invasioni barbariche 10 settembre 2014 Anno LII - N. 37 (2521) Giornale 3,00 euro www.panorama.it



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10 settembre 2014 Anno LII - N. 37 (2521) Giornale 3,00 euro www.panorama.it renzi e le scommesse d autunno: QUANTE NE VINCERà? Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Belgio 5,70 Euro; Germania 6,30 Euro; Grecia 7,00 Euro; U.K. 4,40 GBP; Svizzera 7,00 CHF; Svezia 55,50 Sek; Svizzera C.T. 6,70 CHF; U.S.A. (via aerea New York) 9,50 USD, Canada 10,00 Cad - P.I. SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona ISSN 977-0553109000 41437> 9 77 0553 109000 25 agosto 2014, piazza San Pietro: un musulmano posta su Facebook una foto con una bandiera che magnifica l Islam. invasioni barbariche Inneggiano al Califfato, esaltano gli orrori dell Isis e rifiutano la democrazia, alcuni vanno persino a combattere. Sono italiani convertiti all Islam, giovani immigrati di seconda generazione o ex disperati arrivati sui barconi. Per l Italia è arrivato il momento di intervenire. Prima che sia troppo tardi.

copertina Cartoline pro isis Professione di fede dell Islam davanti a San Pietro: potrebbe essere il noto predicatore australiano Musa Cerantonio. A destra, foto al Colosseo con cartello pro Califfato. Profilo schierato La pagina Facebook di Stefano Porcelli, dipendente della Regione Lazio, con la bandiera dell Isis. Connazionali convertiti, aspiranti jihadisti e imam radicali inneggiano allo Stato islamico. Su siti e pagine Facebook condannano la democrazia e ostentano le bandiere dell Isis. Il sostegno ai tagliagole di Siria e Iraq viaggia sul web. di Fausto Biloslavo con Vittorio Cerdelli GLi amici italiani 50 Panorama 10 settembre 2014 del califfo 3Bw 050_053EX052_055_pa37_coverstory FB_2.indd 50 02/09/14 21.18

L italiano di Raqqa Abourassib Alitali, tunisino che sostiene di essere di Milano, scrive su Facebook da Raqqa, la capitale siriana del Califfato. A destra, la conversazione con Panorama sul social network. contro Propaganda Sopra, la pagina Facebook «Musulmani d Italia» smentisce la vendita delle donne yazide. Sotto, condanna della democrazia su «Islam vera religione». Gli italiani convertiti che usano come copertina della pagina Facebook il vessillo nero del Califfato. I giovani musulmani, nati e cresciuti nel nostro Paese, convinti che sia meglio lo Stato islamico dell Isis piuttosto che la democrazia. I volontari della guerra santa che partono per Siria e Iraq. E quelli che postano le foto con la bandiera dell Islam davanti a San Pietro o con un cartello pro Isis di fronte al Colosseo. Gli amici del Califfo, Abu Bakr al Baghdadi, sono anche fra noi. Ecco le loro storie. «Non bisogna aver paura dell Isis. Si tratta di un movimento di liberazione dalla dittatura sanguinaria in Siria, che per forza di cose si è propagato in Iraq» sostiene il tecnico romano Stefano Porcelli. «I giovani che partono dall Europa e in misura minore dall Italia (perché siamo ancora troppo provinciali) sono come i partigiani che hanno combattuto sotto il tallone del nazismo». Su Facebook ha adottato come copertina la bandiera nera del Califfato. Musulmano dal 1990, con il nome Mustafa, lavora nell ufficio tecnico di un parco della Regione Lazio. «Il Califfato è la risposta che trascende ai mali dell umanità e tutti gli altri governi sono assai peggiori» afferma convinto Porcelli, cinquantenne con la barbetta islamica. Via Facebook ha stretto amicizia con Giuliano Ibrahim Delnevo, il giovane convertito di Genova «che per motivi ideali condivisibili» è partito per la Siria dove