SOMMARIO. 5 ASPETTI CLIMATICI 5.1 Temperatura dell aria 5.2 Precipitazioni 5.3 Indici climatici 5.4 Definizione del clima



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SOMMARIO 1. PREMESSA 2. INQUADRAMENTO GEOLOGICO 2.1 Mesozoico 2.1.1 Calcare di Moltrasio 2.2 Cenozoico 2.2.1 Gonfolite 2.3 Quaternario 2.3.1 Depositi morenici 2.3.2 Depositi fluvioglaciali 2.3.3 Depositi lacustri tardoglaciali 2.3.4 Detriti di falda 2.3.5 Depositi alluvionali recenti ed attuali 2.3.6 Depositi eluvio/colluviali 3. LINEAMENTI STRUTTURALI 4. LINEAMENTI GEOMORFOLOGICI 4.1 Caratteri peculiari del territorio 4.1.1 Settore calcareo prealpino 4.1.2 Settore gonfolitico 4.1.3 Settore dei depositi glaciali 4.1.4 Settore delle piane alluvionali 4.2 Forme peculiari del territorio 4.2.1 Forme tettoniche e strutturali 4.2.2 Forme, processi e depositi gravitativi di versante 4.2.3 Forme, processi e depositi per acque correnti superficiali 4.2.4 Forme carsiche 4.2.5 Forme e depositi glaciali 4.2.6 Forme e depositi lacustri 4.2.7 Forme, processi e depositi antropici 4.2.8 Forme poligeniche 5 ASPETTI CLIMATICI 5.1 Temperatura dell aria 5.2 Precipitazioni 5.3 Indici climatici 5.4 Definizione del clima 6. SISTEMA IDROGEOLOGICO PROFONDO 6.1 Complesso alluvionale di Tavernola 6.2 Complesso fluvioglaciale di Lazzago 6.3 Complesso alluvionale della convalle 6.4 Complesso morenico di Lora - Lipomo 6.5 Complesso del Bassone 1

7. PERMEABILITÀ DEI LITOTIPI 7.1 Terreni con permeabilità variabile da ridotta a molto ridotta 7.2 Terreni con permeabilità variabile da media a ridotta 7.3 Terreni con permeabilità variabile da media ad elevata 7.4 Substrato roccioso con permeabilità variabile da ridotta a molto ridotta 7.5 Substrato roccioso con permeabilità variabile da media a ridotta 8. VULNERABILITÀ DEGLI ACQUIFERI 8.1 Aree a vulnerabilità elevata (V 4 ) 8.2 Aree a vulnerabilità alta (V 3 ) 8.3 Aree a vulnerabilità media (V 2 ) 8.4 Aree a vulnerabilità bassa (V 1 ) 9. IDROGRAFIA SUPERFICIALE 9.1 Sistema del Torrente Breggia 9.2 Sistema del Torrente Cosia 9.3 Sistema del Torrente Seveso 10. BACINO LACUSTRE 11. RETE ACQUEDOTTISTICA E FOGNARIA 12. CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA 13. SINTESI DELLO STATO DI FATTO DEL TERRITORIO 14. BIBLIOGRAFIA 2

1. PREMESSA Su incarico dell Amministrazione Comunale di Como (Determina n. 1589 del 05.09.01), è stato approntato il presente studio a supporto della Variante Generale del Piano Regolatore Urbanistico del Comune, interessando tutto il territorio comunale. I risultati dell indagine, condotta e redatta in conformità al D.M. 11.03.1988, alla L.R. 41/97 e successive modifiche ed integrazioni, forniscono un analisi degli equilibri naturali del territorio esaminato, supporto indispensabile per lo sviluppo della pianificazione territoriale e per la valorizzazione delle risorse dell ambiente stesso. Lo studio si è articolato in tre fasi distinte: Prima fase: Analisi 1.Raccolta dati geoambientali esistenti presso il nostro archivio e presso l Ufficio Tecnico comunale; 2.Rilievi ed osservazioni di campagna 3.Elaborazione della cartografia di base ed inquadramento (carta geologica, carta geomorfologica e carta idrogeologica); 4.Elaborazione della cartografia tematica e di dettaglio in scala 1/5.000 (carta geologicoapplicativa). Seconda fase: Diagnosi 5.Elaborazione dei risultati della fase d analisi, incrocio dei dati, valutazione critica, definizione della pericolosità e dei rischi conseguenti e redazione della carta di sintesi (scala 1/5.000). Terza fase: Proposte 1.Elaborazione della carta di fattibilità geologica per le azioni di piano in scala 1/2.000. 2. INQUADRAMENTO GEOLOGICO (Allegato n. 1 - Carta geologica) Il territorio comunale presenta una pronunciata variabilità litologica e morfologica, in gran parte dovuta agli eventi geologici che si sono verificati nel corso dell ultimo milione di anni. Il basamento prequaternario, attualmente affiorante lungo le dorsali che cingono la convalle, appartiene a due formazioni che si estendono cronologicamente dal Giurassico al Miocene. La più antica è costituita da calcari e calcari marnosi stratificati con noduli di selce (Calcare di Moltrasio), mentre la più giovane è costituita in prevalenza da banchi di conglomerato con intercalazioni areneacee e marnose (Gonfolite). All originario substrato prequaternario si alternano e si sovrappongono depositi morenici e sedimenti d origine alluvionale, messi in posto a partire dalle numerose fasi d avanzata e ritiro dei ghiacciai. 3

