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SENATO DELLA REPUBBLICA VII LEGISLATURA (H. 1162) DISEGNO DI LEGGE d'iniziativa dei senatori MANENTE COMUNALE, ARIOSTO, CARBONI e BAUSI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 APRILE 1978 Disposizioni sul fallimento dei piccoli imprenditori ONOREVOLI SENATORI. Il piccolo imprenditore non è soggetto alle disposizioni sul fallimento (articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) né deve tenere le scritture contabili obbligatorie (art, 2214 del codice civile). C'è sempre stata, però, estrema incertezza nell'intepretare le norme che definiscono il piccolo imprenditore. Per l'articolo 2083 del codice civile, «sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia». Per il secondo comma dell'articolo 1 della legge sul fallimento (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, modificato con legge 20 ottobre 1952, n. 1375) non sono soggetti al fallimento i piccoli imprenditori, cioè coloro che esercitando un'attività commerciale (ma per attività commerciale si intendono tutte le attività come previsto dall'articolo 2195 del codice civile, e quindi anche gli artigiani, o solo le attività commerciali in senso stretto cioè le attività intermediarie nella circolazione dei beni?) «sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile» o in mancanza di accertamento nel caso che il capitale investito nell'azienda non sia superiore alle lire 900.000. Anche se si tiene conto che il sesto comma dell'articolo 88-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, stabilisce che per i richiami legislativi all'imposta di ricchezza mobile categorie B e C, bisogna fare riferimento al reddito di impresa così come accertato ai fini della nuova imposta sul reddito delle persone fisiche, rimane sempre estremamente nebuloso il concetto di piccolo imprenditore, dalla cui definizione dipendono tante conseguenze giuridiche fra le quali, in primo luogo, l'assoggettabilità o meno al fallimento, ed anche penali, quali il reato di bancarotta semplice (articolo 217 del regio decreto n. 267 del 1942). Dopo l'entrata in vigore del nuovo sistema tributario a tutta questa confusa materia può venire dato un assetto finalmente chiaro. TIPOGRAFIA DEL SENATO (2 00) - 2-3-4

Atti Parlamentari > 2 Senato della Repubblica 1162 LEGISLATURA VII DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI Il nuovo sistema tributario ha in primo luogo rese obbligatorie delle scritture contabili per tutte le imprese anche minime (il registro dei corrispettivi deve essere tenuto anche dalle imprese che hanno un volume di affari inferiore ài 6 milioni di lire), ed in secondo luogo, introducendo l'imposta sul valore aggiunto, ha dato rilevanza al volume di affari che è, sicuramente, l'elemento fondamentale per distinguere la piccola impresa dalle altre. La legge fallimentare faceva riferimento al reddito accertato, perchè non aveva altro punto di riferimento, anche se è assurdo basarsi sul reddito per un'impresa che è in stato di insolvenza, per determinare se tale impresa può o meno essere dichiarata fallita. Un'altra osservazione di carattere generale è necessaria. Tutti gli imprenditori adottano le scritture contabili previste dalle norme fiscali e non si possono considerare incauti se oltre alle scritture previste da tali norme non tengono regolarmente anche le scritture previste dal codice civile. Per l'articolo 217 del regio decreto n. 267 del 1942 incorrono, infatti, nel reato di bancarotta semplice gli imprenditori falliti che non abbiano tenuto le scritture previste dagli articoli 2214 e seguenti del codice civile. Ora se lo Stato, per la tutela dei propri interessi tributari, prescrive per le aziende minori una contabilità semplificata, non si capisce perchè lo stesso Stato, per la tutela dei creditori, pretenda la tenuta di una contabilità più complessa se l'imprenditore, in caso di fallimento, non vuole incorrere in un reato. D'altro canto il legislatore fiscale aggiorna più sollecitamente i valori espressi in quantità monetarie per adattarli alla realtà aziendale che non il legislatore civile. Basti pensare che mentre per il legislatore civile siamo ancora alle lire 900.000 di capitale investito nell'impresa, valore determinato nel 1952, il legislatore fiscale nel breve arco di tempo trascorso dall'entrata in vigore della riforma tributaria ad oggi ha modificato ben quattro volte il volume di affari che caratterizza l'impresa minore (lire 80 milioni fino al 31 dicembre 1974, lire 120 milioni fino al 31 dicembre 1976, lire 180 mi- Moni fino al 31 dicembre 1977 e lire 360 milioni dal 1 gennaio 1978). Fatte tali considerazioni, risultando evidente la necessità di modificare e coordinare le norme che definiscono il piccolo imprenditore anche ai fini della legge fallimentare, si propongono le seguenti modificazioni alle norme attualmente in vigore: articolo 2083 del codice civile: si propone di introdurre il principio che sono piccoli imprenditori coloro che sono considerati ai fini fiscali come titolari di impresa minore. Di conseguenza deve venire modificato l'articolo 2214 del codice civile nel senso che le scritture contabili per i piccoli imprenditori sono quelle previste dalle norme fiscali; articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267: per la giusta tutela dei creditori non si può ammettere che le imprese minori non siano soggette al fallimento. L'attuale limite di volume d'affari fissato per la impresa minore in lire 360 milioni, è troppo elevato. Si propone il limite di lire 40 milioni di volume di affari, limite che deve riguardare sia commercianti, che artigiani, escludendo dal fallimento solo i coltivatori diretti del fondo. Le società cooperative qualora svolgano un'attività commerciale sono soggette al fallimento (art. 2540 del codice civile) e non alla liquidazione coatta amministrativa. Anche le società commerciali, qualunque sia il volume di affari, rimangono soggette al fallimento (art. 1 della legge fallimentare). Si rende necessario equiparare, però, il volume di affari agli acquisti; sarebbe assurdo, infatti, che venisse esclusa dal fallimento un'impresa che abbia lire 39 milioni di volume di affari ed acquisti per lire 50 milioni posto che, probabilmente, è stato proprio il volume degli acquisti che ha provocato lo stato di insolvenza. Per essere chiari, ed evitare quindi tutte le incertezze provocate dalla interpretazione del secondo comma dell'articolo 1 della legge fallimentare, bisogna definire il momento temporale in cui si verifica il superamento

