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Transcript:

Introduzione La decisione dell Unione Europea di obbligare le società quotate a predisporre i bilanci consolidati, a partire dal 1 gennaio 2005, secondo i principi contabili internazionali ha fatto aumentare notevolmente l interesse verso gli International Accounting Standards (IAS), o meglio verso gli International Financial Reporting Standards (IFRS). Tale interesse è ancora più attuale se si pensa che, di fatto, le imprese quotate dovranno redigere il bilancio consolidato, in base agli IAS, già a partire dal bilancio relativo all esercizio 2004, al fine di possedere dei dati comparativi. In questo contesto di profondo cambiamento in materia di bilancio, ho voluto focalizzare la mia attenzione sulla valutazione delle rimanenze di magazzino, uno degli aspetti che sicuramente subirà in maniera rilevante il processo di armonizzazione dei vari principi contabili e delle politiche contabili dei diversi Paesi. La valutazione delle scorte di magazzino è certamente un fattore in grado di influenzare il risultato economico d esercizio, per questo motivo il criterio utilizzato ai fini della valorizzazione delle scorte è molto importante. Nell attuale disciplina nazionale in tema di rimanenze, sono quattro i criteri che soddisfano i dettami del Codice Civile in materia: il FIFO, il LIFO, il costo medio ponderato e il costo specifico. Con l introduzione, a partire dal 1 gennaio 2005, dei nuovi principi contabili internazionali e, in particolare, della nuova versione dello IAS n. 2 (Rimanenze), il criterio del LIFO non sarà più accettato come metodo di valutazione. Con il mio lavoro mi propongo di fare un confronto tra l attuale disciplina nazionale e la futura prassi internazionale, mettendo in luce ed analizzando gli elementi innovativi. IV

Nel primo capitolo ho voluto offrire una visione generale dell attuale prassi interna in tema di rimanenze di magazzino al fine di porre una base per il successivo confronto. Inizialmente ho voluto identificare le rimanenze in bilancio per poi concentrami sulla loro valutazione sia civilistica, sia fiscale. In particolare mi sono soffermata sui metodi di valutazione civilistica, elencandoli, descrivendoli e fornendo degli esempi. Nel secondo capitolo ho voluto introdurre il confronto tra normativa interna ed internazionale, analizzando il percorso che ha portato, prima alla nascita e sviluppo dell attuale IASB (International Accounting Standards Board) e, successivamente, all adozione degli IFRS da parte dell Unione Europea già a partire dal prossimo esercizio. Sono tre i principali regolamenti attraverso cui l Unione Europea si avvia al processo di armonizzazione contabile in tema di bilancio: Regolamento n. 1606/2002 del 19 luglio 2002 (pubblicato sulla Guce n. 243 dell 11 settembre 2002) per l adozione, all interno dell UE, di principi contabili internazionali nella redazione dei bilanci; Regolamento n. 1725/2003 del 29 settembre 2003 (pubblicato nella Guce L 261 del 13 ottobre 2003) che adotta il set quasi completo degli IAS (e le relative interpretazioni) emanati dallo IASB, identificandone appunto il contenuto; Regolamento comunitario 707/2004 del 6 aprile 2004 che recepisce il Principio contabile internazionale IFRS n. 1 («Prima adozione degli International Financial Reporting Standard»), sulla prima applicazione degli IAS/IFRS. Dopo un breve accenno ai principi contabili statunitensi (US GAAP), ho ristretto la mia attenzione allo IAS n. 2, offrendo un quadro cronologico che riassume tutte le tappe più importanti. In fine, sono passata al confronto, individuando come elementi di cambiamento l eliminazione del LIFO come metodo di valorizzazione delle rimanenze e l introduzione del fair value. V

Questo studio si basa essenzialmente sulla valutazione delle rimanenze finali d esercizio della specie «magazzino» escludendo la specie «lavori in corso su ordinazione» dato che tale argomento è oggetto di specifiche problematiche estranee a quelle comuni alle categorie analizzate, ossia: rimanenze di materie prime, sussidiarie e di consumo; prodotti in corso di lavorazione e semilavorati; prodotti finiti e merci. Infatti, né i Principi Contabili né gli IAS trattano questa voce nell ambito delle rimanenze. La sua particolare natura, infatti, suggerisce criteri di valutazione particolari, ai quali sono destinati specifici documenti. 1 1 Santesso E., Sòstero U., Principi contabili per il bilancio d esercizio, Il Sole 24 Ore, pg. 332-333 VI

