Crisi e processi di cambiamento dei sistemi di welfare



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Crisi e processi di cambiamento dei sistemi di welfare Giovanni Bertin Dip. Economia, Università Cà Foscari, Venezia (in via di pubblicazione) Abstract: il passaggio dalla società moderna ad una società post moderna ha attivato una profonda trasformazione del rapporto fra economia e società e, conseguentemente, dei sistemi di welfare che hanno caratterizzato lo sviluppo economico nel secondo dopoguerra dei paesi più industrializzati. L analisi dei regimi nazionali, costruita a partire dalla situazione dei paesi occidentali, non sembra più in grado di rappresentare una realtà in rapida evoluzione e diversificazione. Il cambiamento in atto è influenzato da dinamiche esogene ed endogene al sistema che rendono difficile qualsiasi previsione sui possibili esiti futuri. Oggi s intravvedono dinamiche diverse e talvolta configgenti, ma si manifestano anche alcune costanti. Fra queste vale la pena ricordare, il fallimento del mercato come unica strategia di supporto allo sviluppo del benessere sociale, la centralità delle dinamiche della comunità, la de-standardizzazione e la personalizzazione degli interventi, la sussidiarietà e la necessità di supportare le famiglie nel lavoro di cura, la necessità di ridefinire il ruolo dello stato e le sue tecnologie di governo. Sviluppo e criticità dei sistemi di welfare hanno caratterizzato il dibattito politico e culturale nella seconda parte del secolo scorso e stanno accompagnando questo primo scorcio del nuovo secolo. Gli anni sessanta hanno visto il consolidarsi del modello fordista di sviluppo economico, del processo di modernizzazione e dell aumento della protezione sociale contro i rischi sociali (invalidità, vecchiaia, povertà, malattia). Lo sviluppo del sistema di protezione sociale non ha ridotto le reti e la cultura della solidarietà, che si è andata consolidando anche in presenza della crescente diffusione di valori individualistici. Questo processo espansivo, che ha dato origine a quelle che Castel (2004) definisce come società assicuranti, si è interrotto. La crisi economica, la crisi fiscale dello stato e la sua progressiva delegittimazione hanno messo in crisi il trend espansivo delle politiche di protezione sociale. Il nuovo secolo si è aperto alla luce di una ridiscussione del patto sociale fra lavoro produttivo e lavoro di cura, fra produzione di valore, solidarietà e protezione sociale. Questo nuovo scenario rimette in discussione e attiva un processo di rivisitazione dei modelli di welfare consolidati in tutti i paesi europei. Tale processo non può avere carattere settoriale e riguardare esclusivamente le politiche sociali, ma investe il sistema nel suo complesso, le dinamiche dello sviluppo locale, i meccanismi di costruzione dell identità collettiva, di legittimazione dello stato e del legame con i processi della rappresentanza democratica. Parlare di welfare, infatti, non significa parlare dell insieme dei processi di produzione dei servizi che riguardano i soggetti più svantaggiati, ma comporta parlare del contratto sociale posto alla base del funzionamento della società. Comporta interrogarsi sulla natura individuale o sociale della costruzione del benessere delle persone e sull indipendenza o meno delle dinamiche economiche e sociali. E questo un dibattito molto aperto, affrontato spesso in modo separato fra i diversi pensatori. Per definirne i contorni, possiamo riprendere alcuni contributi: Bauman pone il problema della dimensione sociale del rischio e del disagio in una prospettiva di tipo etico. Egli ripropone, provocatoriamente, un interrogativo biblico e sostiene che ogni individuo deve dare risposta alla domanda: sono forse io responsabile di mio fratello?. La domanda è posta in modo retorico per enfatizzare la dimensione non individuale del disagio. Questa domanda può essere indirizzata al singolo individuo e ne ricorda la responsabilità di essere una persona umana, chiamata a considerare la solidarietà anche come responsabilità sociale e come occasione di realizzazione dell etica individuale. Se poniamo la domanda a livello della società e non del singolo (o della comunità) c è il rischio che la dimensione etica si scontri con quella della fattibilità. In questa prospettiva, potremmo riformularla così: fino a che punto siamo responsabili dei nostri fratelli, dove con il termine: fino a che punto si pongono in discussione due elementi, vale a dire: - di quali bisogni e rischi la società si deve far carico; - esiste un limite di risorse da mettere a disposizione, oltre le quali la responsabilità torna a essere individuale?

Il rischio è di considerare i valori etici non per la loro rilevanza in sé, ma per la possibilità materiale e concreta di realizzarli. La dimensione del comportamento razionale economico finisce per entrare in conflitto con la dimensione etico-valoriale. Questo rischio deriva dal considerare lo sviluppo del benessere individuale come un bene privato, lasciato alla responsabilità dei singoli, che diventa pubblico solo nella misura in cui non entra in conflitto con lo sviluppo economico. La produzione di risorse economiche viene considerata come condizione in sé capace di definire le condizioni che consentono al singolo di perseguire la realizzazione del proprio benessere individuale. In questo scenario la crisi ridefinisce le risorse che possono essere destinate alla produzione del benessere e il tipo di rischi e bisogni da considerarsi come pubblici e rispetto ai quali la società si assume una responsabilità. Per altro, questa prospettiva si scontra con un ulteriore problema che riguarda il contratto sociale fra cittadini e società. Porre il problema della rinuncia a considerare alcune risposte ai rischi sociali come individuali e non più collettivi significa aumentare la percezione dell insicurezza sociale dei singoli e sancire (o quantomeno così è inevitabilmente vissuta dalle singole persone) l incapacità della società di far fronte al contratto sociale. Questo si traduce in una riduzione della coesione, in una dissipazione del capitale sociale e in una delegittimazione delle forme organizzative della società. Un secondo contributo che vale la pena riprendere come introduzione alle nostre riflessioni in merito al dibattito sulle responsabilità pubbliche o individuali della risposta ai rischi sociali è riconducibile, a mio avviso, alle teorie messe a punto da Senn. Con il suo concetto di capability e con le sue riflessioni sul rapporto fra sviluppo, libertà individuali e diseguaglianze, Senn apre una nuova prospettiva perché sostiene che la riduzione delle diseguaglianze nelle opportunità dei singoli, la creazione delle condizioni che consentono alle persone di liberare e utilizzare le proprie abilità costituisce un motore fondamentale dello sviluppo. In questa prospettiva le politiche di welfare non sono determinate dalla loro compatibilità con le risorse da dedicare allo sviluppo, ma ne costituiscono un motore. La produzione delle politiche di welfare deve, in questa prospettiva, essere considerata come un investimento per lo sviluppo. Il cambiamento di prospettiva consente di pensare che, anche dal punto di vista della società, l etica non è socialmente ed economicamente determinata e non