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COLLEGIO DI ROMA composto dai signori: (RM) MARZIALE (RM) DE CAROLIS (RM) ROSSI Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (RM) OLIVIERI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (RM) FERRO LUZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore OLIVIERI GUSTAVO Nella seduta del 11/06/2014 dopo aver esaminato: - il ricorso e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica FATTO La società ricorrente, attiva nel settore della distribuzione di carburanti, contesta l illegittimo comportamento tenuto dall intermediario nell ambito del contratto avente ad oggetto il servizio di pagamento delle carte presso gli impianti di distribuzione di carburanti stipulato nel maggio del 2012. L intermediario, infatti, avrebbe illegittimamente variato le condizioni economiche del contratto istituendo, a decorrere dal 1 gennaio 2013, un canone mensile unico di 884,00 euro (a fronte dei precedenti 400,00 euro), in violazione della legge n. 183/2011, che per contro prevede la gratuità, per l acquirente e per il venditore, delle transazioni regolate con carte di pagamento presso gli impianti di distribuzione di carburanti d importo inferiore a 100,00 euro. Tale comportamento dell intermediario, ad avviso del ricorrente, violerebbe anche il d.l. n. 201/2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214/2011, che stabilisce il divieto del c.d. blending, ossia l applicazione di tariffe uniformi e non differenziate sulla base di diverse tipologie di carte utilizzate dai clienti per effettuare il pagamento del carburante. Pag. 2/9

L intermediario, dal canto suo, si difende rilevando quanto segue. Lo specifico settore della sua attività è rappresentato dall instaurazione e gestione dei rapporti tra emittenti di carte di pagamento ed esercenti commerciali che le accettano appunto in pagamento dalla clientela. In tale settore, l intermediario (che si definisce tecnicamente acquirer ) si pone come leader nel mercato italiano, con oltre 300.000 terminali convenzionati (dei quali circa 25.000 distributori di carburante) su tutto il territorio nazionale, per conto dei quali gestisce tutte le fasi del processo di incasso tramite POS (installazione e manutenzione dei terminali, clearing e settlement con i circuiti di pagamento, regolamenti contabili, servizio di assistenza ed help desk). I costi più importanti che l intermediario affronta nello svolgimento di questa attività di acquirer, e che oltrepassano i ¾ dei suoi ricavi, sono rappresentati dalle commissioni addebitate agli acquirers dalle banche emittenti le carte e da quelle loro addebitate dai circuiti cui appartengono le carte stesse (MasterCard, Visa ecc.): commissioni rapportate ai volumi delle transazioni operate a mezzo delle carte medesime, rispettivamente emesse e gestite. Con meno di ¼ del residuo incassato dagli esercenti, l acquirer fronteggia tutti i costi connessi alle fasi del processo di incasso tramite POS, sopra descritte, ed i propri costi generali: il residuo rappresenta il suo utile. Riferisce inoltre l intermediario che, sotto la spinta delle sempre crescenti esigenze di cassa, alla fine del 2011 il Governo, nell aumentare le accise sui carburanti, ritenne di contestualmente prevenire le proteste degli esercenti e quindi, a chiusura dell art. 34 della legge n. 183/2011, che quelle accise inaspriva, «lasciò inserire il sopra riportato comma 7», che rendeva gratuite, sia per l acquirente che per il venditore, «le transazioni regolate con carte di pagamento presso gli impianti di distribuzione di carburanti, di importo inferiore ai 100 euro», ignorando la normativa europea sulla concorrenza e sui servizi di pagamento (implementata quest ultima in Italia anche con il d.lgs. n. 11/2010), oltre che la struttura del mercato, appena delineata nel descrivere l attività di uno dei suoi protagonisti come l esponente. Non è difficile prosegue l intermediario cogliere gli effetti di un siffatto intervento, che in una struttura di mercato centrata su un corrispettivo percentuale applicato a ogni transazione, privava l unica controparte contrattuale dei distributori di carburante (cioè gli acquirers) del 90% dei propri ricavi (tale stimandosi la percentuale delle transazioni di importo inferiore a 100,00) e lasciava invece invariati costi sulla stessa gravanti. L intermediario riferisce ancora che agli inizi del 2012 fu costretto a prospettare ai distributori di carburante convenzionati la scelta tra la cessazione del rapporto contrattuale e la sua modifica, con l eliminazione della previsione di specifiche voci di corrispettivo per ogni prestazione (canone mensile per l utilizzo del terminale POS, canone di installazione e manutenzione canone di assistenza tecnica percentuale sull importo di ogni singola transazione, ecc.) e la sua sostituzione con un canone unico mensile per l intero servizio di accettazione delle carte di pagamento. Con tale soluzione la gratuità od onerosità non può più, neppure apparentemente, essere imputata alle Pag. 3/9

