L'etrusca città di "Visentum" e le sue necropoli attraverso le fonti bibliografiche



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L'etrusca città di "Visentum" e le sue necropoli attraverso le fonti bibliografiche ADELIO MARZIANTONIO Foto n.1 Il colle di Bisenzo visto da S.Magno (A. Marziantonio). Il presente intervento intende ripercorrere le tappe più significative dei rinvenimenti d epoca etrusca avvenuti nella località di Bisenzo, in Comune di Capodimonte, attraverso le principali fonti bibliografiche relative a questo centro affacciato sulla sponda occidentale del Lago di Bolsena. Non si intende assolutamente compiere un analisi archeologica cui, ovviamente, hanno atteso e ancora faranno riferimento numerosi e qualificati archeologi. Le fonti di cui si è presa visione recentemente sono tre pubblicazioni riguardanti gli Atti e notizie della R. Accademia dei Lincei, pubblicati a Roma nel 1886 che illustrano gli scavi archeologici effettuati nei mesi di maggio, giugno e settembre negli anni 1884-1885, nel territorio di Capodimonte, zona del colle di Bisenzo 1. Le relazioni, molto particolareggiate, riguardano gli scavi effettuati, per la prima volta, nelle necropoli della ricca e arcaica città etrusca sorta nella zona di Bisenzo che fu in seguito denominata, come municipio romano, con l appellativo Vesentum. Dalla ricchezza delle sue necropoli si può ipotizzare che fu il centro abitato più importante del territorio compreso nella grande caldera del lago di Bolsena. Per meglio spiegare e presentare Vesentum, inserita nel contesto storico del periodo etrusco, sono doverosamente ricorso al volume Bisenzo e le antiche civiltà intorno al lago di Bolsena, opera edita nel 1964 dallo storico di Capodimonte, il prof. Umberto Pannucci, coadiuvato dalla figlia Ersilia, laureata in scienze geologiche. Grande merito al Pannucci per questo unico, particolare e importante studio storico su Bisenzo, il colle situato sulla sponda occidentale del lago, a 4 km a nord-est di Capodimonte che si caratterizza, sulla cima, per un pianoro di circa m 120 x 100, a una quota di 406 m sul l.m. Il pianoro si eleva pertanto dalla superficie del lago di 101 m e ne lambisce le acque, con il lato esposto a est caratterizzato da una parete rocciosa molto scoscesa. La scoperta, nel 1962, da parte dell ing. Alessandro Fioravanti di un villaggio d epoca villanoviana su palafitte nella zona del Grancarro e dei resti del porto di Bisenzo, oggi ambedue sommersi a circa 7 m di profondità 2, dimostra che, nel periodo etrusco, il livello delle acque fosse più basso di quello odierno di 5-10 m, per cui una striscia di terra di 100-200 m di larghezza separava la collina di Bisenzo dalla sponda lacuale, zona nella quale sicuramente erano 1 Il Pannucci indica l antica Vesentum con la denominazione di BISENZO, termine che compare anche nei documenti riportati dallo storico Luigi Fumi (Codice diplomatico della città di Orvieto, Firenze 1884), altri studiosi usano il termine BISENZIO per indicare la città e lo stesso nominativo senza la i per indicare il colle. 2 L ing. A. Fioravanti nel suo volume C ero anch io (Bolsena 2000), scrive: Anno 1987. A seguito di ripetute segnalazioni di pescatori viene ricercata una testa di toro scolpita in pietra davanti la chiesa di S. Magno (Gradoli); introvabile perché frutto della immaginazione!. Il pescatore bolsenese Bruno Dottarelli che da molti anni opera nel comprensorio di Gradoli, mi conferma che a circa 100 m dalla riva, quasi di fronte alla chiesa suddetta, ad una profondità di circa 6 m, si trova una roccia larga circa m 2x1,50 di altezza, modellata in modo grossolano a testa di toro nella quale vi è un foro da cui scaturisce acqua sorgiva che crea in superficie una leggera bolla per cui il sito è di facile individuazione. Bruno è un pescatore che si immerge anche con attrezzatura da subacqueo; qualora la sua segnalazione rispondesse a verità (si auspica che altri appassionati ricercatori archeologi subacquei, avvalendosi delle indicazioni del pescatore, possano individuare la particolare roccia e confermarne l esistenza), anche la posizione di questa vecchia fontana etrusca dimostrerebbe che in quella zona la superficie del lago era inferiore di 6 m. 24