entra in conflitto con la razionalità economica. Assumere la responsabilità di creare le condizioni per cui i soggetti possano realizzare le loro potenzialità coincide con la responsabilità di rispondere ai rischi sociali e alla creazione delle condizioni che favoriscono lo sviluppo. Questa impostazione acquista una particolare rilevanza in questa fase di ridiscussione dei sistemi di welfare. In tutti i paesi europei, infatti, la crisi economica sta ponendo il problema della sostenibilità delle politiche sociali che hanno caratterizzato lo sviluppo dei paesi occidentali nel secondo dopoguerra. Ovviamente le risposte a questo processo dipendono molto dalla prospettiva nella quale viene posto il dibattito in merito al rapporto fra economia e società. Considerare la costruzione del benessere sociale solo un costo per il sistema economico porta a subordinare la realizzazione dei valori etici alla disponibilità di risorse. La prospettiva cambia completamente se si ritiene che le politiche di welfare siano un motore fondamentale per la creazione dello sviluppo. In questo caso il limite, comunque presente, va visto in relazione alla reale capacità di attivare un circolo virtuoso fra la sicurezza sociale e lo sviluppo. Per altro, è lo stesso concetto di sviluppo che assume una connotazione diversa. In questa prospettiva la dimensione economica è una delle dimensioni dello sviluppo che deve essere inteso come capacità di crescita del benessere sociale. Queste brevi considerazioni introduttive mi consentono di sostenere che la crisi non è solo una variabile indipendente che determinata lo sviluppo dei sistemi di welfare. Oggi la crisi non può essere vista solo come riduzione delle risorse disponibili per la società, ma si caratterizza anche perché sancisce il passaggio da una società moderna ad una post (o neo) moderna e per mettere in crisi i legami che hanno caratterizzato la rottura della continuità fra economia e società. 1. Quale rapporto fra benessere, sviluppo economico e sviluppo sociale

Il dibattito relativo al rapporto fra economia e società, fra politiche sociali e politiche economiche è molto aperto. Nella prospettiva tradizionale alle politiche di welfare è assegnata la funzione di rispondere allo squilibrio nella distribuzione delle risorse prodotte dal mercato. Lo sviluppo economico ha prodotto una crescente disponibilità di risorse che, abbinata a una crescente capacità rivendicativa delle forze sociali, ha portato all aumento degli interventi messi in atto per affrontare i rischi sociali. Questa prospettiva assume la centralità della dimensione economica e la conseguente subordinazione della dimensione sociale e relazionale. Ma la ricerca (sociologica ed economica) ha evidenziato la necessità di utilizzare paradigmi interpretativi più complessi. Del resto il passaggio a una società neo-moderna ha rafforzato la rilevanza delle dinamiche (relazionali e simboliche) fra gli attori sociali. Il legame fra welfare e sviluppo si è dimostrato molto più intenso e biunivoco. Le politiche economiche producono effetti anche sulla qualità della vita delle persone, sulle loro fragilità e sui loro sistemi relazionali, ma anche sulle diseguaglianze, la coesione sociale, i sistemi di appartenenza e le identità. Tutti aspetti sui quali intervengono le politiche sociali. Ma anche le politiche sociali sono in grado di produrre risultati significativi sulla sfera di pertinenza delle politiche economiche. Affrontare i problemi delle diseguaglianze e della coesione sociale permette, infatti, di sviluppare capitale sociale, fiducia e identità che costituiscono una risorsa fondamentale per lo sviluppo, anche economico, di una società. Il processo di trasformazione del rapporto fra la dimensione economica e quella sociale, nella società post (o neo) moderna, sta interessando tutte le discipline che si occupano di benessere (economisti, sociologi, psicologi, ecc.). Rullani (2006), nella sua rilettura del ruolo del capitale sociale nei processi di sviluppo locale, ricorda che: economia e società erano con-fuse fra loro nelle società pre-moderne, anteriori alla rivoluzione scientifica e industriale.... (e) la modernità spezza questo legame, e separa la sfera economica dal resto del corpo sociale. La rottura della continuità fra sociale ed economico provocata dal fordismo è riconducibile proprio al ruolo assegnato alle politiche di welfare. La logica che ha accompagnato lo sviluppo dei sistemi di welfare state si basava sulla definizione delle responsabilità di risposta al rischio d insicurezza connesso allo sviluppo economico. Nei singoli paesi si sono sviluppate modalità diverse di dare risposta a questa crescente domanda di sicurezza sociale. I paesi che hanno seguito una logica esclusivamente liberista tendono ad affermare che è l individuo, in prima istanza, a doversi far carico di attivare meccanismi (assicurativi) di protezione dal rischio. La responsabilità di rispondere al rischio diventa sociale (vale a dire della comunità) solo quando il soggetto non è in grado di far fronte alla situazione. La protezione fornita è relativa solo ai bisogni primari (per altro socialmente determinati dai contesti). I paesi che hanno un regime politico istituzionale di ispirazione social-democratica tendono, invece, ad assegnare allo stato il compito di garantire il soggetto dai rischi sociali prodotti dallo sviluppo locale. In entrambi i casi, per altro, si assiste a uno scambio fra lavoratori ed impresa. L individuo rinuncia a fette di autonomia decisionale (entrando come esecutore in processi standardizzati) e riceve, come contropartita, la protezione (diretta e indiretta, tramite la partecipazione a forme assicurative). Ma il passaggio dalla modernità alla post (o neo) modernità, la richiesta di maggior flessibilità e la contemporanea globalizzazione dei processi economici, hanno messo in crisi la logica di questo scambio sociale. La trasformazione delle dinamiche sociali ed economiche ha portato ad uno spostamento e ad un trasferimento dei rischi ai soggetti che operano nel territorio. In altre parole, la post modernità si accompagna ad una riappropriazione dell autonomia degli attori, e alla ridefinizione delle dinamiche e dei processi con i quali la comunità può far fronte allo sviluppo dei fattori di rischio. Queste osservazioni ci consentono di affermare che la rottura della continuità fra processi economici e sociali non è più sostenibile e la complessità post-moderna richiede lo sviluppo di processi riflessivi, anche di tipo relazionale che consentono al sistema di assumere e gestire la con-fusione fra queste due prospettive. Quest affermazione contiene in sé anche la necessità di ripensare che la dimensione emozionale e il carattere umano che la accompagna non possono essere tenuti fuori dalla comprensione e progettazione dei legami economici, e tanto meno da quelli sociali, che connettono gli individui fra loro e con le forme organizzative adottate per far fronte al rischio sociale. Questa prospettiva apre la necessità di ripensare alle politiche di welfare come un fattore intrinsecamente legato alle politiche di sviluppo locale, non come processo di risposta (riparatoria) alle dinamiche distorsive del mercato, ma come fattore fondamentale dello sviluppo, capace di liberare risorse e di dare senso all agire.

