B2 le donne e il lavoro souple

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Transcript:

B2 le donne e il lavoro souple I dati ed le considerazioni riportate in questo aggiornamento sono sostanzialmente tratti dal 41 Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese (1), 7/12/07 : Analisi della situazione dei lavoratori atipici e dell'occupazione femminile Il numero delle donne occupate atipiche è cresciuto del 10,9% Nel 2006, su 100 donne che lavoravano, ben il 15,7% risultava occupato con forme di lavoro atipico: nello specifico, il 12,5% con contratto a termine e il 3,1% con contratti di collaborazione, a progetto od occasionali. E la tendenza è in crescita, considerato che, negli ultimi due anni (2006-2007), il numero delle occupate atipiche è cresciuto complessivamente del 10,9% (contro un incremento delle lavoratrici in generale del 3%), portandone l incidenza tra le occupate con meno di 35 anni al 26,1%. Con il risultato che, dell ampio universo di donne che alimentano la platea dell inattività, le giovani costituiscono ormai una componente maggioritaria: su 100 donne che scelgono di non lavorare, infatti, il 37,1% ha meno di 35 anni, il 31,6% un età compresa tra i 35 e i 34 anni e il 29,3% più di 55 anni. Giovani, donne, laureate, del Centrosud. E questo il profilo dei lavoratori atipici in Italia fornito dal Censis, attraverso l elaborazione dei dati Istat. L unico elemento di omogeneità che l universo dei lavoratori atipici presenta, rileva il Censis, è la tendenziale giovane età: il 57% dei lavoratori a termine o con contratti di collaborazione, a progetto oppure occasionali, ha infatti meno di 35 anni. Vi è poi una maggiore incidenza tra le donne, pari al 14,7%, piuttosto che tra gli uomini, dell 8,7%, e tra quanti posseggono livelli di istruzione più elevati: 14,1% tra i laureati, 11% tra i possessori di un diploma superiore, con una particolare incidenza del lavoro a progetto oppure occasionale proprio nei segmenti di istruzione più alti. Una sintesi (1) (solo per i laureati) dei tipi di contratto con i quali i giovani lavorano in Italia e' la seguente:

Guardando ai profili professionali dei lavoratori atipici è evidente la trasversalità con cui il fenomeno si presenta. Da un lato, il lavoro atipico incide sull universo delle professioni non qualificate, dove si contano 22,4 atipici ogni 100 occupati. Dall altro, l atipicità dei contratti tende ad addensarsi nei gradini più alti della piramide professionale: il 10,5% nelle professioni intellettuali, il 18,4% in quelle tecniche intermedie e il 13,3% in quelle esecutive amministrative. Per i lavoratori a progetto, tale tendenza è ancora più accentuata. Sono, infatti, concentrati in maggioranza nelle professioni tecniche intermedie (33%) e intellettuali (18,3%) e poco o nulla presenti tra quelle non qualificate (6,2%). In generale, a trainare la crescita occupazionale del sistema Paese è stato lo scorso anno soprattutto il lavoro flessibile (in particolare quello femminile), che ha controbilanciato le tendenze di un mercato che continua ancora a presentare uno tra i più bassi livelli di partecipazione al lavoro nell'ambito dei Paesi Ue. "La flessibilita' sta cambiando il mercato del lavoro del nostro Paese. Occupazioni in affitto, part time, contratti di collaborazione: sono opportunita' sempre piu' diffuse, soprattutto tra le donne. Tanto che e' femminile il 60 % del lavoro atipico italiano. Fra ' 98 e ' 99 e' cresciuto del 230 % il ricorso femminile al lavoro interinale. Le occupate con contratti di collaborazione sono cesciute del 46 %. Ma e' aumentata significativamente anche la partecipazione femminile al part time: piu' 12 % (riguardo al part time si vedano dati piu' dettagliati nel seguito). Tutto cio' avviene mentre negli ultimi cinque anni il lavoro delle donne a tempo pieno e indeterminato e' rimasto invariato. "Tanta flessibilita' per le donne e' positiva? I dati evidenziano la mancanza di una correlazione tra flessibilita' e carriera. In altre parole, chi sceglie il part time o arriva in azienda tramite il lavoro in affitto sa in partenza di essere tagliato fuori dai meccanismi premianti interni. Le aziende non investono su queste lavoratrici, che di conseguenza non riescono a crescere nemmeno all' esterno, in modo orizzontale. Ma allora perche' le donne scelgono la flessibilita'? Due le risposte: perche' spesso e' l' unico modo per accedere al mercato del lavoro perche' consente di lavorare a casa oltre che fuori. Cio' non toglie che le lavoratrici avrebbero voglia di mettersi in gioco. Al punto di rinunciare a una grossa fetta di privato: il 15 % delle intervistate rinuncerebbe ai figli pur di migliorare la propria soddisfazione professionale. Nonostante cio', le donne difficilmente riescono a sfruttare il lavoro atipico come trampolino di lancio. La ricerca mostra, infatti, come sia piu' facile per una lavoratrice in nero regolarizzare la propria posizione entro tre anni che per una "flessibile" conquistare il posto a tempo indeterminato nello stesso lasso di tempo. "La situazione raccontata dalla nostra indagine impone una riflessione. La societa' vuole continuare a investire sulla formazione delle donne senza poi utilizzarne la professionalita'? E le lavoratrici sono disposte a rassegnarsi a esprimere una professionalita' di serie B, solo per integrare il bilancio familiare? Se la risposta a entrambi i quesiti e' "No", allora bisogna realizzare un cambio culturale. In azienda e fuori. In sintesi: E' aumentata la quota di ingressi al lavoro temporaneo E aumentata esponenzialmente la quota di ingressi al lavoro di carattere temporaneo, passati nel biennio 2005-2006 da 720 mila a più di 870 mila (+20,1%). Dei quasi 1 milione 900 mila lavoratori che hanno trovato un occupazione nel corso del 2006, il 38,2% ha un contratto a termine (nel 2004 erano il 32,3%), l 8,7% un contratto di lavoro a progetto o occasionale (nel 2004 erano il 7,3%) e solo il 36,1% un contratto a tempo indeterminato (nel 2004 era questa la formula principale di accesso al lavoro, caratterizzando il 40% degli ingressi). il Rapporto Censis 2008 sulla situazione sociale del paese

