3. Il servizio di ricezione e trasmissione di ordini



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Le specificità dei singoli servizi. Offerta fuori sede e tecniche di comunicazione a distanza 161 3. Il servizio di ricezione e trasmissione di ordini Per la prestazione del servizio di ricezione e trasmissione ordini non sono formulate regole specifiche, in aggiunta a quelle generali. Queste ultime attengono, secondo quanto già illustrato, al rispetto del principio di appropriatezza, e alla formulazione della strategia di trasmissione degli ordini, finalizzata ad assicurare il rispetto del principio di best execution. Si deve ritenere che gli artt. 49, 50 e 51 del Regolamento intermediari (gestione degli ordini dei clienti; aggregazione; assegnazione) trovino applicazione anche alla prestazione del servizio di ricezione e trasmissione ordini, ovviamente con riferimento non già alla fase di esecuzione dell ordine, ma in relazione alla fase di trasmissione dell ordine stesso. 4. Il servizio di collocamento Anche per la prestazione del servizio di collocamento restano sostanzialmente ferme le regole generali e quelle caratterizzanti, nei termini già riassunti. In realtà, la prestazione del servizio di collocamento risulta ampiamente incisa dalle norme relative alle offerte pubbliche di sottoscrizione e vendita, stanti le forti interrelazioni tra le due materie, con la conseguenza che le regole di dettaglio applicabili alla prestazione di tale servizio derivano, più che altro, dalla disciplina dell offerta al pubblico. (v. infra). 5. Il servizio di gestione di portafogli Con il recepimento della MiFID, le regole specificamente applicabili alla prestazione del servizio di gestione, in aggiunta alle regole generali, si sono notevolmente ridotte. A livello generale, si ricorda, innanzitutto, che il servizio di gestione è sottoposto al rispetto della regola di adeguatezza. Su tale base, l art. 24 TUF formula un primo nucleo di regole specifiche, stabilendo che: il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere; il cliente può recedere in ogni momento dal contratto, fermo restando il diritto di recesso del gestore ai sensi dell art. 1727 c.c.; la rappresentanza per l esercizio dei diritti di voto inerente agli strumenti finanziari in gestione può essere conferita all impresa di investimento, alla banca

162 La disciplina del mercato mobiliare o alla società di gestione del risparmio con procura da rilasciarsi per iscritto e per singola assemblea nel rispetto dei limiti e con le modalità stabiliti con regolamento emanato dal Ministro dell economia e delle finanze, sentite la Banca d Italia e la Consob. Tutte e tre le previsioni erano già formulate dalla precedente versione dell art. 24 (peraltro, il nuovo art. 24 non contiene più alcune norme precedentemente contemplate). La disposizione si chiude con la precisazione che sono nulli i patti contrari alle disposizioni del presente articolo; la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. Quanto alle disposizioni di rango secondario, l art. 38 del Regolamento intermediari formula, con riguardo al contratto di gestione, regole specifiche che si aggiungono a quelle formulate per tutti i servizi di investimento dall art. 37 del medesimo Regolamento. La formulazione dell art. 24 TUF riflette le caratteristiche essenziali del servizio di gestione di portafogli, destinate a trovare specificazione nella disciplina di rango regolamentare. È dunque opportuno procedere ad un esame congiunto della disposizione di legge, e di quelle secondarie, concentrandoci sui profili qualificanti della disciplina. (i) Il contratto. Il contratto di gestione, oltre agli elementi richiesti per gli altri servizi di investimento, deve contenere le ulteriori indicazioni di cui all art. 38 del Regolamento intermediari. In particolare, il contratto: a) indica i tipi di strumenti finanziari che possono essere inclusi nel portafoglio del cliente e i tipi di operazioni che possono essere realizzate su tali strumenti, inclusi eventuali limiti; b) indica gli obiettivi di gestione, il livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità ed eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità; c) indica se il portafoglio del cliente può essere caratterizzato da effetto leva; d) fornisce la descrizione del parametro di riferimento, ove significativo, al quale verrà raffrontato il rendimento del portafoglio del cliente; e) indica se l intermediario delega a terzi l esecuzione dell incarico ricevuto, specificando i dettagli della delega; f) indica il metodo e la frequenza di valutazione degli strumenti finanziari contenuti nel portafoglio del cliente. Elemento tipico del contenuto del contratto di gestione, quale plasmato dalla disciplina secondaria, è rappresentato dall obbligo di indicare le informazioni sul profilo o sulle caratteristiche della gestione. Tale elemento si traduce nell obbligo di indicare gli elementi di cui alle lettere a) b) e c) dell elenco, in parte già contemplati dalla disciplina previgente. Tuttavia, mentre, nel sistema antecedente il recepimento della MiFID, il Regolamento interme-