Ma i processi di costruzione di senso non sono caratterizzati esclusivamente da una dimensione cognitiva, e giocano un ruolo fondamentale anche le dinamiche di tipo emotivo. Rodger (2004), a questo proposito, sostiene che l approccio moderno ha rimosso la dimensione delle emozioni nell interpretazione dei fenomeni sociali. La rottura della continuità economia-società, l enfasi sulla dimensione scientifica e razionale in contrapposizione alla dimensione emotiva e relazionale hanno finito per costruire risposte al disagio ed ai rischi delle persone di tipo tecnico, nelle quali la dimensione umana ha assunto un ruolo marginale. Si riconferma così la discontinuità economia-società e la centralità dei processi economici in alternativa a quelli di produzione del benessere personale. Per tornare a con-fondere economia e società è necessario riprendere la condizione dell umano, anche nella sua dimensione relazionale ed emotiva, facendone il fulcro della progettazione delle politiche sociali ed economiche. La ricomposizione con-fusa di economia e società pone le politiche di welfare in una prospettiva d insieme integrato di azioni pubbliche e private, di solidarietà individuale e di comunità a fianco di politiche istituzionali. Questo mix integrato deve partire dalla valorizzazione della persona e delle sue relazioni sociali. 2. Verso quali sistemi di welfare La seconda parte del secolo scorso ha visto il consolidarsi di politiche tese a dare risposta ai rischi legati allo sviluppo economico. Partendo dalla prospettiva dei paesi occidentali si sono diffuse alcune ricerche tese a costruire una classificazione delle diverse forme assunte dai sistemi di welfare. L enfasi delle ricerche è stata posta sulle specificità assunte dalle singole realtà nazionali evidenziandone le diversità. In questa prospettiva i paesi occidentali sembrano caratterizzati più dalle differenze che non dai fattori comuni che hanno segnato i processi di sviluppo. Quest analisi ha segnato il dibattito europeo (da Tittmus ad Esping Andersen) di fine secolo, ma è stata messa in crisi da tre diverse prospettive di analisi. Una prima prospettiva è quella introdotta dalla globalizzazione. Wood e Gough (2006) sostengono che l analisi dei modelli di welfare sviluppata fino ad oggi parte dalla prospettiva dei paesi occidentali e si centra sul ruolo che lo stato ha svolto e svolge in questi paesi nella gestione delle politiche di welfare. Il processo di globalizzazione che interessa l economia non consente di limitare l analisi a questi paesi e richiede una prospettiva capace di mettere a confronto tutti i paesi che hanno relazioni economiche. Partendo da questa prospettiva, gli autori fanno una prima distinzione fra: - i regimi di welfare state, collocando all interno di questo modello i diversi paesi occidentali. Da una prospettiva globale si stemperano le differenze fra i diversi paesi che hanno portato Esping Andersen ad adottare la sua classificazione dei sistemi di welfare. In tutti questi paesi, infatti, permane un ruolo dello stato che, pur abbandonando la funzione di erogatore esclusivo dei servizi, continua ad avere una funzione nel processo complessivo di risposta ai rischi sociali. Approfondendo l analisi sulle forme e le modalità di sviluppo dei sistemi di welfare si evidenzia come all interno di questo modello siano presenti sistemi di welfare storicamente differenziati; - sistemi basati sulla sicurezza informale. In questo modello vengono compresi i sistemi dell America Latina e dell Asia dell Est. L elemento dominante di questi sistemi è nella scarsa formalizzazione dei diritti esigibili e dalla presenza di dinamiche di risposta di tipo informale. L esperienza dei paesi dell America Latina si rifà alla logica dei modelli d ispirazione liberale, mentre i paesi dell est asiatico puntano allo sviluppo di un welfare di tipo produttivistico, incentivando le politiche produttive a sostegno dell occupazione e dando meno peso a quello di tipo protettivo; - sistemi insicuri, nei quali non sono ravvisabili politiche strutturate di protezione ai rischi sociali. Sono classificabili all interno di questo modello paesi presenti nell area dell Africa Sub-Sahariana, l Afganistan o la striscia di Gaza. L utilizzo di una prospettiva globale porta ad evidenziare come la classificazione centrata sul ruolo dello stato sia riduttiva e la risposta ai rischi sociali sia sempre il risultato combinato di dinamiche diverse proprie del mercato, dello stato e della comunità.

Una seconda prospettiva è di ordine opposto e potrebbe essere definita localizzazione o della differenzazione territoriale. In tutti i paesi europei il consolidamento e la crisi dei sistemi di welfare si sono accompagnati a dinamiche di localizzazione ma anche a tentativi di ri-accentramento dei processi di governo e, in alcuni casi, anche di gestione delle politiche di welfare. Tali dinamiche sono riconducibili almeno a due processi fra loro indipendenti, quali: - le dinamiche istituzionali che hanno visto, in parecchi paesi europei (Italia, Spagna, Gran Bretagna, ma anche Norvegia, Danimarca) la richiesta di aumentare l autonomia locale nel governo e nella gestione delle politiche, ma anche spinte alla loro centralizzazione. La prima tendenza trova ragione nella diversificazione dei sistemi economici e sociali locali che si accompagnano a rischi e bisogni specifici. Questa situazione si è sposata con la crisi di legittimazione del potere centrale e con la nascita di movimenti e partiti politici di stampo localistico che hanno utilizzato la crescente forza contrattuale per ridiscutere la distribuzione territoriale delle competenze. A fianco di questo processo di decentramento delle competenze si sono manifestate anche tendenze al ri-accentramento dei poteri e dei processi di gestione delle politiche. Il decentramento dei poteri ha, infatti messo in crisi i normali processi di governance, spesso caratterizzati da dinamiche di tipo gerarchico. A tale crisi le burocrazie centrali hanno risposto evidenziando i possibili (reali) rischi di aumento delle diseguaglianze e della spesa pubblica e attivando processi di accentramento dei poteri e nuove politiche gestite direttamente dal centro. Queste tendenze si sono sposate con lo scontro di potere fra partiti d impostazione centralistica e di natura localistica; - le dinamiche legate ai sistemi economici e sociali locali. La riorganizzazione dei sistemi locali (i cluster e i distretti industriali, in particolare), determinata dalla crisi economica, e lo sviluppo della cultura della responsabilità sociale dell impresa hanno prodotto un intreccio fra il tipo di sviluppo e la contrattazione locale (o di distretto). In altre parole, le imprese che hanno fatto della localizzazione e dell identità territoriale un fattore di competitività hanno inserito nella contrattazione locale (o aziendale) anche un insieme di assicurazioni a protezione dei rischi sociali. Un secondo aspetto legato alla localizzazione dei sistemi di welfare è riconducibile alle dinamiche di