presenti alcuni insediamenti. Questo cono collinare, secondo le affermazioni dell archeologo tedesco K. Raddatz che aveva effettuato una prospezione archeologica di superficie negli anni 1972 1976 per determinare l estensione dell abitato, costituiva il nucleo centrale abitativo della città. Il professor Raddatz afferma nella sua relazione che, durante l età villanoviana e il periodo orientalizzante, sono sorte intorno alla cresta rocciosa del monte Bisenzo, grandi concentrazioni, le une isolate dalle altre di case ed edifici; a ciascuna di queste concentrazioni dovrebbe appartenere una delle numerose necropoli che sono sparse nella zona. Un altro studioso tedesco, Jürgen Driehaus, negli anni dal 1975 al 1982, effettuò una simile e accurata prospezione archeologica sull intero territorio per individuare gli insediamenti abitativi e stabilire la loro cronologia. I risultati del suo studio, intitolato Ricerche su un insediamento arcaico a Monte Bisenzo, è stato pubblicato su Studi Etruschi (vol. LIII - Firenze 1985). Il professore Driehaus, attraverso l esame dei cocci e dei residui di materiale edile raccolti sui terreni dopo l aratura, ha configurato la posizione degli insediamenti distinguendoli dalle necropoli, tracciandoli su una carta topografica (scala 1:2000). Operazione ritenuta da alcuni studiosi incompleta ed insufficiente in quanto richiederebbe di essere suffragata con il ricorso ad una ripresa aerofotografica molto accurata, da un ulteriore rilevamento e messa in pianta di tutti i manufatti che si trovano sul territorio; tenendo comunque presente che tutti i metodi di ricerca non sostituiscono la scavo con il quale si individuano con certezza, senza approssimazioni, gli agglomerati urbani. Dall esame dei reperti si è potuto determinare in modo approssimativo, che le necropoli sono databili tra la metà del VII sec. e gli inizi del V sec a.c.; poiché nei corredi funerari non sono presenti vasi di ceramica attica a figure rosse si suppone che, dopo un lungo periodo ricco e produttivo, il territorio non fu più abitato (o molto poco) in un raggio di almeno 1500 m per circa 250 anni; le motivazioni di questo decadimento ed abbandono che coinvolse anche la vicina città etrusca situata sul colle Foto n.2 Il colle di Bisenzo visto... (A. Marziantonio). di Civita nel territorio di Grotte di Castro, denominata da alcuni studiosi locali come Tiro, possono essere state molteplici ed esulano da questa particolare relazione. Nel periodo repubblicano, circa nel 90 a.c., nacque Vesentium città romana; il Driehaus ritiene che il suo sito, per un evidente concentrazione di resti, si trova circa 1000 m. più a nord ovest del colle; un iscrizione marmorea latina del 245 d.c. testimonia che gli abitanti della città romana erano ancora denominati Visentini. Sul colle, oggi, non vi è più traccia dell antica cinta muraria e delle abitazioni; l importanza della città si può comunque rilevare dalla estensione delle sue necropoli che da S. Magno si prolungano fino quasi a raggiungere la periferia Nord della odierna Capodimonte; si tratta di una striscia di territorio larga 2 km. e lunga 5,500. Dai documenti pervenuti si parla del sito etrusco fin dal 1500 e sembra che già nel 1600, durante il Ducato di Castro e di cui Bisenzo faceva parte, sarebbero venuti