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Capitolo 16: Il monopolio Soluzioni degli esercizi di riepilogo 16.1 La definizione di un mercato dipende, almeno in parte, dai propositi della definizione stessa. Se siamo interessati a discutere il grado di concorrenzialità o il potere di mercato, è bene prestare una maggiore attenzione all atto di definire il mercato. Potremmo infatti definire il mercato in modo da includere i beni che sono sostituti prossimi tra loro, escludendo invece quelli che hanno un rapporto di sostituibilità più blando. Più debole è tale rapporto, meno probabile è che una variazione di prezzo di questi beni possa avere un impatto sul mercato che stiamo considerando. In riferimento al mercato del tonno in scatola, è molto probabile che il tonno finemente tagliato e quello in pezzi unici siano considerati sostituti così prossimi da creare una certa concorrenza fra i due generi di prodotto. Lo stesso può dirsi del tonno all olio di oliva e di quello all acqua. Inoltre, il tonno in scatola potrebbe venire incluso nello stesso mercato di altri prodotti in scatola, come il salmone. Tutto dipende, in realtà, dalle elasticità di domanda incrociate: la loro stima ci consente di quantificare il grado di sostituibilità fra i diversi beni e definire quindi i mercati in modo più accurato. 16.2 Se la domanda settimanale è data da D(P) = 500 4P, allora la domanda inversa si trova esprimendo tale equazione in funzione di P: P(Q) = 125 0,25Q. Data tale funzione, sappiamo che, in questo caso, ΔP/ΔQ è pari a 0,25. Usando la formula (1) scritta ad inizio capitolo, troviamo che: ΔP MR = P( Q) + Q ΔQ MR = 125 0,25Q + ( 0,25)Q MR = 125 0,5Q Se la produzione ammonta a 100 panchine a settimana, il ricavo marginale risulta pari a 125 0,5(100) = 75. Il prezzo che andrebbe praticato per vendere tutte e 100 le unità prodotte è dato da: P(100) = 125 0,25(100) = 100.

Lettering: sull asse verticale, scrivere Prezzo ( per panchina) sull asse orizzontale, scrivere Panchine prodotte a settimana 16.3 Utilizzando l Equazione (2) scritta nella Sezione 16.2: MR 1 P( Q) 1 + E = d Affinché MR sia positivo, occorre verificare che: 1 P( Q) 1 + d > 0 E Siccome i prezzi sono sempre positivi, possiamo dividere entrambi i membri dell equazione per P(Q) senza compromettere la disuguaglianza: 1 1 + > 0 d E 1 > 1 d E Sappiamo che l elasticità della domanda è sempre negativa; il suo opposto è quindi positivo, ragion per cui possiamo moltiplicare ambo i membri dell equazione per E d mantenendo i segni della disuguaglianza: 1 > E d

Abbiamo allora dimostrato che E d è minore di 1, quindi la domanda è elastica. 16.4 Nell Esercizio svolto 16.1, abbiamo ricavato la funzione di domanda inversa: P(Q) = 80 0,005Q. Abbiamo inoltre individuato la funzione del ricavo marginale: MR = 80 0,01Q. Per sapere qual è la quantità di produzione che massimizza i profitti, dobbiamo innanzitutto soddisfare la condizione MR = MC: 80 0,01Q = 20 60 = 0,01Q Q = 6.000 L impresa deve scegliere se produrre 6.000 unità oppure decidere di non produrre affatto. Se la produzione venisse effettivamente azzerata, non vi sarebbero profitti: se la produzione di 6.000 metri cubi porta profitti positivi all azienda, converrà allora produrre piuttosto che non produrre. I profitti in corrispondenza di una produzione pari a 6.000 sono dati dal ricavo totale (P Q) meno i costi di produzione (i costo marginale di ciascuna dei metri cubi prodotti più i costi fissi). Utilizzando la funzione di domanda inversa, scopriamo che il prezzo necessario per vendere tutte i 6.000 metri cubi corrisponde a: 80 0,005(6.000) = 50. П = ricavi costi П = ( 50 6.000) [( 20 6.000) + 100.000] П = 300.000 220.000 П = 80.000 Produrre 6.000 metri cubi porta ad incamerare 80.000 di profitti (quindi ben più di 0); per vendere tutte le unità prodotte sarà necessario praticare un prezzo di 50. Se i costi fissi evitabili fossero di 200.000, la migliore scelta coinciderebbe invece con la chiusura. L incremento di 100.000 nei costi fissi causerebbe infatti una riduzione dei profitti, in caso di produzione, di questa portata: 80.000 100.000 = 20.000. Se i costi fissi fossero invece sommersi, il profitto derivante all'impresa dalla decisione di produrre sarebbe di 20.000, mentre quello in caso di chiusura sarebbe di 200.000. In tali situazioni, quindi, la cosa migliore sarebbe quella di produrre 6.000 unità, piuttosto che non produrre. 16.5 Se la domanda è D(P) = 5.000 50P, riscrivendo tale equazione per P è possibile scrivere la funzione di domanda inversa: P(Q) = 100 0,02Q. Secondo tale funzione, ΔP/ΔQ è uguale a 0,02. Utilizzando la formula (1) della Sezione 16.2: ΔP MR = P( Q) + Q ΔQ

