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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D APPELLO DI VENEZIA SEZIONE LAVORO Composta dai Magistrati: dott. Luigi Perina Presidente dott. Linalisa Cavallino Consigliere relatore dott. Umberto Dosi Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 1028/2016 R.G., promossa con ricorso depositato in data 12-10-2016, da BELFALLAH LAMYAA, c.f. BLFMY94B41Z330M, rappresentata e difesa dall avv. Giovanna Berti, per procura in calce al ricorso in appello e con domicilio eletto presso l avv. Serafina Figliuzzi; appellante contro ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - INPS, c.f. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall avv. Mauro Sferrazza, per procura generale alle liti 21-7-2015 rep.80974 notaio P. Castellini e con domicilio eletto presso l ufficio legale di Venezia; appellato COMUNE DI FELTRE, in persona del Sindaco pro tempore, con sede in Feltre, piazzetta delle Biade n.1; appellato contumace 1

OGGETTO: appello avverso l ordinanza ex artt. 702 ter c.p.c. e 28 D.lgs. 150/2011 R.G.166/2016 del giudice del lavoro del Tribunale di Rovigo; assegno di maternità. CONCLUSIONI Per l appellante: in riforma dell impugnata ordinanza, per i motivi indicati nel presente atto, accogliere integralmente le domande così come precisate nelle conclusioni del ricorso di primo grado e precisamente: -accertare che la mancata concessione alla ricorrente dell assegno di maternità di parte del Comune di Feltre e dell INPS di Belluno configura condotta illegittima e discriminatoria, per le ragioni indicate in ricorso; accertare il diritto della ricorrente al pagamento della prestazione oggetto del presente ricorso; ordinare al Comune di Feltre e all INPS di cessare la condotta discriminatoria attuata nei confronti della ricorrente; condannare il Comune di Feltre in persona del Sindaco pro tempore, nonché l INPS in persona del legale rappresentante pro tempore, a riconoscere e a corrispondere alla sig.ra Belfellah Lamyaa l assegno di maternità relativo all anno 2016, pari a Euro 1.697,47, oltre interessi e rivalutazione monetaria, o nella diversa misura che il Giudice dovesse ritenere dovuta; ordinare la rimozione dai siti istituzionali del Comune di Feltre e INPS, ove presente, l indicazione che per l ottenimento dell assegno di maternità è necessario essere in possesso di permesso di soggiorno di lungo periodo. Spese e onorari di entrambi i gradi di giudizio rifusi con distrazione in favore del sottoscritto difensore. Per l appellato INPS: in via preliminare/pregiudiziale: dichiarare inammissibile e/o irricevibile il ricorso in appello proposto da Belfellah Lamyaa e/o comunque non impugnabile l ordinanza di cui trattasi emessa dal Tribunale di Belluno; in subordine, rigettare il ricorso in appello e le domande tutte formulate nello stesso atto d appello e nel ricorso innanzi al Tribunale di Belluno, perché inammissibili e/o infondate in fatto e diritto e, in ogni caso, confermare la decisione ex adverso appellata. Con vittoria di spese, diritti e onorari del grado. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con l ordinanza impugnata, depositata il 12-9-2016, il giudice del lavoro del Tribunale di Belluno decideva il ricorso proposto ex artt. 702 bis e ss. c.p.c., 43 e 44 D.lgs. 286/1998 e 28 D.lgs. 150/2011 da Belfellah Lamyaa, la quale lamentava la discriminazione subita per il mancato riconoscimento da parte del Comune di Feltre e dell INPS dell assegno di maternità ex art.74 D.lgs. 151/2001, che le era stato negato per la mancanza di titolarità del permesso di soggiorno per soggiornanti di 2