singole transazioni, ma all intero servizio (come nella sostanza è sempre stato, dato che le quote annuali o altro genere di oneri che i titolari delle carte pagano agli emittenti di queste remunerano indistintamente tutti relativi servizi, compresi quelli riferiti agli acquisti di carburante sopra o sotto i 100,00 euro; e lo stesso vale per i compensi interbancari, i compensi di circuito e, da ultimo, i compensi dell acquirer). L intermediario precisa che il nuovo canone unico mensile è d importo alquanto più contenuto rispetto alla somma dei precedenti corrispettivi e produce a tal fine tre prospetti riepilogativi dei costi sostenuti nel 2011 da un altro distributore suo cliente, avente un volume di transazioni di poco inferiore a quello prodotto dalla società ricorrente nei sette mesi di attività del 2012. Da tale produzione documentale secondo l intermediario emergerebbe un costo del servizio nel 2011, per l altro cliente, pari a 6.790,22 e per il 2012, pur a canone maggiorato ad 884,00 al mese, di 6.188,00 (884x7), con una riduzione di circa il 9%. Invece di rivolgersi ad altri, la ricorrente ha richiesto all intermediario l erogazione del servizio di accettazione delle carte di pagamento e ha liberamente e consapevolmente sottoscritto il relativo contratto. E se è vero che il canone iniziale era di 400,00, mentre poi per l anno successivo ne è stata proposta l elevazione a 884,00, è anche vero, osserva l intermediario, che: - il canone iniziale era stato «proiettato» su un volume di potenziali transazioni con carta notevolmente inferiore a quello poi nei fatti realizzato dalla società ricorrente, pari in media a 155.940,42 al mese; - con quel canone l intermediario non copriva neppure le commissioni interbancarie e di circuito, per non parlare degli altri costi; - comunque, pur con l elevazione del canone, la società ricorrente veniva a spendere meno di quanto avrebbe speso con le condizioni prima applicate; - a fronte della proposta di incremento del canone, la ricorrente ha confermato il suo interesse alla prosecuzione del servizio, liberamente sottoscrivendo l atto di accettazione della modificazione propostale In diritto, l intermediario resistente osserva poi che le pretese della ricorrente sono infondate in quanto, anzitutto, non si può delineare l elusione di una disposizione quale l art. 34, comma 7, della legge n. 183/2011, che risulta inapplicabile, in quanto volta a garantire la gratuità (sia per l acquirente che per il venditore) dei pagamenti degli acquisti di carburante di importo inferiore a 100,00, realizzati mediante carte presso distributori. Detta disposizione infatti collide, in primo luogo, con le regole del mercato unico dell Unione Europea e con la garanzia della libera prestazione di servizi ex art. 26, comma 2, e 56 TFUE, nella specie oltretutto specificamente presidiate (anche ai sensi dell art. 117, comma 1, Cost.) dagli artt. 3 e 6 del regolamento CE n. 924/2009 e dalla direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento, il cui art. 86, 1, dispone che agli Pag. 4/9

Stati membri non possono mantenere o introdurre disposizioni diverse da quelle stabilite nella direttiva stessa. In secondo luogo, la norma in parola contrasterebbe con la libertà di iniziativa economica privata, con il diritto al rispetto dei propri beni e con la parità di trattamento garantiti dagli art. 3, comma 1, 41, comma 1, 42 e 117, comma 1, Cost. in relazione all art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell uomo (CEDU) ed all art. 1, 1, del relativo protocollo addizionale. Pertanto, la disposizione interna italiana dovrebbe essere disapplicata per contrasto con le regole generali dell ordinamento comunitario ricavate in sede di interpretazione dell ordinamento stesso da parte della Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Quest ultima, con sentenza 12.7.2012, Sez. IV, in causa C-602/10, in tema di