Il Signore di Baux ed altre storie



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Il Signore di Baux ed altre storie Di quando la politica diviene un incubo Di Vincenzo Susca

Il Signore di Baux ed altre storie Di quando la politica diviene un incubo di Vincenzo Susca per politicaonline.it Sono stato invaso da un incubo talmente aggressivo e totalizzante da confondere i piani del mio sentire sino a far saltare la già di per sé fragile linea di demarcazione tra realtà e immaginario, esperienza di ricercatore e desideri dello spettatore, capacità di astrazione e trasporto immersivo nei mondi dell emozione. Così, spinto in una sorta di scrittura automatica, ho visto mischiarsi in un piano surreale le mie considerazioni da osservatore dell immaginario politico con le angosce, i brividi, ma anche le passioni torve che sempre abitano come spettri le simboliche dello spazio-tempo notturno. Il delirio che si è impossessato di me è ambientato nella cornice temporale contemporanea sino a tracimare, ad esaurirsi come i disastri di un uragano, nel futuro, nella mattina dell 11 aprile 2006. Pazzesco, beffardo, si prende gioco di me in modo astuto, spingendomi a sovvertire la sua narrazione con la mia esperienza, a porre la prima come intensificazione della seconda e questa come specchio inerte della prima; come se non ci fosse più via d uscita se non lasciarsi agire da una proiezione onirica su un territorio fatto di fantasmi che non svolgono più il semplice ruolo di disturbatori e turbatori del quotidiano, ma che lo governano e ne orientano le politiche più profonde. Ho sognato che la campagna elettorale permanente che ammanta la mediasfera dal 1994 avesse subito un salto di qualità spettacolare, un intensificazione del suo rumore, attraverso i fendenti lanciati dall arena postparlamentare di Rockpolitik, in cui un simpatico tribuno-molleggiato dal linguaggio sferzante quanto contorto - traballante nella sua impalcatura grammaticale - sanzionava, di fronte al timore reverenziale del pubblico, e all atteggiamento irritato di qualcuno, con la sua andatura lenta, tutto ciò che è 2

buono, e quindi rock, e cattivo, quindi lento. Era, la sua voce, quella di un sincretico menestrello-presidente che con le parabole dei suoi versi apre e informa il seguito dello spettacolo. Le sue parole provocavano crisi politiche, discorsi accorati pro e contro; erano in grado come non succedeva da tempo di riportare nella sfera pubblica, sebbene sotto spoglie di parossismi, di rovine, i fasti del discorso politico. Ma era quella la politica? O forse non poteva più essere altro che quello? Primi turbamenti di una notte sospesa tra il qui e l altrove. Iniziava così - suggeriva il bizzarro delirio al quale ero sottoposto - una nuova fase della tele-politica e sembrava naturale che il riverbero di quella scintilla irradiasse ogni momento e qualsiasi performance dei successivi teledibattiti. Sorpresa: la tele-politica smuoveva flussi di opinione e catalizzava voyeurismo, gossip, interesse nel senso più viscerale del termine. Cosa voleva dirmi quel salto della mia coscienza? Cosa significava che Matrix, Porta a Porta, le Incudini e tutto il resto della panoplia politico-spettacolare stessero raggiungendo gli indici d ascolto dei varietà e dei reality show? Avevamo forse sbagliato, ecceduto in una frettolosa analisi, decretando la diaspora del grande pubblico dal politico? Forzavo quindi il montaggio delle immagini che mi venivano scritte addosso ad andare in profondità e a zoomare sui contenuti, sui primi piani, sulla carne viva dello schermo. Mi rendevo così conto di ciò che non riuscivo a capire, e a quel punto lo spettro dell incompreso, nel ridursi da una parte si ingigantiva dall altra. Perché l incubo non ha alcun rispetto del mio ordine mentale e vuole definitivamente affossarmi nel caos della confusione? Mi immerge nella voluttà trash degli spettacoli ma non si carpisce più la loro differenza, le singole trame che li separano uno dall altro - mi appare come un magma viscoso, indivisibile. Vedo un tutto in cui mi sfuggono i titoli e non si scorge alcuna differenza tra i guitti e i giornalisti, gli showman e gli intellettuali, i politici e il resto. Grammatica, significati, significanti, mezzi e messaggi convergono su un unica nebulosa in cui non distinguo più chi è Pappalardi e chi Calderolo Quale tra i due il Ministro della Repubblica? E quale il rude provocatore? Confusioni, frecce di un immaginazione vendicativa che si prende la sua rivincita su una razionalità astratta che troppo a lungo l ha espulsa. È la politica dello spettacolo. 3