alla luce alcuni reperti archeologici. L archeologo Giuseppe Fiorelli, Direttore generale degli scavi e dei musei del Regno, nel 1878 descrive il monte Bisenzo, dove sono visibili i resti di un castello medievale, e auspicava gli scavi delle necropoli, già note. Il primo studioso che si interessò di Bisenzo e portò alla luce con i suoi scavi le necropoli fu il Conte Giovanni Paolozzi da Chiusi che aveva operato, appassionato ricercatore, nel territorio della sua città e al cui museo lasciò in eredità nel 1907 la sua numerosa collezione di preziosi reperti etruschi. Il Conte, nel 1884, con regolare autorizzazione ministeriale, iniziò le ricerche, avvalendosi di un compaesano, l intelligente scavatore Pietro Meloni. I lavori furono condotti in collaborazione con i proprietari dei terreni interessati, i fratelli Enrico e Napoleone Brenciaglia, noti e ricchi possidenti del territorio capodimontano. Le necropoli allora esplorate furono quattro (Palazzetta, Piana di S. Berardino, Polledrara e Mereio di S. Magno) e rappresentano solo una parte di quelle dislocate sul territorio. Le relazioni, molto curate nei particolari, riguardanti i reperti e le tombe individuate nelle quattro necropoli furono redatte del prof. Angelo Pasqui, archeologo aretino. La campagna di lavoro fu tenuta dall ottobre del 1884 all aprile 1885; gli scavi furono iniziati in località La Palazzetta e, proseguendo per circa 200 m in direzione Nord-Est, incontrarono il selciato di una via che da Bisenzo, costeggiando il Lagaccione si raccordava alla via Clodia a Maternum nei pressi dell odierna Piansano; fu, inoltre, individuata un altra strada che tagliando 25

Foto n. 3 - Parte di carta topografica,tratta dal foglio 1: 100.000 di Tuscania,sulla quale è stata indicata la posizione ove sorgeva la città di Vesentum. Foto n. 4 - Stampa sulla quale sono stati riprodotti alcuni reperti provenienti dalla necropoli di S.Bernardino (31 ottobre - 14 novembre 1885 ), disegnati, descritti e numerati dal prof. Angelo Pasqui. L etrusca città di Visentum e le sue necropoli attraverso le fonti bibliografiche anche in questa necropoli furono rinvenute quattro tombe a cassone di tufo (cm 180x0,70), contenenti numerosi e vari reperti come olle, oinocoi, ciotole, tazze, fibule e situle in bronzo, anelli, orecchini e collane in ambra, bronzo e argento. Alcuni pozzetti erano caratterizzati dalla presenza di un grande ziro, classico contenitore di forma villanoviana, al cui interno era deposto il cinerario, contornato da askos, kylix, resti di lance e di spade in ferro ed altri reperti del tipo sopra descritto; in due tombe, in particolare, fu rilevata una piccola urna a capanna del tipo molto simile a quelle del gruppo di S. Bernardino; alcuni cinerari erano decorati da riquadri con al centro incise delle svastiche. Al notiziario, del giugno del1886, risultano allegate due stampe, la prima rappresenta la pianta della necropoli di S. Bernardino con la posizione delle tombe. (Questo documento è stato pubblicato nel volume del Pannucci), ed una seconda stampa, inedita, qui pubblicata, che riproduce in disegno quindici reperti dei quali, per i più importanti, si riporta la descrizione: n. 1. Urna capanna (m 0,30x0,24) forma ovoidale. n. 3. Ziro di terracotta largo all orlo cm 40, ed alto 60, munito all esterno di due prese cilindriche e di due manici a nastro. L ossuario conteneva pochi resti bruciati del corpo del defunto. n. 4 Urna capanna a pianta rotonda (diametro m. 0,38, altezza m.0,28),d impasto rosso scuro. n. 5 Vaso a forma di piccola pentola con ventre rigonfio, unica ansa a nastro,.nella parte sporgente del corpo è decorato da sottili graffiti triangolari. n. 6 Vaso a forma conica, munito di foro in basso; è probabile che rappresenti un infundibulum, piutla