Tutte le formazioni geologiche che s incontrano sul territorio comunale sono disposte in serie normale, vale a dire che le più antiche sono situate, stratigraficamente, al di sotto di quelle più recenti, in una serie che ha inizio col Mesozoico e continua sino ai giorni nostri. 2.1 Mesozoico I litotipi della serie mesozoica costituiscono l ossatura dei rilievi che occupano la fascia settentrionale ed orientale del territorio, da Ponte Chiasso a Ponzate. A tale periodo va ascritta la formazione liassica del Calcare di Moltrasio. 2.1.1 Calcare di Moltrasio Sotto il profilo litologico questa formazione si manifesta con strati e banchi calcarei selciferi a tessitura fine, di colore grigio ardesia sulla frattura fresca, passante al grigio chiaro o giallognolo per effetto dell ossidazione delle sostanze carboniose in essa contenute. Oltreché selciferi, gli strati sono anche, in lieve percentuale, marnosi e non mancano di sostanza carboniosa, d origine organica, che conferisce alla roccia il colore caratteristico. Lo spessore degli strati varia da 20 a 30 centimetri, mentre quello complessivo supera i 1000 metri. L unità presenta una superficie comunemente ondulata con frequenti fenomeni di slumping, ovvero di scivolamenti sinsedimentari dovuti allo slittamento lungo un pendio di sedimenti poco consolidati ma ancora discretamente plastici da essere in grado di sopportare una piegatura senza fratturarsi. La formazione è stata depositata a partire dal Lias inferiore, in condizioni di mare profondo, ed è stata sollevata e modellata già a partire dal Cretacico ed in tappe successive, durante un intervallo di tempo che è giunto sino ai giorni nostri. A copertura della roccia, ove le condizioni clivometriche ed ambientali sono risultate favorevoli, si sono depositati accumuli di materiali eluvio/colluviali, originati dalla disgregazione degli strati superficiali ad opera degli agenti atmosferici. In ragione del loro esiguo spessore (inferiore ai 30 cm), tali depositi non sono stati cartografati sulla carta geologica dell Allegato n.1. 2.2 Cenozoico A tale periodo va ascritta la formazione oligo-miocenica che costituisce l ossatura dei rilievi della Spina Verde, comunemente denominata Gonfolite. 2.2.1 Gonfolite È costituita da una rilevante sequenza di conglomerati poligenici a cemento siliceo con intercalazioni arenacee e marnose. Si tratta di un imponente deposito di delta proveniente dallo smantellamento di rocce ignee e metamorfiche dei rilievi alpini ad opera dei corsi d acqua che in seguito al sollevamento 4

della catena alpina si sono trovati nelle condizioni di erodere e trasportare enormi quantità di detriti. La facies più diffusa è quella conglomeratica, in cui si riconoscono ciottoli di granodiorite (Ghiandone) e diorite (Serizzo) saldamente cementati in una compatta matrice silicea e carbonatica. In una stretta fascia precollinare, compresa tra Rondineto e Pedrignano, s individuano affioramenti di arenarie, spesso alternate a strati marnoso-arenacei, già oggetto di passate attività estrattive. Per quanto riguarda la facies marnosa, identificabile da sequenze di calcari marnosi di colore grigio chiaro, questa è praticamente scomparsa in quanto è stata scavata a più riprese, e sino all esaurimento, per la produzione di calce e cementi nella Fornace Montandon di Ponte Chiasso. A titolo semplificativo, si è ritenuto opportuno accorpare in un unico litotipo le tre facies citate, riportando sulla Carta geologica dell Allegato n. 1 un unica formazione. 2.3 Quaternario Prodotti di differente natura (blocchi, sabbie, limi e torbe) ed origine (glaciale, lacustre, fluvioglaciale), testimoniano le attività d esarazione e di deposito delle masse glaciali quaternarie, che a più riprese sono discese dalle alti valli sino a traboccare in pianura. 2.3.1 Depositi morenici Sono caratterizzati da massi e blocchi, frammisti a terriccio sabbioso con matrice argillosa, e sono derivati dall azione diretta del ghiacciaio. Si ritrovano nella plaga di Cardano, lungo la Valfresca e sulle pendici di Brunate, Civiglio e del Monte Tre Croci. L uniformità distributiva su tutta l area d indagine deriva dal fatto che la colata glaciale, deviata verso Sud-Est dalla dorsale del Baradello e solo in parte avviata verso meridione tramite il varco di Camerlata, è venuta ad urtare contro i rilievi collinari situati più ad oriente (Monte Tre Croci), scaricandovi, nella fase di sosta e di ritiro dell ultima glaciazione, grandi quantità di materiale morenico. I depositi morenici sono tipici per i loro caratteri distintivi: caoticità generale nella giacitura dei componenti il deposito, mancanza di un azione selettiva, presenza di ciottoli a spigoli smussati ed a superfici striate e levigate, eterogeneità nelle dimensioni dei ciottoli. Spesso a questi depositi si associano, senza ordine alcuno, massi erratici costituiti da rocce alpine (graniti, dioriti, anfiboliti, serpentiniti) e da rocce prealpine come i tipici micascisti della Serie dei Laghi. 2.3.2 Depositi fluvioglaciali Sono costituiti prevalentemente da ciottoli, ghiaie e sabbie, derivati dall azione di trasporto e d accumulo ad opera delle acque di fusione dei ghiacciai nella loro fase di ritiro. Presentano 5

caratteri simili al corrispondente morenico, soprattutto negli elementi limosi che costituiscono la sottile coltre superficiale d alterazione. I clasti sono di natura carbonatica e cristallina e denotano con un buon grado d arrotondamento e sfericità a motivo dell elevato trasporto subito ad opera delle acque di fusione. Si nota una tendenza alla stratificazione, che si accentua allontanandosi dalle cerchie moreniche. Anche il grado di selezione aumenta, mentre le dimensioni dei clasti tendono a diminuire man mano che si procede verso meridione. Si ritrovano in un unica soluzione di continuità: a Camerlata e nella piana di Lazzago che si apre immediatamente a Sud, sebbene non sempre sono facilmente delineabili in quanto sfumano verso i corrispondenti depositi morenici e verso i depositi più recenti. 2.3.3 Depositi lacustri tardoglaciali Si sono formati nel corso della fase di ritiro dei ghiacciai a causa delle difficoltà di scolo delle acque di fusione che hanno dato origine a diverse aree palustri, caratterizzate da alternanze di livelli sabbiosi e limo-argillosi, spesso associate con residui organici e torbe. Non è raro osservare livelli varvati ben stratificati in cui si riconosce la tipica successione di coppie di lamine chiare e scure, che corrispondono ad altrettanti cicli di deposizione annuale. La lamina chiara indica la deposizione d argilla o limo avvenuta in acqua torbida nel corso della stagione d intensa ablazione che è l estate; la lamina scura soprastante, meno spessa, indica invece la deposizione di scarsi detriti d altra natura (in parte organici) avvenuta nei mesi più freddi. Nell area d indagine si ritrovano lungo le scarpate che fiancheggiano la Val Breggia, su alcuni ripiani basali della dorsale Monte Caprino - Baradello - Monte Tre Croci e sulle piane palustri a Sud di Albate. 2.3.4 Detriti di falda Sono depositi di materiale incoerente che si accumulano lungo i pendii o ai piedi dei versanti, ove questi si raccordano con il fondovalle. La loro origine è da attribuirsi alla somma di vari processi: crolli singoli, crolli di massa, azione dell acqua; analogamente il loro accumulo è dovuto a diversi fattori: azione della gravità, ruscellamento, soliflusso. La geometria di questi accumuli è il risultato di movimenti a carattere discontinuo prodotti a differenti quote di caduta in un ambiente fortemente condizionato dalle condizioni climatiche. Sotto il profilo granulometrico si presentano con pezzature prevalenti, dal ciottolo al masso, clasti spigolosi di dimensioni crescenti da monte verso valle, il tutto affogato in un abbondante matrice fine. 6