Premessa Definizione di rimanenze e tipologie Le rimanenze o giacenze di magazzino possono essere definite come qualsiasi materiale che giace all interno dell azienda in attesa di utilizzo; esse includono i beni destinati alla vendita o che concorrono alla loro produzione nella normale attività dell impresa. Generalmente comprendono le seguenti classi: a) merci e prodotti finiti; b) semilavorati; c) prodotti in corso di lavorazione; d) materie prime; e) materie sussidiarie e di consumo. Le merci sono beni che l impresa acquista dai fornitori per poi rivenderli nello steso stato in cui essi sono stati acquistati; senza cioè che intervenga alcun processo di trasformazione fisica del bene. I prodotti finiti sono beni manufatti dall impresa, ossia il risultato finale del processo tecnico di lavorazione adottato dall impresa. I semilavorati sono quei beni che, pur essendo destinati ad essere incorporati in altri, hanno una propria individualità e che, quindi, potrebbero essere commercializzati come tali. Vi possono essere semilavorati d acquisto o semilavorati di produzione. I prodotti in corso di lavorazione, al contrario, sono costituiti da materiali il cui processo di lavorazione non è ancora ultimato e che, conseguentemente, non sarebbero commercializzabili nello stato in cui si trovano. Le materie prime sono quei materiali utilizzati direttamente nei processi produttivi aziendali. 1

Le materie sussidiarie sono costituite da altri materiali usati direttamente nella produzione, ma di minor rilevanza 1. Mentre le materie di consumo sono materiali che vengono impiegati indirettamente nella produzione, senza cioè essere incorporate nei prodotti finiti. La contabilizzazione delle rimanenze va eseguita con riferimento al passaggio del titolo di proprietà, in quanto con lo stesso vengono trasferiti i rischi relativi al bene 2. Il passaggio del titolo di proprietà si considera solitamente avvenuto alla data di spedizione o di consegna per i beni mobili, secondo le modalità contrattuali dell acquisto ed in base al trasferimento dei rischi dal punto di vista sostanziale, ed alla data di stipulazione del contratto di compravendita per gli immobili. Perciò, le rimanenze di magazzino includono: 1) le rimanenze di magazzino presso gli stabilimenti e magazzini dell impresa, ad esclusione di quelle ricevute da terzi in visione, in prova, in conto lavorazione e/o deposito, ecc.; 2) le giacenze di proprietà dell impresa presso terzi in conto deposito, lavorazione, prova, ecc.; 3) materiali, merci e prodotti acquistati, non ancora pervenuti bensì in viaggio quando, secondo le modalità dell acquisto, l impresa ha già acquisito il titolo di proprietà (esempio: consegna stabilimento o magazzino del fornitore). Per quanto riguarda la nozione di rimanenze accettata nella normativa fiscale, si può affermare che essa coincida con quella civilistica. Infatti, l art. 92 (1 c., n. 1) del TUIR recita quanto segue: le variazioni delle rimanenze finali dei beni indicati all'articolo 85, comma 1, lettere a) e b), rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio. I beni specificati nell art. 85 (1 c., lett. a-b) sono: a. beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa; b. materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione. 1 Santesso E., Sòstero U., Il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2004, pg. 115 2 Santesso E., Sòstero U., Il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2004, pg. 116 2

Ciascuna delle classi indicate, ad eccezione dei semilavorati di produzione (prodotti in corso di lavorazione) che hanno un trattamento fiscale particolare, devono essere suddivise in categorie omogenee per natura e valore, a meno che no siano valutate a costi specifici (art. 92, c. 1, n. 1, TUIR). 3

I CAPITOLO PRIMO L ATTUALE DISCIPLINA ITALIANA IN TEMA DI RIMANENZE DI MAGAZZINO

1.1 Classificazione Le rimanenze di magazzino sono messe in evidenza sia nello stato patrimoniale, sia nel conto economico, come previsto dal Codice civile. L art. 2424 espone, nello stato patrimoniale, le giacenze di magazzino nella classe C. Attivo circolante: Tabella 1.1 Le rimanenze nello Stato Patrimoniale ATTIVO: C) Attivo circolante: I Rimanenze: 1) materie prime, sussidiarie e di consumo; 2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati; 3) lavori in corso su ordinazione; 4) prodotti finiti e merci; 5) acconti. Totale 5

Mentre, l art. 2425 stabilisce che le rimanenze di magazzino siano evidenziate nello schema di conto economico come segue: Tabella 1.2 Le rimanenze nel Conto Economico A) Valore della produzione: 2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti; 3) variazione dei lavori in corso su ordinazione; B) Costi della produzione: 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci; Inoltre il Codice civile dispone, all art. 2427 (1 c., n. 1), che la nota integrativa deve indicare i criteri applicati nella valutazione delle voci di bilancio. In particolare, in riferimento all art. 2426 (1, n. 10), qualora il costo dei beni fungibili sia calcolato col metodo della media ponderata o con quelli FIFO o LIFO e il valore così ottenuto differisca in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell esercizio, la differenza sia indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa 1. Nella nota integrativa devono essere riportate anche le eventuali interferenze tributarie. 1 Santesso E., Sòstero U., Il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2004, pg. 116 6