sviluppo del terzo settore, legate al capitale sociale locale ed alle politiche di sviluppo seguite dalle amministrazioni locali. Le imprese sociali sono spesso diventate attori sociali capaci di rinegoziare lo sviluppo delle politiche e di attrarre risorse economiche diverse da quelle di origine pubblica, divenendo così produttori di politiche di welfare indipendentemente dalle scelte pubbliche. Un ultimo aspetto riguarda le dinamiche relazionali della comunità e delle strutture famigliari che hanno evidenziato caratteristiche diverse all interno degli stessi paesi europei. Queste dinamiche non sono fra loro indipendenti e le loro relazioni hanno contribuito a differenziare i sistemi locali di welfare. La terza prospettiva potrebbe essere definita di specificazione. La ricerca sui sistemi di welfare presenti nei diversi paesi ha evidenziato come sia eccessivamente semplicistico parlare di sistemi di welfare nazionali anche perché le diverse politiche hanno assunto caratteristiche specifiche. In alcuni paesi (si pensi, per esempio, all Italia o alla Gran Bretagna) le politiche sanitarie sono di tipo universalistico e ancora fortemente ancorate al ruolo centrale dello stato, mentre, negli stessi paesi, le politiche di sostegno all occupazione, o quelle pensionistiche, hanno caratteristiche diverse. Il sistema Italiano, per esempio, si sviluppa in modo molto simile a quello dei sistemi corporativi dell Europa centrale, mentre in gran Bretagna si afferma un sistema di tipo liberista, centrato sulle dinamiche del mercato. In altre parole, i sistemi di protezione ai rischi sociali assumono forme diverse in relazione prevalentemente ai tipi di rischi affrontati e i diversi paesi finiscono per essere molto simili rispetto ad alcune politiche (sicuramente le omogeneità maggiori riguardano le politiche sulla salute) e fortemente differenziate rispetto ad altre (come, per esempio, per quanto riguarda le politiche del lavoro). Il risultato è che Italia e Gran Bretagna, per esempio, hanno politiche pensionistiche o di contrasto alla disoccupazione fortemente differenziate, ma politiche sanitarie molto simili. Queste diverse prospettive suggeriscono due ordini di considerazioni. La prima riguarda i processi di analisi e ricerca sui sistemi di welfare. Da questo punto di vista possiamo concludere che la complessità, sottesa all analisi dei sistemi di welfare, va affrontata utilizzando un approccio multidimensionale. In particolare la letteratura suggerisce di tenere in considerazione:

- la distribuzione delle responsabilità istituzionali, affidate ad una combinazione dei ruoli svolti dallo stato, dal mercato, dalla comunità e dalle proprie reti informali; - le relazioni istituzionali, determinate dalle condizioni di legittimazione dello stato, dai processi di accentramento e decentramento dei poteri, dalla posizione e dal ruolo svolto dal singolo paese nel sistema globale - i processi di riorganizzazione dei sistemi economici locali, le caratteristiche assunte dal mercato del lavoro e dal mercato finanziario, e la distribuzione del potere negoziale fra i diversi attori sociali; - le dinamiche sociali delle comunità locali, i valori, la cultura di riferimento e i processi di socializzazione della cultura della solidarietà; - il tipo di stratificazione sociale, con attenzione alle diseguaglianze, alla scarsa equità e mobilità sociale; - i risultati prodotti dai sistemi in termini di benessere soggettivo, di risposta ai bisogni e di sviluppo. Queste considerazioni mettono in crisi le classificazioni dei sistemi di welfare utilizzate come riferimento della ricerca ed evidenziano come i regimi politici non siano così stabili e omogenei da costituire il collante dei sistemi di welfare nazionali. Come visto, le forme assunte dalle politiche sono diverse all interno dello stesso paese e hanno evidenziato una discreta capacità di resistere ai mutamenti del quadro politico istituzionale. Una seconda considerazione è riconducibile alla differenziazione degli attori che contribuiscono a produrre le politiche tese a contrastare i rischi sociali. Il passaggio da un sistema di welfare state a uno di tipo misto (particolarmente se si considerano le dinamiche legate alla contrattazione locale o al ruolo della comunità nelle sue diverse manifestazioni) mette in crisi la possibilità di una classificazione dei sistemi costruiti a partire dai diritti esigibili. In alternativa, consiglia di spostare l analisi sul risultato prodotto dall azione dei diversi attori che producono lavoro di cura e sicurezza sociale. L analisi va indirizzata, quindi, verso la protezione dal rischio, l incremento del benessere, la riduzione delle diseguaglianze sociali realmente prodotti. La seconda considerazione consente di fare alcune riflessioni di sintesi sui processi di sviluppo dei sistemi di welfare: - è possibile parlare di un modello europeo di welfare che si differenzia dagli altri paesi. Tutti gli stati europei si caratterizzano per tre fattori fondamentali (Hemerijck, 2002), quali: i) un intento solidaristico (obiettivi: piena occupazione; diffusione dell assistenza sanitaria e dell istruzione; un adeguata previdenza sociale per malattia, vecchiaia, disoccupazione, invalidità e assistenza sociale tesa a ridurre miseria ed emarginazione) largamente accolto e condiviso nella popolazione e presenti programmi istituzionali; ii) politiche che considerano la giustizia sociale come fattore importante che contribuisce allo sviluppo ed al progresso e ritengono non esista contraddizione fra competitività economica e coesione sociale; iii) un elevata presenza di organizzazioni di rappresentanza degli interessi e processi di negoziazione basati sulla partecipazione ed il coinvolgimento degli attori sociali; - nonostante le trasformazioni, lo stato sociale si è mostrato resistente a ridurre le protezioni ai rischi sociali. I tentativi di ridurre il sistema di welfare si sono scontrati con la necessità di sostenere costi sociali elevati che mettono in crisi il patto sociale implicito che regola le dinamiche di appartenenza alla società civile e sta alla base della legittimazione dello stato. Le sorti dello stato sociale non sembrano predeterminate in relazione alla riduzione delle risorse pubbliche prodotta dalla crisi economica e dalla ridotta capacità impositiva dello stato. I processi di riorganizzazione dipendono dalle dinamiche fra gli attori sociali, dal permanere della loro identificazione nella cultura della solidarietà, e dalla loro capacità di influenzare le scelte di orientamento strategico in relazione al trilemma che caratterizza il rapporto fra le politiche economiche e quelle sociali, vale a dire la difficile scelta fra: piena occupazione, obiettivi egualitari nella distribuzione del reddito e contenimento della pressione fiscale Questi elementi hanno caratterizzato le dinamiche di sviluppo economico e il parallelo consolidarsi dei sistemi di protezione sociali ai rischi che hanno accompagnato tale sviluppo e ne hanno costituto un fattore determinate (Bertin, 2010). Il passaggio dalla modernità alla post modernità ha, per altro, modificato profondamente la natura e le caratteristiche dei bisogni (rischi e condizioni di disagio sociali) rispetto ai quali si sono sviluppati i sistemi di welfare. Tale trasformazione costituisce lo scenario rispetto al quale