ha trovato la morte in nome della guerra santa. Per ora gli amici del Califfato in Italia sono una minoranza, «ma prenderemo piede» profetizza Porcelli. A Gradisca d Isonzo, in Friuli-Venezia Giulia, Livio Umar Tomasini è «ritornato all Islam», come dicono i convertiti, cinque anni fa, dopo un viaggio a Istanbul. Fino a pochi giorni fa aveva anche lui il vessillo nero dell Isis come copertina su Facebook, ma poi l ha sostituito con una frase di Gabriele D Annunzio. Per Umar la vittoria del Califfato «è solo questione di tempo. E noi 10 settembre 2014 Panorama 51 3Bw 050_053EX052_055_pa37_coverstory FB_2.indd 51 02/09/14 21.18

copertina Aiutiamoli a cambiare di Lorenzo Vidino* L orrore per le azioni dello Stato islamico e le rivelazioni della presenza di italiani nelle sue file hanno scatenato il dibattito sul jihadismo nel nostro Paese. Molti hanno chiesto un monitoraggio delle moschee, che già avviene da anni con efficacia (lo dimostrano le espulsioni di predicatori radicali). Le proposte di limitare la libertà di culto sono invece anticostituzionali. La maggior parte dei nuovi jihadisti, inoltre, opera soprattutto su internet o in circoli privati. Scarsi anche i legami con l immigrazione clandestina, per quanto non vadano completamente esclusi. I nuovi jihadisti hanno spesso passaporto italiano o permesso di soggiorno. Molti sono italiani convertiti e anche quelli nati da genitori musulmani non paiono avere particolari problemi. È possibile intervenire? La nostra legislazione antiterrorismo è adeguata, ma qualche cambiamento può essere utile. La legge punisce il reclutatore ma non il reclutato, un anacronismo nell era dell autoradicalizzazione su internet. Sarebbero importanti anche politiche di prevenzione, simili a quelle di altri paesi europei. Ossia strategie che mirano a coinvolgere insegnanti, assistenti sociali e imam moderati, che individuano giovani propensi all estremismo e collaborano con le autorità alla loro riabilitazione grazie all intervento di mentori (spesso psicologi e guide religiose). In Germania il governo finanzia Exit, organizzazione nata inizialmente per riabilitare i naziskin. Gestita da ex poliziotti, psicologi e membri della comunità islamica, lavora con scuole e famiglie. Ha convinto aspiranti combattenti a non andare in Siria e ad abbandonare l ideologia jihadista. Interventi tutt altro che infallibili, ma utili se affiancati ai metodi repressivi. Perché offrono a coloro che sono tentati dall estremismo (spesso poco più che adolescenti) una chance per cambiare rotta. *esperto di terrorismo dell Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) 52 Panorama 10 settembre 2014 credenti abbiamo il dovere di servire per consolidarlo, che si tratti di soldati, muratori, elettricisti, medici». I crimini dell Isis non fanno sorgere alcun dubbio: «In guerra è normale che avvengano massacri, ma la propaganda li esaspera. Se poi vietare gioco d azzardo, alcol e degradazione della donna sono cose riprovevoli...». Nelle moschee e nei centri islamici l argomento è tabù, ma si sono formati piccoli network di amici del Califfo, soprattutto via Internet. Se qualcuno vuole arruolarsi nell Isis, trova i primi contatti nel Sangiaccato, un area islamica fra Bosnia e Serbia, per poi arrivare in Turchia e sul fronte iracheno o siriano (non a caso, il governo britannico ha appena concesso alla polizia la facoltà di ritirare il passaporto ai sospetti aspiranti combattenti al confine). Muhammad Nur Al Haqq, all anagrafe Marco Valentino, classe 1966, che vive a Milano con la moglie cecena, deride su Facebook