La rilevanza penale dell attività di equipe medica tra autoresponsabilità e affidamento

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La rilevanza penale dell attività di equipe medica tra autoresponsabilità e affidamento La Corte di Cassazione con sentenza n.27314/17 torna sul tema della responsabilità penale nell attività di equipe medica, confermando e chiarendo i suoi precedenti orientamenti. In particolare, la Corte è stata interpellata al fine di valutare la sussistenza dei presupposti del reato di omicidio colposo ex art. 589 c.p., in capo all imputato, il quale, cooperando con altri medici, aveva proceduto a compiere un intervento di colecistectomia per via laparoscopica, conclusosi con la morte del paziente, causata da una lesione dell aorta avvenuta durante l operazione, la quale, successivamente, non era stata ben suturata. La questione interessa, quindi, il fenomeno della cooperazione colposa nel reato, che nell ambito dell attività medica ha da sempre suscitato forti dubbi applicativi circa la definizione del perimetro di responsabilità di ciascun concorrente. Se da un lato, il Legislatore, ha ritenuto necessario prevedere l art. 113 c.p. per incriminare condotte che per la loro atipicità rimarrebbero impunite in mancanza della stessa, dall altro si è, infatti, sempre discusso con riguardo ai suoi aspetti applicativi.[1] L attività di equipe medica è per tale motivo da sempre al centro dell attenzione degli interpreti; dubbi ermeneutici sono, infatti, sorti relativamente ai criteri ed i presupposti necessari a far valere la responsabilità penale di una condotta colposa del medico compiuta in concomitanza spazio-temporale con altre condotte altrettanto colpose.

Ciò perché in astratto, già dalla disciplina generale del concorso di persone nel reato ex artt. 110 c.p. e seguenti, si desume che ciascun reo risponde della propria condotta e di quella altrui quando agisce in gruppo; nello stesso tempo, però, vi sono indici normativi e giurisprudenziali volti a differenziare ed a graduare la responsabilità, tenendo conto dell effettivo apporto causale, sia materiale che psicologico, prestato da ciascun concorrente, nel rispetto del principio di responsabilità personale ex art. 27 Cost.[2] In questo senso depongono anche gli artt.112 e 114c.p. che dispongono aumenti o diminuzioni di pena in base alla gravità delle condotte poste in essere, nonché l art. 116 c.p. così come interpretato dalla giurisprudenza, nel senso che l evento diverso, oltre che essere legato dal nesso di causalità con la condotta dei compartecipi, deve anche essere attribuito al reo almeno a titolo di colpa, in quanto prevedibile. Con riguardo alla cooperazione colposa ex art 113 c.p., però, in concreto risulta difficile stabilire l effettiva responsabilità penale di ciascun concorrente, muovendosi in un ambito in cui acquistano rilevanza le regole della prudenza e della diligenza;[3] infatti, a differenza dei reati dolosi, per i quali la volontà è manifestata in modo diretto verso la lesione di un determinato bene giuridico tutelato, per quelli colposi risulta ancora più complicato individuare e provare i presupposti oggettivi e soggettivi entro cui espletare l incriminazione penale, essendo necessario fare riferimento ad indici normativi più che fattuali. Ciò ancor di più quando su una condotta colposa illecita se ne innestano anche altre, legate alla prima da un rapporto di interdipendenza. La Cassazione allora nella sentenza in commento cerca di dettare in modo chiaro i criteri da seguire al fine di individuare i presupposti della responsabilità penale in caso di attività dell equipe medica. L ipotesi in esame risulta caratterizzata sotto l aspetto oggettivo, dal compimento di un unico reato attraverso più condotte colpose compiute da diversi agenti e sotto l aspetto soggettivo dalla consapevolezza di cooperare con altri nell attività posta in essere;[4] diversamente, infatti, sussisterebbe un concorso di più condotte colpose l una indipendente dall altra che, invece, attiene più all ambito giuridico delle concause ex art. 41 c.p. e, per ciò che concerne il profilo della colpevolezza, della prevedibilità ed attribuibilità personale dell evento.[5]

Entro tali termini, allora, in continuità con gli orientamenti precedenti, la Corte evidenzia che ciascun medico dell equipe, al di là delle specifiche mansioni che è tenuto a svolgere, deve osservare obblighi di diligenza ulteriori, volti a vigilare anche sull operato degli altri medici.[6] In particolare ciascun agente ha il dovere di conoscere e valutare le condotte precedenti e contestuali tenute da altri colleghi ed eventualmente rimediare ai loro errori, laddove avesse le conoscenze e le competenze per farlo. Nello stesso tempo accanto al cosiddetto principio di autoresponsabilità di ciascun medico rileva, però, il generale principio di affidamento sulla correttezza dell operato altrui con riguardo a quelle attività di specifica competenza individuale che sono compiute senza l ausilio dell equipe. L operazione può, quindi, svolgersi in diverse fasi; alcune sono caratterizzate dalla compartecipazione dei medici dell equipe, altre sono svolte singolarmente da ciascuno o alcuni di essi senza che gli altri vi partecipino. Solo nello svolgimento delle prime potrà, quindi, rilevare, accanto alla colpa propria dell operatore, la culpa in vigilando del medico che non esegue materialmente l intervento o, comunque, parte delle mansioni relative allo stesso. Oltre alla rilevanza dell imperizia da parte di chi opera, valutata anche nel rispetto delle direttive dettate dalla legge Gelli-Bianco, n.24/17 e del disposto dell art.590 sexies c.p. così come riformato, in tal caso si espande, infatti, la portata delle regole di prudenza e diligenza in capo a ciascun esercente la professione sanitaria, il quale dovrà farsi carico anche delle manchevolezze dell altro componente dell equipe.[7] Ed, infatti, proprio la suddetta riforma, superando le precedenti incertezze riguardanti la formulazione dell art. 3 del D.L. 158/12 (c.d. decreto Balduzzi), ha chiarito espressamente che le linee guida che il medico è tenuto ad osservare nell esecuzione dell intervento riguardano solo l imperizia; diversamente dal passato, quindi, la nuova norma distingue gli ambiti applicativi della colpa generica e di quella specifica. In questo senso la causa di non punibilità individuata dall art. 590 sexies c.p. che esclude la punibilità del medico quando ha rispettato le linee guida definite ai sensi di legge o, comunque, le pratiche clinico-assistenziali adeguate al caso