Ho sognato che dopo cinque anni di azione del governo guidato dal Signore di Baux molte delle promesse elettorali che ne avevano favorito l investitura fossero state disattese, avessero svelato il carattere pubblicitario che presiede non tanto la comunicazione politica del Nostro ma, ancor di più, la sua stessa impostazione politica, laddove l immagine non è il referente di un contenuto di governo ma la promessa di un emozione, di un abbaglio di felicità che trova nell immateriale, nell attimo del consumo e nell immaginario la sua soddisfazione. Il paradigma commerciale indica da tempo che il valore proprio di ogni merce non è l equivalente del suo valore d uso, bensì la sua densità simbolica, la capacità di accendere l immaginazione, di penetrare l immaginario e di porsi come laccio di un dato comunitario reale o fantastico. Il momento di massima eccitazione nel rapporto erotico con la merce vive la sua massima intensità nella fase che precede l acquisto e lo scarto del pacco, quando ormai il suo bacino semantico, ancor prima del suo valore materiale, sono stati consumati. La depressione che costantemente segue l acquisto di ogni oggetto è contrastata dal consumatore tramite l immediata proiezione in un altro mondo-merce immaginario, stabilendosi quindi una catena di rimandi in cui ogni pacco rimanda a un altro e apre un inedito mondo possibile in cui permane l illusione di felicità e la sospensione del sogno. Il Signor di Baux ha traslato - e quando ancora è in forma, allorché riesce a far valere il suo istinto di uomo dell immaginario sui consigli degli spin doctor elettorali, ancora riesce a commutare - la strategia seduttivospettacolare della merce al palcoscenico della politica, ribaltando ciò che erano i cardini del discorso politico nei cliché e nelle punteggiature della grammatica televisiva, laddove l identificazione simbolica, il trasporto emotivo e il linguaggio del corpo hanno sempre la meglio sull adesione razionale, sul calcolo freddo e sui paradigmi alfabetici della Galassia Gutenberg. Ho sognato che la scaltra sapienza della strategia mediatica attraverso la quale si è passati dalla politica spettacolo alla politicizzazione dello spettacolo avesse restituito al suo regista tutti i suoi frutti, quelli attesi insieme all inaspettato. Tra i primi, naturalmente, il successo elettorale, tra i secondi - come poteva essere previsto tenendo presente ciò che sempre più sfugge al politico: il lungo termine - il destino di ogni oggetto commerciale: il suo 4

consumo, la sua dissipazione. Come abbiamo indicato precedentemente, la salvezza della merce risiede nel fatto che l angoscia che segue l acquisto di ogni oggetto - nell attimo in cui si realizza la sua impossibilità di garantire il fantastico che promette - è sedata dal rimando a un altro mondo-di-sogno (come Benjamin ha per primo indicato il contenuto immateriale del consumo). Ecco la differenza tra la politica e il sistema degli oggetti: nel secondo diviene un peccato capitale ciò che la prima risolve nel ricambio dei pezzi obsoleti: mentre lo spleen che proviamo quando il 26 dicembre dobbiamo constatare che quelle cose giacenti sotto l albero sono già insignificanti è bilanciato dall annuncio di nuove meraviglie, quello legato al venir meno delle promesse e all esaurimento simbolico dell immagine indossati dal politico non ha sbocchi se non il suo lento retrocedere dalla scena al retroscena dello spettacolo. Nel mio sogno la freddezza di questa analisi era intrecciata all intensità, alla ridondanza delle immagini: vedevo scene surreali in cui il Presidente era indicato dal cuore del suo elettorato - gli spettatori pomeridiani dei varietà televisivi, nello specifico quelli di fronte a Domenica in il 6 ottobre 2003 - come il principale oggetto-soggetto al quale dire basta (prima di Bin Laden e della distruzione del pianeta!). Scherzo del destino: la piazza elettronica destituiva il principe dell immaginario; l arena televisiva fatta di masse istupidite e totalmente assoggettate dalle trame subliminali dei Grandi Fratelli osavano ammutinarsi di fronte al loro Leviatano fantasmatico. Scenari dell assurdo, schegge impazzite della mia attività onirica. Ho visto il sorriso del signore di Baux irrigidirsi e trasfigurarsi nel ghigno del politico di professione, il suo fiero dilettantismo mutarsi nel doppio petto dello statista lanciato nel risanamento del deficit pubblico e nell esportazione della democrazia. Insomma, la mia nottata prendeva una piega sempre più ritorta e contorta su se stessa, mi mostrava un signore di Baux che non poteva essere più quello che avevo lasciato prima di addormentarmi, troppo serio, deciso, politico per essere vero. 5

