Capitolo sesto L'ARTE DI COSTRUIRE



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Capitolo sesto L'ARTE DI COSTRUIRE Lo studio delle tecniche costruttive è scaturito dalle esplorazioni sistematiche nella zona del Vulture, soprattutto l area che viene occupata dai castelli e dai casali abbandonati, nei quali affiorano diverse strutture: si pensi alla Valle di Vitalba. Fra le invenzioni medievali riscontrabili quindi in Basilicata è certamente il mulino ad acqua, già conosciuto in Illiria fin dal II secolo a.c. e in Asia Minore dal I a.c., esiste nella Basilicata romana come a Pietragalla con il suo castellum aquae, o i resti di un canale di acquedotto presso l Abbazia di S. Pietro a Cellaria presso Calvello, che recuperava l acqua dalle vicine sorgenti non perenni di Fonte Marinella. La mola a mano girata dagli schiavi o dagli animali dura nel tempo: nel IX secolo il mulino è già diffuso in Occidente, come anche l aratro medievale deriva pressoché certamente dall aratro a ruote descritto da Plinio il Vecchio, nel I secolo, che si diffonde e si perfeziona lentamente durante l Alto Medioevo, anche se una certa diffusione è più documentata nei paesi slavi come la Moravia prima dell invasione ungherese (all inizio del X secolo), e anche nel complesso dei paesi slavi prima dell invasione degli Avari del 568. Nel campo degli arnesi quotidiani, la pialla, per esempio, la cui invenzione si è spesso attribuita al Medioevo, era conosciuta fin dal I secolo: è probabile, quindi, che un buon numero di invenzioni medievali non sono altro che un eredità greco-romana trasmessa dall Oriente. Senza essere dimostrato, il fatto è verosimile per il mulino a vento, conosciuto in Cina, poi in Persia, nel VII secolo, segna lato in Spagna nel X, e apparso nella Cristianità solo alla fine del XII. 113

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo Tuttavia, la localizzazione dei primi mulini a vento, rinvenuti finora in una zona limitata intorno alla Manica (Normandia, Ponthieu, Inghilterra) e la differenza tipologica fra il mulino orientale, munito di alte feritoie che concentrano l azione dei venti su grandi ruote verticali, e il mulino occidentale con quattro grandi lunghe ali, e il mulino mediterraneo con numerose tele triangolari tese da un insieme di cordami, è davvero minima per gli usi della Basilicata. Non abbiamo alcun esempio di mulini antichissimi e soprattutto a vento, ma abbiamo quelli ad acqua, come quelli quattrocenteschi di San Cataldo di Avigliano e quelli sei-settecenteschi di Atella. In una mappa del 1827 relativa al Comune di Lagonegro (Archivio di Stato di Potenza, Intendenza di Basilicata, b. 622, f. 548) è visibile un complesso di strutture riferibili ad un mulino. Vi sono però notizie antiche, come quella relativa al 1004, quando il sacerdote Savino, insieme a sua madre Gemma del castello di Montemilone donano un mulino con un orto nella contrada de fugardi a Giovanni, abate del Monastero di Morbano. Nel 1053 sarà addirittura Unfredo, comes et dux Apulie et Calabrie, ad offrire alla Trinità di Venosa il mulino di Radicisio. Che quest ultimo luogo sia stato importante dal punto di vista economico si nota da un altro documento del 25 agosto del 1059, quando Il pontefice Niccolò II, dopo aver consacrato il 17 agosto dello stesso anno l abate Ingilberto a guida della Trinità, conferma il Atella. Resti di un mulino quattrocentesco a Santa Maria di Vitalba. Mentre il mulino a vento dipendeva dalle forze eoliche, a volte assenti, il mulino ad acqua fu sempre maggiormente preferito nel Medioevo 114