sottolinea che ontinua a crescere in Italia la flessibilità dei contratti di lavoro, con un +3,6% dal 2004 al 2007. Il fenomeno arriva ormai ad interessare l'11,9% degli occupati. E non si tratta più solo di giovani: il 9% delle persone con contratto flessibile ha 34-44 anni, il 52,2% del totale è donna. Contratti atipici soprattutto per i giovani È cresciuto significativamente negli ultimi anni anche il numero degli accessi al lavoro (+1,5%), in particolare di quelli giovanili (+6,7% tra quanti hanno tra i 25 e 34 anni) e dei 35-44enni (+7,3%). Il che spiega come proprio tra gli under 35 si registri la più elevata incidenza di contratti atipici (sono occupati con contratti a termine o di collaborazione il 21,1% dei lavoratori fino a 34 anni, contro l 8,9% dei 35 44enni, e il 6% circa degli over44). I giovani infatti rappresentano la parte decisamente maggioritaria il 58,2% del lavoro atipico in Italia. I giovani hanno anche il primato dell uscita dal mercato Quella che invece appare come una pesante eccezione del caso italiano è che i giovani costituiscano, anche grazie al carattere prevalentemente temporaneo dell occupazione, una quota estremamente significativa dei flussi di uscita dal mercato. Nel 2006, su 902 mila lavoratori che si sono ritrovati senza occupazione, perché l hanno persa, o perché si sono ritirati dal lavoro, più di 346 mila erano persone con meno di 34 anni (il 38,4%) e il 22,2% persone dai 35 ai 44 anni. Si allontanano dal lavoro soprattutto le giovani donne E indicativo, e al tempo stesso preoccupante che, ad allontanarsi dal lavoro, siano state soprattutto le giovani donne, considerato che negli ultimi due anni il tasso di inattività delle italiane tra i 15 e 24 anni è passato dal 68,3% al 73,1% e quello delle donne tra i 25 e 34 anni, dal 32,5% al 33,2%. Un fenomeno trasversale al Paese, ma che ancora una volta ha visto protagonista il sud, dove il livello di allontanamento dal lavoro delle giovani tra i 25 e 34 anni è passato dal 49,9% al 52,2% e che se da un lato può trovare spiegazione nella scelta di protrarre il percorso di studi, dall altro ha risentito del generale deterioramento della qualità del lavoro verificatasi negli ultimi anni, che ha visto penalizzata soprattutto la componente giovanile dell offerta. L inattività colpisce soprattutto le giovani donne L elevato ricorso a forme di lavoro flessibile che caratterizza il segmento femminile dell occupazione, particolarmente quello di giovane età ha certamente un effetto disincentivante sulla propensione a presentarsi sul mercato del lavoro.il risultato è che dell ampio universo di donne che alimentano la platea dell inattività, le giovani ne costituiscono ormai una componente maggioritaria: su 100 donne che scelgono di non lavorare, infatti, il 37,1% ha meno di 35 anni, il 31,6% un età compresa tra i 35 e 34 anni, e il 29,3% più di 55 anni. Sul piano dei settori economici si distinguono per un alto tasso di atipicita' alcuni segmenti del terziario - attivita' ricreative, culturali sportive, e ricerca e sviluppo - dove supera la soglia del 25% o il comparto dell'istruzione, con il 20,2% di atipici, in prevalenza con contratti a tempo determinato, che negli ultimi anni si e' sempre piu' orientato verso una logica di temporaneità degli incarichi (come ad esempio le docenze universitarie), e delle attivita' di organizzazioni associative (sindacati, circoli, associazioni di vario tipo). Il part time e' diffuso soprattutto tra le donne Ancora piu' marcata e' la diffusione del part time tra le donne: in Italia quasi il 27 % delle occupate e' infatti a tempo parziale, e quasi quattro occupati part time su cinque (il 78%) sono donne. Del resto questa forma di organizzazione e' tra quelle che maggiormente consentono la conciliazione tra gli obblighi lavorativi e le responsabilità familiari. Se per le donne, infatti, il part time e' prevalentemente voluto (per oltre la metà delle occupate a tempo parziale), per gli uomini invece il part time e' principalmente involontario: quasi il 60 per cento degli occupati dipendenti a tempo parziale dichiara di

lavorare part time perche' non ha trovato un occupazione a tempo pieno. Il tempo parziale e' dunque in questi casi una soluzione di ripiego per il lavoratore mentre risponde ad scelte delle imprese (quindi della domanda). Negli ultimi due anni (3) i dati sul part time mostrano: fig. 1 Anche dai dati a livello europeo (4 e 5) si rileva una predominanza delle donne nel lavoro a tempo determinato e nel part time, pressocche' in tutti i paesi: fig. 2

fig. 3 fig. 4 (1) CENSIS 41 Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese - 2007 - Analisi della situazione dei lavoratori atipici e dell'occupazione femminile ; (2) ISTAT - Le prospettive lavorative dei laureati - 2008; (3) CNEL - Rapporto sul mercato del lavoro 2007 2008-2008; (4) Report on equality betwen women and men European Commission - Directorate-General for Employment, Social Affairs and Equal Opportunitie - January 2008; (5) Employment in Europe 2006- European Commission- Directorate-General for Employment, Social Affairs and Equal Opportunities - 2006.