FATTORI DI RISCHIO CHIMICI (forme fisiche)



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GLI AGENTI CHIMICI IN AMBIENTE DI LAVORO Domenico Maria Cavallo Dipartimento di Scienze Chimiche ed Ambientali Facoltà di Scienze di Como Università degli Studi dell Insubria FATTORI DI RISCHIO CHIMICI (forme fisiche) POLVERI FIBRE NEBBIE FUMI GAS E VAPORI FORME MISTE AEROSOL - PARTICELLE AERODISPERSE POLVERI: particelle solide disperse in aria di diametro (d) compreso tra 0.1 e 100 micron, che possono entrare nel tratto respiratorio (frazione inalabile) FIBRE: particelle presenti in aria nelle quali il rapporto fra lunghezza e diametro medio (larghezza) è superiore a 3:1. La lunghezza > 5 µm. NEBBIE: particelle liquide disperse nell aria (es. nebbie acide) FUMI: particelle solide disperse in una miscela gassosa che puo avere una composizione complessa ( es. fumi di saldatura) GAS: aeriformi che alla temperatura ambiente (25 C) non possono mai essere in presenza della propria fase liquida o solida (es. ossigeno) VAPORI: sostanze aerodisperse a temperatura inferiore al proprio punto di ebollizione che possono coesistere a temperatura ambiente nella propria fase liquida o solida (es. solventi)

DIMENSIONI DELLE POLVERI Nel modello fisico matematico, le polveri vengono assimilate a delle minuscole sfere e le loro dimensioni vengono definite dal diametro aerodinamico. Diametro aerodinamico di una particella e il diametro di una sfera di densita unitaria con lo stesso comportamento aerodinamico della particella in questione. Questo diametro condiziona la deposizione regionale delle polveri DEPOSIZIONE EXTRATORACICA: d<100µm ma >15µm regione naso-faringea dove si depositano per: intercettamento (la polvere trova un ostacolo) impatto inerziale (brusco cambio di direzione del flusso aereo per ragioni anatomiche) DEPOSIZIONE TORACICA: d medio 10 µm (5-15 µm) regione tracheobronchiale dove si depositano per: sedimentazione (per forza di gravità e progressiva riduzione della velocità del flusso di aria) DEPOSIZIONE ALVEOLARE: d medio 3.5 µm (0.1-5 µm - frazione respirabile) regione bronchiolo ( 1-5 µm) alveolare (d< 1 µm) dove si depositano per: sedimentazione diffusione (movimenti browniani)

CARATTERISTICHE E PRINCIPALI EFFETTI CLINICI Polveri ORGANICHE: con microorganismi tipo miceti (fieno, canna da zucchero, fertilizzanti ammuffiti, polveri di legno) spore (malto, legumi, formaggi e polveri di casa) amebe proteine da escrezioni animali (aviarie, bovine) lino, cotone, canapa, juta, sisal reazioni allergiche bronchiali tipo asma, polmoniti da ipersensibilità (segue) Polveri INORGANICHE metalli: cadmio, berillio, cobalto, mercurio, titanio, zinco, ferro, stagno, bario, antimonio, zirconio, berillio, titanio, alluminio, cerio, cobalto silice libera e silicati (es. asbesto, talco, mica, caolino) polveri di cemento, carbone patologie respiratorie diverse: asma bronchiale, bronchiti e polmoniti acute, enfisema, pneumoconiosi benigne non evolutive, patologia interstiziale granulomatosa cronica, pneumopatia da metalli duri ( ) INERTI O FASTIDIOSE: non determinano una significativa alterazione della struttura dell apparato respiratorio. TOSSICHE: POSSONO ALTERARE PERMANENTEMENTE LA STRUTTURA DEGLI ORGANI BIOLOGICI bersaglio: pneumoconiogene: effetti sull apparato respiratorio di tipo sclerogeno (fibroso) es. polveri contenenti quarzo non pneumoconiogene: effetti su apparato respiratorio tipo asma (es. cotone, lino) o polmoniti interstiziali (es. metalli) o tumori (es. legno)