devono fare i conti i cambiamenti in atto relativamente alla natura delle politiche di welfare ed al loro rapporto con le dinamiche economiche di una società post-industriale. Le spinte che stanno influenzando i cambiamenti dei sistemi di welfare sono riconducibili: alle dinamiche sociali che determinano la domanda di beni/servizi capaci di ridurre l insicurezza sociale (fattori di cambiamento esogeni); e al manifestarsi di criticità nei processi di governo dei sistemi di welfare (fattori endogeni). Le dinamiche esterne alla società: cambiano i rischi e la domanda di sicurezza sociale La fine della modernità ed il passaggio ad un sistema economico di tipo post industriale si sono manifestati con caratteristiche diverse nei singoli paesi (ma probabilmente in modo differenziato anche al loro interno). Bonoli (2007) ha analizzato le differenze con cui tali processi di cambiamento si sono attivati utilizzando la Svezia come valore di benchmark. Attraverso l analisi di alcuni indicatori di tipo economico e sociale, ha stabilito che in questo paese il processo si avvia a partire dal 1970. I valori degli indicatori utilizzati nell analisi (tasso di occupazione nel settore dei servizi, tasso di occupazione femminile, tasso di divorzio) che si presentavano in Svezia all inizio degli anni settanta, vengono raggiunti dal Regno Unito (1979) alla fine degli anni settanta, dalla Germania (1989) e dalla Francia (1988) alla fine degli anni ottanta ed infine in Portogallo (1995), Spagna (1996) e Italia (1994) solo alla metà degli anni novanta. La globalizzazione dell economia e il passaggio da una società moderna ad una post moderna stanno determinando profondi cambiamenti sociali che trasformano i rischi e la domanda di sicurezza sociale su cui si sono consolidati gli attuali sistemi di welfare. Tali sistemi nascono nella modernità, in un contesto sufficientemente stabile (in relazione alla situazione attuale), nel quale i rischi si concentravano nelle fasi iniziale e finale del ciclo di vita. Il rischio principale, a partire dal quale era organizzato il sistema di protezione sociale era la povertà, legata all impossibilità di produrre un reddito per sé e per la propria famiglia. Tale rischio riguardava, appunto, il periodo prima dell entrata nel mercato del lavoro e la fase terminale della vita, nella quale le persone anziane venivano espulse dal mercato del lavoro. La vita lavorativa era stabile per circa quarant anni e in quel periodo il rischio era legato agli eventi straordinari (malattia, incidente, ecc..) che potevano mettere in crisi la capacità di produzione del reddito. Ma la liquidità della società post-moderna ha messo in crisi la struttura dei rischi sui quali si è costruito il sistema di welfare moderno. La liquidità e dinamicità del percorso di vita si accompagnano ad una diffusione dei rischi lungo tutto il percorso dell esistenza di una persona, e ad alla necessità di confrontarsi con processi instabili ed in continua evoluzione. In particolare l analisi dei processi di cambiamento deve considerare: - il trend demografico ed il forte aumento della popolazione anziana (Bertin, 2009). La dinamica demografica impatta pesantemente sia sul sistema dei servizi socio-sanitari, sia sul sistema pensionistico. Giova ricordare che gli anziani sono i principali consumatori delle risorse (pubbliche e private) dedicate alla produzione del welfare. Lo squilibrio della struttura della popolazione cambia significativamente anche il rapporto fra le generazioni e, conseguentemente, rende più rarefatta la potenziale rete parentale dell anziano (Di Nicola 2008). Già oggi si parla di generazione sandwich, che vede l adulto (nella stragrande maggioranza dei casi la donna) occupato nel lavoro di cura su tre direzioni: i nipoti, il coniuge e i genitori anziani; - i cambiamenti nel mercato del lavoro. La velocità dello sviluppo tecnologico e la globalizzazione della concorrenza tendono a ridurre la domanda di occupazione manuale e a rendere obsolete le competenze necessarie per restare nel mercato. Questo processo tende rendere l occupazione più instabile e legata all andamento del mercato; - il forte aumento delle donne che hanno accesso al mercato del lavoro, a fronte di una riduzione dell occupazione maschile. Le criticità di questo fenomeno sono riconducibili particolarmente alle donne con un basso livello di professionalità e che fanno difficoltà a conciliare gli impegni del lavoro retribuito con il lavoro di cura che ricade prevalentemente su di loro. Si sviluppa qui un circolo vizioso perché il lavoro di cura della famiglia (e quindi della donna) è particolarmente pesante nelle famiglie a basso reddito e con un basso capitale sociale famigliare. In questi casi le famiglie non sono in grado di acquistare

(dove non esistono interventi pubblici o di rete) nel mercato aiuti (badanti, baby-sitter, asili nido, ecc..) a supporto nei momenti di criticità. Questa incapacità di far fronte alle emergenze rende precario il rapporto con il mercato del lavoro e riduce il reddito disponibile, alimentando così il circolo vizioso; - l instabilità che caratterizza l evoluzione delle famiglie. Le dinamiche famigliari, infatti, non sono più rappresentabili attraverso il concetto di ciclo di vita della famiglia, ma presentano un processo a spirale o per corsi di vita nei quali i fenomeni che ne segnano i cambiamenti (la costruzione, i figli, la loro uscita, la dissoluzione) si possono presentare più volte nella vita di una persona, costruendo legami diversi che, rendono meno stabile la solidarietà intergenerazionale (Di Nicola 2008); - le trasformazioni delle città e la conseguente difficoltà di costruzione d identità e la rarefazione delle relazioni sociali. I processi di trasformazione sociale in atto, le dinamiche della globalizzazione e i rapidi cambiamenti tecnologici prodotti dalla società di internet stanno producendo effetti significativi sulla struttura delle città. Baumann (Baumann, 2007), riprendendo un lavoro di Ghaham e Marvin (S. Ghaham, S. Marvin, 2001) sostiene che: in quasi tutte le città del mondo si stanno creando spazi e zone che si collegano esclusivamente ad altre zone privilegiate sia all interno della città sia a livello internazionale e globale. Nello stesso tempo, aumenta l isolamento di queste zone dalle aree fisicamente vicine ma economicamente distanti e separate. Il processo di costruzione dell identità avviene certamente anche ricercando i fattori e gli aspetti culturali sui quali riconoscere la propria storia. L identità è un meccanismo d integrazione sociale, ma costituisce anche, e contemporaneamente, un fattore di diversificazione e di esclusione sociale. Le culture diverse sono spesso vissute come minacce, come aspetti