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TRASFERIMENTO DI RAPPORTI DI LAVORO: TRATTAMENTO FISCALE DI EVENTUALI CORRESPONSIONI UNA TANTUM Sommario: 1. La fattispecie 2. Indennità e risarcimento del danno 3. La normativa 4. Danno emergente e lucro cessante 5. Art. 17, lettera i) del Tuir (già art. 16) e art. 2112 c.c. 6. Art. 1965 del c.c. e natura della transazione: redditi diversi. 1. LA FATTISPECIE Non è inusuale assistere a conferimenti di rami di azienda, a seguito dei quali il trasferimento dei rapporti di lavoro interessati dal conferimento viene regolato con accordi stipulati fra le società interessate e le organizzazioni sindacali. Tali accordi prevedono di solito la corresponsione a titolo transattivo sotto forma di una tantum, a favore dei dipendenti interessati dal trasferimento, di un importo legato a degli scaglioni di anzianità contributiva e/o anagrafica. La somma viene infatti liquidata a fronte di alcune clausole di miglior favore contrattuale e/o aziendale godute dai dipendenti presso la precedente società, nonché a fronte di eventuali futuri trattamenti peggiorativi o oneri dovuti alla modificazione dell iscrizione previdenziale obbligatoria. In seguito a tali accordi, il sostituto di imposta conferente può assoggettare la somma corrisposta a tassazione Irpef nei modi ordinari e contestualmente la conferitaria, in occasione del conguaglio fiscale di fine anno, può includere la somma tra i redditi di lavoro dipendente a tassazione ordinaria? Oppure si deve ritenere che l indennità in esame venga corrisposta a titolo di risarcimento danni per compensare il miglior trattamento economico quali dipendenti della conferente rispetto al peggior trattamento economico quali dipendenti della conferitaria e che pertanto si debba applicare la tassazione separata così come calcolata ai sensi della lett. i) dell art. 17 del Tuir (già art. 16)? Questi i termini della questione. 2. INDENNITÀ E RISARCIMENTO DEL DANNO Ritengo che non si possa parlare di risarcimento del danno, inteso sia come danno emergente che come lucro cessante: nella fattispecie in esame, infatti, non si verifica alcun illecito ex art. 2043 c.c.. L accordo da cui scaturisce l indennità avviene nel pieno rispetto dell art. 2112 c.c., il quale prevede che, in caso di trasferimento d azienda, il rapporto di lavoro continui con l acquirente, con l applicazione del CCNL relativo ai dipendenti del cessionario. In definitiva, le somme percepite non possono essere considerate un risarcimento danni, dato che non si verifica alcuna perdita illecita. L indennità ha infatti natura negoziale e non risarcitoria: l asserito danno da lucro cessante è semplicemente dovuto alla diversa applicazione retributiva e normativa dovuta alla sostituzione di un contratto collettivo ad un altro contratto collettivo, così come espressamente previsto dall art. 2112 c.c.. Secondo alcune sentenze della giurisprudenza di merito (v. CTR Toscana n. 51/24/03), infatti l indennità in parola, ha natura negoziale e non transattiva di risarcimento. Determinante in tal senso è l art. 2112 c.c. nella parte in cui stabilisce che l acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all impresa acquirente. Nel caso de quo l asserito danno derivante dal lucro cessante dovuto alla diversa applicazione della parte retributiva e normativa nel passaggio dalla dipendenza (omissis) a quella (omissis) deve inquadrarsi nella sostituzione da un contratto collettivo ad altro contratto collettivo relativo all impresa acquirente. Non costituendo pertanto una violazione di legge ex art. 2112 c.c., la natura della indennità di passaggio deve ritenersi negoziale e non risarcitoria. Questo è il corretto inquadramento della fattispecie in esame. 1

3. LA NORMATIVA Il regime della tassazione separata è disciplinato dall'art. 17 del Tuir (già art. 16), che limita l'applicazione di tale regime agli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente, riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti.... La ratio di tale disposizione deriva dall'esigenza di attenuare il criterio di cassa. Ciò al fine di evitare che, nei casi di redditi percepiti con ritardo rispetto alla loro maturazione, la progressività delle aliquote determini un pregiudizio per il contribuente. La tassazione di tali somme avviene quindi con aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore a quello in cui è avvenuta la percezione delle somme [vedi art. 21, comma 1, del Tuir (già art. 18)]. La circolare n. 23/E del 1997 1 (e poi, più recentemente, anche la Risoluzione n. 43 del 16 marzo 2004 2 ha però chiarito che l applicazione del regime di tassazione separata non trova applicazione nei casi in cui la corresponsione degli emolumenti in un periodo d'imposta successivo a quello di maturazione deve considerarsi fisiologica rispetto ai tempi tecnici o giuridici occorrenti per l erogazione degli emolumenti stessi. Nel caso in esame il diritto alla corresponsione delle somme oltre a non essere maturato antecedentemente all accordo sindacale, oltretutto, si perfeziona di solito in modo fisiologico rispetto ai