Le specificità dei singoli servizi. Offerta fuori sede e tecniche di comunicazione a distanza 163 diari definiva analiticamente i singoli elementi (ad esempio, gli strumenti finanziari, le tipologie di operazioni, ecc.), la materia è ora lasciata all autonomia negoziale. Nulla vieta, tuttavia, che le nozioni e le categorie precedenti continuino ad essere utilizzate, ma in tal caso su basi per l appunto volontarie, e a condizione che il contratto le disciplini. In particolare, ciò può risultare utile al fine di identificare la portata di nozioni che, pur utilizzate dalla nuova disciplina, non sono più espressamente definite, come accade ad esempio con riferimento all effetto leva. La nozione di leva finanziaria, nella disciplina antecedente al recepimento della Direttiva, era espressamente definita dal Regolamento intermediari, mentre la nuova disciplina non ne dà alcuna definizione: nulla osta a che la vecchia definizione sia ripresa nel contratto di gestione, così come nulla osta a che il contratto fornisca una propria specifica definizione di tale elemento. In ogni caso, qualora il gestore possa ricorrere alla leva (e, conseguentemente, possa impegnare il patrimonio gestito anche per valori superiori al controvalore dello stesso, così incrementando l esposizione del portafoglio al rischio di perdite), tale elemento va indicato nel contratto. 2 Rispetto alla disciplina precedente al recepimento della MiFID, una modifica di rilievo attiene al parametro di riferimento (il c.d. benchmark): l abrogato art. 42 del Regolamento n. 11522/1998 stabiliva che ai fini della definizione delle caratteristiche della gestione, l intermediario deve indicare all investitore un parametro oggettivo di riferimento coerente con i rischi a essa connessi al quale commisurare i risultati della gestione, aggiungendo altresì che il parametro doveva essere costruito facendo riferimento a indicatori finanziari elaborati da soggetti terzi e di comune utilizzo. Ancora, il Regolamento n. 11522/1998 considerava il benchmark un elemento centrale nella definizione delle caratteristiche della gestione. La nuova formulazione è diversa: il benchmark va indicato soltanto là dove significativo (in funzione delle caratteristiche della gestione), e in ogni caso al solo fine di raffrontare il rendimento del portafoglio. Se previsto 3, si conferma dunque che il benchmark è un indicatore la cui funzione è di consentire all investitore di porre a raffronto l attività svolta dal gestore, con l andamento di un parametro esterno. È dunque da escludere che la rappresentazione del benchmark nel contratto di 2 La leva finanziaria era definita dall abrogato Regolamento n. 11522/1998 come il rapporto fra il controvalore di mercato delle posizioni nette in strumenti finanziari e il controvalore del patrimonio affidato in gestione calcolato secondo i criteri previsti per i rendiconti trimestrali di cui all Allegato n. 5. La definizione ha sollevato, peraltro, numerosi dubbi interpretativi, anche sotto il profilo delle modalità di calcolo della leva stessa. Alcune indicazioni a loro volta non prive di difficoltà interpretative sono state fornite dalla Consob con la propria Comunicazione 6 agosto 1988, n. 98065074. 3 Ad esempio, nelle cc.dd. gestioni flessibili, il benchmark potrebbe non essere significativo e, dunque, non essere indicato nel contratto.