Nell ambito del territorio comunale sono facilmente individuabili nel settore orientale, al piede del versante roccioso culminante con l abitato di Brunate. A motivo dell intensa urbanizzazione, risulta particolarmente difficile osservare direttamente gli aspetti litostratigrafici, se non in sporadiche occasioni. È però riconoscibile il profilo morfologico, facilmente distinguibile sia con l osservazione delle fotografie aeree sia con la lettura delle carte topografiche allegate. 2.3.5 Depositi alluvionali recenti ed attuali Sono depositi associati alla fase di ritiro del ghiacciaio würmiano, allorché la piana, oggi occupata dal centro cittadino, viene progressivamente interrata dai sedimenti portati dai Torrenti Cosia e Valduce e dai depositi morenici abbandonati in forma instabile sui versanti laterali. Sotto il profilo lito-granulometrico prevalgono sabbie, ghiaie e ciottoli con frequenti intercalazioni limo-argillose. Tipica di questi depositi è la struttura lenticolare, caratterizzata dall alternanza di lenti costituite da materiali a granulometria eterogenea e con spessore non inferiore al metro. Rientrano in questa classificazione anche i depositi alluvionali attuali, distinguibili soprattutto dalla morfologia, in quanto, pur conservando i medesimi caratteri litologici, occupano una posizione assai prossima a quella dell alveo del corso d acqua, con l asse maggiore orientato più o meno perpendicolare alla direzione di deflusso. I frammenti depositati sul fondo sono in genere ben selezionati, con una granulometria abbastanza omogenea ed in netta correlazione alla velocità della corrente. 2.3.6 Depositi eluvio/colluviali Sono derivati sia dall alterazione in posto del substrato roccioso (eluvium) che da materiali prodotti dal disfacimento del basamento e trasportati in luoghi distanti da quello d origine (colluvium). Costituiscono pertanto una copertura più o meno continua delle rocce del basamento e sono rappresentate da sedimenti di sabbie, limi e frammenti sparsi di roccia disgregata. Sulla Carta geologica dell Allegato n. 1 non sono stati cartografati a ragione del loro limitato spessore e della loro rilevanza ai fini della pianificazione territoriale. 3. LINEAMENTI STRUTTURALI (Allegato n. 1 - Carta geologica) In corrispondenza del basamento calcareo il motivo strutturale più significativo è associato all Anticlinale di Camnago Volta. Si tratta di una piega estesa degli strati del basamento che, dopo aver attraversato i Monti Barro, Rai e Cornizzolo, si dirige verso Ovest, in direzione dello sperone di Brunate, per poi discendere e chiudersi bruscamente su Punta Geno. 7

In quest ultimo tratto gli strati si presentano tormentati e modellati da particolari deformazioni tettoniche quali: ripiegamenti, arricciamenti e pieghe di trascinamento spesso associate a piccole fratture ed altre configurazioni di rottura. In corrispondenza del basamento oligo-miocenico della Gonfolite non vi sono importanti dislocazioni in quanto la formazione è sempre rimasta ai margini dei processi orogenetici. È stata tuttavia messa in evidenza un incrinatura, riconducibile ad una faglia che, a partire da Camerlata, tra il Castello Baradello e la frazione Pedrignano, si dirige verso Nord-Ovest e prosegue sino al crinale del Sasso di Cavallasca. A questo motivo strutturale se ne affiancano altri minori disposti sia con andamento parallelo che ortogonale rispetto a quello principale. Si tratta in ogni caso di forme tettoniche che non esercitano alcuna influenza sulla stabilità dei versanti e che traggono la loro origine sulla differente resistenza offerta dal variegato substrato d appoggio. A livello locale si segnala infine il contatto di tipo trasgressivo tra la formazione della Gonfolite e quella del Calcare di Moltrasio, con i litotipi conglomeratici che si sovrappongono in maniera discordante sui calcari grigi stratificati del Moltrasio. Gli effetti di questo contatto si traducono con un disturbo tettonico sottolineato da litologie caratterizzate da un insieme caotico di materiali frantumati prodotti per frizione fra le due parti a contatto. 4. LINEAMENTI GEOMORFOLOGICI (Allegato n. 2 - Carta geomorfologica) 4.1 Caratteri peculiari del territorio La morfologia del territorio comunale deve essere vista come il risultato delle intense azioni sia erosive che di accumulo dovute alle invasioni glaciali. In base agli elementi morfologici è possibile suddividere il territorio comunale in tre settori con caratteri distinti: 1.Settore calcareo prealpino 1.Settore gonfolitico 2.Settore delle piane alluvionali 4.1.1 Settore calcareo prealpino In questo settore rientrano le pendici del Monte Uccellera, che delimitano ad oriente la convalle e, a Nord-Ovest, il dosso collinare di Sagnino, che si interpone tra la sella di Monteolimpino e la Valle del Breggia. Le morfologie che caratterizzano la zona appaiono chiaramente condizionate dall azione erosiva esercitata in età pleistocenica dalle masse glaciali e dai motivi geologico-strutturali sopra descritti. Determinante per l evoluzione dei processi geomorfici è anche l assetto giaciturale degli strati calcarei messo in evidenza lungo il versante settentrionale del Monte di Brunate, verso 8