ESEMPI DI OPERAZIONI A RISCHIO DI SVILUPPO DI POLVERI NEL CASO DI PRODOTTI SOLIDI SOTTOPOSTI A: MACINAZIONE (mulini) VAGLIATURA CARICO SFUSO SU MEZZI DI TRASPORTO PESATURA (MANUALE) MOVIMENTAZIONE (SABBIA IN CANTIERE) TAGLIO (lastre di marmo, legno) SEZIONATURA (legno) LEVIGATURA E LUCIDATURA (legno, metalli, silice libera) MOLATURA (oggetti metallici, marmo, silice libera, ossido di alluminio) FIBRE Le fibre sono delle particelle presenti in aria nelle quali il rapporto fra lunghezza e diametro medio (larghezza) è superiore a 3:1. La lunghezza > 5 µm. Sono in pratica delle particelle allungate, tipo filamenti o aghi sottili. Le fibre possono essere naturali o artificiali, organiche ed inorganiche. FIBRE ORGANICHE NATURALI Cotone Lana Seta FIBRE INORGANICHE NATURALI Amianti Talchi Silicati vari

FIBRE INORGANICHE ARTIFICIALI Fibre di vetro Lana minerale Fibre di carbonio FIBRE ORGANICHE ARTIFICIALI Acriliche (dralon, leacril) Ammidiche (nylon) Poliviniliche Poliesteri EFFETTI CLINICI DELLE FIBRE Fenomeni irritativi (es. fibre di carbonio) Fibrosi polmonare (asbestosi, talcosi, alluminosi, etc) Polmoniti da ipersensibilità (es. bissinosi da fibre vegetali) Tumori polmonari (es. mesotelioma pleurico) Dermatiti da contatto (es. fibre di vetro) ESEMPI DI OPERAZIONI CON POSSIBILE PRESENZA DI FIBRE Cotone, lana, etc. Fibre di vetro Battitura, cardatura e filatura Industria plastica termondurente, produzione nastri speciali o pannelli isolanti protettivi

OPERAZIONI CON POSSIBILE PRESENZA DI FIBRE Amianto Talco scoibentazioni di ambienti, forni, caldaie, carri ferroviari, navi tettoie e coperture in passato isolamenti e coibentazioni varie, freni di mezzi di trasporto, indumenti di protezione mescola industria gomma NEBBIE PARTICELLE LIQUIDE DISPERSE NELL ARIA con diametro mediamente tra 2-15 micron nebbie acide alcaline cromiche olii minerali POSSIBILI EFFETTI CLINICI DELLE NEBBIE Riniti, faringiti, laringiti, bronchiti: es. nebbie acide, alcaline, cromiche Dermatiti irritative ed allergiche: es. olii minerali, cromo Tumori polmonari: es IPA negli oli minerali, cromo

ESEMPI DI OPERAZIONI A RISCHIO DI SVILUPPO DI NEBBIE DECAPAGGIO CON ACIDI FORTI BAGNI GALVANICI BAGNI DI SGRASSAGGIO ALCALINO UTILIZZO DI OLI MINERALI EMULSIONATI E/O DA TAGLIO COME LUBRO REFRIGERANTI DELLE MACCHINE OPERATRICI (TORNI, FRESE, ECC.) UTILIZZO DI OLI DA TEMPERA FUMI Particelle solide disperse in una miscela gassosa che possono avere una composizione complessa Hanno dimensioni inferiori alle polveri con diametro compreso tra 0.001 e 0.1 µm Prodotti soprattutto da cattiva combustione o indesiderata disgregazione di sostanze FUMI DI SALDATURA SI formano attraverso la condensazione di vapori generati dal calore di fusione ad alta temperatura del metallo (o lega) da saldare e dell elettrodo. Contiene: 80-90% ossidi metallici (ferro, cromo, manganese, zinco, rame, cadmio, berillio, mercurio arsenico, nichel, piombo)+ sostanze dagli elettrodi (silicati, biossido di titanio, ossidi di alluminio, composti del fluoro) sostanze da materiale trattato con vernici, sgrassanti, fluidi lubrficanti (CO2, NH3, fosgene, HCl, piombo e cromo) gas tossici (ozono, Nox, CO, CO2)

POSSIBILI EFFETTI CLINICI DEI FUMI DI SALDATURA Effetti ACUTI Irritazione vie aeree superiori e bronchite Febbre da fumi di saldatura broncopolmonite edema polmonare Effetti CRONICI Polmone del saldatore Tumori (polmonare, seni paranasali) Gastrite cronica fino ad ulcera gastroduodenale ESEMPI DI OPERAZIONI A RISCHIO DI SVILUPPO DI FUMI saldatura bagni galvanici fusione in forni e colate di fonderia produzione alluminio (celle elettrolisi e produzione anodi) decomposizione termica e stampaggio di materiale plastico VAPORI O GAS Sostanze sospese che possono penetrare nell'apparato respiratorio autonomamente oppure farsi veicolare dalle particelle di polvere. solventi (idrocarburi alifatici, aromatici, ciclici, alogenati, alcoli, chetoni, eteri, esteri, glicoli, solfuro di carbonio, nitrocomposti, etc.), composti alogenati (cloro, HCl, fosgene, fluoro, bromo, iodio) composti solforati (H2SO4, H2SO3, iprite) gas nitrosi (NOX) aldeidi, ammoniaca, acetone acetati, ozono etc.