lungo periodo; la ricorrente sosteneva di avere diritto all assegno, in quanto cittadina marocchina titolare del permesso di soggiorno per motivi familiari, in forza delle previsioni della direttiva europea n.2011/98/ce che all art.12 prevedeva il principio di parità di trattamento in materia di sicurezza sociale tra cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti e cittadini dell Unione Europea, nonché in forza dell Accordo Euromediterraneo 26-2-1996 reso esecutivo con L.302/1999; chiedeva che, accertata la condotta discriminatoria e il suo diritto al pagamento dell assegno per l anno 2016 per l importo di Euro 1.694,45, il Comune di Feltre e l INPS fossero condannati a cessare la condotta discriminatoria e fossero condannati a pagare l assegno medesimo. Il Comune di Feltre era rimasto contumace, l INPS aveva contestato le domande sotto distinti profili e l ordinanza dichiarava il difetto di legittimazione passiva dell INPS e rigettava il ricorso perché inammissibile, compensando le spese di lite. L ordinanza rilevava che la prestazione richiesta era concessa dai Comuni ai sensi dell art.74 D.lgs. 151/2001, che competeva all INPS solo l obbligo di erogare la prestazione concessa dal Comune e per questa ragione era fondata l eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall INPS; aggiungeva che il ricorso avrebbe dovuto essere proposto ai sensi dell art. 442 c.p.c. e non ricorrevano le condizioni per l applicazione dell art. 426 c.p.c.. Con ricorso in appello depositato il 12-10-2016 Belfellah Lamyaa ha proposto tempestiva impugnazione avverso l ordinanza, censurandola per avere escluso la legittimazione passiva dell INPS e per avere erroneamente escluso che la domanda rientrasse tra quella assoggettate al rito sommario e chiedendo perciò l accoglimento delle proprie domande. Si è costituito l Istituto Nazionale della Previdenza Sociale chiedendo che l appello fosse dichiarato inammissibile e comunque rigettato e non si è costituito il Comune di Feltre, che è stato dichiarato contumace, verificata la regolarità della notificazione del ricorso-decreto, avvenuta in data I-12-2016 con consegna del piego presso la sede dell ente, all impiegato addetto alla ricezione delle notificazioni Giovanni Galifi. In accoglimento dell istanza dell INPS, alla quale l appellante non si era opposta, era 3

disposto rinvio in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale nel giudizio pendente di legittimità costituzionale dell art. 74 D.lgs. 151/2001 e quindi la discussione è proseguita all udienza del 13-7-2017, dopo il deposito dell ordinanza n.95/2017 della Corte Costituzionale; all esito della discussione la causa è stata decisa dando lettura in udienza del sottoriportato dispositivo della sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE Deve essere accolto il motivo di impugnazione con il quale l appellante si duole che il giudice di primo grado abbia dichiarato inammissibile la domanda perché non rientrante nelle ipotesi disciplinate dall art.702 bis e ss. c.p.c.. Infatti la ricorrente odierna appellante ha esercitato azione contro la discriminazione ex artt. 28 D.lgs. 150/2011, 43 e 44 e D.lgs. 286/1998, lamentando la discriminazione subita per il mancato riconoscimento dell assegno di maternità ex art.74 D.lgs. 151/2001 per la sua nazionalità, essendo stata la domanda rigettata soltanto sulla base del dato che ella non era titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo; l art.28 D.lgs. 150/2011 espressamente prevede che le controversie di cui all art. 44 D.lgs. 286/1998 sono regolate dal rito sommario di cognizione e quindi le domande proposte sono ammissibili. Pertanto deve essere rigettata anche l eccezione di improcedibilità della domanda formulata dall INPS ai sensi dell art.443 c.p.c., in quanto tale articolo è inapplicabile al caso di specie, riguardando esclusivamente il ricorso proposto ai sensi dell art.442 c.p.c.; del resto, la ricorrente odierna appellante aveva ritualmente proposto al Comune la domanda richiesta dall art.74 D.lgs. 151/2001, che le era stata rigettata per la mancanza di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (doc.5 fascicolo primo grado Belfellah), per cui sul punto non si pongono ulteriori questioni. Nel contempo è infondato anche l argomento dell Istituto appellato, secondo il quale sarebbe inammissibile l appello, per avere il giudice di primo grado dichiarato con ordinanza non impugnabile ex art.702 ter co.ii c.p.c. che la domanda non rientrava tra quelle indicate nell art.702 bis c.p.c.: l ordinanza non ha pronuncia del contenuto limitato previsto dal secondo comma dell art.702 ter c.p.c., ma ha il 4