tempi tecnici e giuridici occorrenti. Perché allora si dovrebbe procedere a tassazione separata? La medesima circolare, inoltre, ha precisato che le situazioni che possono assumere effettiva rilevanza ai fini della applicazione della tassazione separata sono di due tipi: 1) quelle di carattere giuridico, che consistono nel sopraggiungere di norme legislative, di sentenze, di provvedimenti amministrativi o di contratti collettivi; 2) quelle di fatto, che impediscono il (regolare) pagamento delle somme spettanti entro limiti di tempo accettabili. Solo quindi nel caso di contratto collettivo, norme o atti amministrativi dai quali derivano emolumenti riferibili ad anni precedenti le somme erogate non concorrono alla tassazione progressiva e sono assoggettate dunque a tassazione separata. Ma nel caso in esame non si sta parlando di somme riferibili ad anni precedenti, ma, al contrario, di somme forfetariamente stabilite a ristoro di (eventuali) somme da percepire in futuro. E esattamente il contrario. La disciplina applicabile al caso di specie è quindi quella posta dall art. 2112 c.c.. Ma che cosa stabilisce esattamente l art. 2112 c.c.? L art. 2112 è rubricato (e già il nome della rubrica dimostra la corretta interpretazione da dare alla norma) Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda e dispone che in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello. Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma. Questo è il testo della norma. Il comma 3 dell art. 2112 del c.c. dispone quindi che l'acquirente/cessionario deve applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali 1 In dt.finanze.it. 2 In dt.finanze.it. 2

vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano stati sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all impresa dell acquirente. Non vi è quindi alcun danno risarcibile, ma soltanto un effetto di legge che, in quanto tale, non può certo essere illecito. Sempre in tema di salvaguardia dei diritti relativi al trattamento economico, secondo la Cass. n. 9545 dell'8 settembre 1999 3, deve ritenersi che, solo nel caso in cui l azienda acquirente non applichi alcun contratto collettivo, ai lavoratori ceduti si applichi il contratto collettivo che regolava il rapporto con la precedente azienda, indipendentemente dall'attività svolta dall'impresa acquirente. La preoccupazione della continuità di copertura contrattuale, invece, non ha più ragione d essere quando l impresa acquirente applichi comunque un contratto collettivo, dato che in tal caso questo contratto sostituisce immediatamente e totalmente la disciplina collettiva già in vigore presso l'azienda alienante e dato che, oltrettutto, secondo i principi generali, detto contratto può essere modificato anche in peius dalla successiva contrattazione collettiva. Quindi non si può mai parlare di risarcimento dei danni quando la modifica avviene per contrattazione collettiva: i due concetti, contrattazione collettiva e danno risarcibile, sono incompatibili. Ulteriori interessanti considerazioni derivano inoltre ancora dalla normativa e precisamente dalla lettura del comma 4 dell art. 2112 del c.c., che recita: Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'art. 2119, primo comma. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro abbiano subito a seguito del trasferimento una sostanziale modifica, può quindi recedere dal suo rapporto senza preavviso e con diritto ad un'indennità sostitutiva. Tale facoltà deve essere esercitata nel termine di decadenza di tre mesi dalla data del trasferimento. La sostanziale modifica che legittima il ricorso alle dimissioni può verificarsi a seguito della sostituzione della contrattazione collettiva applicata all'azienda trasferita: il contratto collettivo del cessionario, infatti, come detto, può modificare anche in peius quello precedentemente in vigore presso il cedente (v. Cass. 9545 dell'8 settembre 1999, cit. a nt. 1). Ma, allora, questo vuol dire che, se le dimissioni non ci sono state, non c è stata alcuna sostanziale modifica e, comunque, non c è stato danno : non si può quindi parlare di risarcimento. 4. DANNO EMERGENTE E LUCRO CESSANTE La Suprema Corte, con la sent. 11 marzo 2003 n. 3582 4, ha confermato del resto che tutte le indennità conseguite dal lavoratore (anche) a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, e quindi tutte le indennità aventi causa o che traggano comunque origine dal rapporto di lavoro, comprese le indennità per la risoluzione del rapporto per illegittimo comportamento del datore di lavoro, costituiscono redditi da lavoro dipendente. Il dubbio, quindi, comunque, non riguarda la tassabilità o meno dell indennità, ma soltanto la sua tassabilità in via ordinaria o separata. Nella stessa linea di pensiero, si è poi posta di nuovo la Cassazione con la sent. n. 6241 del 29 marzo 2004 5, con la quale ha confermato la tassabilità di tutte le somme percepite, anche di quelle di natura risarcitoria. Il limite dunque tra tassabilità o meno degli indennizzi risarcitori è solo quello relativo alla tipologia del danno (lucro cessante o danno emergente). 3 In www.ilfisco.it. 4 In dt.finanze.it. 5 In dt.finanze.it. 3