1.2 La valutazione delle rimanenze La valutazione delle rimanenze finali di magazzino costituisce, per l impresa, uno dei punti cruciali della fase di rilevazione del risultato economico d esercizio. Al momento della predisposizione dei fatti contabili relativi alla formazione del bilancio d esercizio, occorre infatti determinare quella parte di costi che non hanno ancora trovato i corrispondenti ricavi, rinviandoli agli esercizi futuri come costi sospesi. Appare chiaro, quindi, che la valutazione delle rimanenze di fine esercizio è uno dei problemi più importanti per la determinazione del reddito in quanto una svalutazione o una sopravvalutazione delle scorte, rispetto ai dati reali, è in grado di modificare l entità dell utile conseguito o della perdita subita, alterando, nel contempo, i costi dei futuri esercizi. Per tali motivi il legislatore civile e quello fiscale hanno fissato alcuni principi di carattere generale al fine di garantire una valutazione delle rimanenze che offra valide garanzie di tutela nei confronti del patrimonio aziendale, del fisco e anche dei creditori. 7

1.3 Valutazione civilistica In materia di criteri di valutazione il Codice civile fornisce tre principali linee di comportamento: all art. 2426 (1 c., n. 9) dispone come principio generale che le scorte devono essere iscritte al loro costo di acquisto o di produzione, ovvero al loro valore di realizzazione desumibile dall andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi; sempre all art. 2426 (1 c., n. 12) prevede che le materie prime, sussidiarie e di consumo, possono essere iscritte nell attivo ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all attivo del bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione; il punto precedente continua fornendo la terza linea guida: è consentito effettuare rettifiche di valore e accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie. L art. 2426 (1 c., n. 9) riafferma il principio generale della prudenza, un postulato di fondamentale importanza per la salvaguardia della funzione informativa del bilancio d esercizio secondo il quale i profitti non realizzati non devono essere contabilizzati, mentre le perdite, anche se non definitivamente subite, devono risultare in bilancio. Il principio contabile della prudenza non è l unico ad essere preso in considerazione nella valutazione delle giacenze di magazzino. In particolare, si richiamano i principi di comprensibilità, d imparzialità, di continuità di applicazione dei principi contabili, della competenza e del costo come criterio base delle valutazioni di bilancio dell impresa in funzionamento. 8

Tali postulati costituiscono i fondamenti dei principi contabili e vanno tenuti pertanto presenti. È principalmente dalla combinazione del principio della prudenza e del principio del costo come criterio base delle valutazioni di bilancio dell impresa in funzionamento che scaturisce il principio generale di valutazione delle rimanenze di magazzino, applicabile in un sistema contabile a valori storici. Tale principio prevede in sostanza di identificare il costo delle rimanenze (d acquisto o di produzione) e il loro valore di realizzazione, che si può desumere dall andamento del mercato. Alla fine di ogni esercizio, una volta identificate queste grandezze, si procede alla valutazione assegnando alle rimanenze il più basso tra i due valori 2. Nel caso, quindi, il prezzo corrente di mercato sia inferiore al costo, sarà necessaria una svalutazione. Se però, in un successivo esercizio il valore di mercato risulterà nuovamente superiore al costo si rende necessario un parziale ripristino di valore, attraverso una rivalutazione d esercizio, con accredito a conto economico e riportando la notizia in nota integrativa. Il principio di valutazione delle rimanenze di magazzino del minore tra costo storico 3 e prezzo di mercato si fonda sulla teoria che nel momento in cui l utilità o la funzionalità originaria misurata dal valore originario si riduce, si rende necessario modificare tale valore tramite il valore di mercato. Ai fini di una corretta valutazione delle rimanenze, occorre distinguere tra imprese mercantili ed imprese industriali, le quali fanno riferimento rispettivamente al costo di acquisto e al costo di produzione. 2 Santesso E., Sòstero U., Il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2004, pg. 117 3 È costituito dal complesso dei costi sostenuti per ottenere la proprietà delle rimanenze di magazzino nel loro attuale sito e condizione. 9