Atti Parlamentari 5 Senato della Repubblica 1162 LEGISLATURA VII DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI del limite del volume di affari o degli acquisti che consente la assoggettabilità dell'impresa alla procedura fallimentare. Sembra logico riferirsi al periodo di imposta precedente quello in cui si è iniziata la procedura fallimentare. I dati devono risultare o dalla dichiarazione annuale se presentata o dalle risultanze dei registri degli acquisti, delle vendite o dei corrispettivi se la dichiarazione non è stata ancora presentata (la dichiarazione deve essere presentata entro il 5 marzo dell'anno successivo). Con le modifiche all'articolo 1 bisogna poi stabilire un sistema attraverso il quale si possa, celermente, far accertare dagli uffici finanziari, nel caso di dichiarazione inferiore ai 40 milioni di lire, se la dichiarazione è veritiera o meno; nel caso che gli uffici 1 finanziari accertino un volume di affari o di acquisti superiore ai 40 milioni di lire, il tribunale competente può dichiarare il fallimento, salvo l'opposizione alla dichiarazione di fallimento ai sensi dell'articolo 18 della legge fallimentare. In questo caso il tribunale deciderà solo sull'entità del volume di affari o degli acquisti; mentre sulle altre irregolarità eventualmente accertate dagli organi dell'amministrazione finanziaria, decideranno le commissioni tributarie; articoli 14 e 16 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267: bisogna modificare tali articoli nel senso che se si tratta di un piccolo imprenditore esso è tenuto a depositare le scritture contabili previste dalle norme fiscali in vigore e non le scritture contabili ed il bilancio previsti per le imprese normali.

Atti Parlamentari 4 Senato della Repubblica 1162 LEGISLATURA VII DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI DISEGNO DI LEGGE Art. 1. L'articolo 2083 del codice civile è sostituito dal seguente: «Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, nonché gli artigiani, i commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale che ai fini dell'imposta sui valore aggiunto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, abbiano un volume di affari non superiore al limite previsto per l'impresa minore». Art. 2. L'ultimo comma dell'articolo 2214 è sostituito dal seguente: «Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori che devono tenere solamente le scritture contabili obbligatorie a norma delle leggi fiscali in vigore». Art. 3. Il secondo comma dell'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dai seguenti: «Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento i piccoli imprenditori che esercitano una delle attività elencate all'articolo 2195 del codice civile e che, ai fini delle norme fiscali in vigore, abbiano un volume di affari o di acquisti superiore a 40 milioni di lire. Il volume di affari o degli acquisti deve risultare dalla dichiarazione riguardante il periodo di imposta precedente l'anno in cui viene dichiarato il fallimento; se la dichiarazione non è stata ancora presentata i dati vengono rilevati direttamente dai registri tenuti ai fini fiscali. Il tribunale competente per la dichiarazione di fallimento deve preventivamente ri-

Atti Parlamentari 5 Senato della Repubblica 1162 LEGISLATURA VII DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI chiedere agli uffici dell'amministrazione finanziaria l'ammontare del volume di affari e degli acquisti dichiarato dal contribuente. Se il volume di affari o degli acquisti dichiarato dal contribuente o rilevato direttamente dai registri è inferiore ai 40 milioni di lire, gli uffici dell'amministrazione finanziaria devono procedere alla immediata verifica dell'impresa per accertare se il volume di affari o degli acquisti dichiarato o rilevato deve essere o meno rettificato dandone notizia al tribunale competente entro sessanta giorni dalla richiesta. Se dalla verifica degli uffici dell'amministrazione finanziaria viene accertato un volume di affari o di acquisti superiore ai 40 milioni di lire, viene dichiarato il fallimento; contro la sentenza l'imprenditore può ricorrere ai sensi dell'articolo 18 della presente legge. Qualora l'amministrazione finanziaria in sede di verifica abbia accertato altre infrazioni alle norme fiscali, sulle stesse decideranno, su ricorso dell'interessato, le commissioni tributarie, a norma del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, fermo restando il volume di affari o di acquisti accertato dall'autorità giudiziaria. In ogni caso sono soggette alle disposizioni sul fallimento le società commerciali, e le società cooperative che, ai sensi del secondo comma dell'articolo 2540 del codice civile abbiano per oggetto un'attività commerciale». Art. 4. Dopo il primo periodo dell'articolo 14 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è aggiunto il seguente: «Il piccolo imprenditore di cui all'articolo 2083 del codice civile deve depositare i registri previsti dalle norme fiscali in vigore relativi ai due anni precedenti ovvero dall'inizio dell'impresa se questa ha avuto una minore durata». Al numero 3) dell'articolo 16 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono aggiunte le seguenti parole: «; se il fallito è piccolo imprenditore ai sensi dell'articolo 2083 del codice civile egli deve depositare i registri previsti dalle norme fiscali in vigore».