commissioni bancarie, ha affermato che «la nozione di restrizione [vietata] comprende le misure adottate da uno Stato membro che, per quanto indistintamente applicabili, pregiudichino l accesso al mercato per gli operatori economici di altri Stati membri (v. in particolare sentenza Commissione/Italia, cit., punto 46)», benché nella specie non risultasse «una reale ingerenza nella libertà di negoziare di tali istituti [bancari]», ma solo perché la normativa rumena contestata «non impone requisiti di moderazione tariffaria, poiché non è previsto alcun limite quanto all importo delle commissioni autorizzate dalla norma nazionale in oggetto né, tanto meno, quanto ai tassi di interesse in generale» (punti 75, 77 e 78). Del resto, l incompatibilità con l ordinamento dell Unione europea dell intervento autoritativo e unilaterale del legislatore italiano sulla gratuità di certe transazioni di pagamento emergerebbe anche dalla direttiva sui servizi di pagamento (direttiva 2007/64/CE) la quale, per realizzare compiutamente il mercato unico (considerando nn. 1 e 5), sancisce esplicitamente la libertà di qualsiasi prestatore di servizi di pagamento domiciliato nell unione, come l intermediario, di contrattare con suoi clienti e successivamente di variare i corrispettivi per i servizi stessi (cfr. artt. 32 e 42, punto 3 e punto 6, della direttiva stessa), vietando agli Stati membri di «mantenere o introdurre disposizioni diverse da quelle stabilite nella presente direttiva» (art. 86, 1). L intermediario precisa che il termine spese, impiegato nella versione italiana della direttiva va inteso nel senso di corrispettivo, come reso palese dalle altre versioni della direttiva medesima, ad esempio quella inglese usa il termine charge, quella tedesca entgelt, ecc. Se è vero che una direttiva europea non ha effetto vincolante nei rapporti interprivati, ma rende soltanto incostituzionale ex art. 117, comma 1, Cost. la disposizione italiana che la contraddica (per contrarietà ai «vincoli derivanti dall ordinamento comunitario»), l ABF pur non essendo legittimato a sollevare questioni di legittimità costituzionale (in quanto secondo la Corte costituzionale 21.7.2011, n. 218, la sua funzione riecheggia quella esercitata da «organi amministrativi in autotutela al pari di qualsiasi organismo della pubblica amministrazione») - quale organo amministrativo o allo stesso assimilabile, l ABF sarebbe tenuto, «secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, avente effetti vincolanti nell ordinamento interno», «a Pag. 5/9

non applicare la normativa interna contrastante con una direttiva siffatta (incondizionata e precisa)» (cosi, per tutte Cass. civ., Sez. V, 09/07/2004, n. 12716, che ha disapplicato in danno dell amministrazione finanziaria che sarebbe stata tenuta a disapplicarla e non l aveva invece fatto la normativa italiana sull imposta di registro per contrarietà ad una direttiva europea che alla stessa normativa sottraeva l operazione di cui si discuteva). In ogni caso, chiunque (e dunque pure l ABF), è tenuto a interpretare le disposizioni di legge in senso costituzionalmente orientato, perché in questo senso e non in altro, collidente con la Costituzione, le stesse devono essere applicate dai giudici (cfr. ad es. Cass. civ., Sez. I, 20/06/2013, n. 15481, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale). Ed allora, per evitare di attribuire all art. 34, comma 7, della legge n. 183/2011, una portata che lo porrebbe in insanabile contrasto con la Costituzione, non si potrà ad esso art. 34, comma 7, attribuire un significato diverso da quello che emerge dalle sue stesse parole, e cioè che è vietato farsi corrispondere un corrispettivo specificamente imputato alle «transazioni di importo inferiore ai 100 euro», e non invece un corrispettivo unico per l uso di carte di credito, rapportato al valore globale delle relative operazioni, che l esercente è libero di limitare escludendone appunto quelle di importo inferiore agli 100,00. Le conseguenze sul caso in esame di quanto finora illustrato sull inapplicabilità del citato art. 34, comma 7, in forza della sopraordinate disposizioni dell ordinamento dell Unione europea ( da 6 a 11) e della sua incostituzionalità ( da 12 a 14), che ne impone quanto meno l interpretazione negli stretti limiti delineati al precedente 14, sono evidenti: non è prospettabile neppure in astratto, come vorrebbe invece la società ricorrente, alcuna elusione di un generale precetto di esenzione