L arte di costruire possesso di Santa Maria juxsta civitatem nominatam Monspilosus (Irsina), la cella di San Pietro in castro Senensi (Senise), di altre zone fuori regione e di due molendina super fluvium Deolivente, unum vocatur De radicisi alterum Condeacupito. Nel gennaio del 1146 Manfredi, signore di Forenza, dona un mulino posto presso il fiume Signone, nelle terre un tempo appartenute a Leone Gualardo. Altre notizie più tarde ne attestano la continuità d uso dei mulini: quella relativa al 6 dicembre 1546 rammenta Donna Altabella Petitti di Saponara che vende a Giovanni Parisano di Moliterno una parte del mulino con tanto di ruote, canale, mole e acquedotto posto in contrada Sciaura presso Moliterno. La presenza dei mulini fece in modo che si sviluppasse, certamente, una categoria di costruttori-restauratori di cui rimane memoria. Nel 1281, periodo in cui un certo Leone Strigaticio appalta a Boemondo di San Fele alcune riparazioni ai mulini di Vitalba. Abbiamo però qualcosa che ci riconduce all architettura in genere, quella delle chiese e dei castelli. Di esempi ve ne sono tantissimi, ma pochi sono stati veramente studiati: per quanto riguarda notizie concrete, si rammentano quelle relative al castello di Lagopesole, che la critica delle origini ha ritenuto possibile trattarsi di una costruzione unitaria di Federico II, ma considerando la struttura nel suo complesso, compreso il battifredo o battifolle, sembrerebbe un intervento tardo dello stesso imperato- Ripacandida. Chiesa di San Donato 115

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo Ripacandida. Chiesa di San Donato. Impalcati e sollevamenti 116

L arte di costruire Il campanile della Cattedrale di Melfi, esempio della presenza normanna in Basilicata Satrianum. Torrione normanno re. Considerato come domus nel 1242, la fortezza doveva essere in via di ristrutturazione, poiché nel 1269 furono richiesti dall imperatore Carlo I dei manovali; lo stesso, nel 1270, ordina al Giustiziere e all Erario di Basilicata di pagare a richiesta del Giudice De Grisa di Melfi le spese per i restauri dei tetti, secondo la stima degli architetti. Così avviene anche negli anni 1271, 1275 e 1277. Con quest ultima data coincide una certa vitalità del castello che è spesso abitato dall imperatore, che utilizzò con la sua corte vasellame fine da mensa ritrovata nel cortile minore. L imperatore soggiornò spesso anche a Melfi, dove non si sa quasi nulla del castello in età sveva. Solo dal 1269 fortezza fu restaurata Ricostruzione di una tipica motta, simile a quella presente a Gaudiano di Lavello in parte ad opera del carpentiere Jean de Toul. Ma si vede che i denari non bastarono, così Carlo I nomina, nel 1271, quei luoghi tenuti alla sua manutenzione: le località designate furono Melfi, Monticchio, S. Andrea e Venosa. I1 4 agosto 1277 la 117

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo Curia Regia, ritenendo che dovessero essere completate la stalla, la torre e i muri, nomina Riccardo da Foggia con l incarico di magister affinché provveda di procurare manovali (manipuli) ed asini (somerii) per il trasporto del materiale necessario. Oltre alle note successive che riguardano la richiesta di altri cavatori, sterratori (scappatores lapidum) e muratori (magistros muratores) nonché, travi di legno richieste dal magister carpenterius Giovanni de Tullo, e modalità di costruzione dei muri altrimenti essi risulterebbero non fortes et boni. Pierre de Angicourt, cui sono affidati i lavori, è violento e autoritario e Carlo I gli chiede di non molestare gli operai. Egli inoltre modifica l intero progetto costruendo le torri pentagonali (duplices) che non furono richieste dall Imperatore ma provocarono le proteste del costruttore Franciscus de Melfia. Tra il 1277 e il 1280 una massa imponente di forze e lavori sono concentrati a Lucera e a Melfi: nel 1288 sono qui presenti ventiquattro maestri fabbricatori, centoventi manovali, sedici scalpellini, dodici tagliato- Grottole. Torre normannosveva 118