il confine con Blevio, e lungo il fianco destro della valle del Cosia, dove si registra frequentemente la presenza di estese pareti rocciose in condizioni di pendio strutturale (profilo del versante coincidente con i piani di strato). Come detto, anche le masse glaciali quaternarie (sia la lingua principale, che si estendeva nell attuale convalle, sia le sue ramificazioni minori risalite lungo le valli del Breggia e del Cosia, oltre che verso l insellatura di Monteolimpino) hanno svolto un ruolo significativo nella definizione dell attuale assetto morfologico della zona. La loro azione di erosione e deposito ha infatti fornito un contributo determinante alla formazione degli aspri versanti che sovrastano la porzione orientale della città e delimitano la valle del Cosia, così come delle morfologie arrotondate che contraddistinguono la dorsale di Sagnino, che è stata a più riprese ricoperta dai ghiacci nel corso delle fasi d espansione. Evidente anche l azione esercitata dalle acque correnti: Breggia, Cosia e Valduce. Quest ultimo, così come gli altri corsi d acqua d entità minore, è attualmente contraddistinto da un regime idraulico irregolare: l alveo scorre incassato in roccia e si presenta asciutto per gran parte dell anno, ospitando apprezzabili deflussi idrici solo in occasione di abbondanti precipitazioni meteoriche. Tale situazione appare strettamente connessa all assetto idrogeologico del settore in esame, che risulta occupato da rocce a porosità fissurale con caratteristiche strutturali esaltate da fenomeni di dissoluzione carsica che conferiscono al basamento carbonatico una discreta permeabilità secondaria. Per le ragioni sin qui esposte, tali zone presentano caratteristiche prevalentemente assorbenti, con l infiltrazione idrica nel sottosuolo che risulta nettamente privilegiata rispetto ai deflussi superficiali. 4.1.2 Settore gonfolitico Questo settore comprende la dorsale collinare che si estende dal confine italo-svizzero al Monte Tre Croci. Il suo assetto morfologico denota evidenti rapporti con la natura litologica mentre l assetto strutturale, contraddistinto da un immersione relativamente omogenea verso Sud-Ovest, risulta pesantemente condizionato dall azione erosiva esercitata dalle masse glaciali in età pleistocenica. La morfologia tondeggiante delle culminazioni, la diffusa presenza di massi erratici e la diversa conformazione morfologica dei due versanti: aspra e scoscesa quella rivolta verso la convalle, blanda e moderatamente acclive quella esposta a meridione, testimoniano che la dorsale fu completamente travalicata e modellata dai ghiacci, quantomeno nella fase di massima espansione. Le incisioni principali che solcano i versanti in questo settore sono il risultato dell azione combinata delle masse glaciali e delle acque correnti. Ad un origine analoga può essere attribuito il solco della Val Mulini, mentre le incisioni minori debbono il loro 9

approfondimento alla sola azione erosiva delle acque correnti, viste come vie preferenziali di raccolta e di convogliamento delle precipitazioni meteoriche che cadono nella zona. 4.1.3 Settore dei depositi glaciali Comprende una vasta zona estesa da Lazzago a Trecallo, passando da Breccia, Camerlata ed Albate, con una propaggine verso Nord-Est, in direzione di Lora. È occupata esclusivamente da estesi accumuli di sedimenti sciolti, legati al succedersi di episodi glaciali e fluvioglaciali disposti su più ordini di terrazzi subpianeggianti. Viene comunemente definita come anfiteatro morenico del Lario, in cui le strutture morfologiche più significative sono rappresentate dagli allineamenti collinari morenici rappresentati, nell area indagata, della cerchia di Rebbio - Acquanegra - Albate. Racchiuse tra gli allineamenti morenici s individuano infine delle aree pianeggianti, dovute all azione erosiva dei corsi d acqua intramorenici, dalla tipica superficie ondulata, a volte disposta su terrazzi. 4.1.4 Settore delle piane alluvionali Comprende la conca urbanizzata costituita dalla piana estesa dal lago sino alla stretta di Camerlata. Il processo di sedimentazione ha avuto inizio con il ritiro del ghiacciaio che ha permesso il progressivo interramento dei sedimenti trasportati dai Torrenti Cosia e Valduce. Tale processo è stato caratterizzato da una sedimentazione discontinua, sia nel tempo che nello spazio, con riprese dell avanzata glaciale che ha eroso e deformato i deposi lacustri precedentemente sedimentati. L assetto geomorfologico che ne è derivato è caratterizzato, in superficie, da una conca subpianeggiante raccordata verso la periferia secondo linee di pendenza mai troppo accentuate. In profondità ritroviamo depositi spesso privi di continuità stratigrafica e con variazioni laterali piuttosto repentine. 4.2 Forme peculiari del territorio La geomorfologia dell area indagata rappresenta un momento di un processo evolutivo che può essere analizzato attraverso i fattori attivi e passivi che lo determinano. I fattori attivi sono quelli connessi all atmosfera e all idrosfera, cioè agiscono attraverso un doppio processo di erosione e di sedimentazione oppure attraverso un processo semplice di degradazione e di alterazione sul posto. Agiscono attraverso una serie di azioni quali la denudazione, dovuta alle acque selvagge e non incanalate, e l erosione, causata dalle acque incanalate. I fattori passivi sono quelli che condizionano senza svolgere un azione diretta e sono rappresentati da: clima, litologia, vegetazione, tettonica. Fondamentali per l evoluzione del rilievo sono la composizione litologica e la struttura tettonica. 10

Sulla composizione litologica è basata la legge generale dell erosione differenziale selettiva per la quale si alternano e si disgregano prima i materiali meno resistenti, poi quelli mediocremente resistenti, da ultimo i più resistenti. A questa legge corrisponde la legge di deposizione differenziale, per la quale i materiali più pesanti e voluminosi si depositano per primi seguiti da quelli meno pesanti e da ultimo dalle particelle più fini. La struttura tettonica è rilevante in quanto le linee di faglia e le fratture influenzano l erodibilità di una roccia ed il reticolo idrografico. La vegetazione svolge sul territorio una duplice azione: protettrice del rilievo: rallentando notevolmente l azione erosiva delle acque, del vento e degli agenti atmosferici; demolitrice delle radici delle piante: frantumando le rocce ed il terreno circostante. Infine il clima, che condiziona tutti gli agenti atmosferici ed il tipo di erosione che si sviluppa. La Carta geomorfologica riprodotta sull Allegato n. 2, è il risultato di un rilevamento di dettaglio sul terreno, integrato con l analisi foto interpretativa per il riconoscimento di quei fenomeni non altrimenti individuabili a terra. Esprime in altre parole una sommatoria d informazioni immediatamente percepibili e costituisce un supporto fondamentale per l elaborazione della successiva Carta di sintesi. In questa fase sono stati evidenziati i processi in atto o quiescenti, introducendo anche tutte quelle fenomenologie non più attive, ma testimoni di una passata attività. In particolare sono state individuate: 1.forme tettoniche e strutturali 2.forme, processi e depositi gravitativi di versante 3.forme, processi e depositi per acque correnti superficiali 4.forme carsiche 5.forme e depositi glaciali 6.forme, processi e depositi lacustri 7.forme, processi e depositi antropici 8.forme poligeniche 4.2.1 Forme tettoniche e strutturali Con questa definizione si è inteso classificare tutte quelle forme influenzate dalla struttura geologica e modellate da processi esogeni. La struttura viene in tal caso considerata in senso passivo in quanto i fattori strutturali, quali le condizioni di giacitura della roccia, la sua fratturazione, la disposizione degli strati, hanno condizionato e guidato i processi erosivi. Rientrano in queste forme gli orli di scarpata in contropendenza in cui uno dei versanti volge per un tratto verso monte in seguito a movimenti di chiara natura tettonica. 11