MR = 100 0,02Q + ( 0,02)Q MR = 100 0,04Q Per determinare l'output che massimizza i profitti, imponiamo la condizione MR = MC: 100 0,04Q = 40 60 = 0,04Q Q = 1.500 L'impresa deve quindi decidere se produrre 1.500 unità di output o astenersi dalla produzione. Se non si produce, il profitto risulta nullo. Se, producendo 1.500 metri cubi, i profitti risultano positivi, allora è chiaro che la migliore scelta è quella di attivare la produzione. Calcoliamo i profitti in corrispondenza di una produzione di 1.500 metri cubi, attraverso la solita formula (i ricavi meno il costo marginale per ciascuna unità prodotta e i costi fissi). Utilizzando la funzione di domanda inversa, per prima cosa calcoliamo il prezzo al quale è possibile vendere tutti i 1.500 metri cubi: 100 0,02(1.500) = 70. П = ricavi costi П = ( 70 1.500) [( 40 1.500) + 40.000] П = 105.000 100.000 П = 5.000 La decisione di produrre 1.500 metri cubi l'anno genera profitti per 5.000: meglio produrre, quindi, piuttosto che chiudere (5.000 è chiaramente maggiore di 0). Il prezzo che verrà praticato per vendere tutta la produzione sarà pari a 70. 16.6 Nell'Esercizio svolto 16.1, abbiamo trovato che la funzione di domanda inversa è P(Q) = 80 0,005Q mentre la funzione del ricavo marginale è MR = 80 0,01Q. Per determinare la quantità ottima per l'impresa, imponiamo, come sempre, MR = MC: 80 0,01Q = 20 + 0,02Q 60 = 0,03Q Q = 2.000 L'impresa deve scegliere se produrre 2.000 unità o rimanere chiusa (nel qual caso, il profitto è nullo). Se il profitto, in corrispondenza di una produzione paria a 2.000 metri cubi, risulta positivo, per l'impresa la scelta migliore sarà quella di avviare la produzione. Calcoliamo allora il profitto, procedendo come negli esercizi precedenti. Utilizzando la funzione di domanda inversa, scopriamo che il prezzo al quale è possibile collocare sul mercato l'intera produzione (paria 2.000 unità) è: 80 0.005(2.000) = 70. Per calcolare il costo variabile, calcoliamo l'area al di sotto della curva dei costi marginali. Dato che tale curva è lineare ed inclinata verso il basso, l'area di nostro interesse è, in realtà, un trapezio. Le due basi sono rappresentate dal costo marginale quando Q = 0 e dal costo marginale quando Q = 2.000. L'altezza è invece data dalla quantità, ovvero da 2000. Il costo variabile risulta quindi:

CV (2.000) = (½) [MC(0) + MC(2.000)] (2.000) CV (2.000) = (1.000)(20 + 60) CV (2.000) = 80.000 П = ricavi costi П = ( 70 2.000) ( 80.000 + 48.000) П = 140.000 128.000 П = 12.000 Siccome produrre 2.000 metri cubi genera profitti per 12.000, la miglior scelta è quella di avviare la produzione; in tal caso, il prezzo praticato per collocare l'intera produzione sarà di 70. 16.7 Nell'Esercizio 16.4, la quantità venduta risultava pari a 6.000 metri cubi per un prezzo pari a 50. Il costo marginale era invece di 20. In un mercato concorrenziale, sappiamo che P = MC; il prezzo di mercato sarebbe quindi dovuto essere di 20, con una quantità complessivamente scambiata pari a Q(20) = 16.000 200(20) = 12.000 metri cubi. La perdita secca è rappresentata da un triangolo, la cui prima dimensione è data dalla differenza fra il prezzo pagato dai consumatori e il costo marginale; la seconda, invece, è rappresentata dalla differenza tra le quantità scambiate in caso di monopolio e quelle scambiate in concorrenza perfetta. La perdita secca (DWL) risulta quindi: DWL = ½ (prezzo costo marginale )(quantità in concorrenza quantità venduta) DWL = ½ ( 50 20)(12.000 6.000) DWL = ½ ( 30)(6.000) DWL = 90.000 Nell'Esercizio 16.5, la quantità venduta risultava pari a 1.500 metri cubi, per un prezzo pari a 70. Il costo marginale era invece di 40. Come detto in precedenza, in un mercato concorrenziale, P = MC; i prezzo di mercato sarebbe quindi di 40 e la quantità scambiata in equilibrio ammonterebbe a Q(20) = 5.000 50(40) = 3.000 metri cubi. Procediamo come prima: DWL = ½ (prezzo costo marginale )(quantità in concorrenza quantità venduta) DWL = ½ ( 70 40)(3.000 1.500) DWL = ½ ( 30)(1.500) DWL = 22.500 16.8 Nell'Esercizio 16.6 la quantità venduta era pari a 2.000 metri cubi. Il prezzo risultava di 70, a fronte di un costo marginale di 60. In un contesto di concorrenza perfetta, avremmo verificato la condizione P = MC. Troviamo la quantità di equilibrio in concorrenza imponendo che il MC eguagli la funzione di domanda inversa:

20 + 0,02Q = 80 0,005Q 0,025Q = 60 Q = 2.400 In un mercato concorrenziale, la quantità scambiata sarebbe stata pari a 2.400 metri cubi. Procediamo come negli esercizi precedenti: la perdita secca è rappresentata da un triangolo, la cui prima dimensione è data dalla differenza fra il prezzo pagato dai consumatori e il costo marginale, mentre la seconda è rappresentata dalla differenza tra le quantità scambiate in caso di monopolio e quelle scambiate in concorrenza perfetta. La perdita secca (DWL) si calcola quindi come segue: DWL = ½ (prezzo costo marginale )(quantità in concorrenza quantità venduta) DWL = ½ ( 70 60)(2.400 2.000) DWL = ½ ( 10)(400) DWL = 2.000 16.9 Per massimizzare il profitto, la regola è quella di produrre la quantità per cui MR = MC. Supponiamo che MC aumenti; a questo punto, in corrispondenza della quantità ottima, anche MR deve aumentare. La curva MR è inclinata verso il basso, indicando come il monopolista, in corrispondenza di un MR più elevato, debba vendere una quantità minore del suo prodotto. Siccome il monopolista fronteggia una curva di domanda inclinata verso il basso, per vendere di più dovrà praticare prezzi più contenuti. Dal punto di vista grafico, la quantità è determinata dall'intersezione fra MR e MC, mentre il prezzo si legge sulla curva di domanda, in corrispondenza della quantità individuata. Lettering: sull asse verticale, scrivere prezzo ( per unità)

