Marchi Contraffazione ed usurpazione del marchio - Società di consulenza di proprietà industriale ed intellettuale Nome registrato come ditta e come marchio - Attività di produzione di sistemi multimediali della società contraffattrice - Segni distintivi simili Settori merceologici non affini Limiti della tutela al medesimo ambito merceologico Contraffazione Esclusione - Concorrenza e pubblicità - Concorrenza sleale Diversità di settore merceologico Contigua ubicazione delle società Sviamento di clientela Esclusione - Rif.Leg.art.2598 cc;artt.13,60 L.929/42; Sentenza n. 1475/06 Pronunziata il 16/08/2006 Depositata il 22/10/2006 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALI IL TRIBUNALE DI MODENA SEZIONE 1^ CIVILE Il Giudice Unico, Dott.ssa CAROLINA GENTILI ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A Nel procedimento civile sub R.G. 4061/2000, promosso da ALFA S.R.L., rapp.ta e difesa dall'avv.to Antonella Guareschi Parte attrice CONTRO A.L.F.A. ASSOCIATI S.R.L., rapp.ta e difesa dagli Avv.ti Giovanni Bisi e Marco Cavani Parte convenuta Oggetto: contraffazione insegna e concorrenza sleale (art.2698 c.c.) CONCLUSIONI Per parte attrice: Voglia l'ill.mo Tribunale adito, ogni contraria domanda, eccezione e deduzione disattesa, a) condannare la società convenuta per contraffazione della ditta a dei marchi, nazionale e comunitario, di cui rispettivamente alla registrazione n.00776553 e alla domanda di registrazione n.001878487, inibendole l'ulteriore reiterazione dell'illecito; b) ordinare l'eliminazione del segno "A.L.F.A." che si assume in contraffazione da qualsivoglia supporto ovvero la distruzione di ogni materiale recante il predetto segno; c) condannare la società convenuta al risarcimento di danni patiti e patiendi dall'attrice in conseguenza della contraffazione, danni da liquidarsi in successivo separato giudizio;
d) fissare le somme dovute dalla Società convenuta per ogni violazione od inosservanza constatata successivamente al deposito della sentenza e per ogni ritardo nell'esecuzione dei provvedimenti nella stessa contenuti; e) condannare la Società convenuta per concorrenza sleale ai sensi dell'art.2598 nn.1 e/o 3, inibendole la reiterazione dell'illecita condotta lamentata; f) condannare la Società convenuta al risarcimento dei danni patiti e patiendi dall'attrice in conseguenza della concorrenza sleale, danni da liquidarsi in successivo separato giudizio; g) ordinare la pubblicazione, a cura della società attrice ed a spese della società convenuta, dell'intestazione e del dispositivo della sentenza, in caratteri doppi del normale e con i nomi delle parti in grassetto, per una volta e su almeno un quanto di pagina di un quotidiano a diffusione nazionale; h) con vittoria di spese, diritti ed onorari. Per parte convenuta: Ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione respinta, Voglia l'ill.mo Tribunale di Modena respingere tutte le domande formulate dalla ALFA s.r.l. in quanto assolutamente infondate e comunque non provate. Con vittoria di spese, compete ed onorari. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione notificata il 28.11.2000 parte attrice conveniva in giudizio la A.L.F.A. E ASSOCIATI s.r.l. per accertare il compimento ad opera della convenuta di illeciti contrattuali ed atti di concorrenza sleale, per chiederne l'inibitoria, e per ottenere il risarcimento del danno conseguente, sia mediante la pubblicazione della sentenza su quotidiani, sia mediante la condanna al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio. Esponeva l'attrice di svolgere attività di consulenza in materia di proprietà industriale e intellettuale, in Italia ed all'estero, sin dal 1992 sotto la ditta ALFA srl, nome registrato sia come ditta sia come marchio; che di recente era nata la società A.L.F.A. & ASSOCIATI SRL che aveva sede nella stessa città e a poca distanza (nella stessa via al civico successivo) e che deteneva oltre a tutti alcuni locali posti al piano sottostante a quello in cui operava l'attrice medesima; che tale situazione creava indubbia violazione delle norma a tutela della ditta e del marchio nonché concorrenza sleale per confusione e scorrettezza professionale. Concludeva quindi come in epigrafe. Si costituiva la società convenuta, rilevando che la diversità di attività. All'udienza ex art.183 c.p.c. non veniva esperito il tentativo di conciliazione per la mancanza delle parti, le quali chiedevano la concessione dei termini per il deposito di memorie ex art.183 u.c. c.p.c., ma il giudice concedeva quelli previsti dall'art.184 c.p.c. per le istanze istruttorie. Con ordinanza riservata del 26 2.02 il G.I. ammetteva le prove orali richieste da parte attrice e da parte convenuta, fissando due diverse date d'udienza per la loro assunzione; rigettava le istanze di prova dei terzi chiamati perché generiche; ordinava a SEAT spa l'esibizione in giudizio delle richieste di acquisto degli spazi pubblicitari da parte di Serra sulle Pagine Gialle e Bianche; rigettava per il loro carattere esplorativo la richieste di consulenza tecnica.