Per fortuna anche nel più intenso dei sogni possiamo aprire parentesi e ritornare sul nostro terreno, rimettere i piedi per terra: riesco quindi, per non naufragare nella deriva del reale, a ripescare dalla mia memoria immagini inconfondibili di quello che è, era e sarà il mio vero signore di Baux - quello delle corna durante il vertice di Barcellona, quello che sbandiera il nuovo miracolo italiano e investe i suoi militanti del ruolo di missionari del Vangelo di Fita, quello cool che esibisce la bandana delle tribù urbane. Invece no, chiusa la parentesi del ritorno al passato la mia allucinazione notturna mi avvince ancora al suo ritmo crudele. Vedo il signore di Baux sprofondare negli indici di consenso dell opinione pubblica e ribellarsi astiosamente a tali manipolazioni con la rivendicazione dei numeri del governo. Niente più sogni, scompaiono le nuvole tanto candide delle convention azzurre così come i riferimenti suadenti al mondo del fantastico. Vengono sciorinate e sparse sui manifesti elettorali di un appuntamento che mi rimane segreto cifre del buon governo, indici, tassi, numeri a nove zeri in cui questa volta il riferimento non è più il mondo del desiderio, la proiezione nell immaginario, bensì il deserto del reale. Recitano gli stendardi che viviamo tutti meglio, che i giovani hanno finalmente trovato lavoro e sicurezza, che siamo importanti e ben visti nel mondo. Il dilettante ora crede in se stesso. Colui che nella mia vecchia illusione di realtà si pronunciava con veemenza contro i politici di professione voleva ora calarsi nei loro grigi orizzonti, far sue le loro prospettive anemiche. Il mio incubo si prendeva gioco di me e ne godeva, traeva gusto dal vedermi perdere il senso del vero. Finché qualcosa succede e mischia ulteriormente le carte in gioco: continuo a non essere-qui eppure rivedo un altra volta il signore di Baux cambiar pelle e tornare a brandire la bandiera dello spettacolo, dell intrattenimento infinito. Gli indici d ascolto, ops le curve del consenso elettorale calano a picco, i numeri non funzionano e le lunghe liste con le riforme del governo annoiano il pubblico, non lo convincono, deformano la 6