sull asse orizzontale, scrivere quantità 16.10 Dato un punto e data l'inclinazione di una retta, il modo più facile per determinare l'equazione della stessa è quella di ricorrere alla seguente forma: (y y 0 ) = m(x x 0 ). Di conseguenza: (P P 0 ) = ( 0,01125)(Q Q 0 ) (P 56) = ( 0,01125)(Q 4.800) P 56 = 0,01125Q + 54 P(Q) = 110 0,01125Q Data questa funzione di domanda inversa, ΔP/ΔQ è pari a 0,01125. Utilizzando la formula (1) scritta nella Sezione 16.2, otteniamo: ΔP MR = P( Q) + Q ΔQ MR = 110 0,01125Q + ( 0,01125)Q MR = 110 0,0225Q L'impresa massimizza il profitto scegliendo la quantità per cui MR = MC: 20 + 0,0025Q = 110 0,0225Q 0,025Q = 90 Q = 3.600 Il prezzo al quale è possibile vendere tutte le 3.600 unità prodotte è dato da P(Q) = 110 0,01125(3.600) = 69,50. Tale prezzo è superiore a quello calcolato nell'esercizio svolto 16.2, e la quantità scambiata risulta, di conseguenza, minore. Tutto ciò è però coerente con quanto detto nella Sezione 16.4, dal momento che la curva di domanda diventa più ripida (l'inclinazione della precedente funzione di domanda inversa era infatti pari a 0,005): ne risulta quindi un prezzo più alto e una minor quantità venduta. In altre parole, la domanda diviene meno elastica, ragion per cui i è meno probabile che i consumatori lascino il mercato e il monopolista ha quindi la possibilità di maggiori ricarichi sul prezzo. 16.11 Dall'Equazione (4) scritta nella Sezione 16.2, sappiamo che l'ampiezza del markup praticato dal monopolista è uguale al reciproco dell'elasticità di domanda. Se aumenta l'elasticità della domanda di telefonini standard, l'opposto del reciproco di tale valore si riduce: se il mercato dei telefonini convenzionali fosse un monopolio, in risposta dell'aumento dell'elasticità di domanda, il markup praticato dal produttore dovrebbe quindi ridursi, anziché aumentare. Le dinamiche di monopolio non sono quindi sufficienti a spiegare l'incremento di prezzo. 16.12 Esempi validi riguardano le imprese che realizzano prodotti sostenendo per lo più costi fissi (quindi

con costi variabili molto modisti). Alcuni esempi in tal senso possono essere costituiti dalle compagnie operanti nel settore delle utilities (acqua, elettricità, gas naturale,...) oppure le compagnie che si occupano della perforazione e dell'estrazione in campo petrolifero. 16.13 Nell'Esercizio 16.4, il costo marginale era di 20. In un mercato concorrenziale (dove si massimizza il surplus sociale), il prezzo avrebbe eguagliato il costo marginale e, al prezzo di equilibrio ( 20), la quantità globalmente scambiata sarebbe risultata pari a 12.000 unità (si veda l'esercizio16.7 per i calcoli). In tale situazione, il profitto dell'impresa sarebbe quindi: П = ricavi costi П = ( 20 12.000) [( 20 12.000) + 40.000] П = 240.000 280.000 П = 40.000 Per assicurare che l'impresa non operi in perdita, il Governo deve scegliere il più basso prezzo ( ola più alta quantità) per il quale il profitto non è negativo. Il profitto dell'impresa finirà per essere pari a 0: П = ricavi costi 0 = [P Q(P)] [( 20 Q(P)) + 100.000] 0 = (P 20) Q(P) 100.000 100.000 = (P 20)(16.000 200P) 100.000 = 16.000P 200P 2 320.000 + 4.000P 200P 2 20.000P + 420.000 = 0 P 2 100P + 2.100 = 0 Tale equazione, fattorizzando, si può riscrivere in questi termini: (P 30)(P 70) = 0 Il prezzo può quindi essere di 30 o di 70. Siccome il Governo non vuole fissare un prezzo superiore a quello che, autonomamente, si avrebbe in situazione di monopolio ( 50), il livello di prezzo scelto dal regolatore sarà, ovviamente, pari a 30. 16.14 Nell'Esercizio svolto 16.2, il costo variabile di produzione era dato da 20Q + 0.00125Q 2. Se non vi fossero costi fissi, questa sarebbe anche la funzione dei costi totali. La quantità in corrispondenza della quale l'impresa ha profitti nulli è la quantità in corrispondenza della quale il costo medio raggiunge il suo minimo. Il costo medio è 20 + 0.00125Q. Il valore di minimo di tale funzione ( 20) è raggiunto quando Q = 0: questo significa che l'impresa deciderà di produrre e vendere (con profitto) solo se il prezzo risulta maggiore di 20.