5. ART. 17, LETTERA I) DEL TUIR (GIÀ ART. 16) E ART. 2112 DEL C.C. Accettato il principio della non imponibilità degli indennizzi risarcitori da danno emergente, per contro, laddove l'indennizzo sia rivolto a compensare, a titolo di lucro cessante, la mancata percezione di redditi di lavoro, le somme corrispondenti vanno assoggettate a tassazione separata. Ma nel caso in esame non vi è neppure lucro cessante. La lettera i) dell art. 17, contempla in effetti l'assoggettamento a tassazione separata delle indennità spettanti a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, dei danni consistenti nella perdita di redditi relativi a più anni. Ma non è questa la norma da applicare al caso di specie. Nel caso in esame infatti trova semplicemente applicazione il disposto dell art. 2112 c.c.. Come affermato ancora dalla Corte di cassazione nella sent. n. 9545 del 8 settembre 1999 6 in tema di salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d azienda, a norma dell art. 2112, comma 2, del codice civile (come modificato dall art. 47 della L. n. 428 del 1990 in attuazione della direttiva CEE n. 187 del 1977), deve ritenersi che solo nel caso in cui l azienda acquirente non applichi alcun contratto collettivo ai lavoratori ceduti si applichi il contratto collettivo che regolava il rapporto con la precedente azienda, indipendentemente dall attività svolta dall impresa acquirente; la preoccupazione della continuità di una copertura contrattuale, invece, non ha più ragione d'essere quando l impresa acquirente applichi comunque un contratto collettivo, dovendosi in tal caso ritenere che questo contratto sostituisca immediatamente e totalmente la disciplina collettiva vigente presso l azienda alienante e che, secondo i principi generali, detto contratto possa essere modificato anche in peius dalla successiva contrattazione collettiva. Il confronto fra diversi contratti collettivi al fine di stabilire quale sia più favorevole, oltretutto, non può limitarsi a singole clausole, ma deve essere effettuato globalmente, con riferimento all insieme del trattamento economico e normativo. Insomma, risulta quindi chiaro che, vista la specifica disciplina posta dall art. 2112 c.c., la disciplina speciale prevale su quella generale e non si può in alcun modo parlare di risarcimento del danno. 6. ART. 1965 C.C. E NATURA DELLA TRANSAZIONE: REDDITI DIVERSI Del resto, anche se non ci fosse stata tale specifica ed espressa disciplina, comunque, non si sarebbe potuto procedere a tassazione separata. Se infatti non si fosse potuta applicare la disciplina di cui all art. 2112 c.c., allora si sarebbe dovuto applicare la disciplina di cui all art. 1965 c.c. in materia di transazione. La transazione è infatti un contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. La causa di tali controversie è spesso rappresentata da rivendicazioni avanzate dai lavoratori con riferimento a mancate retribuzioni relative a periodi pregressi. Il trattamento fiscale delle somme in parola risulta differente nel caso in cui la transazione sia attinente alla risoluzione del rapporto di lavoro da quello in cui si effettui invece in costanza di rapporto di lavoro. L art. 17, comma 1, lettera a), del Tuir prevede in effetti l assoggettamento ad Irpef, secondo il sistema della tassazione separata, delle somme e dei valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive a seguito di provvedimenti dell autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro. Nel caso in esame la transazione viene però attivata non in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, bensì al fine di comporre (o meglio di evitare l'insorgere di) una lite con un soggetto ancora in possesso dello status di lavoratore dipendente; all indennità corrisposta non risulta quindi applicabile il regime di tassazione separata. Il negozio transattivo del resto ha natura costitutiva di una situazione giuridica nuova. 6 Cit. a nt. 1, che precede. 4

Il negozio transattivo realizza quindi una vera e propria novazione, configurandosi come un contratto con il quale il nuovo rapporto si sostituisce a quello originario. Sulla base di quanto sopra esposto, gli effetti fiscali si sostanziano in una obbligazione di non fare da parte dei lavoratori dipendenti, che, in sostanza, a fronte del percepimento di una determinata somma, si obbligano a non avviare una controversia. Sulla base di tale interpretazione il Ministero, pronunciandosi sul trattamento fiscale da applicare all indennità di rinuncia all'avviamento obbligatoria corrisposta in sede transattiva (Risoluzione ministeriale n. 150/E del 22 luglio 1996 in Servizio di Documentazione Economica e Tributaria 7 ), ha ricondotto tali tipi di somme tra i redditi diversi di cui all'art. 67 del Tuir (già art. 81, lettera l) avente ad oggetto, appunto, i redditi derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere. Anche in tal caso quindi la tassazione deve avvenire in via ordinaria e non separata. Giovambattista Palumbo Funzionario dell Agenzia delle Entrate 7 In dt.finanze.it. 5