figura del Nostro sino a non farlo essere più lui. Fino al momento in cui, esausto di dover indossare una maschera non sua, egli non ripesca dal cilindro se stesso e dissemina la media-sfera della sua presenza ingombrante e fantasmatica, con tanto di canzoni, di lacrime, di aneddoti familiari e di quelle irresistibili dosi di fuga dalla realtà. Vedo Matrix, Uno Mattina, le Incudini, I sensi della vita, le tribune dei pettegolezzi, le cronache del traffico, le trivialità dei salotti televisivi, i capricci dei Tg rosa, San Remo, Beautiful, il Gabibbo, star e vedette dello spettacolo travestirsi da signore di Baux, confondersi col suo corpo sino a intravedere lo schermo di quel televisore che mi sta di fronte - oddio, neanche David Cronenberg avrebbe immaginato tanto - flettersi e mutarsi nel suo volto. La mia televisione è Lui. Il sudore dell angoscia mi riempie come un onda che si abbatte sulla battigia indifesa. L incubo procede insaziabile, vuole farmi suo e lasciarmi soffrire sino all ultimo spasimo. Avevo lasciato, prima del sonno più sofferto, l Uni in pomposo, spedito e fiero vantaggio nei confronti della Cali, pronto a prenderne il testimone e avveduto dalle lezioni seguite agli errori di un quinquennio passato. Il naufragio impostomi mi mostra invece immagini televisive in cui il candidato premier è assente. Perché? Perché? Cosa ho fatto per non poter finalmente vedere rinfacciare pacatamente e seriamente al governo in carica ciò che negli ultimi 5 anni mi ha fatto tribolare? L università che sempre più mi spinge all esodo, la Magistratura trasformata in un covo di Vietcong da smantellare, il mio Paese trasportato nel conflitto tra civiltà, ministri della Repubblica che offendono lo straniero (Incubo nell incubo. Non posso più credere neanche che queste immagini siano la mia memoria del reale, e non un altro scherzo di una notte beffarda). Vedo quindi due settimane di sbornia televisiva in cui, senza carpirne le ragioni profonde, i rappresentanti dell Uni, privi del proprio leader legittimato da più di 4 milioni di voti dalle elezioni primarie - dove lo ha nascosto questo dannato delirio? - rincorrono l avversario sul suo terreno, interpretando il ruolo di opposizione dell opposizione. Nei salotti televisivi si parla dell Onipol, delle cooperative rosse e delle loro trame oscure che però il mio subconscio fuori di sé non sa di-mostrarmi se non con strali e tautologie. Alcuni 7

leader dell Uni appaiono intimiditi, altri si infervorano, altri ancori indignati si defilano. Il signore di Baux detta le regole del gioco e - astuzia di chi conosce Hollywood - gioca il ruolo di regista. Nulla di ciò che si discute non è lanciato dalla sua bocca come proclama, accusa o dato di fatto. Mi si accende per un attimo una spia del mio magazzino degli attrezzi, e mi dice che le elezioni sono tendenzialmente vinte da chi riesce ad imporre i temi e lasciarli insinuare nell opinione pubblica come la pioggia permea il terreno scoperto. Ma perché? Perché quest incubo maledetto mi mostra una campagna elettorale in cui il capo del governo appare come il leader dell opposizione? Per quale motivo mi viene presentata una coalizione avversaria che riesce ad unirsi all unisono, a cantare assieme come un corpo unico, solo quando chiamata a ribattere e a rispondere al signore di Baux? Il tele-incubo mi mostra leader che non riescono a fare a meno di pronunciare il suo nome, non possono evitare di soffermarsi sulle sue battute, sui suoi cali di stile voluti, sulle sue performance Ma come, ancora non è chiaro agli attori inconsapevoli di questo scenario fantastico che la prima regola della pubblicità è quella di parlare di un prodotto e di animarvi attorno narrazioni? Che un soggetto politico per funzionare deve essere in-sé-eper-sé e non contro-qualcuno? Quale peggiore contro-visione, anti-sogno, di uno scenario che ripete le trame e i passaggi di 5 e 12 anni prima? Perché l oscurità di quelle ore non si interrompeva e gli abbagli del giorno non la scacciavano via per sempre? Ho visto nella notte più buia, negli apici di perfidia di quella elucubrazione onirica, un programma elettorale di 250 pagine senza parole-chiave in grado di materializzare un idea e accendere un immaginario. Mi è stato imposto - come accadde al Drugo nella biopolitica dell Arancia Meccanica di Kubrick - di vedere l atto di presentazione del manifesto dell Uni preceduto e seguito da abbandoni, veleni, dissidi, defezioni che hanno reso il rituale un epifania mancata, un fuoco di artificio senza esplosioni. Dall altra parte, invece, mi si cela il programma - altro scherzo di questa notte infame - mentre si eccede nell esibizione di corpi spavaldi, degli annunci di progressive sorti e di schemi calcistici. Ma come? Che senso ha darmi a vedere una partita di calcio inedita con tre punte contro 8

