IL FEMMINICIDIO: VITTIME E CARNEFICI NEI MEDIA ITALIANI



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Transcript:

IL FEMMINICIDIO: VITTIME E CARNEFICI NEI MEDIA ITALIANI Prof. Maurizio Corte, giornalista dell'arena, prof. a contrattodi Giornalismo Interculturale e Multimedialità all'università di Verona dott.ssa Cristina Martini, collaboratrice nel Centro Studi Interculturali, Università di Verona Perché è importante capire come i media, vecchi e nuovi, analogici o digitali, rappresentano la violenza contro le donne, fino al punto estremo del cosiddetto femminicidio? Non perché i media abbiano un influenza totale e onnipotente nei confronti del pubblico, di tutti noi. I messaggi dei media, infatti, vengono interpretati da ciascuno di noi attraverso la cultura che possediamo, le relazioni sociali che intratteniamo, lo status socio-economico che abbiamo, finanche il momento, la situazione in cui apprendiamo o leggiamo una notizia. E però importante avere consapevolezza della rappresentazione della violenza sulle donne data dai media (non solo giornali, tv, radio, siti web, social network ma anche fiction, film, romanzi, storie inventate insomma) per i motivi che ora vi dirò prendendo spunto dagli studi sui mezzi di comunicazione di massa. Studi che valgono anche per i nuovi media e per il Web 2.0 (Facebook, Youtube, Twitter per intenderci). Intanto c è l influenza dei media sul linguaggio. Ne abbiamo una dimostrazione con la parola brutta, ma che rende l idea femminicidio. I media modificano il linguaggio, introducono nuove parole, cambiano il significato delle parole che già conosciamo, ci fanno abbandonare parole ormai consunte, in disuso. Le parole, come sappiamo, a volte sanno essere pietre. Le parole definiscono una certa situazione, ci danno la chiave di interpretazione come possiamo vedere dai titoli dei giornali su alcuni casi di cronaca. C è poi un altro motivo, un altra teoria dei media, che ci interessa: la funzione

dei media nella costruzione dei significati che attribuiamo alle nostre relazioni e alla vita in generale. Questa teoria l ha formulata, 90 anni fa, un giornalista americano: Walter Lippman. Detto in modo semplice, Lippman affermava: Fra noi e la realtà, fra noi e gli accadimenti ci sono le immagini, le informazioni, le notizie che ci fornisce la stampa (negli anni venti del Novecento non c era ancora la tv e la radio muoveva i primi passi). Fra noi e la verità, possiamo dire, c è la stampa a fare da medium, da filtro e da mezzo di collegamento. Questo accade soprattutto quando parliamo di eventi, persone, situazioni lontane da noi: più i fatti sono distanti dalla nostra esperienza e più dipendiamo (la dipendenza cognitiva, della nostra mente) dai mass media. Ecco che i giornali, i media costruiscono quella che è l enciclopedia direbbe Umberto Eco della nostra conoscenza. Quella enciclopedia, quella competenza che ci fa dire che un uomo ha ucciso una donna durante un raptus o che un giovane ha rapito la fidanzata per amore o che un fidanzato abbandonato perseguita l ex compagna in preda alla passione, non perché è uno stalker. L altro motivo di interesse per i media è che sono influenti con il loro potere di farci considerare alcuni eventi più importanti di altri. E il potere di agenda setting che hanno i media, una teoria importantissima. Ciò che i giornali considerano importante è spesso considerato importante anche dalla pubblica opinione. Si capisce, così, che cosa significhi il considerare importante o meno il fenomeno dei femminicidi. La notizia di una donna aggredita e uccisa può essere liquidata come una piccola notizia di cronaca o essere tematizzata diventare insomma un tema su cui dibattere - come espressione di un fenomeno sociale preoccupante, su cui intervenire. Infine c è un altra interessante teoria fra le molte che in modo più o meno fondato trattano dei media ed è quella della cornice interpretativa, del frame. Ne parla, in un libro il sociologo Irving Goffman. L idea di frame (di cornice interpretativa, di finestra con cui guardiamo la realtà, di schema di interpretazione) fa sì che individui o gruppi arrivino a collocare, percepire,