Iniziata l'istruttoria da parte di altro giudice istruttore nel frattempo subentrato, quest'ultimo, dopo l'escussione dei testi presenti, revocava l'ordinanza ammissiva della prova, concedeva i termini ex art.184 c.p.c. a tutte le parti e quindi nuovamente decideva sulla loro ammissione con ordinanza del 26.3.03, ammettendo soltanto la prova per interrogatorio di parte attrice e parte convenuta e quella per testi dedotta dai terzi chiamati, essendosi già svolta adeguata istruttoria sulle altre istanze. Si procedeva quindi all'interpello di Donati Marco, Mimmo Spagna e del leg.rapp.te Serra Oracontrol ed all'assunzione delle testimonianze. Infine il giudice ritenuta la causa matura per la decisione, quanto meno in ordine alle domande principali, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni, che venivano rassegnate come in epigrafe all'udienza del 28.07.04; quindi tratteneva la causa in decisione concedendo i termini di legge. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente si osserva che parte attrice ha provveduto a eseguire la comunicazione della domanda all'ufficio italiano brevetti e marchi ai sensi dell'art.60 R.D. 21 giugno 1942 n.929 ora art.122 punto 6 c.p.i., come risulta dal timbro apposto in data 8 luglio 2005 sulla missiva dell'avv.to A.Guareschi. A. DOMANDA DI CONTRAFFAZIONE DELLA DITTA E DEL MARCHIO La prima domanda svolta dalla ALFA SRL riguarda la contraffazione del marchio ALFA utilizzato dalla medesima quale segno identificativo e di riconoscimento della sua attività e dei suoi servizi. Detta azienda svolge attività di consulenza in materia di proprietà industriale ed intellettuale ed opera con imprenditori, privati, uffici pubblici e professionisti. Il marchio suddetto è stato registrato a livello nazionale soltanto con riferimento ai servizi di consulenza in materia di proprietà ed intellettuale (doc.2 attoreo), mentre è in corso la registrazione a livello comunitario a seguito di domanda presentata il 10.10.2000 anche per contraddistinguere, tra altri, servizi di pubblicità, di gestione di affari commerciali e formazione (doc.3 attoreo). La società convenuta opera invece con la denominazione A.L.F.A. & ASSOCIATI S.R.L. e si occupa di sviluppo e produzione di progetti e siti sulla rete internet, di progetti audio, video e per CD-ROM, DVD ed in genere di forme e mezzi di comunicazione che utilizzano sistemi multimediali (cfr.visura camerale). Orbene, se la trattazione della controversia si esaurisse qui, la domanda di contraffazione dovrebbe essere respinta per i motivi che ci si appresta ad esporre. I segni distintivi sono degli strumenti che l'imprenditore utilizza per distinguere la propria attività d'impresa, i prodotti, i propri locali, dall'attività, dai prodotti, dai locali dei concorrenti. Essi attribuiscono al titolare un diritto di uso esclusivo del segno con una limitazione in senso merceologico, nel senso che la tutela è limitata solo all'interno di un certo ambito di prodotti o di attività, cioè l'ambito in cui opera il titolare del segno, proprio perché la confusione può nascere solo tra soggetti che operano nello stesso settore o in settori vicini. Ciò è quanto stabilisce l'art.13 legge marchi: è vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale e insegna un segno uguale o simile all'altrui marchio se a causa dell'identità o
dell'affinità tra 'l'attività d'impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i 'quali il marchio è adottato possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. Si tratta, quindi, di vedere se nel caso di specie sussista, da un lato, una identità o somiglianza tra i segni e, dall'altro, una identità o affinità tra i servizi o i prodotti contrassegnati dal marchio registrato e quelli non protetti. In ordine al primo aspetto (segno distintivo), dal punto di vista fonetico non si può parlare di identità, ma al limite di somiglianza, aggiungendo la denominazione utilizzata dalla convenuta alla sigla A.L.F.A. la parola "e ASSOCIATI". Sotto l'aspetto grafico la somiglianza risulta ancora meno marcata; a ciò si aggiunge che la parola in comune (ALFA) non costituisce il marchio con cui opera la convenuta (che pare usi il marchio di fatto Sartoria.com), ma -come già detto- solo la sua denominazione. Quanto al prodotto o servizio e cioè al settore merceologico in cui esplicano l'attività le rispettive aziende, si osserva che, pur trattandosi in entrambi i casi di attività intellettuale, non si ritiene sussista affinità. Deve escludersi che per verificare l'affinità dei prodotti possa utilizzarsi la tabella C allegata alla legge marchi, che distingue tutti i prodotti in 42 classi merceologiche, perché da un lato menziona in classi `diverse prodotti sicuramente affini e dall'altro raggruppa nella stessa classe prodotti sicuramente non affini; essa ha quindi valore puramente fiscale. Secondo costante giurisprudenza l'affinità merceologica deve essere accertata considerando se i due prodotti o servizi abbiano la stessa natura, siano destinati ad una medesima clientela e tendano alla soddisfazione degli stessi bisogni, utilizzando