da oneri degli impianti di distribuzione di carburante per l uso di carte di credito in proporzione al numero od importo globali delle transazioni su carburanti inferiori ai 100,00 euro, perché quel generale precetto non esiste o deve comunque ritenersi privo di efficacia. E già per questa ragione ad avviso dell intermediario il ricorso in esame meriterebbe di essere respinto. Tuttavia, anche a ipotizzare che potesse ritenersi vigente un generate precetto del tipo appena descritto, la pattuizione intervenuta tra l intermediario e la ricorrente relativa ad un canone annuo indistinto per l uso da parte della seconda delle carte di credito presso il suo impianto di distribuzione, non potrebbe qualificarsi elusiva del precetto stesso. Infatti, la politica tariffaria dell intermediario è centrata sul flusso di transazioni che la stessa deve gestire, sicché dipende esclusivamente dal titolare dell impianto di distribuzione regolare detto flusso, stando solo a lui scegliere se includervi o escluderne le transazioni di importo inferiore ad 100,00 ossia scegliendo se consentire o non consentire ai suoi clienti di regolare con carte di pagamento gli acquisti di carburante infra 100,00. Ma se sceglie la prima via, non può contestualmente obbligare altri (e cioè l intermediario) a prestare gratuitamente la relativa attività, «a meno di non voler trasformare una già di per sé illegittima espropriazione di crediti maturati in una prestazione di lavoro forzato»; può solo accollarsi un onere che potrebbe altrimenti evitare facendosi ovviamente guidare da Pag. 6/9

considerazioni di convenienza che appartengono esclusivamente alla sua sfera (oppure potrebbe anche aumentare i prezzi per tutti o ancora offrire uno sconto a chi paga in contanti, come consentitogli dall art. 52, 3, primo periodo, della DSP). Il titolare dell impianto, cioè, può proporre all acquirer di prestargli il servizio per un flusso temporale qualsiasi di transazioni, soltanto da lui programmate, com è avvenuto nel caso in esame; e l acquirer, come sempre avvenuto nel caso di specie, farà o meno la sua offerta (a seconda delle proprie valutazioni) per un canone periodico onnicomprensivo, nell eventuale accettazione del quale non vi è alcuna elusione del più volte citato art. 34, comma 7, ma eventualmente solo errori di valutazione economica dell una o dell altra parte, cui ciascuna può agevolmente sottrarsi recedendo dal relativo rapporto in conformità agli art. 44 e 45 DSP, parzialmente riprodotti nell art. l26-sexies, commi 1 e 2, TUB. Alla luce di quanto sopra esposto, l intermediario chiede dunque che il ricorso venga respinto. DIRITTO Il ricorso è fondato e merita di essere accolto per le ragioni qui di seguito esposte. La ricorrente lamenta la contrarietà a diritto della clausola del contratto concluso con l intermediario resistente nel 2012 che definisce in modo forfetario sotto forma di canone mensile unico - il corrispettivo per la prestazione del servizio di pagamento reso da quest ultimo. In particolare, la società ricorrente sostiene che una siffatta modalità di determinazione del corrispettivo si porrebbe in contrasto con la disposizione introdotta dall art. 34, co. 7, l. n. 183/2011, la quale prevede che a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, le transazioni regolate con carte di pagamento presso gli impianti di distribuzione di carburanti di importo inferiore ai 100 euro, sono gratuite sia per l acquirente che per il venditore. Inoltre, ad avviso della ricorrente, la medesima clausola contrattuale violerebbe anche il divieto di blending introdotto dal d. l. n. 201/2011, ossia il divieto di applicare tariffe uniformi e non differenziate in ragione delle diverse modalità di pagamento prescelte dal cliente. Il Collegio ritiene che tali doglianze, alla luce delle difese delle parti e dei documenti versati in atti, siano fondate. Infatti, è lo stesso intermediario resistente ad ammettere che: - sul mercato dei servizi oggetto del contratto di cui si controverte il corrispettivo posto a carico dell esercente è calcolato in misura percentuale all importo delle operazioni di pagamento effettuate dalla clientela per l acquisto del carburante; - dalle transazioni d importo inferiore a 100,00 l intermediario traeva, prima della introduzione delle norme sopra ricavate, il 90% dei suoi ricavi. Pag. 7/9