4.2.2 Forme, processi e depositi gravitativi di versante Sono il risultato di processi di denudazione in cui si è esercitata l erosione dei versanti ad opera della forza di gravità e degli agenti di trasporto quali le acque superficiali non incanalate. Le principali distinzioni morfologiche cartografate comprendono: 9.gli ambiti a forte dinamismo, ovvero quelle aree particolarmente acclivi e non protette dalla vegetazione in cui si sviluppano processi degradanti d origine gravitativa; 1.gli orli di scarpata di degradazione o di frana: individuano gli orli delle scarpate soggette ad un movimento gravitativo in massa delle rocce o dei terreni che costituiscono un versante. 4.2.3 Forme, processi e depositi per acque correnti superficiali Sono il risultato di processi particolarmente intensi, sia per erosione che per accumulo, prodotti dalle acque correnti. Le principali distinzioni morfologiche cartografate comprendono: 2.gli orli di scarpata d erosione torrentizia: individuano gli orli delle scarpate in erosione laterale; 1.le aree a drenaggio lento o impedito: si tratta di aree depresse, perlopiù pianeggianti, caratterizzate dalla mancanza di un sistema di drenaggio e spesso invase da acque stagnanti che ricoprono il suolo per limitati spessori. 2.i coni alluvionali: Individuano gli accumuli di materiale alluvionale a forma di ventaglio depositati nel fondovalle in corrispondenza del cambio di pendenza del fondo; 3.le aste torrentizie: includono le aste dei corsi d acqua a regime perenne e stagionale con evidenti fenomeni d erosione lineare e/o laterale. 4.2.4 Forme carsiche Sono legate alla presenza di rocce carbonatiche solubili e fessurate, quali il Calcare di Moltrasio, che permettono l instaurarsi di un carsismo superficiale in una regione ricca di precipitazioni. Nell area d indagine è presente una sola forma carsica meglio identificata come polije (pianura in serbo-croato), localizzata sulla colma pianeggiante del rilievo carbonatico di Cardina, attorno a quota 410. Si tratta a tutti gli effetti di una dolina, ovvero di una depressione chiusa ed in parte occupata da piccoli specchi d acqua. È il frutto di un evoluzione complessa, nella quale hanno concorso sia la tettonica che le condizioni climatiche. L allargamento ed il modellamento del fondo piatto risale infatti ai periodi freddi del quaternario, durante i quali i fenomeni di gelivazione hanno originato una grande mole di detriti. I condotti carsici, attraverso cui si scaricavano le acque, sono rimasti per lungo tempo ostruiti, permettendo il mantenimento di piccoli specchi d acqua di superficie. Allo stato 12

attuale i condotti stanno rientrando progressivamente in funzione per cui è prevedibile lo svuotamento graduale delle bolle d acqua superficiali. 4.2.5 Forme e depositi glaciali Sono il risultato di processi particolarmente intensi, sia per erosione che per accumulo, ad opera dei ghiacciai pleistocenici. Nel territorio comunale, le forme più tipiche del deposito glaciale sono rappresentate dai cordoni morenici, la cui genesi è dovuta all azione combinata di erosione, trasporto e deposito da parte della massa glaciale quaternaria. Sono facilmente identificabili per i loro caratteri distintivi: caoticità generale nella giacitura dei componenti il deposito, mancanza di un azione selettiva, presenza di ciottoli a spigoli smussati, estrema eterogeneità nelle dimensioni dei ciottoli 4.2.6 Forme e depositi lacustri Caratteristica peculiare del bacino imbrifero del Lago di Como è di avere la piovosità concentrata in primavera ed in autunno con valori di precipitazione mediamente più elevati nel settore occidentale rispetto a quello orientale. Gli effetti di questa singolare configurazione si traducono con il periodico trabocco delle acque lacustri oltre la soglia d esondazione, fissata a 198,63 metri s.l.m. Sulla Carta geomorfologica dell Allegato n. 2 è stata individuata l area d esondazione, fissando come limite d espansione il livello di massima piena sinora raggiunto: +2,64 metri sullo zero idrometrico. 4.2.7 Forme, processi e depositi antropici Comprendono una serie di modificazioni determinate o influenzate dall attività umana. Le principali distinzioni morfologiche cartografate comprendono: 4.gli orli di scarpata artificiale; 1.gli accumuli di materiale di riporto; 2.le aree estrattive. 4.2.8 Forme poligeniche Comprendono una serie di forme determinate e modellate da più processi morfogenetici e pertanto di genesi complessa ed articolata. Rientrano in queste forme gli orli di scarpata che corrispondono a delle brusche rotture di pendenza originatesi in seguito all azione di due o più processi, talora concomitanti, ma in gran parte inattivi. 5. ASPETTI CLIMATICI (Tavole nn. 1-2-3-4) 13

La determinazione delle condizioni climatiche si può considerare come la naturale premessa di ogni indagine idrologica ed idrogeologica. Indici climatici fondamentali, quali la temperatura dell aria, la natura delle precipitazioni atmosferiche (durata, quantità ed intensità), i cicli di gelo e disgelo, sono infatti indispensabili per determinare quali siano le zone di una regione maggiormente predisposte ai fenomeni franosi. Per un accurato inquadramento della tematica sono state consultate le serie storiche relative alla stazione meteoclimatica di Como. In particolare, per le determinazioni analitiche relative alla temperatura dell aria sono state prese in considerazione le osservazioni registrate nel periodo 1962-1982. Per le determinazioni analitiche relative al regime pluviometrico, sono state invece prese in considerazione le osservazioni registrate nel periodo 1964-1986. 5.1 Temperatura dell aria La temperatura dell aria, come si rileva dal grafico di Tavola n. 1, presenta un valore medio annuale di 13,2 C, con un escursione media annua (differenza tra la temperatura media di luglio e quella di gennaio) che oscilla intorno ai 20 C: ciò significa che dal punto di vista termico, il clima può essere considerato come transizionale fra il tipo intermedio (escursione fra 15 e 20 C) e il tipo continentale (escursione superiore ai 20 C). 5.2 Precipitazioni La media annuale delle precipitazioni (liquide e solide), registrate nella stazione di Como, è di 1.355 mm, mentre il numero di giorni di precipitazione annuale è risultato pari a 105. Riguardo alla distribuzione mensile delle precipitazioni, la Tavola n. 2 evidenzia che vi sono due massimi annuali, il principale in primavera (maggio), il secondario in tarda estate (agosto); vi sono inoltre due minimi, il principale in inverno (dicembre), il secondario in estate (luglio). In base alla distribuzione delle piogge, che è di tipo equinoziale, il regime pluviometrico della zona può essere classificato come sublitoraneo alpino (Ottone e Rossetti, 1980). Riesaminando il diagramma di Tavola n. 2, per la parte che si riferisce alla distribuzione del numero medio mensile dei giorni di precipitazione, notiamo che il mese che ha il più elevato numero di giorni con precipitazioni è aprile (13 giorni), mentre il mese in cui si ha il minor numero di giorni caratterizzati da precipitazioni è febbraio (6 giorni). Infine per valutare l intensità media delle precipitazioni che cadono in un sol giorno, abbiamo diviso le precipitazioni medie annue con il numero medio annuo dei giorni di precipitazione, ottenendo un valore pari a 12,9 mm. Sulla Tavola n. 3 sono stati infine confrontati su grafico i valori delle precipitazioni e dell intensità media mensile con il numero dei giorni piovosi ripartiti nel corso dell anno. 14