nessuna-troppe? Che significa tridente in una partita di politica? Il programma della Cali è uno o trino? Cambia a seconda dell eventuale vincitore o è semplicemente ad egli affidato? Le domande irrisolte di un racconto che sfugge alla ragione. Ma tanto, come capita quando si è nel cuore di un incubo, la certezza che prima o poi sarebbe finito lo rendeva meno tragico alleviandone le ferite. Altri colpi di scena, contraddizioni, paradossi, riempiono la mia nottata su un letto spinato. Vedo il signore di Baux con un cantante napoletano a Tappeto volante e sento Ropro dire io non venderò tappeti - lasciamo perdere la televisione e andiamo a parlare con la gente per le strade di città e in provincia. Ricordavo nelle immagini sbiadite della mia vita prima di quella turbolenta sospensione che un certo Albruzzese da tempo aveva de-scritto la dislocazione della piazza sugli schermi elettronici, e ancora emerge dal magazzino di una sbiadita sapienza ormai relegata ai margini della mia coscienza che comunicare un programma di governo non può prescindere dal saper abitare i secondi - i media - come estensioni dei primi - i territori. Che un nodo irrisolvibile, una dissolvenza del destino sfuma l essere-qui del corpo nell esserealtrove dell immaginazione simbolica. Insomma, mi era sembrato di ricordare quanto la comunicazione e la politica si fossero già da tempo allacciate in una compenetrazione inestricabile, dalla quale veniva fuori una riconfigurazione linguistica e contenutistica del politico a partire dalle mutazioni dei linguaggi e delle soggettività che i media esprimono. Ciò, se non fossi stato rapito da uno stupido incubo, mi avrebbe dato a vedere una classe politica in grado di frequentare parimenti piazza fisica e piazza elettronica, con disinvoltura e senza cedere alle derive o ai ricattiperformance dell avversario, così come senza lasciargli lo spazio vitale. La politica richiede la capacità di comprendere il vissuto che si aspira a rappresentare, così come la competenza di conoscerne e saperne abitare gli 9

spazi. Ma non ce lo aveva già mostrato il confronto americano tra il freddo Kenny e in caldo Nixy nel 1960? Forse, tuttavia, anche quei bagliori erano flashback innescati da un immaginazione sfuggita alle mie redini. Ho presentito che l incubo stesse finendo, lasciando compiere le catastrofi immanenti alla sua grammatica, proprio nel momento in cui un lampo, quello del risveglio, si annunciava. In quell attimo sospeso, in attesa dell angoscialiberazione della fine, vedevo l Uni implodere negli incroci dissennati del fuoco amico, corpi a corpi tra cellule della coalizione al fine di respirare più aria del vicino, un addensamento dai tratti rissosi in cui Ropro perdeva fiato e il signore di Baux lo recuperava sogghignando. A questo punto appariva con tutta evidenza che vivevo una condizione altra dal reale, fuori dal mondo che mi ero lasciato alle spalle prima del sonno. Respiro di sollievo. Sperimentavo sulla mia pelle, dentro la mia pelle, un assurdo talmente parossistico da annunciare il suo rovescio. Riuscivo così a tornare allo spirito delle primarie e ai fiumi di consenso che vi sgorgavano dentro come gli zampillii di un fiume in discesa. Era quello lo scenario vero e non lo sporco tranello del mio incubo mediatizzato. L inganno mi era ormai chiaro. Non c erano sabotatori nell Uni, né dissidi inconciliabili e neanche mancanza di serietà politica o segreto desiderio della sconfitta; tanto meno complessi di inferiorità verso il gigante televisivo o incapacità di parlare col cuore e con la mente. Era solo uno spinoso e infame incubo. Eppure doveva finire, e io non sapevo come. La mattina dell 11 aprile - quando la parabola della notte si stava compiendo, un attimo prima del risveglio, laddove la parentesi onirica si incamminava al tramonto - il giornale di fronte ai miei occhi: Ha vinto LUI Ultimo smacco di una visione meschina. O forse no Le immagini sono una sintetizzazione grafica del brano musicale Il Signore di Baux di Angelo Branduardi su idea ed elaborazione di Rosanna De Rosa. Questo racconto è distribuito gratuitamente da Politicaonline.it i cui contenuti sono protetti da licenza Creative Commons: Attribution - NoDerivs NonCommercial. Si ringrazia Vincenzo Susca per il suo prezioso contributo. 10