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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9441 Anno 2017 Presidente: FIANDANESE FRANCO Relatore: VERGA GIOVANNA Data Udienza: 24/01/2017 sul ricorso proposto da: SELI SAIMIR N. IL 14/09/1984 SENTENZA avverso la sentenza n. 2624/2015 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 14/01/2016 visti gli atti, la sentenza e il Leorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/01/2017 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. h-e-t s-e1)) che ha concluso per, Udito, per la parte civile, l'avv Udit i difensor Avv.

RITENUTO IN FATTO Ricorre per cassazione SELI Samir avverso la sentenza della Corte d'appello di Brescia che il 14 gennaio 2016, in parziale riforma della sentenza del Tribunale che il 7 aprile 2015 lo aveva condannato per concorso in ricettazione, gli revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto l'impugnata sentenza. Deduce il ricorrente: 1. mancanza di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità con particolare riguardo all'elemento soggettivo del reato; 2. violazione di legge processuale a seguito di omessa dichiarazione di nullità della sentenza resa in primo grado stante la mancata sospensione del processo ex articolo 420 quater codice di procedura penale. Evidenzia che la corte d'appello nel motivare il rigetto del motivo di gravame aveva rilevato che l'imputato in data 25.11.2011 in sede di redazione del verbale di identificazione aveva eletto domicilio presso lo studio del difensore di ufficio, lasciando così presupporre che l'eventuale mancata conoscenza della celebrazione del processo fosse imputabile unicamente ad una scelta consapevole di non informarsi dal difensore presso cui aveva eletto domicilio. Ritiene che tale circostanza non sia idonea a provare la consapevolezza in ordine all'instaurazione di un procedimento penale a suo carico. Rileva che se è vero che l'articolo 420 bis stabilisce che in presenza di un'elezione di domicilio il giudicante possa procedere in assenza, è altrettanto vero che il comma 2 del medesimo articolo termina con una clausola aperta " ovvero risulti con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo". Ritiene che la elezione di domicilio avvenuta nell'immediatezza dei fatti in fase di redazione del verbale di identificazione sia da considerarsi un atto inidoneo a provare la conoscenza certa in capo al ricorrente dell'instaurazione di un procedimento penale a suo carico. Per aversi prova effettiva della conoscenza è necessario essere destinatari di un atto formale di contestazione in quanto l'effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e la rinuncia consapevole a partecipare sono situazioni non riferibili a fasi meramente preprocessuali, quali quella delle indagini preliminari. Viene censurata la decisione con riferimento anche al fatto che non vi era la prova che l' imputato fosse a conoscenza della lingua italiana. Il secondo motivo di ricorso è fondato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1

La legge n. 67 del 2014, recependo alcune delle criticità segnalate dai giudici delle leggi e dalla giurisprudenza della CEDU ha disciplinato il processo "in assenza" dell'imputato, eliminando, quasi integralmente, i riferimenti alla contumacia, e ridisegnando i presupposti, in presenza dei quali, il processo può essere celebrato érl senza la presenza dell'imputato. La disciplina si articola avendo come riferimento tre categorie di situazioni. Il processo potrà essere celebrato in assenza quando al momento della costituzione delle parti, in sede di udienza preliminare o dibattimentale,vi sia la prova certa della conoscenza da parte dell'imputato della data della udienza e questi abbia espressamente rinunciato a parteciparvi; il processo può essere celebrato in assenza quando non vi sia la prova certa della conoscenza dell'imputato della data della udienza, ma, al contempo, vi siano una serie di "fatti o atti" da cui può farsi discendere, direttamente o indirettamente, la prova che l'imputato sia a conoscenza della esistenza del procedimento penale nei suoi riguardi; il processo deve essere sospeso quando non vi sia la prova certa della conoscenza da parte dell'imputato né della data dell'udienza, né della esistenza del procedimento penale. Il problema è quello di stabilire quando si può ritenere la conoscenza dell'udienza o del procedimento da parte dell'imputato e quando, invece, si deve sospendere il processo perché si reputa, o si teme, che manchi tale conoscenza. Deve ricordarsi che ante Novella del 2014 con la modifica dell'art. 175 cod. proc. pen. a seguito del D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni nella L. 22 aprile 2005, n.60, era stato riconosciuto al contumace il diritto alla restituzione nel termine per impugnare, salvo che avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento e avesse volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione ed opposizione. In particolare, il comma secondo della norma, facendo riferimento, quanto alla effettiva conoscenza quale causa di esclusione della richiesta di rimessione, tanto al procedimento che alla sentenza, separando i due termini con la «o» disgiuntiva, indicava chiaramente come, anche solo la prova positiva della conoscenza da parte dell'imputato della pendenza del procedimento, gli precludesse di ottenere il rimedio straordinario. Nonostante la riforma, la Corte EDU nei casi Kollcaku c. Italia e Pititto c. Italia (8 febbraio 2007) ha osservato che la notifica delle azioni intentate nei confronti del contumace costituisce un atto giuridico di tale importanza da richiedere condizioni formali e sostanziali idonee a garantire l'esercizio effettivo dei diritti dell'accusato. Secondo la Corte, il principio indicato non poteva condurre ad escludere in linea generale che alcuni fatti potessero dimostrare inequivocabilmente la conoscenza da 2 Il