5.3 Indici climatici Per meglio inquadrare l area anche riguardo ad aspetti erosivi e pedogenetici, sono stati esaminati alcuni degli indici climatici più significativi: il pluviofattore di Lang, l indice della capacità erosiva del clima di Fournier e il drenaggio calcolato di Aubert & Hénin. Il pluviofattore di Lang, espresso dal rapporto tra la precipitazione media annua e la temperatura media annua, è risultato pari a 103 ed indica che il clima della regione esaminata è piuttosto umido con un discreto dilavamento del terreno. L indice della capacità erosiva del clima di Fournier, ottenuto dal rapporto tra il quadrato della precipitazione media mensile più elevata e la precipitazione media annua, è risultato pari a 19,5: un valore non elevato corrispondente alla media fatta registrare nelle stazioni meteo più vicine. Il drenaggio calcolato di Aubert & Hénin, ottenuto da una relazione che tiene in considerazione la precipitazione media annua e la temperatura media annua, è risultato pari a 898 mm: valore anch esso piuttosto basso che testimonia una modesta possibilità, dal punto di vista climatico, di fenomeni franosi erosivi in genere. 5.4 Definizione del clima Per la definizione del clima nell area in esame, è stata adottata la classificazione suggerita da Péguy; il climatogramma di Tavola n. 4 individua la presenza di quattro mesi temperati (aprile, maggio, settembre, ottobre), tre mesi caldi e umidi (giugno, luglio e agosto), e cinque mesi freddi e umidi (novembre, dicembre, gennaio, febbraio e marzo). Il climatogramma è stato elaborato ponendo sull asse delle ascisse le temperature medie mensili e sull asse delle ordinate le precipitazioni medie mensili. I periodi di clima temperato si individuano, secondo la definizione di Péguy, nel settore con precipitazioni sino a 200 mm e temperature variabili da 0 a 23 C. Al di fuori di quest area si collocano i periodi di gelo, quelli freddi e umidi, i mesi caldi e umidi e quelli aridi. 6. SISTEMA IDROGEOLOGICO PROFONDO (Allegato n. 3 - Carta idrogeologica) Le unità geologiche descritte nei precedenti paragrafi rivestono un ruolo differente nei confronti della circolazione idrica sotterranea. Proprio in considerazione del differente comportamento idrogeologico, è stato possibile identificare nel territorio in esame la presenza di cinque complessi, sede di acquiferi a differente potenzialità. 6.1 Complesso alluvionale di Tavernola Identifica la struttura idrogeologica localizzata nel tratto terminale della valle del Torrente Breggia, tra l abitato di Chiasso e la sponda occidentale del Lago di Como. Il complesso è caratterizzato da depositi alluvionali e lacustri che hanno colmato il fondo della valle scavato direttamente sul basamento carbonatico. 15

Sotto il profilo lito-granulometrico s individuano depositi con un elevata eterogeneità tessiturale, vi si alternano infatti orizzonti di sabbie, ghiaie e ciottoli con strati di argilla, argilla-sabbiosa. Sono presenti due livelli piezometrici: il primo, superficiale, è sostenuto da un poderoso orizzonte argilloso attestato a pochi metri dalla superficie, il secondo, più profondo, è localizzato ad un livello inferiore a quello lacustre ed è contenuto nei depositi alluvionali che ricoprono il basamento roccioso. 6.2 Complesso fluvioglaciale di Lazzago Identifica l area compresa tra Lazzago, Grandate e Villa Guardia, come un grosso bacino scavato nel substrato gonfolitico e colmato in tempi successivi da sedimenti sciolti, nell ambito dei quali sono rappresentate tutte le classi granulometriche: argille, limi, sabbie, ghiaie e ciottoli. Nei sedimenti sciolti ad elevata porosità è presente una falda acquifera molto ricca, ad elevata trasmissività. Al contrario i limi e le argille costituiscono livelli impermeabili che possono localmente rappresentare la base di piccole falde sospese. Gli spessori massimi dei sedimenti sciolti sono individuabili secondo una direttrice Nord- Sud che transita immediatamente ad Ovest dell autostrada A9. Si misurano infatti circa 130-140 metri dalla superficie topografica al substrato gonfolitico: si delinea in tal modo una valle sepolta, impostata lungo una faglia che attraversa la Gonfolite, colmata dai depositi sciolti quaternari del Torrente Seveso. La presenza di questo allineamento tettonico spiegherebbe il cospicuo afflusso idrico anche in rapporto alle considerevoli portate che mal si accordano con la limitata estensione areale del bacino. Si suppone pertanto che l alimentazione sotterranea sia da attribuire per la maggior parte ad apporti provenienti da fratture del basamento roccioso. Spostandoci verso Grandate e verso Villa Guardia si registrano spessori via via decrescenti di depositi sciolti, fino all emersione del substrato roccioso in corrispondenza dei rilievi. Analogamente verso Nord si assiste ad una risalita della Gonfolite, più graduale rispetto al primo caso, cosa che si osserva anche spostandoci verso Camerlata, dove si può individuare una paleovalle secondaria diretta Est - Ovest. Dalle stratigrafie si rileva una netta predominanza di sabbie e ghiaie al centro del bacino di Lazzago che garantisce elevate rese di falda. Più a meridione, verso i fianchi della depressione gonfolitica, aumentano gli orizzonti limosi ed argillosi, con conseguente diminuzione della permeabilità verticale. Nell ambito di tale contesto litologico-strutturale è presente un unica falda principale, alla quale attingono i pozzi della zona. Esistono anche piccole falde sospese in corrispondenza dei discontinui livelli impermeabili sopra descritti, ma si tratta di situazioni estremamente localizzate, prive di una continuità geometrica e scarsamente produttive. 16