i criteri suddetti in maniera per lo più cumulativa. La ratio della protezione del marchio è, infatti, quella di evitare la confondibilità tra imprese, che si verifica quando il pubblico può pensare che il prodotto, su cui appare il marchio, provenga dallo stesso imprenditore che aveva lanciato il marchio per un diverso prodotto. È altresì essenziale che l'indagine venga svolta con la maggiore aderenza possibile alla realtà concreta e cioè alle specifiche caratteristiche dell'impresa titolare del marchio, del prodotto, del settore di mercato in cui opera e del tipo di immagine che di tale realtà il pubblico si è formato. Nel caso di specie il marchio contraddistingue ancora soltanto un tipo di attività di impresa, quella di consulenza in materia di proprietà industriale ed intellettuale, mentre non opera a livello comunitario per le altre attività in quanto non risulta ancora registrato, nè parte attrice ha fornito prova, neppure indiziaria, del fatto che la società avesse già in atto una espansione in direzione di prodotti di genere diverso con uso dello stesso marchio. Ciò premesso, la semplice lettura delle attività espletate dalle società coinvolte nel presente giudizio esclude di configurare anche solo l'affinità tra la consulenza in materia di proprietà intellettuale ed industriale e l'attività di utilizzo di sistemi di comunicazione multimediale. Se poi si passa ad esaminare le modalità in cui l'attività d'impresa viene esercitata, non può prescindersi dalle persone fisiche che operano, trattandosi in entrambi i casi di
attività intellettuale svolta in forma di società a responsabilità limitata con amministratore unico; la diversità appare allora del tutto evidente ( D.G. per ALFA SRL e D. G. per A.L.F.A. & ASSOCIATI SRL). Né può dirsi che il marchio registrato dall'attrice goda di rinomanza nello stato italiano al fine di applicare il divieto suddetto che a prodotti o servizi non affini, come previsto dal secondo comma art.13 legge marchi. In conclusione si può dire che il marchio ALFA è stato da sempre e fino ad ora associato ad un unico prodotto (servizi di consulenza in materia di proprietà intellettuale ed industriale) e che la sua celebrità (in senso di apprezzamento positivo relativo) inerisce al prodotto in sé, mentre il marchio non ha di per sé alcun valore, salvo quello proprio del segno distintivo. Infatti, se il marchio non è molto noto, non può verificarsi un apprezzamento del marchio in sé e dunque questo non può essere strumento di fenomeno di associazione mentale nel consumatore. La prima domanda attorea va conseguentemente rigettata, non potendo assumere alcuna rilevanza nell'ambito dei segni distintivi la semplice contiguità spaziale tra le due sedi. B. CONCORRENZA SLEALE L'attrice lamenta una condotta di concorrenza sleale ai sensi dell'art.2598 n.1 e/o 3 c.c. derivante dalla circostanza che l'uso del marchio registrato da parte della convenuta dia luogo ad una confusione con i prodotti e l'attività del concorrente o, comunque, ad un comportamento non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda. In realtà, anche in ordine alla seconda domanda, valgono le medesime considerazioni sopra esposte per escludere una condizione di concorrenza tra le due società: la diversità di settore merceologico. Neppure la contiguità della collocazione tra le due società potrebbe dar adito ad uno sviamento di clientela, perché, come si è visto per le telefonate, una volta individuata l'attività svolta dalle rispettive società, il cliente non ha alcuna difficoltà a capire a quale delle due si deve rivolgere e provvede a richiamare la società che gli interessa. Lo stesso vale per lo scambio di corrispondenza: si tratta di disguido che non incide sull'attività aziendale, che non è idoneo a confondere il cliente, ma al limite il seggetto incaricato della consegna. Ne consegue che in capo alla convenuta non è configurabile alcuna condotta di concorrenza sleale di cui all'art.2598 c.c. Non risulta invece ritualmente proposta alcuna azione fondata sul disposto dell'art.2564 c.c., invocato dall'attrice solo nelle difese conclusive, e che consentirebbe all'imprenditore, che ha per primo usato la ditta, di ottenere che la ditta uguale o simile usata dal altro imprenditore sia integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla, qualora si possa creare confusione per l'oggetto dell'impresa o per il luogo in cui questa è esercitata. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, vanno poste di parte attrice soccombente. P.Q.M. Il Tribunale di Modena, in funzione di giudice unico, definitivamente decidendo il procedimento in epigrafe indicato, ogni diversa istanza eccezione deduzione disattesa,
Rigetta le domande tutte di parte attrice. Condanna la medesima al pagamento in favore di parte convenuta delle spese di lite, liquidate in Euro 1240,00 per competenze, Euro 9.000,00 per onorari, Euro 15,00 per spese imponibili ed Euro 262,31 per anticipazioni, oltre spese generali ed accessori di legge; Modena, 16.08.2006 Il Giudice Dott.ssa Carolina Gentili Depositata in Cancelleria il 22 AGO 2006