parte di un imputato del processo iniziato nei suoi confronti e della natura e della causa delle accuse. Riteneva però che gli strumenti previsti dagli artt. 175 e 670 del cod. proc. pen. italiano non potessero tuttavia essere ritenuti rimedi idonei ad offrire al condannato, con un grado sufficiente di certezza, la possibilità di avere un nuovo processo nel quale esercitare il proprio diritto alla difesa. Con la sentenza emessa il 9 dicembre 2009, n. 317, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non consentiva la restituzione nel termine per proporre impugnazione contro la sentenza contumaciale all'imputato, che non aveva avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, quando analoga impugnazione era stata proposta in precedenza dal difensore dello stesso imputato. Nell'occasione i giudici delle leggi hanno enucleato un contenuto essenziale sovranazionale del diritto di difesa dell'imputato contumace, mutuandone le componenti dal diritto vivente elaborato dalla giurisprudenza della CEDU, affermando che: «a) l'imputato ha il diritto di esser presente al processo svolto a suo carico; b) lo stesso può rinunciare volontariamente all'esercizio di tale diritto; c) l'imputato deve essere consapevole dell'esistenza di un processo nei suoi confronti; d) devono esistere strumenti preventivi o ripristinatori, per evitare processi a carico di contumaci inconsapevoli o per assicurare in un nuovo giudizio, anche mediante la produzione di nuove prove, il diritto di difesa che non è stato possibile esercitare personalmente nel processo contumaciale già concluso» Sulla scorta di detti principi questa Corte ha avuto modo di affermare che, premesso che secondo la giurisprudenza CEDU la conoscenza "effettiva" del procedimento presuppone un atto formale di contestazione idoneo ad informare l'accusato della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel "merito", tale esigenza era assicurata dall'ordinamento interno dalla vocatio in iudicium. Al giudizio sul merito dell'accusa è infatti riferibile il diritto a partecipare e difendersi personalmente cui si contrappone la rinunzia a "comparire", giacché perché s'abbia rinunzia occorre che vi sia diritto o altra situazione soggettiva azionabile, mentre nella fase prodromica alla formulazione dell'accusa in vista dell'esercizio dell'azione penale l'accusato può chiedere solo d'essere sentito, non reclamarne il diritto. Ratio legis e sua collocazione sistematica imponevano di affermare che la restituzione in termini poteva essere negata solo al soggetto che avesse avuto effettiva conoscenza del fatto che a suo carico era stata formalmente elevata una imputazione in relazione alla quale aveva diritto a difendersi e avesse deciso di non partecipare al giudizio su tale imputazione, così rinunziando al diritto di essere 3

ascoltato dal suo giudice (Cass. n. 40734/2006). Ed è stato precisato che "... la effettiva conoscenza del procedimento non può farsi coincidere con la conoscenza di un atto posto in essere a iniziativa della polizia giudiziaria anteriormente alla sua formale instaurazione, che si realizza solo con l'iscrizione del nome della persona sottoposa a indagini nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. Fattispecie nelle quali l'imputato, in occasione della redazione, in sua presenza, da parte della polizia giudiziaria dei verbali di identificazione e di sequestro del corpo del reato, nominava ed eleggeva domicilio presso un difensore, ove, da quel momento, venivano notificati tutti gli atti processuali, dei quali, però, non aveva conoscenza, avendo da subito interrotto ogni rapporto con il legale. In dette pronunce veniva rilevato che l'imputato in dette situazioni non aveva ricevuto notifica di alcun atto del procedimento ma solo di un atto ad esso prodromico, considerato non sufficiente poiché, la effettiva conoscenza del procedimento non poteva farsi coincidere con la conoscenza di un atto posto in essere ad iniziativa della polizia giudiziaria anteriormente alla sua formale instaurazione, che si realizza solo con l'iscrizione del nome della persona sottoposta a indagini nel registro degli indagati. (Cass. n. 44123/2007; n. 39818/2010; n. 4987/2011; n. 12630/2015). Ritiene il collegio che tale interpretazione, pur formatosi in costanza di normativa ante Novella, non può non trovare applicazione anche con riferimento alle nuove disposizioni, emanate proprio per fronteggiare le criticità segnalate nei confronti del c.d. "processo contumaciale" al fine di evitare con l'introduzione di strumenti preventivi processi a carico di contumaci inconsapevoli. Ciò detto deve rilevarsi che nel caso in esame il SELI ha eletto domicilio presso il difensore d'ufficio, presso il quale sono stati notificati tutti gli atti processuali, in sede di identificazione da parte della polizia giudiziaria nell'immediatezza del controllo, operato d'iniziativa, che ha portato all'accertamento del reato e quindi anteriormente alla formale instaurazione del procedimento a suo carico. Nel momento in cui si è proceduto in assenza dell'imputato non vi era pertanto la prova dell'effettiva conoscenza del procedimento da parte del SELI Saimir. La sentenza impugnata e la sentenza di primo grado devono pertanto essere annullate senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Brescia con diverso giudice per l'ulteriore corso, considerato che per il reato in esame l'esercizio dell'azione penale è a citazione diretta. L'accoglimento del motivo assorbe le ulteriori doglianze. P.Q.M. 4

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Brescia in data 7.4.2015 e dispone la trasmissione degli atti allo stesso Tribunale di Brescia con diverso giudice per l'ulteriore corso. Così deliberato in Roma il 24.1.2017 Il Consigliere estensore Giovanna VERGA Il Presidente Franco FINDANESE