Dall elaborazione dei dati piezometrici ricavati dai pozzi situati sul territorio comunale e nelle aree immediatamente limitrofe, è stato ricostruito l andamento delle linee piezometriche così come sono state riprodotte sulla planimetria dell Allegato n. 3 6.3 Complesso alluvionale della convalle Identifica l area occupata dalla città con il suo centro storico, ovvero la valle scavata dall azione glaciale e colmata da sedimenti lacustri ed alluvionali. La profondità del livello piezometrico è in equilibrio con quella lacustre e presenta un progressivo approfondimento in direzione Sud. Questo complesso definisce un idrostruttura di limitate estensioni ma con buone potenzialità idrauliche, data la ricarica esercitata dal lago e dalle perdite di subalveo dei corsi d acqua che l attraversano. 6.4 Complesso morenico di Lora - Lipomo Identifica l area occupata dai depositi morenici di Lora e Lipomo, dove la natura dei terreni morenici non consente di trattenere falde acquifere vere e proprie. Tuttavia in questo complesso vi si incontrano delle piccole riserve idriche dovute alla presenza di lenti limosoargillose che intercettano le acque filtranti verso il basso e le trattengono a formare minuscole falde idriche sospese. I livelli piezometrici rilevati nei pozzi scavati in questo settore, indicano la presenza di una tavola d acqua attestata attorno a 30 40 metri di profondità con buone caratteristiche chimiche ma con limitate potenzialità. 6.5 Complesso del Bassone Identifica l area occupata dalla depressione del Bassone e dai terreni limitrofi sino al piede dei rilievi collinari circostanti. Questa zona può essere interpretata come un bacino scavato nel substrato gonfolitico e colmato in tempi successivi da sedimenti limo-argillosi con frequenti intercalazioni di sabbia e ghiaia. L acquifero individuato non è molto potente e mantiene un livello piezometrico attestato attorno a 20 30 metri di profondità che tende a risalire in direzione dei rilievi. 7. PERMEABILITÀ DEI LITOTIPI (Allegato n. 3 - Carta idrogeologica) La permeabilità di un terreno può essere definita come l attitudine che questo ha a farsi attraversare da un fluido ed è variabile in funzione di alcune caratteristiche fisiche fra cui le dimensioni e le distribuzioni dei pori. 17

Sulla base delle caratteristiche litologiche dei terreni affioranti ed in conformità ai criteri indicati nella deliberazione della Giunta Regionale del 18 maggio 1993, è stato possibile riconoscere sul territorio comunale tre classi di permeabilità. Nell ambito del basamento roccioso è stata invece distinta la permeabilità dovuta alla porosità della roccia (permeabilità primaria) da quella legata alla fratturazione che eventi successivi alla formazione della roccia hanno determinato nel litotipo (permeabilità secondaria). 7.1 Terreni con permeabilità variabile da ridotta a molto ridotta In questa classe ricadono i depositi glaciolacustri costituiti da terreni a prevalente granulometria limoso-argillosa e con scarsa frazione grossolana. Indicativamente il coefficiente di permeabilità k risulta inferiore a 10-4 cm/s. 7.2 Terreni con permeabilità variabile da media a ridotta A questa classe appartengono tutti quei terreni (depositi morenici ed alluvioni) caratterizzati da una permeabilità variabile da 10-4 a 10-2 cm/s. Si hanno infatti alternanze di livelli in cui prevalgono le granulometrie più grossolane irregolarmente alternate a livelli di materiale fine costituiti da argille e limi. 7.3 Terreni con permeabilità variabile da media ad elevata In questa classe ricadono sia i depositi fluvioglaciali würmiani, costituiti prevalentemente da materiali grossolani in matrice sabbiosa e con frazione fine scarsa o assente, sia i depositi alluvionali attuali e recenti della valle del Torrente Seveso. Indicativamente il coefficiente di permeabilità k risulta superiore a 10-2 cm/s. 7.4 Substrato roccioso con permeabilità variabile da ridotta a molto ridotta Identifica la formazione della Gonfolite che per i caratteri litologici e strutturali è da ritenersi praticamente impermeabile. La permeabilità primaria, dovuta alla porosità, è pressoché nulla. 7.5 Substrato roccioso con permeabilità variabile da media a ridotta Al Calcare di Moltrasio è stata attribuita una permeabilità secondaria variabile da media a ridotta in funzione del grado di fratturazione e per i fenomeni di dissoluzione carsica che hanno interessato la formazione carbonatica. La permeabilità primaria, dovuta alla porosità, è pressoché nulla. 8. VULNERABILITÀ DEGLI ACQUIFERI (Allegato n. 3 - Carta idrogeologica) 18

Ai fini della valutazione della vulnerabilità dell acquifero all inquinamento, vale a dire dell insieme delle caratteristiche naturali del sistema che contribuiscono a determinare la suscettibilità ad assorbire e diffondere un inquinamento, si è applicata la metodologia VAZAR suggerita da Civita (1990). Tale metodo considera una serie di parametri e precisamente: litologia di superficie litologia del primo sottosuolo caratteri della superficie piezometrica Una volta attribuiti ai vari parametri il valore corrispondente, si ottiene un indice avente un campo di variabilità distinto in classi. In base a questa analisi il territorio comunale è stato suddiviso in quattro classi che coincidono, arealmente, con quelle della permeabilità. 8.1 Aree a vulnerabilità elevata (V 4 ) Sono facilmente individuabili in corrispondenza del basamento calcareo e dei depositi fluvioglaciali, costituiti da terreni a prevalente granulometria grossolana ma con matrice fine in percentuale variabile. A motivo di questa variabilità, ai depositi fluvioglaciali dell Acquanegra, ricchi della componente fine, è stato riconosciuto un minor grado di vulnerabilità (V 3 ). 8.2 Aree a vulnerabilità alta (V 3 ) Coincidono con le aree dove affiora il complesso glaciale morenico, caratterizzato da un elevata eterogeneità granulometrica e da una permeabilità variabile da media a ridotta. 8.3 Aree a vulnerabilità media (V 2 ) Sono individuate in corrispondenza dei depositi alluvionali, costituiti da sabbie, ghiaie e ciottoli con frequenti intercalazioni limo-argillose che condizionano la vulnerabilità degli acquiferi sottostanti. 8.3 Aree a vulnerabilità bassa (V 1 ) Coincidono con le aree dove affiora il basamento oligo-miocenico della Gonfolite ed i depositi lacustri, caratterizzati da alternanze di livelli sabbiosi e limo-argillosi. 9. IDROGRAFIA SUPERFICIALE (Allegato n. 3 - Carta idrogeologica) Nell ambito del territorio comunale sono stati riconosciuti tre importanti sistemi idrografici: 3.Sistema del Torrente Breggia 1.Sistema del Torrente Cosia 2.Sistema del Torrente Seveso 19