Se il prezzo minimo fosse stabilito fra 56 e 40, il monopolista deciderebbe allora di praticare un prezzo pari a quello minimo, producendo la quantità indicata dalla curva di domanda: 16.000 200P. Anche se il prezzo minimo fosse invece stabilito inferiore a 40 (ma ancora superiore a 20), troverebbe applicazione la solita regola: l'impresa deciderebbe di praticare un prezzo pari a quello minimo previsto. In tal caso, però, l'impresa non produrrebbe la quantità prevista per tale prezzo dalla curva di domanda curve, ma produrrebbe in base alla sua curva del costo marginale. Se il costo marginale nell'esercizio svolto 16.2 era dato da 20 + 0,0025Q, la funzione inversa risulta allora Q = 400MC 8.000. Con un prezzo minimo compreso fra 20 e 40, l'impresa produrrebbe quindi 400P 8.000 metri cubi. Se il prezzo minimo fosse imposto al di sotto della soglia dei 20, l'impresa troverebbe invece conveniente uscire dal mercato. 16.15 Come nel caso di qualsiasi altra tassa, non importa chi sia tenuto formalmente a versare l'imposta. Se è il monopolista a doverla pagare, la curva dei MC si sposta verso l'alto per un a distanza pari all'ammontare della tassa, come riportato nel grafico sotto a sinistra. Se è invece il consumatore a dover pagare la tassa, sarà la curva di domanda a spostarsi verso il basso per lo stesso ammontare, come riportato nel grafico sotto a destra. Siccome gli spostamenti sono della stessa ampiezza, il risultato è lo stesso in entrambe le situazioni: il prezzo aumenta e la quantità scambiata si riduce. Lettering: sugli assi verticali, scrivere prezzo ( per unità) sugli assi orizzontali, scrivere quantità sostituire "tax" con Tassa titolo del primo grafico, quello in alto: La tassa è pagata dal monopolista titolo del primo grafico, quello in basso: La tassa è pagata dal consumatore

16.16 Ci sono almeno due approcci utili per esaminare questa situazione. Innanzitutto, possiamo dire che, una volta dato un buono per T euro, la disponibilità di ogni consumatore a pagare per il prodotto aumenta di T euro (i consumatori sono infatti disposti a comprare il prodotto "scontato" ad un prezzo maggiore rispetto a quanto non lo fossero prima). Graficamente, tutto ciò corrisponde ad uno spostamento parallelo verso l'alto della curva di domanda, per una distanza pari a T. Se consideriamo il ricavo marginale, il discorso non è così semplice. Se un bene ha un prezzo pari a X, il produttore riceve ora solo più (X T) euro per ogni unità venduta, dato che i consumatori fanno valere i loro coupon. La curva dei ricavi marginali non si sposta affatto. In questo caso, la condizione MR = MC resta la stessa, ragion per cui la quantità che massimizza i profitti rimane invariata. Il nuovo prezzo va quindi letto sulla nuova curva di domanda, spostata verso l'alto esattamente di un ammontare pari a T rispetto alla curva originaria. In buona sostanza, quindi, per massimizzare il proprio profitto, a maggio il monopolista alza il prezzo di T euro, vendendo la stessa quantità e portando a casa gli stessi profitti. Arriveremmo alle stesse conclusioni se immaginassimo il coupon come un rimborso: prima il consumatore compra il bene, poi l'impresa gli restituisce T euro. In questo caso, la domanda aumenta (esattamente come prima) ma aumentano anche il costo marginale ed il ricavo marginale. Tutte queste grandezze aumentano di T euro, lasciando però invariata la quantità che massimizza i profitti: il prezzo aumenta anch'essa di T euro. Se il coupon consente al consumatore di acquistare il bene ad un prezzo scontato di T euro rispetto a quello pagato in aprile, l'impresa venderà di più rispetto a prima (venderanno fintanto che c'è della domanda da soddisfare, dato che il MR è costantemente al di sopra della quantità per la quale MR interseca la curva di domanda) ma avrà meno profitti. Il prezzo vero resterà lo stesso, ma il costo per il consumatore si ridurrà in misura pari a T euro.