precedente costeggiava il lago ed attraverso la macchia di S. Magno, proseguiva per Gradoli e la Civita di Grotte di Castro. Nel sepolcreto della Palazzetta, in tutto furono portate alla luce trenta tombe del tipo a cassa o a fossa (tombe a inumazione dalla dimensione variabile di circa m 2,10 x 0,85) risalenti al VI sec. e dieci a pozzetto, di forma cilindrica (tombe a incinerazione, delle dimensioni approssimative di m 1,65 x 1, 25 di profondità) risalenti ad un periodo più antico. Nelle prime furono repertati numerosi vasi a figure nere su fondo rosso, oggetti in bronzo fuso in parte decorati con baccellature, fra i bronzi anche l armatura di due sandali di legno, ed in particolare, per l importanza storica, mi sembra doveroso mettere in evidenza la scoperta di una mandibola superiore del corpo di una donna, nella quale tre denti erano legati tra loro mediante una striscia in lamina d oro. Questa protesi in oro rappresenta il più antico intervento odontoiatrico sul suolo italico (VI secolo). Nelle tombe a pozzetto, oltre alla presenza del caratteristico vaso biconico contenente le ceneri, il corredo funebre era rappresentato da vasellame multiforme. Gli studiosi ebbero il lodevole pensiero di estendere il loro lavoro di ricerca anche alle tombe a camera che circondano la scogliera tufacea di Bisenzo, situata nella zona a Nord-ovest, partendo dalle macchie di S. Magno fino al poggio della Mina, nella località denominata Merellio di S. Magno (oggi poggio Falchetto); parte di questa necropoli era venuta alla luce fin dalla metà del 1500, come detto all epoca del Ducato di Castro. Si sapeva inoltre, per voce di popolo, che in queste tombe, all inizio dell Ottocento, vi fossero stati recuperati vasi pregevolissimi; materiale in parte trasferito in Vaticano, ed una parte assegnata ai proprietari del terreno che la conservarono nel loro castello; le tombe aperte furono circa una ventina e soltanto in tre, sebbene fossero già state violate, furono rinvenuti numerosi reperti. Nello stesso anno, nel mese di novembre, si intrapresero ricerche e scavi nella piana di S. Bernardino nel terreno denominato la Polledrara (oggi compreso nelle Buccacce), situato circa 800 m a Sud-Est della città di Vesentum, scoprendo una importante necropoli arcaica, di cui furono individuate ed aperte ventidue tombe a pozzetto nel cui interno alcune contenevano un cilindro in tufo (scavato all interno) dalle dimensioni di circa cm 42 di diametro e cm 52 di profondità, nella cui cavità era deposto l urna cineraria; 26

tosto che una specie di rhyton. n. 7 Piccola kylikes o piattello ad alto piede a tronco di cono. n 8 Vasetto a tronco di cono riverso, sostenuto da tre piedini incurvati di impasto nero. n. 9 Cinerario o olla con manici (uno mancante), nella parte più rilevante del corpo si ripetono, su ciascun lato, tre riquadramenti, il primo a destra è diviso per diagonale da una croce, l altro contiene una svastica. n. 10 Vaso formato da due piattelli concavi riuniti nel piede, da un orlo all altro è unito da quattro bastoncelli (uno è mancante). n. 13 Vaso a corpo ovoidale con solo manico a nastro asportato è decorato nella parte superiore del corpo con doppia graffitura. n. 14 Askos a corpo ovoidale sostenuto con quattro zampe ferine terminante da un lato con una testa di bue dall altro con orificio circolare, tra queste due prominenze ha un manico a bastoncello. n. 15 Piccolo tipo di cinerario villanoviano, con manico a nastro applicato verticalmente al corpo. Un altro studioso che si interessò delle necropoli bisentine fu il prof. Luigi A. Milani che diresse una campagna di scavi nel 1894. Con questo intervento fu portato alla luce un nuovo sepolcreto arcaico nella zona di porto Madonna, viciniore a punta S. Bernardino; in