLO BORGHI] Alcuni cenni bibliografici Amato F. (2000), La circolarità commerciale degli immigrati nel napoletano, «Afriche e Orienti», vol.ii, n. 3/4, pp.53-57. Barbesino P., Quassoli F. (1997), La comunicazione degli immigrati a Milano: reti sociali, rappresentazioni e modalità di accesso ai servizi nell area metropolitana milanese, Quaderni Ismu, Franco Angeli, Milano. Beneduce R. et.al. (1994), La salute straniera: epidemiologia, culture, diritti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli. Bucchi M., Neresini F. (2001), Sociologia della salute, Carocci, Roma. Cologna D. (2003), I Filippini, in Cologna D. (a cura di), Asia a Milano, Abitare Segesta Cataloghi, Milano. Cologna D. (2008), Il caso Sarpi e la diversificazione crescente dell imprenditoria cinese in Italia, in Cima R a al. (a cura di), Un dragone nel Po. La Cina in Piemonte tra percezione e realtà, Edizioni dell Orso, Torino. Diasio N. (2000), Differenze culturali e percezioni di salute, in Geraci S., Approcci Transculturali per la Promozione della Salute, pp. 182-192, Anterem, Roma. Geraci S., Martinelli B., Olivani F. (2003), Assistenza sanitaria agli immigrati: politiche locali e diritto sopranazionale, in Todisco A., et. al. (a cura di), Immigrazione, salute e partecipazione. Aspetti critici e nuove prospettive operative, Istituto Italiano di Medicina sociale, Immigrazione salute e partecipazione, portale.iims.it/flex/cm/pages/serveblob.php/l/it/idpagina/487. Helman G. C. (1981), Disease versus illness in general practice, «Journal of the Royal College of General Practitioners», 31, pp.548-552. Kleinman A. (1980), Patients and healers in the context of culture, University of California Press, Berkeley. Krieger N. (2004), Embodying Inequality: Epidemiologic Perspectives, Baywood, Amityville N.Y. Lagomarsino F. (2006), Esodi e approdi di genere. Famiglie transnazionali e nuove migrazioni dall Ecuador, Franco Angeli, Milano. 1

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