L arte di costruire ri più i conduttori di animali e restauratori degli attrezzi: tutti venivano pagati per quindici grani al giorno (fabbricatori, scalpellini e tagliatori), mentre sette grani solo per i manovali, quindici ed undici grani a seconda che i conduttori di animali ne portassero due od uno a testa. Per il nostro castello i lavori compresero la realizzazione del profondo fossato, che servì anche da cava di estrazione; costruzione di tutta l ala nord est con la cinta e tre cortili (della Cisterna, del Mortorio e degli Armigeri) e della sala dell Imperatore, e fu concesso che il materiale ligneo, soprattutto castagni non fruttiferi, provenisse dai territori di Melfi e Rapolla. Questi pochissimi dati sulle tecniche costruttive inducono ad ipotizzare, insieme ad altri monumenti, che sul finire dell XI sec. erano già di uso corrente il martello a penna, la martellina a doppia punta e la gradina. La martellina a doppia punta si trova documentata nelle abitazioni della fine dell XI sec. rinvenute nel castello di Lagopesole. Bifora del Castello. 119

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo Ricostruzione di un impalcato dipendente ad un afila di montanti. (disegno arch. Lia Gaetani). Ricostruzione di un impalcato ottenuto con fori per travicelli passanti. (disegno arch. Lia Gaetani). 120

L arte di costruire Le mura angioine del castello di Uggiano Monticchio, in numerosi monumenti di età romanica ed in alcune strutture della Valle di Vitalba. Per quanto riguarda le cave, sembra interessante far notare che sia in Puglia che in Basilicata, sino a tutto il XIV sec., non furono mai scavati banchi rocciosi ipogei, bensì subdivo, sfruttando nella maggior parte dei casi fronti di attacco a varie altezze. Tale situazione sembra molto diversa da quella rintracciata, per esempio, in Normandia, dove nello stesso periodo troviamo anche cave ipogee. Con lo studio combinato e sistematico delle tecniche costruttive delle strutture fortificate non potevano mancare Valle di Vitalba 121

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo quei dati ai quali si può pervenire con l analisi degli elevati. Un contributo in questo senso, fornito ha spinto la ricerca proprio sulle strutture pertinenti i secoli XI-XIII, spingendosi spesso anche oltre questa cronologia. Lungo i muri furono a volte lasciati dei fori che riconducono alla realizzazione di impalcati. Tre sono le tipologie-tipo classificabili: impalcato dipendente ad una fila di montanti o pertiche; impalcato indipendente a due file di montanti; impalcato dipendente a sbalzo. Raramente, sulle fortezze sveve, si trova l impalcato dipendente ad una fila di montanti, ma è possibile rintracciarlo dai fori per travicelli del castello di Monticchio, nella torre medievale di Craco. A proposito dei fori lungo i muri, essi sono classificabili in quadrangolari e rettangolari e verticali. Diversi per tipologia, invece, sono i fori per travicelli del castello di Laurenzana, da attribuire, a quanto sembra, ad interventi in opere murarie ascrivibili alla metà del XVI secolo, quando la fortezza diventa palazzo. Mentre qui i fori sono per lo più quadrangolari, nelle mura di Rapolla si conservano rettangolari-verticali e si avvicinano, tipologicamente, ad alcuni monumenti romanici quali la Basilica di S. Nicola e la Cattedrale di Bari. Le mura di Rapolla porterebbero ad un altra interessante considerazione. La presenza dei fori rettangolari consente l inserimento di una trave di legno più piccola di un palo intero proveniente da un tronco d albero. Al di là della considerazione ingegneristica, sappiamo che questa ultima scelta di un prodotto più elaborato potrebbe essere la conseguenza che verso la fine del XIII sec. le risorse forestali rischiavano di essere sempre Elementi architettonici di ascendenza cistercense nel castello di Uggiano minori rispetto ai periodi precedenti, cioè il manto boschivo 122