POSSIBILI EFFETTI CLINICI DEI VAPORI E GAS Forme ACUTE: processi infiammatori di congiuntive, prime vie aeree, bronchi fino ad edema polmonare acuto, broncopolmoniti chimiche Forme CRONICHE: rinopatie, faringiti, laringiti, BPCO, enfisema polmonare epatopatie nefropatie neuropatie tumori ESEMPI DI OPERAZIONI A RISCHIO DI SVILUPPO DI VAPORI E GAS verniciatura (prodotti a base solvente) saldatura a gas ed elettrica lavaggio e sgrassaggio pezzi manuale o in vasca incollaggio manuale con mastici stesura automatica di adesivi Agente cancerogeno-mutageno secondo la normativa italiana Definizioni secondo il Decreto Legislativo 3 febbraio 1997, n. 52 "Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose. Agente cancerogeno: Cancerogeni 1, 2; (R45;R49)* e preparati. le sostanze ed i preparati che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono provocare il cancro o aumentarne la frequenza. Agente mutageno: Mutageni 1, 2 (R46)*; e preparati. le sostanze ed i preparati che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne la frequenza. * R 45 Può provocare il cancro. R 46 Può provocare alterazioni genetiche ereditarie. R 49 Può provocare il cancro per inalazione.

Inquadramento normativo La sorveglianza sanitaria degli esposti a cancerogeni chimici viene affrontata in modo sistematico nel titolo VII del D.Lgs 626/94, ripreso dalla Direttiva CE/90/394. Ne è unica eccezione l amianto, per il quale fa riferimento il D.Lgs 277/91. Nella sua attuale formulazione, il titolo VII del D.Lgs 626/94, integrato dai D.Lgs 242/96 e 66/2000, comprende, oltre ai cancerogeni, anche i mutageni. Agente cancerogeno-mutageno secondo UE Categoria 1: certezza dell effetto sull uomo. Categoria 2 : devono essere assimilate alle sostanze cancerogene per l uomo. (presunzione di cancerogenicità fondata su studi a lungo termine su animali e altro). Categoria 3: pericolose per l uomo, valutazione non soddisfacente. Agente cancerogeno-mutageno secondo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell OMS) Gruppo 1: Cancerogeno accertato per l uomo: vi è sufficiente evidenza di cancerogenicità nell uomo in studi epidemiologici adeguati. Gruppo 2: Il gruppo si divide in due sotto gruppi 2A: probabile cancerogeno per l uomo, sulla base di evidenza limitata nell uomo ed evidenza sufficiente negli animali da esperimento. 2B: sospetto cancerogeno per l uomo, sulla base di evidenza limitata nell uomo e evidenza non del tutto sufficiente negli animali da esperimento oppure di evidenza sufficiente negli animali ed evidenza inadeguata nell uomo.

Agente cancerogeno-mutageno secondo IARC Gruppo 3: non classificato cancerogeno per l uomo (tutto ciò che non rientra nei gruppi precedenti, viene posto in questo gruppo). Gruppo 4: probabilmente non cancerogeno per l uomo sulla base di evidenze che indicano l assenza di cancerogenicità nell uomo e negli animali da esperimento e, in alcuni casi, sulla base di evidenze inadeguate o in assenza di dati sull uomo, ma assenza di cancerogenicità negli animali da esperimento in presenza di un ampio numero di dati sperimentali. Agente cancerogeno-mutageno secondo ACGIH La classificazione dell ACGIH è suddivisa in cinque categorie: A1: cancerogeno riconosciuto per l uomo. L agente è risultato cancerogeno per l uomo sulla base dei risultati di studi epidemiologici o di evidenza clinica convincente in esposti umani. A2: cancerogeno sospetto per l uomo. L agente è risultato cancerogeno in animali da esperimento: a livelli di dose, per le vie di somministrazione, in siti di tipo istologico, o per meccanismi che sono considerati rilevanti per l esposizione dei lavoratori. Gli studi epidemiologici disponibili sono, controversi o insufficienti per confermare un incremento del rischio di cancro per l uomo esposto. Agente cancerogeno-mutageno secondo ACGIH A3: cancerogeno per l animale. L agente è risultato cancerogeno in animali da esperimento ad una dose relativamente elevata o per vie di somministrazione, in siti di tipo istologico o per meccanismi che non vengono considerati rilevanti per i lavoratori esposti. Gli studi epidemiologici disponibili non confermano un incremento del rischio del cancro per l uomo esposto. Le conoscenze disponibili suggeriscono come improbabili e non comuni situazioni di esposizione.