9.1 Sistema del Torrente Breggia Il bacino idrografico del Torrente Breggia è sicuramente il più esteso ed importante dell area indagata. L asta principale nasce nella Valle d Intelvi, ad Orimento, scorre nella Valle di Muggio, in territorio elvetico, e rientra definitivamente in Italia, a Maslianico, per gettarsi nel Lario a Tavernola, sul confine con il Comune di Cernobbio. Le sorgenti si trovano a circa 1380 m, in uno stretto pianoro ad Ovest del Monte Orimento chiamato il Barco dei Montoni. Superato l abitato di Erbonne, riceve dalla sinistra idrografica le acque della Vallaccia, in un ambito morfologico nettamente differenziato: a destra costoni paralleli e ripidi, a sinistra pendii dolci ed allungati. Proseguendo la discesa verso Morbio, sempre in territorio elvetico, riceve le acque di alcuni affluenti sia dalla sinistra che dalla destra idrografica. L alimentazione maggiore viene dalla ramificata Valle della Crotta, la cui testata s insinua fin sotto il Sasso Gordona. Anche a motivo dei peculiari caratteri idrogeologici del basamento carbonatico, il regime idraulico sin qui osservato risulta fortemente condizionato dalle precipitazioni meteoriche, con massimi stagionali in primavera ed in autunno, e minimi nelle stagioni più fredde e più calde. Nei pressi di Balerna un brusco cambio di pendenza conclude la fase erosionale per dare inizio a quella deposizionale. A Chiasso, dalla sponda destra, riceve le acque dell ultimo affluente, il Torrente Faloppia, proveniente dal bacino morenico esteso tra Ronago, Uggiate Trevano, Faloppio, Gironico, Paré e Drezzo. L assetto attuale della Valle della Breggia era probabilmente già delineato nell Oligocene, durante la fase principale dell orogenesi alpina. In questo periodo geologico l antica Breggia scaricava le proprie acque direttamente a Sud verso la piana della Faloppia. Solo in epoca più recente tale passaggio venne ostruito dai ghiacciai obbligando il torrente a scavarsi un nuovo passaggio, non più verso Sud, bensì ad Est piegando di 90 in direzione dei Lago di Como. 9.2 Sistema del Torrente Cosia È alimentato da alcune piccole sorgenti poste ai piedi dei detriti del Monte Bolettone a quota 1.100 metri s.l.m. Sino ad Albavilla scorre secondo un asse preferenziale diretto da Nord verso Sud, quindi devia verso Ovest e dopo aver attraversato la città di Como sfocia a lago. L asta torrentizia principale ha una lunghezza di circa 14,5 km. Lungo il suo percorso il Cosia riceve i seguenti affluenti: dalla sponda destra: il Torrente Rondina, il Torrente dei Valloni nonché le acque incanalate dalle valli di Tavernerio, di Ponzate, di Civiglio e dalla vallaccia di Brunate; 20

dalla sponda sinistra: a causa del controllo litologico-strutturale esercitato sulle forme del territorio, l unico affluente è il Fiume Aperto nel quale confluiscono le acque della Roggia Selva, del Rio Fontanesi e della Roggia Vay. Complessivamente il bacino imbrifero ha una superficie pari a circa 33,5 km 2. Non si hanno dati di portata misurati in quanto lungo il corso del Torrente Cosia non esistono stazioni idrometrografiche, quindi le portate di piena sono state determinate attraverso procedimenti indiretti di stima, a partire da dati di pioggia, e con metodi di similitudine idrologica. Recenti calcolazioni hanno corrisposto una portata di piena al colmo pari a 33 m 3 /s, ricavata introducendo un coefficiente di deflusso per le perdite d infiltrazione ed un coefficiente di laminazione che è stato rapportato alle dimensioni del bacino imbrifero. Il bacino del Torrente Cosia si presenta in modo nettamente asimmetrico dal punto di vista morfologico. In destra idrografica si sviluppa la fascia prealpina, caratterizzata da rilievi sino a 1300 metri s.l.m., pendenze medie dei versanti sui 35 e sottobacini piuttosto estesi. Al contrario, in sinistra idrografica, compaiono modesti rilievi collinari con idrografia superficiale estremamente ridotta. Si discostano leggermente da questo schema i dossi di Gonfolite, a SudOvest della città, che mostrano frequenti esempi di pareti rocciose subverticali incise da aste brevi e subparallele. Tra Lipomo e Tavernerio il T. Cosia scorre incassato in una vera e propria gola con versanti ripidi e scarsissimi slarghi di fondovalle. L attraversamento della città di Como è ovviamente più aperto ed ampio, poiché in questo caso entra in gioco il ruolo dell escavazione glaciale e della successiva invasione lacustre, in un contesto morfogenetico, quindi completamente diverso dal resto della valle del T. Cosia. Il controllo strutturale sulle forme è evidente soprattutto nella zona di Lipomo dove il torrente scorre in una formazione rocciosa facilmente erodibile e con strati disposti in senso OvestNordOvest - EstSudEst. Da qui l anomala disposizione delle aste fluviali, con il corso d acqua profondamente incassato e senza affluenti dalla sinistra idrografica e con un unica direzione di deflusso orientata verso Ovest. Tale direzione viene poi mantenuta anche in Como dalla discontinuità stratigraficastrutturale esistente tra la serie carbonatica e la Gonfolite. Qui riceve in carico per ultimo le acque dell unico affluente di sinistra di un certo rilievo, il Fiume Aperto, che raccoglie le acque di una serie di rogge minori. 9.3 Sistema del Torrente Seveso Il Torrente Seveso nasce sul versante meridionale del Sasso di Cavallasca (q. 490 m), nel territorio comunale di San Fermo della Battaglia, in prossimità del confine svizzero, ed ha termine nel Naviglio della Martesana entro la cerchia urbana della città di Milano. Dal punto di vista idrologico, il torrente può essere suddiviso in tre parti. La prima parte, la più settentrionale, dalla sorgente alla confluenza con il fosso Lusèrt, è caratterizzata da forti pendenze e da molti piccoli affluenti; la seconda parte centrale, dal fosso Lusèrt alla 21