L arte di costruire Uggiano. Iscrizione di Masseria già Lisanti proveniente dal castello Uggiano. Muro d'ambito restaurato più volte durante le evoluzioni della frana del XIV- XV sec. La collina di Monteserico 123

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo veniva via via scomparendo. Ora, non sappiamo se questa ipotesi è valida, ma è certo che in alcune strutture murarie la presenza dei fori per travicelli rettangolari sono il prodotto di una scelta costruttiva non dovuta al caso, ma per un esigenza a noi ancora sconosciuta. La tipologia del castello di Laurenzana ripropone la problematica concernente i castelli e la loro costruzione nel corso dei secoli. Torri cilindriche furono costruite a Rapolla, Brienza, S. Mauro Forte e Tricarico. Una ulteriore pista per ricercare la storia e l archeologia costruttiva è certamente la documentazione iconografica. L importante affresco della Chiesa di S. Donato di Ripacandida riporta anche alla chiesa rupestre di S. Lucia presso Melfi i cui temi, più antichi di quelli di Ripacandida, riproducono i motivi più colti delle chiese rupestri di Matera del XIII e XIV sec. Monteserico. Il castello, preceduto da un fossato, si raggiungeva solo dopo aver attraversato parte dell'abitato 124

L arte di costruire Castello di Monteserico. Interno Il ciclo, che raffigura alcune scene di vita della Santa, riporta la presenza di una fortificazione merlata, probabilmente le mura di una città molto simile ai resti, forse unici nell interezza di tipo documentario del castello di Uggiano. Anche la Cattedrale di Anglona, con i Castello di Monteserico. Scala a chiocciola di età sveva 125

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo Castello di Monteserico. Superfetazioni del XVI sec. 126

L arte di costruire Castelmezzano. Ingresso del castello suoi celebri affreschi, che documenta la scena della costruzione della Torre di Babele. Con i Normanni l evoluzione delle armi e dell arte militare, essenziali per un aristocrazia di guerrieri, porta con sé progressi della metallurgia e della balistica. La Chiesa fa progredire la misura del tempo, e la costruzione delle chiese, i primi grandi edifici del Medioevo, dà un grosso stimolo al progresso tecnico, non solo alle tecniche di costruzione, ma all attrezzatura, ai trasporti, alle arti minori, come la fabbricazione di vetrate. Pietrapertosa. Durante la costruzione del castello, i blocchi vennero accuratamente disposti a scarpa 127

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo Pietrapertosa. Castello. Tracce di palizzata in legno Nessuna meraviglia dunque che il ferro, come si è visto, sia oggetto di attenzioni che. Niente di strano se il fabbro è fin dal Medioevo un personaggio straordinario, paragonabile allo stregone. Indubbiamente egli deve questa aureola soprattutto alla sua attività di forgiatore di armi, di fabbricante di spade, e a una tradizione che ne fa, insieme con l orefice, un essere sacro trasmesso dalla tradizione barbarica e scandinava e germanica all Occidente medievale. Mentre, però, di queste fortificazioni lignee non rimane alcuna traccia (basti pensare che in alcune torri duecentesche anche le travature dei solai sono state sostituite da volte in muratura). Tricarico. Ingresso al centro storico 128

L arte di costruire Il castello di Laurenzana Probabilmente quando i Normanni giunsero in Basilicata trovarono un territorio ricco di banchi calcarei, come del resto possiamo constatare ancora oggi, particolarmente adatto alla costruzione delle proprie opere di difesa e soprattutto in una regione dove già si conoscevano consolidate tecniche costruttive. Sappiamo che, per comodità, le cave venivano aperte molto spesso vicino ai futuri castelli e, comunque, nei pressi o all interno dei centri abitati; talvolta, queste diventavano i piani interrati e i profondi fossati, assicurando efficaci rampari alle fortezze stesse; nell area di Matera, per esempio, le antiche cave di pietra vennero utilizzate suc- Brienza. Castello e borgo medioevale 129