contenuto di rigetto della domanda nei confronti dell INPS, avendo il giudice di primo grado dichiarato anche che l Istituto non era il soggetto nei cui confronti la domanda doveva essere proposta; l ordinanza di rigetto è appellabile (cfr. Cass. 5840/2017, per tutte) e quindi anche sotto profilo l impugnazione è ammissibile. Poiché l Istituto appellato non solleva altre questioni di inammissibilità dell appello, non necessita ulteriore argomentazione a riguardo. * Deve essere accolto anche il motivo di appello con il quale Belfellah Lamyaa si duole che sia stato dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell INPS, in quanto lo stesso art.74 D.lgs. 151/2001 prevede che sia l Istituto a erogare il beneficio richiesto, laddove al comma 8 dispone: L assegno di cui al comma 1, ferma restando la titolarità concessiva in capo ai comuni, è erogato dall INPS sulla base dei dati forniti dai comuni ; ciò di per sé giustifica che l ente sia stato convenuto in giudizio insieme al Comune che concede il beneficio, bastando richiamare Cass. 24278/2008, in materia di assegno ex art.65 L.448/1998, ugualmente concesso dal Comune e erogato dall INPS, laddove ha statuito che essendo obbligato al pagamento dell assegno, l INPS è passivamente legittimato alla relativa controversia. * Nel merito, la domanda riproposta in questo grado dall appellante deve essere accolta, premettendo che Belfellah Lamyaa dimostra documentalmente i requisiti richiesti dall art.74 D.lgs. 151/2001 per il riconoscimento dell assegno di maternità, con riguardo alla nascita del figlio Lehnioui Chalad il 25-1-2016 e alle certificazione I.S.E.E., e tali requisiti non sono stati in alcun modo contestati dall INPS in giudizio e dal Comune di Feltre nella fase amministrativa. Infatti, come già evidenziato, il Comune aveva rigettato la domanda esclusivamente sulla base dell assunto che Belfellah Lamyaa non era titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ma soltanto di permesso di soggiorno e sulla base di questo unico dato l INPS anche in giudizio sostiene l insussistenza del diritto all assegno, ma la tesi non è fondata. 5

Si deve considerare che l ordinanza n.95/2017 della Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili questioni di legittimità costituzionale relative all art.74 D.lgs. 151/2001, nella parte in cui subordina il diritto all assegno di maternità al possesso di carta di soggiorno, per il fatto che il giudice rimettente non si era posto il problema dell applicabilità alla fattispecie oggetto del suo giudizio dell art.12 direttiva 2011/98/UE che, come si legge nell ordinanza medesima, attraverso il richiamo all art.3, paragrafo 1, lettera b), riconosce lo stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro per quanto concerne i settori della sicurezza sociale come definiti dal regolamento (CE) n.883/2004 ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro per fini diversi dall attività lavorativa a norma del diritto dell Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002 ; ciò in quanto, come pure si legge nell ordinanza, la questione di legittimità costituzionale non è rilevante se non sono indicati i motivi che ostano alla disapplicazione del diritto interno in contrasto con il diritto dell Unione europea. Questo significa che, se è applicabile alla cittadina straniera titolare di permesso di soggiorno l art.12 direttiva 2011/98/UE al fine di giungere alla conclusione della spettanza dell assegno di maternità richiesto dall appellante, tale soluzione deve essere adottata dal giudicante e fa venire meno anche i profili di lamentata violazione dei principi costituzionali. Quindi in primo luogo si deve verificare se ricorrano le condizioni per applicare alla fattispecie l art. 12 paragrafo 1 direttiva 2011/98/UE, il quale prevede che i lavoratori dei paesi terzi di cui all art.3, paragrafo 1, lett. b) e c) beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro di cui soggiornano per quanto concerne: e)i settori della sicurezza sociale come definiti nel regolamento (CE) n.883/2004 ; l art. 3, paragrafo 1, alla lettera b) della direttiva riguarda b)i cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall attività lavorativa a norma del diritto dell Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n.1030/2002. Il termine di recepimento della direttiva è scaduto al 25-12-2013, senza che il legislatore italiano ne abbia recepito il dettato, per cui non si pone neppure questione dell introduzione delle limitazioni consentite dal 6