dai quali difendersi, e le comunità che presentano identità simili tendono ad attrarsi e a diversificarsi (anche geograficamente) dalle culture ritenute diverse e percepite come minacciose dell ordine sociale. La marginalità sociale può incentivare la costruzione di identità alternative e la rottura dei processi di accettazione delle norme. Chi si trova in una condizione di benessere finisce per vivere come deviante e minaccioso sia chi è portatore di culture diverse, sia chi vive di espedienti e di micro-criminalità, sia chi vive in condizione di povertà. Questi processi determinano dei circoli viziosi che rafforzano i meccanismi di esclusione sociale. Si creano, infatti, dei mondi vitali costituiti da soggetti poveri di risorse economiche, di relazionali e di capitale sociale, di capacità di utilizzare gli strumenti conoscitivi e informativi. Queste condizioni di esclusione consolidano identità basate sulla negazione delle regole sociali, e possono attivare comportamenti illegali e di microcriminalità; - la legittimazione dello stato, turbolenza e cambiamenti nel quadro politico. La crisi economica s intreccia con una crisi di legittimazione dello stato, enfatizzando processi già in essere. Il carattere di apprendimento della domanda di sicurezza porta ad una crescente domanda di interventi pubblici. A fronte di queste dinamiche lo stato cala la sua disponibilità di risorse. Questa forbice fra domanda e offerta produce due effetti, vale a dire: riduce la capacità impositiva perché i cittadini s interrogano sulla bontà dell impiego del prelievo fiscale e tendono a ridurre la propria disponibilità contributiva; riduce la legittimazione dello stato come attore capace di utilizzare le risorse per orientarle alla produzione del bene comune. Quando questi due elementi si sposano con una percezione di scarsa efficienza e di diseguaglianza di trattamento, s instaura un circolo vizioso che tende a delegittimare il ruolo stesso delle istituzioni pubbliche. A questa criticità lo stato ha fatto fronte, nella fine del secolo scorso, con l indebitamento pubblico ma questa strada risulta ora impraticabile ed ha prodotto altre distorsioni mettendo in crisi il contratto di solidarietà intergenerazionale. Le criticità interne ai sistemi di welfare: la difficoltà di affrontare il cambiamento Lo sviluppo dei sistemi di welfare ha evidenziato anche alcuni fattori distorsioni interni che ne stanno influenzando i cambiamenti. Tali fattori sono ascrivibili a: - una spesa pubblica rigida e difficilmente indirizzabile verso i nuovi rischi sociali. Con la sua ricerca Bonoli (2007) evidenzia una correlazione fra i tempi del cambiamento socio economico e la spesa delle politiche di welfare dedicata ai bisogni tipici delle società post-moderne. In altre parole, Spagna Italia e Portogallo, nei quali il passaggio alla post-modernità si dimostra più lento, hanno una spesa sociale sbilanciata sulle politiche sanitarie, pensionistiche e di supporto ai processi di invecchiamento e ben poche

risorse sono dedicate ai rischi collegati alla fragilità insita nei processi d inserimento dei giovani nel mercato del lavoro o di sostegno allo sviluppo dell occupazione femminile. Alle stesse conclusioni arrivano Tepe e Vanhuysse (2010) che evidenziano come Italia, Giappone e Grecia abbiano una struttura della spesa per le politiche di welfare fortemente sbilanciata verso le politiche per gli anziani. Confrontando la struttura della spesa sociale nei periodi 1998-2003 e 1986-1992, si può facilmente notare come tale squilibrio sia in crescita. Analizzando, invece i paesi che più investono per affrontare i nuovi rischi sociali si nota che ai primi posti si trovano la Nuova Zelanda, la Svezia, l Austria e il Regno Unito. Nella parte opposta del rank si trovano, a conferma di quanto già evidenziato dai lavori di Bonoli (2007), la Spagna, l Italia e il Portogallo. Questi dati ci forniscono una rappresentazione dei processi d impiego delle risorse e suggeriscono l esistenza di una correlazione con i processi di trasformazione presenti nei diversi paesi, ma non possono essere utilizzati per stabilire una relazione causale fra i fenomeni. La definizione dei nessi causali necessiterebbe un analisi più approfondita che tenga insieme diverse variabili legate alle culture dei paesi, ai loro sistemi sociali ed alle dinamiche fra gli attori sociali che partecipano alla costruzione delle politiche di welfare. Rimane la costatazione che, a fronte di una generalizzata riduzione delle risorse a disposizione e all incapacità degli stati di espandere la spesa sociale, i diversi sistemi di welfare sembrano avere una diversa capacità di affrontare i cambiamenti socio-economici e di dare risposta ai nuovi rischi sociali che caratterizzano il passaggio da una società moderna ad una di tipo post moderno; - la riduzione della protezione ai rischi evidenziata dallo sviluppo di logiche di mercato. Laratta (2010) con le sue ricerche ha evidenziato che la privatizzazione diffusa e l adozione di logiche meramente di mercato nella gestione dei servizi sociali presenta quattro ordini di problemi: la diversa distribuzione territoriale dei fornitori (privati profit e non) non è diretta espressione del bisogno; rischia di produrre una perdita di identità nel no-profit (rischio di comportamento isomorfico rispetto al privato profit); delegittima la funzione dello stato minandone il ruolo di attore dei processi redistributivi e di garanzia contro i rischi di disgregazione sociale; porta con sé un aumento delle diseguaglianze sociali; - l aumento della domanda e la riduzione risorse (consumerismo). La domanda di protezione sociale è destinata a una crescita continua non arrestabile dallo sviluppo dei sistemi di offerta. Castel (2004) sostiene che: la sicurezza non è mai data, e neppure conquistata, poiché l aspirazione ad essere protetti si sposta come un cursore e pone nuove esigenze, man mano che i suoi obiettivi precedenti stanno per essere raggiunti (p.7). Lo sviluppo dei sistemi di protezione sociale, quindi sposta l asticella della domanda più in alto attivando una spirale domanda-offerta teoricamente infinita e interrompibile sono per la natura finita delle risorse disponibili; - la scarsa efficacia in termini di de-stratificazione. Le ricerche sugli effetti in termini di riduzione delle diseguaglianze dei sistemi di welfare forniscono risultati abbastanza disomogenei. La loro analisi evidenzia che nell uso dei sistemi di welfare permangono le diseguaglianze sociali e i fruitori dei servizi sono coloro che si trovano in condizione di disagio ma, contemporaneamente, hanno le risorse culturali per affrontare le difficoltà di accesso a organizzazioni caratterizzate da logiche e linguaggi burocratici. Anche le reti informali si dimostrano spesso più dense e capaci di erogare lavoro di cura (in senso qualitativo e quantitativo) per i gruppi sociali meno deprivati. Per altro alcuni recenti lavori di ricerca che abbiamo portato avanti sui servizi di prevenzione, comparando sistemi di welfare