chi attacca l Isis. Durante un viaggio a Roma, il 7 settembre 2013 scriveva: «Siamo arrivati a bordo di un treno. Speriamo, Inshallah, che un giorno ci arriveremo in sella a un cavallo bianco». Il sogno di conquista è condiviso da F. Abdessalam Pierobon. Un altro convertito che pregava fra i monti di Agordo, in provincia di Belluno, con Ismar Mesinovic, l imbianchino bosniaco di Longarone partito per la Siria dove è morto in combattimento a gennaio (vedi riquadro a sinistra). Elmedi Halili, studente nato in Italia da genitori marocchini, che vive nel Torinese, è convinto che il Califfato e l applicazione della sharia siano un sistema migliore del nostro. Sulle persecuzioni dei cristiani e delle minoranze religiose in Siria e Iraq ribatte: «È tutto falso. Sono stati disinformati. Avrebbero potuto rimanere nelle loro case pagando la Jizyia (la tassa di protezione per i non musulmani, ndr)». Stefano Allievi, docente dell università di Padova, spiega che «imam, moschee e associazioni islamiche hanno preso nettamente le distanze dall Isis. Il Califfato, però, non è solo un organizzazione terroristica, ma un idea globale e seducente. Oltre a offrirti con facilità di combattere in Siria o foto di gruppo con bandiera Gruppo con l imam Bilal Bosnic (al centro vestito di nero) e bandiera dell Isis. Iraq, propone di vivere in un posto dove la sharia, la legge islamica, viene applicata al 100 per cento. Per questo fa proseliti». L ultimo che sarebbe partito per la Siria è un musulmano di origine malese che, secondo indicazioni sulla sua pagina Facebook, «Sentenza di Allah», si è trasferito da Trieste alla Germania prima del grande salto verso il Califfato. Il 25 agosto annuncia con un tag di essere partito «dall aeroporto di Düsseldorf diretto ad Aleppo in Siria» con altri aspiranti mujaheddin. «Non sappiamo se sia vero, ma il personaggio fa parte della rosa di 40-50 persone sotto monitoraggio. Si stanno effettuando controlli sulla lista di imbarco in Germania e sulla sua reale identità» confermano dall antiterrorismo. Abu Musab al Suri (il siriano) è un giovane che da Salò si è trasferito in Siria e usa come simbolo la bandiera nera dell Isis. Contattato da Panorama via Facebook, inizia a rispondere in italiano ma tronca il contatto. Dal 7 agosto Abourassib Alitali, l «italiano» di origini tunisine che sostiene di arrivare da Milano, posta su Facebook video e proclami dell Isis da Raqqa, «capitale» del Califfato in Siria. Ma qualche giorno dopo ammette di trovarsi in Iraq a combattere «per aiutare i frateeli». Nella foto del profilo, l ennesimo volontario della guerra santa collegato all Italia è 3Bw 050_053EX052_055_pa37_coverstory FB_2.indd 52 02/09/14 21.18

Il «martire» di Longarone e l imam salafita immortalato mascherato, in divisa nera e lanciarazzi Rpg. Il califfo Abu Bakr al Baghdadi fa parte della sua copertina. Su qualche post, Alitali prova a scrivere in uno stentato italiano. Il 28 agosto inneggia alla vittoria dei «musulmani nella guerra contro i cristiani e i cani sciiti. Allah o akbar, Dio è grande». Il 22 agosto, commentando una macabra immagine, parla «di cadaveri dei diavoli peshmerga (i combattenti curdi, ndr) finiti all inferno». orazione funebre Omaggio su Facebook a Ismar Mesinovic (nelle foto con barba e maglietta blu) caduto poi in battaglia. Gli amici del Califfato in Italia, soprattutto convertiti e giovani musulmani di seconda generazione, seguono i siti di propaganda della guerra santa in Siria come «Bilad al Sham» (una pagina cancellata 79 volte da Facebook, che continua a rispuntare). Altre pagine, come «Musulmani d Italia-organizzazione comunitaria», non si schierano con il Califfato, ma tendono a negare o sminuire i crimini dell Isis, che in alcuni casi sono realmente esagerati. Il giornalista americano decapitato, James Foley, è sospettato di essere una spia: c è chi sostiene che la sua brutale esecuzione sia una messa in scena della Cia. Oppure che le donne yazide in Iraq non sono vendute come schiave o ancora che i cristiani non hanno subito massacri. «Islam, la vera Religione» si propone come pagina d informazione di una pacifica organizzazione no profit, ma il 12 aprile ha pubblicato un intervento dello sceicco al Awlaki, l imam radicale di origini americane ucciso da un drone nello Yemen. «Non ci sono soluzioni moderate nell Islam» si legge nell editto. «Maometto applicò la Legge di Allah sulla Terra attraverso il Jihad militare e nient altro che quello». Subito sotto, un manifesto sponsorizzato dalla onlus musulmana non lascia dubbi: «Condanna la democrazia, supporta il Califfato islamico». Il 25 agosto è stata postata una foto scattata davanti a San Pietro con un barbuto, che forse è Musa Cerantonio noto predicatore australiano di padre calabrese, mentre srotola la bandiera nera dell Islam. Sopra, si legge la professione di fede musulmana: «Non vi è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta». La foto ha raccolto 361 «mi piace». In giugno, con l avanzata in Iraq, lo Stato islamico aveva lanciato una campagna di sostegno al movimento, invitando a inviare «cartoline» via social network. Dalla città eterna, un anonimo simpatizzante ha rilanciato su Twitter la foto scattata davanti al Colosseo di una scritta su un pezzo di cartone: «Lo Stato islamico rimarrà rimarrà». Sottointeso, per sempre. n riproduzione riservata «Che Iddio abbia misericordia del mio carissimo fratello Ismar e lo accetti tra i Martiri» ha scritto in rete Anass Abu Jaffar, vissuto a lungo nel Bellunese, prima di tornare in Marocco. Il «fratello» è Mesinovic, bosniaco di 38 anni, partito per la Siria, dov è stato ucciso in battaglia a gennaio. Abu Jaffar bolla l Isis come un invenzione degli Usa, ma è un salafita schierato contro gay e democrazia e sembra convinto che Napoleone fosse musulmano. Il 4 maggio ha postato su Facebook una foto (a sinistra, in alto, maglia verde) in cui guida la preghiera fra i monti di Agordo di «un fratello italiano e due fratelli bosniaci, tra cui uno morto»: Mesinovic (foto a sinistra), su cui invoca la misericordia di Allah. In maglietta nera e barba islamica, c è anche il convertito F. Abdessalam Pierobon, che nella seconda foto ha un braccio sulla spalla di Munifer Karamaleski, con la maglia a righe, 30 anni, di Palughetto di Chies (Belluno), anche lui, pare, morto in Siria. Il bosniaco Mesinovic è stato immortalato con Karamaleski pure in un incontro a Trento con l imam Aboulkheir Breigheche, che condanna l Isis (autore secondo l Onu di «atti di una disumanità inimmaginabile»), ma è molto attivo per la lotta in Siria. La foto del cadavere di Mesinovic è stata postata da Hamza Muratovic, il braccio destro dell imam itinerante bosniaco Bilal Bosnic, che ha tenuto sermoni a Cremona e Pordenone. Giovanni Giacalone, esperto di jihadismo nei Balcani, conferma che «Bosnic svolge un ruolo chiave per la propaganda del radicalismo salafita in Italia, ma anche in altri Paesi europei come Austria e Belgio. Non si esclude un suo coinvolgimento nel reclutamento di combattenti in partenza dall Italia per Siria e Iraq». 10 settembre 2014 Panorama 53 3Bw 050_053EX052_055_pa37_coverstory FB_2.indd 53 02/09/14 21.18