tutto furono rilevate tredici tombe a pozzetto i cui reperti furono trasferiti al museo etrusco Centrale di Firenze. Il materiale recuperato era tutto di tipo villanoviano (Età del ferro). Nel 1911, a seguito dei lavori di apertura di un tratto della nuova sede stradale verentana per Valentano, nella località delle Buccacce, situata a nord di Capodimonte, furono rinvenute 10 tombe. Il prof. Edoardo Galli della Soprintendenza fu incaricato alla supervisione e controllo dei lavori; la sua presenza di esperto ed il personale impegno furono coronati, con viva soddisfazione, dall apertura di sepolcreti la cui ricchezza si rileva dalla sua accurata elencazione e relativa descrizione dei corredi funebri, di cui i più importanti sono : un elmo in bronzo crestato con decorazioni; numerosi oggetti di oreficeria in oro, argento ed ambra e alcuni rari scarabei egizi racchiusi in doppia cornice in oro, in quanto appartenenti, come afferma lo stesso studioso, a un periodo proto etrusco (VIII sec.). Negli anni 1925, 1927, 1929 e 1933, a cura del Cav. Fausto Benedetti, furono proseguiti gli scavi in località Olmo Bello, situata ad Ovest della strada verentana, fra le necropoli delle Buccacce e della Palazzetta ; numerose le tombe a pozzetto ed a cassa rilevate; molteplici ed interessanti i materiali fittili, gli oggetti in oro e argento ed i bronzi, tra i quali una situla di elegante fattura artistica, con figurine sul coperchio e sulle anse ed un grande scudo rotondo con decorazione geometrica (diametro cm 65). Nel 1956-57 effettuò ulteriori scavi il prof. Foti. Si rinvennero i corredi di cinquantatre tombe a Fontana del Castagno, valle dello Spinetto e Saccoccia, poggio Sambuco e della Mina, e alla Palazzetta. Nel 1965 e nel 1969, il prof. Giovanni Colonna aprì trenta tombe alle Buccacce e alla Polledrara, i vari corredi funerari furono suddivisi tra i musei di Firenze, Chiusi, Viterbo e Roma; corredi funebri bisentini si trovano anche a Copenhaghen, New York, Buffalo, Basilea. I numerosi ed importanti reperti vesentini, dispersi in tutto il mondo, opportunamente scelti, si potrebbero raccogliere, riprodurre e pubblicare su uno o più volumi, che diventerebbero una valida ed importante testimonianza archeologica di Bisenzo nell ambito del complesso ed affascinante mondo etrusco. Gli ultimi scavi sono stati condotti nell area dell Olmo Bello (1990-91) dalla Soprintendenza, ove sono state aperte sessanta tombe a cassone in tufo, le sepolture femminili sono caratterizzate dal coperchio a doppio spiovente, mentre quelle maschili hanno il coperchio a sezione curvilinea. Il rituale funerario più usato è l inumazione, tuttavia sono presenti anche sepolture ad incinerazione e si è potuta notare una differenza nella ricchezza dei corredi funebri legata ai due sistemi di sepoltura; le tombe ad incinerazione sembrano appartenere ad una classe più agiata. I numerosi ed interessanti reperti sono conservati presso il museo di Viterbo e debbono ancora essere valutati e descritti e quindi si è in attesa della pubblicazione del relativo studio. Con quest ultime ricerche si chiude il ciclo degli scavi relativi all antica Vesentum, e un velo misterioso ricopre, da circa 30 anni, i resti dei numerosi sepolcreti rimasti ancora inesplorati. Si spera che lo strato di terra di copertura possa essere la migliore protezione delle necropoli per una sicura conservazione in attesa di validi studiosi che, in un prossimo futuro, ce lo auguriamo, possano intervenire con altre campagne di scavi per svelare aspetti ancora sconosciuti di questa interessante città e legare il loro nome, con nuove scoperte, alla storia etrusca del lago di Bolsena. 27