paragrafo 2 dello stesso art.12, che sarebbe dovuto avvenire nel rispetto dei vincoli posti dalla direttiva medesima; la disposizione dell art. 12 paragrafo 1 è di portata immediatamente precettiva e chiara nel prevedere che gli stranieri con permesso di soggiorno aventi titolo per svolgere attività lavorativa in uno Stato membro hanno lo stesso trattamento dei cittadini nei settori della sicurezza sociale, per cui deve trovare diretta applicazione nel nostro ordinamento, anche previa disapplicazione delle norme interne contrastanti. La disposizione riguarda Belfellah Lamyaa per il fatto che la stessa, come da lei dedotto, già all epoca di presentazione della domanda era titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari (doc. 1 e 1a del fascicolo di primo grado), che le consentiva lo svolgimento di attività lavorativa ai sensi dell art.30 co.2 D.lgs. 286/1998, il quale dispone che il permesso di soggiorno per motivi familiari consente lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo; pertanto ella, ai sensi dell art.12 citato, ha diritto allo stesso trattamento previsto per i cittadini italiani nei settori della sicurezza sociale come definiti dal regolamento 883/2004. Si deve altresì verificare se la prestazione richiesta rientri nelle previsioni del regolamento 883/2004 e a tal fine bisogna considerare che l art.3 paragrafo 1 lett. b) del regolamento 833/2004 espressamente comprende nel settore della sicurezza sociale le prestazioni di maternità e, come si legge nella sentenza CGUE 21 giugno 2017 nella causa C-449/16, Kerly Del Rosario Martinez Silva c. INPS e Comune di Genova, al par. 20, la distinzione fra prestazioni escluse dall ambito di applicazione del regolamento n.883/2004 e le prestazioni che vi rientrano è basata essenzialmente sugli elementi costitutivi di ciascuna prestazione, in particolare sulle sue finalità e sui presupposti per la sua attribuzione, e non sul fatto che essa sia o no qualificata come prestazione di sicurezza sociale da una normativa nazionale Una prestazione può essere considerata come una prestazione di sicurezza sociale qualora sia attribuita ai beneficiari prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali, in base ad una situazione definita per legge, e si riferisca a uno dei rischi espressamente elencati nell articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n.883/2004 ; inoltre, come si legge al pag.21 le modalità di finanziamento di una prestazione e, in particolare, il fatto che la sua attribuzione non sia subordinata ad alcun presupposto contributivo 7