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo cessivamente come abitazioni rupestri prendendo il nome di vicinanze (si veda anche Massafra). Prendendo in considerazione i castelli di Lagopesole, Melfi o Laurenzana, il materiale utilizzato per costruire le torri e la cortina muraria è lo stesso della roccia calcarea sul quale poggiano le sue fondazioni. Il fossato, quindi, è stato scavato nella roccia, fornendo sia la materia prima della costruzione stessa, sia l inerte presente nell abbondante malta utilizzata. Si può, inoltre, aggiungere come in questo fossato Probabilmente, gli antichi costruttori dei castelli si accorsero dell evidenza geologica, ossia della differente consistenza granulometrica del banco roccioso ed utilizzarono il materiale più compatto soprattutto nelle torri, dove si presenta perfettamente squadrato, a differenza delle cortine. Questa precisazione va fatta per dimostrare il perché non sia stato necessario scavare delle gallerie sotterranee per cercare materiale duro e compatto, dal momento che questo, in alcuni casi, si trovava addirittura in superficie, ribaltando la tipologia più frequente secondo la quale i banchi più teneri dovevano situarsi negli strati più esterni e meno profondi. Riguardo ai criteri di realizzazione, sappiamo che i costruttori dell XI-XIII sec., ripetendo tecniche usate dai Romani, si potevano avvalere, per ogni tipo di muratura ( a sacco od anche perfettamente squadrata od isodoma), anche di materiale di spoglio o di scarsa consistenza (schegge, pietre non squadrate, ecc.), mentre per le murature esterne di rivestimento si adoperava un accortezza maggiore sia nella scelta del tipo di calcare, sia nella squadratura o nel trattamento superficiale dei conci. In questo senso si spiega la tipologia costruttiva di molti edifici e fortezze, dove si può notare come i conci disposti sulla parte superiore della cortina muraria siano di colore e composizione diversi essendo stati estratti da strati meno compatti rispetto a quelli utilizzati nella parte inferiore, che, costruita per prima, doveva essere più adatta alla difesa e quindi più tenace. Potrebbe trattarsi di un accorgimento puntualmente pianificato o di banchi diversi di una medesima cava. Anche nel caso di Melfi, come dimostra la roccia affiorante in più punti sotto la cortina, la cava dovette essere lo stesso fossato, scavato intorno al futuro castello ed in tempi moderni colmato da terra. Un attenta osservazione dei materiali adoperati per le cortine murarie e le cave sfruttate a cielo aperto (ossia gli stessi fossati) è 130

L arte di costruire stata possibile una indagine più puntuale, ma dove, invece, l edilizia ha preso il sopravvento (interessando maggiormente i centri storici), i castelli sono divenuti dimore baronali (anche se molti lo erano già in origine), subendo nel corso dei secoli trasformazioni tali da non consentire, nella gran parte dei casi, di leggere la struttura ed i nuclei originari. In conclusione, è possibile ipotizzare una sequenza di lavori durante i quali le maestranze utilizzarono certamente la cava del fossato, consentendo di ottenere, a seconda degli spessori disponibili durante l estrazione, conci compatti e squadrati o subarrotondati ed angolari. Nel primo caso i conci vennero utilizzati per i cantonali e per i lati a vista delle torri, nel secondo Venosa. Castello. Strutture tardoromane ed altomedievali demolite nella fortezza 131