Anfora, anforette, oinochoe, a figure nere, coppette di impasto. Bisenzo, Necropoli Olmo Bello, 1912. (Da U. Pannucci 1964). Situla in bronzo con figurine. Bisenzo, Necropoli Olmo Bello, 1927. (Da U. Pannucci 1964). L etrusca città di Visentum e le sue necropoli attraverso le fonti bibliografiche Una storia che dobbiamo ravvivare, rivalutare e non permettere che entri nella trascurata dimenticanza e nell oblio. Capodimonte detiene la spiaggia più bella e spaziosa di tutto il lago, resa percorribile nella sua lunghezza da una particolare e caratteristica passeggiata, ombreggiata da platani enormi, contornata in modo elegante da cespugli e prati; il porticciolo ed il vecchio borgo, sovrastato dal castello, completano un paesaggio indimenticabile per la sua armonica bellezza; l evidente ricchezza paesaggistica, legata a un importante e creativo passato etrusco, rende più affascinante e deliziosa questa cittadina che si affaccia e si specchia sul lago; un passato che per il suo valore storico deve essere portato a conoscenza delle giovani generazioni; un passato nobile, le cui testimonianze debbono essere conservate, impedendo con accorta attenzione e con vigile interesse che le necropoli non siano lasciate del tutto abbandonate onde evitare che vengano ulteriormente depredate, con attività proibita, ladresca e vergognosa da eventuali tombaroli. Questi falsi amanti di un archeologia distruttiva sono sempre stati insensibili alla conservazione dei beni culturali degli antenati e privi di ogni rispetto ed affetto delle loro tradizioni storiche, per interessi personali, in modo furtivo strappano alla terra i resti di un antica ed elevata civiltà, cancellando l espressione meravigliosa di un popolo etrusco colto e laborioso, disperdendo la significativa, importante ed interessante presenza di un patrimonio che appartiene a tutti. L idea di creare un parco archeologico nella zona del colle di Bisenzo potrebbe servire ad incrementare il turismo culturale riguardante tutti i paesi che contornano il lago di Bolsena; è questo un tipo di turismo scelto dal trenta per cento di coloro che vengono in Italia per visitare le sue ricchezze archeologiche. Le previsioni future vedono in continua ascesa il numero delle persone appassionate ed affascinate dalle bellezze culturali italiane. BIBLIOGRAFIA Atti della R. Accademia dei Lincei. Notizie degli scavi: Maggio. Tip. R. Accademia dei Lincei Roma 1886. Atti della R. Accademia dei Lincei. Notizie degli scavi: Settembre. Tip. della R. Accademia dei Lincei. Roma 1886. Bosi Roberto, Primo incontro con gli Etruschi, Edit. Giunti-Nardini, Firenze, 1984. Casaccia Mauro Quattranni Antonio, Ambiente, pesca, tradizioni del lago di Bolsena, Tip. Ambrosini, Bolsena, 1988. Driehaus Jürgen, Ricerche su un insediamento arcaico a Monte Bisenzo, in STUDI ETRUSCHI, vol. LIII, Firenze, 1985. Berlingò Irene, Bolsena e il suo lago. Il versante sud-est del lago, Edit. Quasar, Roma, 1994. Falconi Amorelli M. Teresa, Vulci, Edit. Paleani, Roma, 1983. Fioravanti Alessandro, Lago di Bolsena, 1959-1999. Fioravanti Alessandro, C ero anch io, Tip. Ambrosini, Acquapendente, 2000. Gli Etruschi e L Europa, Edit. Fabbri, Milano, 1992. Marabottini Maria Flavia Tamburini Pietro, Grotte di Castro: il territorio, il paese, il museo, Tip. Ambrosini, Acquapendente, 2007. Notizie degli scavi di antichità. Giugno 1886, Tip. R. Accademia dei Lincei, Roma, 1886. Pallottino Massimo, Gli Etruschi, Ed. C. Colombo, Roma,1939. Ricci Corrado, Santa Cristina e il lago di Bolsena, Edit. Treves, Milano, 1928. Rizzo Maria Antonietta, Le anfore da trasporto e il commercio etrusco arcaico, Edit. De Luca, Roma, 1990. Ruspantini Angelo, Storia di Grotte di Castro, Tip. Ceccarelli, 1988. Tarquini Alfredo, L isola di Amalasunta. Escursione geologica e storica al comprensorio del lago di Bolsena, Alma Roma, Roma, 1976. 28