diversi, evidenziano che a fianco di queste diseguaglianze (confermate) se ne evidenziano altre più rilevanti. I cittadini appartenenti a gruppi sociali agiati, ma che vivono in contesti caratterizzati da sistemi di welfare relativamente poco generosi e poco efficienti fruiscono dei servizi di prevenzione significativamente meno delle persone appartenenti a gruppi disagiati ma che vivono in contesti caratterizzati da sistemi di welfare più generosi ed efficienti. Questi elementi segnalano la necessità di approfondire la ricerca, ma anche le difficoltà di attivare processi capaci di ridurre le diseguaglianze sociali; - la fragilità delle reti di cura. I cambiamenti demografici precedentemente individuati innescano una serie di effetti perversi sul lavoro di cura famigliare. La donna si trova spesso a dover fronteggiare una domanda di lavoro di cura dovuta sia alla compresenza del ruolo di nonna e di figlia. L allungamento dell età si è associata anche ad un aumento dell incidenza di malattie associate alla confusione mentale, situazione questa che richiede grande impegno fisico ed emotivo da parte del care-giver. La ricerca ha, infatti, evidenziato la discreta frequenza con cui tali condizioni di erogazione del lavoro di cura si asso-

ciano con lo sviluppo di stati depressivi. Questa condizione è particolarmente critica quando le famiglie presentano uno scarso capitale sociale (interno ed esterno) e una scarsa divisione del lavoro di cura. Un ultimo fattore di possibile criticità va ricondotto ai processi di socializzazione della cultura della solidarietà intergenerazionale. Non ci sono ancora studi precisi ma è possibile ipotizzare che l instabilità delle famiglie produca effetti critici nella cultura della solidarietà famigliare (Di Nicola 2008); - il processo di burocratizzazione dei servizi. Quest aspetto risulta particolarmente importante nell analisi dei processi di consolidamento dei sistemi di welfare state, o comunque dell offerta di interventi e politiche pubbliche volte alla riduzione dei rischi sociali. La logica seguita dalla pubblica amministrazione è spesso caratterizzata dalla ricerca di comportamenti omogenei da parte degli operatori. E questo un comportamento tipico delle burocrazie, preoccupate di non discriminare fra loro i soggetti che hanno gli stessi diritti. Questa impostazione ha privilegiato la standardizzazione alla personalizzazione delle risposte. Il processo di standardizzazione finisce per essere tanto più negativo in una fase di cambiamento dei rischi sociali ai quali rispondere. I rischi propri di una società post-moderna sono sicuramente meno standardizzabili e richiedono la valorizzazione delle dinamiche e delle relazioni fra le persone. Per altro la burocratizzazione introduce rigidità nei processi di erogazione e rende più difficile l adattamento alle nuove domande di sicurezza sociale: - il disallineamento fra l aumentata complessità del sistema e la cultura gerarchica della pubblica amministrazione. L evoluzione dei sistemi di welfare si stanno caratterizzando, in tutti i paesi occidentali, per il prevalere di forme miste (welfare mix) nelle quali aumenta la rilevanza della società civile e la presenza di attori che agiscono fornendo beni pubblici ma che non dipendono alla pubblica amministrazione. Tali soggetti sono portatori di un loro specifico comportamento strategico e una loro capacità di attivare risorse. La rete dei servizi è, quindi, costituita da attori indipendenti che contribuiscono alla produzione del benessere sociale. Ovviamente queste reti richiedono lo sviluppo d interazioni fra gli attori, ma non sono sicuramente governabili con le logiche tradizionali della pubblica amministrazione. Questa situazione deve essere affrontata sviluppando strategie di governance innovative, coerenti con la forma della rete che connette gli attori sociali. I processi di trasformazione in atto Le dinamiche interne ed esterne ai sistemi di welfare hanno attivato processi di trasformazione che ne stanno cambiando profondamente le caratteristiche. In particolare, la letteratura segnala alcuni processi di trasformazione che possiamo così sintetizzare: - sussidiarietà e incremento del ruolo centrale della comunità. La diversificazione dei bisogni e la necessità di superare la standardizzazione delle politiche si combina con la riduzione delle risorse pubbliche. Queste diverse condizioni hanno attivato, in quasi tutti i paesi occidentali, uno sviluppo della responsabilizzazione delle reti di solidarietà territoriali nel portare un contributo allo sviluppo del benessere sociale. Le organizzazioni del terzo settore hanno evidenziato una discreta capacità di combinare l attenzione alle regole della gestione economica e alla solidarietà. Tali organizzazioni si sono dimostrate attori capaci di contribuire allo sviluppo delle comunità locali ed a consolidarne il capitale sociale e la coesione; - ridefinizione delle relazioni e dei confini fra pubblico e privato. Lo sviluppo delle logiche della sussidiarietà ha evidenziato che l attore pubblico deve cambiare il suo ruolo e passare da monopolista erogatore di servizi a regista del processo di costruzione locale del benessere sociale. La responsabilità dell attore pubblico sta nel mettere gli altri attori (famiglie, reti di solidarietà informali e organizzazioni del terzo settore) in grado di contribuire al meglio allo sviluppo del benessere sociale. In questa prospettiva, diversi paesi hanno attivato un processo di rivisitazione delle strategie e delle tecnologie della governance (Bertin, Fazzi, 2010); - ri-mercificazione. La presenza di nuovi rischi sociali ai quali il pubblico non è in grado di rispondere ha posto problemi al rapporto fra lavoratori e imprese. Le imprese economiche che intendono consolidare il rapporto con i propri lavoratori si stanno ponendo il problema di contribuire a costruire le condizioni che favoriscono la continuità del rapporto. Del resto questa non è una situazione nuova. E questa esigenza che ha portato lavoratori e imprese a spingere per lo sviluppo delle prime politiche di sicurezza sociale