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo caso i blocchi non squadrati vennero utilizzati per le cortine di raccordo, secondo una sequenza piuttosto complessa: su letti di posa perfettamente orizzontali venivano posti almeno quattro corsi di pietra su abbondante malta; si formava così un muro a scarpa di raccordo alle torri, che solo in un momento successivo venivano completate. In epoca federiciana, poi, sussiste un altro problema interpretativo, poiché Federico II si interessò, ovviamente, dei centri strategicamente rilevanti ed appartenenti al Demanio imperiale. Ne consegue che i molti centri salentini non citati nello Statutum de reparatione castrorum -che ovviamente sopravvissero- forse realizzarono delle fortificazioni al di là dei canoni federiciani, senza contare la probabile distruzione di alcune fortezze costruite prima delle Costituzioni Melfitane, quando Federico II pose gli edifici fortificati a guardia delle città e a difesa dei luoghi di importanza strategica nel Regno. Le fortezze, governate dal castellano e presidiate dai servienti, diventavano di esclusivo dominio del sovrano, per cui quelli costruiti dopo la morte di re Guglielmo dovevano essere abbattuti; infatti l art. 191, del Libro III, al titolo XXXIII, così recita: «I castelli, le fortificazioni e le torri costruite dopo la morte della divina memoria di Re Guglielmo, Nostro Cugino, a proposito dei quali la nostra licenza di abbattimento non fu rispettata come è stato stabilito da Guardia Perticara. Torrione angioino inglobato in un palazzo 132

L arte di costruire Noi nella Curia di Capua, ora, con rinnovata costituzione ordiniamo di nuovo che debbano essere demoliti, gravando sui trasgressori della Nostra costituzione la pena della confisca dello stesso castello o della nuova costruzione, se non avranno abbattuto gli edifici entro la prossima Natività del Signore. Al presente articolo aggiungiamo che anche se a nessuno sia consentito di ricostruire fortificazioni distrutte senza ordine della Nostra Altezza»; e l art. 192: «Vietiamo che nelle terre del Nostro demanio siano costruiti d ora in poi edifici Monticchio. Arco acuto del XIII sec. nel castello 133

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo attraverso i quali possano essere impedite la difesa o la fortificazione dei luoghi o il libero transito. Proibiamo più espressamente che d ora innanzi siano erette torri dai privati in quei luoghi. Infatti crediamo che per la tutela di tutti i sudditi del Nostro Regno siano pienamente sufficienti le Nostre fortezze e, ciò che è più sicuro, il baluardo della Nostra protezione». Dopo la morte di Guglielmo, quindi, il sovrano non vuole che esistano nel Regno fortificazioni e castelli al di fuori del suo dominio, il che indicava come prassi la costruzione di castelli comitali. Ammettendo che il momento di passaggio dalla dinastia normanna a quella sveva non sia stato traumatico, ma piuttosto di una graduale sovrapposizione si può supporre un momento normannosvevo. È in questa continuità insediativa e costruttiva che bisogna rintracciarne l impronta, là dove si è conservata inalterata dall uomo e dal tempo. Questo tipo di considerazioni non ha la pretesa di dare certezze in merito alla data in cui tali castelli o nuclei originari furono realizzati, ma solo di sfatare valutazioni troppo frettolose, e spesso prive di fondamenti storici dettati dalla fantasia di alcuni autori locali, che per anni hanno continuato a definire normanna o sveva un opera senza neanche azzardare un solo confronto diretto con una struttura sicuramente databile al XII e XIII sec.; in questo modo la poca o nulla conoscenza riguardo all architettura militare realizzata dai Normanni e dagli Svevi, per cui si spera che i monumenti possano essere oggetto di un accurata lettura stratigrafica e di un attento restauro. In riferimento alle tecniche costruttive dei castelli, neanche il principio ispiratore degli scavi archeologici trova fondamento. Ciò significa che non è ancora possibile uno studio sistematico delle tecniche costruttive combinate con fossili-guida come ceramiche e monete. Il risultato ottenuto è stato quello di guardare il fenomeno costruttivo nel suo complesso: la Basilicata, frontiera della Puglia, quest ultima protesa come un molo verso l Oriente e ambita per la sua posizione geografica, è stata un territorio deputato all incontro e allo scontro delle più diversificate culture ed etnie, che ne hanno inevitabilmente mutato di volta in volta la propria fisionomia. Le varie dominazioni hanno caratterizzato l assetto territoriale, sovrapponendo spesso la propria impronta a quella preesistente o talvolta sconvolgendola. 134