sono irrilevanti per la sua qualificazione come prestazione di sicurezza sociale e, come si legge al par.22, il fatto che una prestazione sia concessa o negata in considerazione dei redditi non implica che la sua concessione dipenda da una valutazione individuale delle esigenze personali del richiedente, caratteristica dell assistenza sociale, nei limiti in cui si tratta di criteri obiettivi e definiti per legge che, quando sono soddisfatti, danno diritto a tale prestazione senza che l autorità competente possa tenere conto di altre circostanza personali. L art.74 D.lgs. 151/2001 definisce l assegno di maternità di base quale assegno spettante per la nascita o l adozione di ogni figlio alle donne che non beneficiano dell indennità di cui agli artt.22, 66 e 70 del presente testo unico (e perciò dell indennità di maternità rispettivamente per lavoratrici dipendenti, per le lavoratrici autonome e imprenditrici agricole, libere professioniste) qualora il nucleo familiare di appartenenza della madre risulti in possesso di risorse economiche non superiori ai valori dell indicatore della situazione economica (ISE). Quindi, l assegno in questione è prestazione di sicurezza sociale secondo le previsioni del regolamento 833/2004, ai fini dell applicazione dell art.12 direttiva 2011/98/UE, in quanto è prestazione che si riferisce al rischio maternità espressamente previsto nell elenco dell art.3 paragrafo 1 regolamento 883/2004 e l attribuzione, seppure non è subordinata a presupposto contributivo, si fonda sui criteri obiettivi posti dall art.74 con riferimento alle risorse del nucleo familiare, a prescindere da qualsiasi valutazione individuale e discrezionale. Ne consegue che deve essere disapplicato l art.74 D.lgs. 151/2001 nella parte in cui il limita il diritto all assegno di maternità di base alla straniera titolare di carta di soggiorno -ora permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodoperché, per le ragioni esposte, secondo le disposizioni del diritto dell Unione richiamate, la prestazione spetta anche all appellante Belfellah Lamyaa in quanto straniera titolare di permesso di soggiorno che consente svolgimento di attività lavorativa. Deve essere ordinata la cessazione della condotta discriminatoria consistita nell avere rigettato la domanda e nell avere negato l erogazione della prestazione, in quanto la condotta è stata oggettivamente discriminatoria, a prescindere dal relativo intento, per avere comportato una esclusione illegittimamente basata sulla nazionalità; il 8

riconoscimento della prestazione comporta la cessazione della condotta discriminatoria subita dalla ricorrente odierna appellante e la rimozione di tutti i suoi effetti e quindi è integralmente satisfativa delle ragioni dell appellante, per cui non ricorrono le condizioni per le ulteriori statuizioni pure richieste. Per l effetto l INPS, in quanto ente erogatore, deve essere condannato a corrispondere la prestazione, nell importo non contestato di Euro 1.694,00, con gli interessi al tasso legale dal 121 giorno successivo alla presentazione della domanda al Comune, avvenuta il 22-2-2016. In applicazione del principio della soccombenza l INPS deve essere condannato alla rifusione a favore dell appellante delle spese di lite di entrambi i gradi, in dispositivo liquidate facendo applicazione dei criteri di cui al D.M. 55/2014, individuando lo scaglione di riferimento sulla base del valore della prestazione in oggetto. Sono interamente compensate le spese di lite tra l appellante e il Comune di Feltre appellato, considerando che lo stesso nella fase amministrativa ha rigettato la domanda limitandosi a dare attuazione alle indicazioni ricevute dall INPS e in giudizio, non essendosi costituito, non ha addotto alcun argomento volto a contrastare le ragioni della ricorrente. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata, rigettata ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, così decide: -accoglie parzialmente l appello e, in riforma della sentenza impugnata, accertata la discriminatorietà della condotta lamentata e il diritto dell appellante all assegno di maternità per l anno 2016, condanna l appellato INPS a corrispondere all appellante l assegno medesimo nell importo di Euro 1.694,45, con gli interessi dal 121 giorno successivo alla domanda amministrativa; -condanna l appellato INPS alla rifusione a favore dell appellante delle spese di lite, che liquida per il primo grado in Euro 20,00 per spese ed Euro 980,00 per compensi e per il presente grado in Euro 20,00 per spese ed Euro 915,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfetario delle spese, iva e cpa ex lege, con 9

distrazione a favore dell avv. Giovanna Berti dichiaratasi antistataria; compensa le spese di lite nei confronti del Comune di Feltre. Venezia, 13 luglio 2017 Il Consigliere estensore Il Presidente dott. Linalisa Cavallino dott. Luigi Perina (firma digitale) (firma digitale) 10