e ha portato diverse imprese (questo processo si è manifestato in diversi paesi europei fra le due guerre) a farsi direttamente carico di erogare servizi ai suoi lavoratori. In questa prospettiva si stanno sviluppando contratti aziendali che, tramite forme assicurative, forniscono un supporto alla costruzione di sistemi di sicurezza sociale legati al ruolo svolto nel mercato del lavoro (ri-mercificazione). Questa situazione finisce per ridurre il carattere universalistico delle politiche sociali e diversifica, nello stesso territorio locale, i diritti di cui godono i cittadini; - ricalibratura funzionale e/o redistributiva (Ferrera, 2007). Per ricalibratura funzionale s intende il processo di riorientamento delle risorse dai vecchi ai nuovi rischi sociali. La modifica dei rischi sociali sta producendo anche un altro cambiamento. Sotto la spinta delle nuove domande sociali si stanno attivando dei processi di ri-orientamento della spesa, cercando di spostare le risorse dai bisogni tipici delle società moderne a quelli che caratterizzano le società post-moderne. L instabilità e fluidità dell occupazione, lo sviluppo dell occupazione femminile e la difficoltà di conciliare il lavoro produttivo con il lavoro di cura, la mobilità delle professioni sono alcuni dei fenomeni che presentano nuovi rischi sociali ai quali dare risposta. La ricalibratura funzionale ha velocità e caratteristiche diverse nei diversi paesi. Tale velocità sembra correlata con i tempi con i quali le società stanno passando da un economia e un sistema sociale di tipo moderno ad uno di tipo post-moderno, ma anche alle rigidità evidenziate dai sistemi di welfare (potere dei gruppi che rappresentano i bisogni tradizionali, le culture degli attori pubblici e privati, la struttura della spesa pubblica ed i meccanismi di erogazione). Per ricalibratura redistributiva s intendono i processi attivati per riequilibrare le risorse e la protezione ai rischi in favore delle fasce di popolazione più vulnerabile e per riequilibrare diritti e protezioni godute da chi è all interno o all esterno del mercato del lavoro. Le dinamiche precedentemente segnalate evidenziano come i sistemi di welfare stiamo riducendo la tensione universalistica che aveva caratterizzato la fase espansiva alla fine del secolo scorso. Le dinamiche di ri-mercificazione costituiscono un preciso esempio di questi cambiamenti. Tale ridotta tensione all universalismo ripone con forza la necessità di sviluppare politiche di riequilibrio a favore dei soggetti periferici rispetto al sistema. In questo caso l estensione dei beni capaci di creare benessere sociale non è definita a priori come diritto di cittadinanza, ma è il risultato dell azione combinata (ma non sempre coordinata) dei diversi attori delle politiche di welfare. In questa prospettiva, la ricalibratura redistributiva risulta fondamentale. Conclusioni I sistemi di welfare evidenziano un processo di profonda trasformazione in tutti i paesi che stanno sviluppando un sistema economico. L esperienza dei paesi europei indica che i sistemi hanno assunto forme diverse, coerenti con le caratteristiche dei sistemi sociali ed economici ma sempre orientati a ridurre i rischi sociali. La globalizzazione porta ad un confronto dei sistemi di protezione sociale ed è presumibile che tale confronto porterà a sviluppare forme di protezione diverse ma orientate ad affrontare i rischi sociali che le singole culture ritengono, mano a mano, più rilevanti. Le forme assunte dai diversi sistemi sono sempre orientate da tre esigenze, quali: l estensione universalistica della protezione sociale; il riequilibrio e la riduzione delle diseguaglianze sociali; il coordinamento e l integrazione dell intervento dei diversi attori di welfare, in particolare delle famiglie, della comunità con le sue forme organizzative intermedie e lo stato. Una rilettura delle dinamiche avvenute fra questi aspetti consente di indicare alcune piste che possono contribuire a indirizzare questa fase di profonda trasformazione. In questa direzione giova ricordare l importanza di: - ripensare al contratto fra individuo, famiglia, società civile e stato, partendo dalla valorizzazione della dimensione umana e relazionale della persona (riappropriarsi della dimensione umana e non vederla come esito derivato dall organizzazione del mercato); - ridefinire i processi d integrazione e governo della rete degli attori di welfare; - de-standardizzazione dei processi di erogazione dei beni di welfare. La gestione della società dei rischi richiede minor standardizzazione e più personalizzazione dei processi di erogazione del lavoro di cura;

- ridefinire il rapporto fra sviluppo economico e società e la mission dei sistemi di welfare (scelta etica e strategia di sviluppo). Bibliografia Arrow K., Gifts and exchanges, in Philosophy and Public Affairs, n. 1, 1972 Bauman Z., Vita liquida, Editori Laterza, Bari, 2006 Bauman Z., Homo consumens, Erickson, Trento, 2007 Bartle I., Vass P., Self regulation within the regulatory state: towards a new regulatory paradigm?, in Pubblic Administration, vol 85, n.4, 2007 Bertin G. (a cura di), Invecchiamento e politiche per la non autosufficienza, Erickson, Trento, 2009 Bertin G. (2009), Changes to the welfare system in post-modern society, n.2, Salute e società, anno VIII Bertin G. (2010), Welfare e sviluppo locale, Argomenti n. 29 Bertin G., Fazzi L., (2010), La governane delle politiche sociali in Italia, Carocci, Roma Bevir M., R. Rhodes.A.W, Decentering British governance: from bureaucracy to networks, working paper, Istitute of Governmental Studies, University of California, Berkeley, 2001 Bevir M., Rhodes R.AW., P. Weller, Comparative governance: prospects and lessons, in: Pubblic Administration, Vol. 81, n. 1, 2003 Bode I., Disorganized welfare mixes: voluntary agenzie and new governance regimes in Western Europe, in: Journal of European Social Policy, n. 16, 2006 Bonoli G. (2007), Time matter, postindustrialisation, new social risk, and welfare state adaptation in advanced industrial democracies, Coparative Political Sudies, n. 40, pp 495-520 Bovaird T., Loeffler E., Assessing the quality of local governance: a case study of public services, in: Public Money & Management, september, 2007 Burt S., Structural Holes versus network closure as social capital, in: N. Lin, K.S. Cook, R.S. Burt, Social capital: Theory and researh, Aldine de Gruyter, 2001 Campbell M., McClintock C., «Shell We Dance, Programm Evaluation Meets Organisation Development», in: Noprofit Sector, vol 34, n.3, 2002 Campbell D., Outcomes Assessment and the paradox of NonprofitAccountability, in: Nonprofit management and leadership, vol 12, n.3, 2002 Castel R. (2004), L insicurezza sociale, Einaudi, Torino Castells M., Grassrooting the space of flower, in Cities in the Telecomunication Age: The Fracturing of Geographies, London, Routledge, 1999 Coleman J. S., Fondamenti di teoria sociale, Il Mulino, 2005 Combrinck-Graham L., A developmental model for family systems, in: Family Process, n. 24, 1985 Davies J. S., Local governance and the dialectics of hierarchy, market and network, in: Policy Studies, vol 26, n. 3/4, 2005 Dewilde C., A life-course perspective on social exclusion and poverty, in: British Journal of Sociology, Vol 54, 2003 E. Diener, M. E.P. Seligman, Beyond money. Toward an economy of well-being, in Psycological Sciences in The Public Interest, vol5, n. 1, 2004 Di Nicola P., La rete come metafora dell appartenenza, FrancoAngeli, Milano, 1998 Di Nicola P., Famiglia: sostantivo plurale. Amarsi, crescere e vivere nelle famiglie del terzo millennio, FrancoAngeli, Milano, 2008 Donati P., Manuale di sociologia della famiglia, Laterza, Bari, 1998 Donati P., Di Nicola P., Lineamenti di sociologia della famiglia, Carocci, Roma, 2002 Donati P.P., Colozzi I., Il paradigma relazionale nelle scienze sociali: le prospettive sociologiche, Il Mulino, Bologna, 2006

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