Alla luce di quanto precede non è dunque plausibile ritenere né parte resistente ha fornito elementi per dimostrare il contrario - che il canone mensile unico pattuito con la società ricorrente remuneri esclusivamente il servizio di pagamento prestato in relazione al restante 10% delle transazioni (rectius: operazioni di pagamento) eseguite dalla clientela. All opposto, è verosimile presumere che detto sistema consenta sia pure indirettamente all intermediario di ottenere dall esercente un corrispettivo anche in relazione alle transazioni d importo inferiore ai 100 euro, finendo così per violare quanto disposto dall art. 34, co. 7, l. n. 183/2011, che invece prescrive la gratuità di tali operazioni (i.e. transazioni regolate con carte di pagamento presso gli impianti di distribuzione di carburanti) anche per il venditore. Ne consegue che, ponendosi in evidente contrasto con una norma imperativa, tale clausola deve ritenersi nulla ai sensi dell art. 1418, co. 1, c.c. Né per giungere a diversa conclusione sembra possibile attribuire rilievo al fatto che la clausola in esame sarebbe stata liberamente accettata dalla società ricorrente, la quale ben avrebbe potuto recedere dal contratto, rivolgendosi ad altro operatore, ovvero regolare al proprio interno i pagamenti in modo da escludere l utilizzo della carta per gli importi inferiori ai 100 euro. Entrambi i rilievi non colgono nel segno laddove si consideri, da un lato, che la nullità di una clausola contrattuale ai sensi art. 1418, co. 1, c.c. derivante dalla violazione di una norma imperativa come quella recata dall art. 34, co. 7, l. n. 183/2011 è rilevabile anche d ufficio e non viene certamente meno per effetto della adesione ad essa prestata dalla controparte. Dall altro, è la stessa resistente a ricordare la sua posizione dominante sul mercato dei servizi in questione e la circostanza che le transazioni inferiori a 100 euro rappresentano una quota pari al 90% degli acquisti di carburante presso i gestori d impianti di distribuzione; il che rende in pratica difficile, se non addirittura impossibile, per questi ultimi rinunciare all utilizzo del servizio di pagamento prestato in loro favore dalla resistente. Allo stesso modo non può condividersi la tesi, sostenuta dall intermediario con dovizia di argomentazioni, secondo la quale la norma introdotta dall art. 34, co. 7, l. n. 183/2011 non potrebbe trovare applicazione nel nostro ordinamento in quanto in contrasto con le norme comunitarie e costituzionali a tutela della concorrenza, nonché con la direttiva comunitaria sui servizi di pagamento (PSD). Premesso che la contrarietà del precetto in esame alle norme in tema di concorrenza non risulta sia mai stata accertata e dichiarata da alcuna autorità amministrativa o giurisdizionale, questo Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per la invocata disapplicazione della norma da parte dell ABF. Infatti, anche a prescindere dalla natura di questo Collegio - organismo di risoluzione delle controversie tra intermediari e clienti che non può certamente essere assimilato ad un organo giurisdizionale e tanto meno amministrativo - giova rilevare come la gratuità delle Pag. 8/9

operazioni di pagamento d importo ridotto effettuati tramite carta risponda ad evidenti finalità proconcorreenziali volte a favorire la diffusione di questi strumenti di pagamento. Tale finalità è stata di recente confermata anche dal D.M. 14.2.2014, n. 51, nella parte in cui impone agli acquirers di distinguere le commissioni da applicare a ciascuna tipologia di carte di pagamento. Non solo, ma proprio al fine di promuovere l utilizzo di strumenti alternativi al contante, l art. 7 del citato decreto impone agli acquirers di applicare ai pagamenti di importo ridotto commissioni inferiori a quelle generalmente applicate nel caso di operazioni effettuate con qualunque modalità, tramite terminali evoluti di accettazione multipla. Il che conferma, anche alla luce dello ius superveniens, come la previsione di un canone mensile unico contenuta nella clausola di cui si controverte risulti incompatibile con le finalità perseguite dall art. 34, co. 7, l. n. 183/2011. Posto dunque che la norma da ultimo richiamata deve ritenersi pienamente efficace ed idonea a regolare il caso che occupa, la sua violazione da parte di una clausola come quella di cui si discute non può che determinare la nullità della relativa pattuizione e gli obblighi restitutori che ne derivano. P.Q.M. Il Collegio dichiara la nullità del contratto con i conseguenti obblighi restitutori. Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 9/9