La determinazione del costo di acquisto Per la valutazione di rimanenze di materie prime, materie sussidiarie, materie di consumo e merci si fa riferimento al costo sostenuto per l approvvigionamento di questi beni, cioè il costo d acquisto. Come precisa la norma civilistica, esso è dato dal prezzo concretamente pagato più tutti gli oneri accessori diretti (es.: spese di trasporto, spese doganali, assicurazioni, ecc.), da cui si deducono i resi, gli sconti commerciali, gli abbuoni e i premi; mentre non vanno considerati i cosiddetti sconti di cassa e gli eventuali interessi passivi per la dilazione di pagamento. In proposito il TUIR concorda perfettamente con la normativa civilistica, affermando, all art. 110 (1, lett. b), che si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali. La determinazione del costo di produzione La valutazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e prodotti finiti viene effettuata al costo di produzione in cui rientrano tutti i costi direttamente imputabili al prodotto, altri costi indiretti e oneri relativi al finanziamento della fabbricazione per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto. Sono, invece, esclusi i costi di distribuzione. Gli oneri tipicamente identificabili come componenti del costo di fabbricazione o industriale possono riassumersi nei seguenti: costi diretti: costo dei materiali utilizzati; costo della manodopera diretta, inclusivo degli oneri accessori; semilavorati; imballaggi; costi relativi a licenze di produzione. 10

Costi indiretti: stipendi, salari e relativi oneri inerenti la manodopera indiretta ed il personale tecnico di stabilimento; ammortamenti economico-tecnici dei cespiti destinati alla produzione, ad esclusione degli ammortamenti stanziati per usufruire di un beneficio fiscale altrimenti non ottenibile; manutenzione e riparazioni; materiali di consumo; altre spese effettivamente sostenute per la lavorazione dei prodotti (gas metano, acqua, manutenzione esterna, servizi di vigilanza, ecc.). Chiariti in linea di principio gli elementi che concorrono a formare il costo delle rimanenze di magazzino, si pone il problema di individuare in concreto per quale concetto di costo optare. La valutazione delle rimanenze di magazzino presupporrebbe l'individuazione e l'attribuzione alle singole unità fisiche dei costi specificamente sostenuti per le unità medesime. Tale individuazione ed attribuzione, però, non è di solito praticamente attuabile a causa dell'entità delle rimanenze e della loro velocità di rotazione. Pertanto, dal punto di vista pratico vengono effettuate delle assunzioni sul flusso delle rimanenze e dei costi cui corrispondono altrettanti metodi o criteri alternativi di determinazione del costo. Sia lo Ias n. 2 4 che il principio contabile nazionale n. 13 5 affrontano tale problematica, giungendo a risultati tra loro non contrastanti, tranne per quanto riguarda il metodo di valutazione delle rimanenze Lifo, di cui si dirà in seguito. Il principio contabile nazionale n. 13 individua quattro criteri o metodi alternativi che soddisfano i dettami del Codice civile in materia, in particolare con riferimento ai beni fungibili (art. 2426, 1 c., n. 10). 4 International Accounting Standards n. 2, che ha per oggetto le rimanenze di magazzino; 5 Documento della Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili; 11

Si tratta dei seguenti metodi: 1) Specifica identificazione del costo; 2) Metodo FIFO (first-in, first-out): gli acquisti o le produzioni più remoti sono i primi venduti; 3) Metodo del costo medio ponderato; 4) Metodo LIFO (last-in, first-out): gli acquisti o le produzioni più recenti sono i primi venduti. L adozione di uno dei quattro criteri sopra elencati non produce differenze rilevanti in periodi di stabilità dei prezzi, al contrario, in periodi di elevata instabilità l opzione per l uno o per l altro può portare a differenze anche significative 6. Ad ogni modo, la decisione è affidata agli amministratori che tuttavia, nel caso di scostamenti rilevanti rispetto all effettivo andamento dei prezzi correnti di mercato, sono tenuti a darne notizia nella nota integrativa. 1.3.1 Analisi dei criteri di valutazione civilistici delle rimanenze Passiamo ora alla specifica analisi di ogni metodo. Metodo del costo specifico Tale metodo identifica i singoli beni acquistati ed i relativi costi, assegnando un valore univoco ad ogni unità componente il magazzino. A differenza degli altri criteri, che si basano su astrazioni e ipotesi di flussi di merci, è l unico che valorizza con precisione il singolo bene giacente in magazzino. Il metodo della specifica identificazione del costo può essere adottato solo se le voci delle rimanenze non sono intercambiabili, in altre parole è richiesto che i beni in giacenza non siano fungibili bensì specificatamente identificabili. Detto metodo sarà quindi adottabile solo da poche imprese il cui magazzino presenti 6 Franco Cornaggia e Nomberto Villa, Ias, una nuova veste per le rimanenze. Il lifo va in pensione, ItaliaOggi7, Lunedì 08/03/04, pg. 34 12