concreto, riguarderà la sola colpa per imperizia del medico che esegue l operazione, riemergendo per il resto l ambito applicativo di quella generica. Questa opererà, quindi, sia con riguardo all attività eseguita materialmente dal medico, sia, nei termini evidenziati, con riguardo alla condotta dell equipe che partecipa all intervento. Nello stesso tempo, nel caso in cui sussistano linee guida da osservarsi nello svolgimento di attività assistenziali e non per forza solo materiali, si può sostenere l applicabilità della disciplina dell art. 590 sexies c.p. anche nei confronti dei componenti dell equipe medica che abbiano rispettato le stesse, sempre che siano adeguate al caso concreto. Sarà, quindi, necessario tenere ben distinti gli ambiti applicativi dell imperizia, della negligenza e dell imprudenza, al fine di individuare l esatto perimetro di applicabilità della causa di non punibilità ex art. 590 sexies c.p. ovvero l operatività delle regole cautelari attinenti la colpa generica sia in capo all esecutore materiale dell operazione che al resto dell equipe medica. Diversamente nel secondo caso, quando sono distinti nettamente i ruoli ed i compiti di ciascun elemento dell equipe, dell errore o dell omissione ne può rispondere solo il singolo operatore che abbia in quel momento la direzione dell intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica.[8] In tale circostanza, quindi, si riduce la portata della colpa generica, laddove non è configurabile l onere di controllare l operato altrui da parte di ciascun componete dell equipe. La Corte di Cassazione giunge, quindi, ad affermare che l imputato non ha commesso il fatto, in quanto le modalità di effettuazione della suturazione rientrano nel proprium dell operatore che vi aveva provveduto, non potendosi trasformare l onere di vigilanza in una sorta di obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione di spazi nelle sfere di competenza altrui. In conclusione, la Corte, con la pronuncia in esame, definisce la specifica controversia dettando, in continuità con i suoi orientamenti precedenti, le direttive per risolvere, in generale, la problematica della rilevanza della

responsabilità penale nell attività di equipe medica, in un ottica di bilanciamento tra principio di autoresponsabilità e principio di affidamento nella correttezza dell altrui operato. [1]Con riferimento alla c.d. lottizzazione abusiva di carattere negoziale la Cass. Sez. III 27aprile 2011, n.21853 ha affermato ad esempio che l acquirente risponde a titolo di cooperazione quando omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell acquisto (da coordinate ermeneutiche di diritto penale, Santise Zunica); in tema di infortuni sul lavoro v. Cass.n.46839/11; con riguardo, invece, alla violazione delle norme sulla circolazione stradale, per costante giurisprudenza cass. Sez IV 8 ottobre 1982, circa l obbligo del proprietario di affidare il veicolo adottando le dovute cautele. [2] Cfr. Cass., sez. II, 11 maggio 2010, n. 20649, v. in Guida dir., n.42, pag. 102 [3] Per la disamina della disciplina della cooperazione colposa ex art. 113 c.p. si rinvia alle coordinate ermeneutiche di diritto penale, anno 2017, Santise- Zunica. [4] V. Cass. Sez. III, 9 gennaio 2009n.15707,Abbaneo, in Cass. Pen. 2010,p. 626; sul punto v. in particolare Cass. Sez IV2 dicembre 2008n. 1786, Tomaccio, in CED Cass.rv. 242566, secondo cui non si richiede la consapevolezza del carattere colposo dell altrui condotta in tutti quei casi in cui il coinvolgimento integrato di più soggetti sia imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio. In particolare, in un caso di omicidio colposo di un arrestato, cagionato da agenti di polizia per l imprudente gestione delle procedure di immobilizzazione, la Corte ha precisato che la disciplina della cooperazione nel delitto colposo ha funzione estensiva dell incriminazione, coinvolgendo anche condotte meramente agevolatrici e di modestia significatività, le quali, per assumere rilevanza penale, devono necessariamente integrarsi con comportamenti in grado di integrare la tipica violazione della regola cautelare interessata (v. Cass., sez. IV, 7 novembre 2007,n. 5111, D ambrosio, in CED Cass, rv. 238741) [5] In tal senso v. Cass., Sez. IV 4 ottobre 2012 n.11439. la distinzione tra la cooperazione colposa e il concorso di cause indipendenti si riflette anche sul piano del trattamento giuridico, in quanto, nella seconda ipotesi, non è concedibile la circostanza attenuante della minima importanza di cui all art.

114 c.p.(v. Cass. Sez. IV 4 ottobre 2012 n.11439 in CED Cass.rv.255419). Analogamente l effetto estensivo della querela riguarda solo la cooperazione colposa, essendo escluso per il concorso di condotte indipendenti (Cass.,sez IV, 23 dicembre 2009 n. 3584 in CED Cass.,rv. 246304) [6] V. Cass., sez. IV, 26 ottobre 2011, n. 46824, in CED Cass., rv. 252140 [7] Cass., sez IV, 21 maggio 2017, n 27314 [8] Cass., sez IV, 21 maggio 2017, n 27314