164 La disciplina del mercato mobiliare gestione modifichi la natura degli obblighi assunti dall intermediario gestore: in altri termini, il benchmark non rappresenta un parametro il cui andamento il gestore è tenuto ad eguagliare o, addirittura, a superare; né, simmetricamente, si potrà ritenere che il gestore incorra in responsabilità per il semplice fatto di aver conseguito, in un determinato periodo, un risultato inferiore a quello del benchmark stesso. La conclusione, che doveva già ricavarsi nel sistema previgente, discende ora de plano dalla nuova formulazione delle disposizioni in tema di gestione. (ii) La possibilità di formulare istruzioni vincolanti e il diritto di recesso. L art. 24, comma 1, lett. a), TUF stabilisce che, nell ambito del servizio di gestione, il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere 4. La norma ribadisce ciò che, notoriamente, rappresenta uno degli stessi tratti distintivi del servizio di gestione individuale, rappresentato dalla possibilità per il cliente di intervenire direttamente mediante la formulazione di istruzioni vincolanti nell attività gestoria; possibilità che invece è da escludere nella gestione collettiva del risparmio. L ampia formulazione dell art. 24 è idonea a ricomprendere non soltanto gli ordini specifici che il cliente intenda di dover di volta in volta impartire (ad esempio: acquistare o vendere un determinato strumento finanziario), ma più in generale ogni altro aspetto attinente all attività gestoria: dalle strategie generali di investimento, al profilo di rischio della gestione, ecc. Sempre ai sensi dell art. 24, comma 1, lett. b), TUF, il cliente gode del diritto di recedere in qualsivoglia momento dal rapporto di gestione. Anche questa previsione (già rinvenibile nel sistema sin dalla legge n. 1/1991) risponde ad un evidente necessità di tutela dell investitore: la possibilità di sciogliersi in qualsiasi momento dal contratto, e di ottenere così la restituzione del proprio patrimonio, rappresenta un diritto di cui egli non può essere privato, anche alla luce della sanzione della nullità che, ai sensi dell art. 24, comma 2, colpisce le pattuizioni in contrasto con quanto richiesto dalla norma primaria 5. Il diritto di recesso previsto dall art. 24 costituisce una facoltà attribuita in via generale al soggetto che instaura un rapporto di gestione di portafogli. Esso non è da confondere con lo jus poenitendi che l art. 30, comma 6, TUF riconosce nel caso in cui il contratto di gestione venga offerto fuori sede (v. infra). 4 V. MAZZINI (1999); COSSU (2002). 5 Ad esempio, sarebbe affetta da nullità (relativa) la clausola che prevede la possibilità per il cliente di recedere dal rapporto di gestione soltanto dopo che è decorso un periodo minimo di durata del rapporto. Di dubbia validità appaiono poi le clausole che, in qualche misura, condizionano la libertà di recesso del cliente: si pensi, ad esempio, ad un contratto di gestione che preveda l applicazione di una commissione di uscita, ossia di una commissione che viene prelevata nel caso in cui il cliente eserciti il diritto di recesso.

Le specificità dei singoli servizi. Offerta fuori sede e tecniche di comunicazione a distanza 165 (iii) La rappresentanza per l esercizio del voto. Confermando una disposizione già prevista nell originaria formulazione dell art. 24 TUF, la lett. c) del comma 1 regola le modalità da osservare per l esercizio del diritto di voto, e stabilisce che la rappresentanza per l esercizio dei diritti di voto inerenti agli strumenti finanziari in gestione può essere conferita all intermediario con procura da rilasciarsi per iscritto e per singola assemblea nel rispetto dei limiti e con le modalità stabiliti con regolamento dal Ministro dell economia e delle finanze, sentite la Banca d Italia e la Consob 6. Non trova dunque applicazione, in questa materia, la disciplina generale di cui all art. 2372 c.c. (iv) la delega di gestione. La facoltà di rilasciare deleghe di gestione (originariamente contemplata anche dall art. 24 TUF) è ora prevista (unicamente) in sede regolamentare. In realtà, trattandosi di facoltà riconosciuta dalla disciplina comunitaria, lo scivolamento della disposizione nell ambito delle norme di rango secondario non ha alcuna conseguenza di rilevo. La materia, stante la ripartizione di competenze tra Consob e Banca d Italia, rientra ora nell ambito del c.d. Regolamento congiunto, ai sensi del quale il conferimento delle deleghe di gestione è regolato in conformità al diritto comunitario nell ambito più generale delle disposizioni che attengono all esternalizzazione di funzioni aziendali (art. 19 ss. v. supra Cap. VII). Con riferimento alle deleghe di gestione, la disciplina tace, peraltro, in merito alla possibilità per il cliente-investitore di agire direttamente nei confronti del soggetto delegato. Qualora potesse applicarsi l art. 1717, comma 3, la risposta sarebbe affermativa, in quanto tale disposizione prevede espressamente che il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario. Non è tuttavia chiaro se il disposto dell art. 1717, comma 3, possa trovare applicazione. La disciplina di settore sembrerebbe, infatti, voler assegnare centralità alla figura dell intermediario delegante, con l effetto che la responsabilità di quest ultimo non sembra possa essere esclusa o limitata per effetto della delega; tale disciplina sembra dunque ricostruire il rapporto di delega in termini puramente interni, ossia di rapporti tra il soggetto delegato e il soggetto delegante. Da ciò però non sembra che si debba inferire l inapplicabilità dell art. 1717, comma 3, c.c., che in perfetta coerenza con l impianto normativo può in realtà risolversi in un rafforzamento della tutela dell investitore, stante la possibilità che a quest ultimo verrebbe riconosciuta di agire nei confronti tanto del delegante, quanto del delegato (fermi, ovviamente, i rapporti interni tra tali due soggetti, e le eventuali reciproche forme di rivalsa che vengano tra di essi pattuite) 7. 6 V. il D.M. 11 novembre 1998. 7 Conforme da ultimo MIOLA (2002).