L arte di costruire L imponente castello di Brindisi di Montagna 135

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo Soprattutto nelle fortificazioni, la struttura, il più delle volte, è stata oggetto di rifacimenti soprattutto ad opera degli Angioini, i quali, con prevalenti localizzazioni lungo le coste e con opere eseguite direttamente dalla Corona o autonomamente dai singoli proprietari, ne hanno compromesso inevitabilmente l aspetto originario. Anche gli interventi aragonesi non sono stati meno influenti, con la conseguenza che molti dei nuclei attribuibili al XII o XIII sec. risultano inglobati attualmente in strutture del tutto estranee all impianto antico. Né sono passate inosservate le dominazioni successive, che con restauri o rifacimenti hanno contribuito a snaturare interi complessi. Ora il rischio a cui vanno incontro questi siti è che lo stato di abbandono in cui versano o, al contrario, il continuo riuso, legato in molti casi ad esigenze abitative, facciano perdere del tutto le uniche e preziosissime tracce di quel momento che, all inizio della nostra ricerca, abbiamo definito normanno-svevo. Pochi periodi e aree culturali nell ambito della storia dell armamento medievale sono documentati da una così ampia gamma di testimonianze iconografiche come nel caso dell età dell espansione normanna in Europa ed in Italia meridionale. Nell arazzo di Bayeux, ma anche numerose illustrazioni di manoscritti di area anglofrancese, soprattutto della seconda metà del XII secolo così come pure qualche pittura murale e qualche scultura in pietra o legno, forniscono interessanti indicazioni sulle fogge e tipologie del corredo militare dei guerrieri normanni. Ben settantanove dei duecentouno uomini in arme raffigurati nell Arazzo di Bayeux indossano una protezione in metallo del capo, del tronco e delle gambe: si tratta, del cosiddetto usbergo, realizzato con anelli di ferro intrecciato. È da notare che sia i guerrieri normanni sia quelli sassoni indossano un tipo di usbergo praticamente identico. La maglia di ferro, che in origine era costituita da brattee o squame in ferro o acciaio cucite su una veste in pelle o tessuto pesante, fu in uso nell Europa settentrionale almeno sin dal III secolo a.c., come testimoniano alcuni ritrovamenti in Danimarca. In seguito in tutto il continente si diffuse la struttura di anelli in ferro o acciaio cuciti sulla veste o intrecciati a formare un vero e proprio tessuto metallico. L arazzo di Bayeux sembra mostrare diversi tipi di maglia: ad anelli, a brattee e a losanghe. Anche la tipologia stessa degli usberghi, quale appare nel ricamo, presenta diversi aspetti di controversa interpretazione; in particolare 136

L arte di costruire Ripacandida. Chiesa di San Donato. La costruzione dell'arca di Noé, con la rappresentazione del saltus. Gli operai al centro usano l'ascia piana, la sega e l'accetta 137

La vita quotidiana in Basilicata nel Medioevo alcuni guerrieri normanni indossano protezioni che nella parte inferiore sembrerebbero essere sagomate come veri e propri calzoni ricoperti dagli anelli di ferro; ma è evidente che una foggia di questo tipo avrebbe reso particolarmente scomodo il cavalcare. Il cranio del combattente era protetto da un caratteristico casco (si preferisce usare questo termine a quello di elmetto). Elemento caratteristico e fondamentale della combinazione difensiva del guerriero normanno è il famoso scudo di forma allungata, detto appunto alla normanna, con il margine superiore arrotondato e in basso terminante a punta. Esso proteggeva il corpo del guerriero, soprattutto dei cavalieri, dalla spalla fin sotto il ginocchio ed era, come la maggior parte degli scudi medievali, formato da, materiali deperibili come cuoio e legno. Ricostruzione del castello di Pietrapertosa 138