Agente cancerogeno-mutageno secondo ACGIH A4: non classificabile come cancerogeno per l uomo. Attualmente non esistono dati o quelli esistenti sono inadeguati per classificare l agente per quanto riguarda la cancerogenicità per l uomo e/o gli animali. Agente cancerogeno-mutageno secondo ACGIH A5: non sospetto come cancerogeno per l uomo. L agente non è ritenuto essere cancerogeno per l uomo sulla base di studi epidemiologici appositamente condotti sull uomo. Questi studi hanno un follow-up sufficientemente prolungato, storie espositive affidabili, dosi sufficientemente elevate ed evidenza statistica adeguata per concludere che l esposizione all agente non comporta un rischio significativo di cancro per l uomo. L evidenza di scarsa cancerogenicità nelle prove su animali viene considerata se è supportata da altri dati pertinenti. Dal punto di vista operativo vengono considerate cancerogene le sostanze appartenenti ai seguenti gruppi: IARC 1-2A- 2B ACGIH A1- A2- A3 UE 1-2

Obblighi del datore di lavoro (626/94) Art. 62: Evitare o ridurre l uso di cancerogeni o mutageni per quanto tecnicamente possibile (sistema chiuso), comunque al di sotto dei valori limite. Art. 63: Valutazione dell esposizione Art. 64: - Ridurre al minimo i lavoratori esposti - Disporre misure particolari per lavoratori più a rischio Art. 65: Fornire idonei DPI Art. 66: Fornire informazioni e formazioni Art. 70: Istituire ed aggiornare per il tramite del MLC il registro degli esposti Obblighi del medico competente (626/94) Art. 69: Sorveglianza sanitaria degli esposti Art. 70: Compilare la cartella sanitaria e di rischio Art. 71: Trasmettere all ISPESL copia della documentazione clinica o anatomo-patologica, nonché l anamnesi lavorativa dei casi di neoplasie ritenute causate da esposizione lavorativa. La valutazione dell esposizione deve considerare: Identificazione degli esposti Caratteristiche delle lavorazioni Quantitativi e concentrazioni di sostanza usati Caratteristiche fisico-chimiche delle sostanze usate Durata e frequenza dell esposizione Farmacocinetica

Non tutti i livelli di esposizione sono idonei a produrre un rischio significativo quindi si propone di: In caso di cancerogeno ubiquitario, verificare se l entità dell esposizione sia contenuta nei valori di riferimento previsti per la popolazione generale (ove definiti) tramite misure ambientali e biologiche a cadenza trimestrale per il primo anno. Se i valori sono sempre rimasti entro i limiti per la popolazione generale, viene annullata l iscrizione degli operai dal registro esposti, ma si prosegue il monitoraggio ambientale e biologico ogni 6 mesi (fermo restando che, in caso di modifiche sostanziali del ciclo lavorativo, è necessario ripetere la valutazione). Nel caso in cui non siano disponibili valori di riferimento relativi alla popolazione generale, sarà obbligatoria l iscrizione nel registro degli esposti. Se esistono limiti per esposizione professionale, il rispetto di tali limiti potrà essere usato per graduare il programma di sorveglianza sanitaria (principio già enunciato nella normativa sul CVM che attribuisce al MLC l organizzazione della sorveglianza sanitaria caso per caso, tenuto anche conto dei dati ambientali e di esposizione.) Fermo restando che gli eventuali limiti di esposizione non devono essere superati, il rispetto documentato di tali limiti non esime dall attuazione di un programma di sorveglianza sanitaria perché i limiti si propongono di tutelare non tutti ma la quasi totalità degli esposti. Principali indicatori di esposizione e di effetto biologico precoce dell esposizione ad agenti genotossici in relazione alla cancerogenesi professionale Dose esterna Monitoraggio ambientale Dose interna Sostanze chimiche o loro metaboliti in campioni biologici Dose biologicamente efficace Addotti al DNA Addotti alle proteine Effetto biologico precoce in cellule somatiche Aberrazioni cromosomiche Scambi fra cromatidi fratelli Micronuclei