identificare e classificare eventi e fatti in un certo modo strutturando il significato di quanto percepiamo, organizzando le esperienze che viviamo, guidando le azioni che compiamo. Si comprende così bene come sia diverso considerare l omicidio di una donna da parte di un uomo un femminicidio, un delitto passionale, un oscenità, un raptus di follia, un delitto prodotto dalla gelosia, un atto di violenza inaccettabile e da punire severamente, la spia di un fenomeno preoccupante. E un po quello che accadeva, se ci pensiamo, con le morti sul lavoro: incidente, dovuto al fato, al destino cinico e baro di un lavoratore; o piaga sociale su cui intervenire con misure di prevenzione. Il frame, lo schema di interpretazione ci portano a leggere in un modo o in un altro una certa situazione, fatto, o evento; e ad agire in un certo modo o in un altro. Perché, ci ricordano gli psicologi sociali che si occupano dei media, il problema non è tanto quello dell influenza che i vecchi e nuovi media hanno su di noi. Il problema è che comunque i media offrono gli strumenti per discutere, interagire, definire le situazioni, leggere gli eventi e interpretare gli altri. E qui, nella costruzione dei significati, che noi possiamo rappresentarci l avvocato che uccide l ex fidanzata come un brillante professionista di bell aspetto che leggeva Kant, come un ex-fidanzato che amava alla follia la donnaccia che l ha respinto, come un killer bastardo che ha ammazzato come un cane una giovane donna e se l è pure scarrozzata, cadavere, per un tot di chilometri ; come un omicida in preda a un accesso d ira o un assassino lucido che, grazie anche alle sue competenze in materia legale, ha premeditato tanto bene un omicidio e il dopo-delitto tanto bene da tentare di ottenere la seminfermità mentale e cavarsela con qualche anno di carcere. Il nodo, quindi, è la definizione della situazione, il significato che diamo e facciamo dare dalla pubblica opinione alla violenza sulle donne: fatto privato? piaga sociale? fenomeno ineluttabile? I questa definizione della situazione, sapere come agiscono i media, conoscere la logica dei media permette alle associazioni che si battono contro la violenza sulle donne di intervenire nel dibattito pubblico; di entrare a fare opinione; di dare una

propria lettura e di avanzare delle proposte che si traducano in atti concreti. Per chiudere, potrei dire che se conosci i media li puoi usare in positivo, anziché esserne usato. La ricerca su media e femminicidi nel 2013 Sono 105 le vittime di femminicidio fino al 31 ottobre 2013. 105 donne morte per mano di uomini violenti, nella quasi totalità dell ambiente familiare, che condividevano. Questo è il risultato della ricerca curata dalla dottoressa Cristina Martini, del gruppo di analisi dei media ProsMedia (www.prosmedia.it), dell Università degli Studi di Verona, dal titolo Uomini che odiano le donne. Come l agenzia di stampa Ansa rappresenta i casi di femminicidio secondo la nazionalità dei protagonisti. La prima fase è consistita in un lavoro di catalogazione di tutte le donne decedute a causa di violenza di genere. È stato quindi possibile ottenere dati statistici sul luogo dell omicidio, su vittime, colpevoli, relazione tra i soggetti, armi del delitto e modalità di uccisione e su quanti lanci dell agenzia Ansa sono stati dedicati ai singoli casi. Le italiane morte risultano essere 75 (il 71,4%) mentre le straniere 30 (28,6%). Tra queste ultime le nazionalità più ricorrenti sono rumena, ucraina ed albanese. I colpevoli italiani sono per il 75,3% italiani (78 uomini ed una donna: nel 2013 c è anche un caso di femminicidio in una coppia lesbica) e 23 stranieri, il 21,9%. Le nazionalità più frequenti sono rumena ed albanese. Nel 2012 sono stati 124 i casi di femminicidio e solo l 8% (10) sono finiti in prima pagina Ansa delle 19. Nel 2013 su 105 casi (fino al 31 ottobre) viene data rilevanza a 26 casi. Dal primo maggio soprattutto, dopo il caso di Ilaria Leone, uccisa da un conoscente, il femminicidio inizia ad essere molto presente nella cronaca, comparendo in prima pagina Ansa con 6 casi nella settimana successiva al delitto. Spesso i media rimandano alle condizioni climatiche per giustificare il fenomeno della violenza di genere: L ha uccisa per il caldo. Non sembra però essere così dai dati statistici: la maggior parte dei delitti avviene a maggio (14 vittime); seguono marzo, aprile e giugno con 11 femminicidi, 10 a luglio ed a settembre, 9 a gennaio ed ottobre, 8 a febbraio e 5 in agosto (il mese estivo per eccellenza).

In una fase successiva si sono analizzati quattro casi emblematici che hanno avuto molta rilevanza come numero di lanci Ansa a loro dedicati: il caso di Lucia Bellucci (vittima italiana e colpevole italiano, strangolata ed uccisa con coltellate a cuore e polmoni dall ex fidanzato Vittorio Ciccolini. Trasportata cadavere sul sedile dell auto del colpevole da Trento a Verona, è stata abbandonata in un garage. Il caso di Ilaria Leone (vittima italiana e colpevole straniero), violentata e picchiata fino a morire soffocata dal suo stesso sangue. È stata poi abbandonata in un oliveto. Ad ucciderla Ablaye Ndoye, un conoscente. L omicidio Sandita Munteanu (vittima straniera e colpevole straniero), che è stata uccisa con due coltellate alla gola lungo una strada, assassinata dall ex compagno Virgil Murariu che si è poi suicidato. Ultimo il caso di Marilia Rodrigues Silva Martins, incinta al quarto mese di gravidanza, uccisa per strangolamento e colpi alla testa. L omicida (suo datore di lavoro ma anche amante e padre del figlio che aspettava) Claudio Grigoletto ha cercato di inscenare un suicidio con acido muriatico e gas metano. Con l ausilio di un software che si occupa di analisi quantitativa statistica lessicale e testuale, è stato possibile risalire alla frequenza delle forme grafiche (parole) presenti nei lanci Ansa relativi ai quattro casi, ma anche all uso degli aggettivi ed anche alle citazioni presenti nei testi (virgolettati di chi viene interpellato). Villafranca di Verona, 30.11.2013