La prova della cessione intracomunitaria



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Fiscal News La circolare di aggiornamento professionale N. 97 31.03.2014 La prova della cessione intracomunitaria Le maggiori difficoltà si rinvengono nelle cessioni con la clausola franco fabbrica Categoria: IVA Sottocategoria: Cessioni intracomunitarie Tra i requisiti necessari affinché un'operazione di cessione assuma la qualifica di scambio intracomunitario non imponibile ai fini Iva, assume particolare rilievo quello della fuoriuscita dei beni dall Italia e l arrivo in un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto. Spetta a ciascun Stato Membro determinare la forma e la tipologia della prova atta a dimostrare che si è realizzato il trasporto nel territorio di un altro Stato Membro. Sulla questione, non è intervenuto in modo puntuale il Legislatore. A tale lacuna ha sopperito l Amministrazione Finanziaria con vari interventi, che, tuttavia, hanno sollevato numerose perplessità sulla questione. Secondo le indicazioni fornite dall Amministrazione Finanziaria, con le R.M. 345/E/2007, 447/E/2008, 123/E/2009 e 19/E/2013, costituiscono mezzi di prova: la fattura di vendita; gli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie; la documentazione bancaria dalla quale emerga il pagamento della merce da parte del cliente comunitario; il documento di trasporto CMR sottoscritto dal trasportatore, per presa in carico della merce e dal destinatario, per ricevuta (che può essere sostituito nelle cessioni intracomunitarie franco fabbrica dal CMR elettronico). Quadro normativo L art. 41, D.L. 331/1993 prevede che, un'operazione di cessione assuma la qualifica di scambio intracomunitario non imponibile ai fini Iva, nel caso in cui siano rispettate le seguenti condizioni: onerosità dell operazione; acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto 1

reale sui beni; status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario; effettiva movimentazione del bene dall Italia ad un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto (R.M. 19/E/2013). In merito all ultimo requisito citato, la Corte di Giustizia UE ha sancito la necessità che il fornitore dia prova che tale bene sia stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione" (sentenza in causa C- 409/04, punto 42 - in senso conforme anche la sentenza del 27/09/2007, in causa C-184/05, punto 23). Negli interventi giurisprudenziali richiamati, il giudice comunitario ha altresì evidenziato che la Direttiva 2006/112/CE non predetermina la forma e la tipologia della prova atta a dimostrare che si è realizzato il trasporto nel territorio di un altro Stato Membro, lasciando invece che siano gli Stati Membri a definire ciò, nel momento in cui fissano le condizioni e i requisiti per l applicazione del regime di non imponibilità, nel rispetto dei principi fondamentali del diritto comunitario, quali la neutralità dell imposta, la certezza del diritto e la proporzionalità delle misura adottate (cfr. sentenze della Corte di Giustizia del 27 settembre 2007). Sulla questione, non è intervenuto in modo puntuale il Legislatore. A tale lacuna ha sopperito l Amministrazione Finanziaria con vari interventi, che, tuttavia, hanno sollevato numerose perplessità sulla questione. Gli interventi di prassi Come precedentemente accennato, l'amministrazione Finanziaria ha fornito nel corso degli anni alcune indicazioni per coprire la lacuna normativa. Inizialmente, nella R.M. n. 345/E/2007, l'agenzia ha elencato, a mero titolo esemplificativo, alcuni documenti validi per provare la cessione intracomunitaria, quali: la fattura di vendita; gli elenchi Intrastat; la documentazione bancaria; il documento di trasporto (CMR), sottoscritto dal trasportatore, per presa in carico della merce, e dal destinatario, per ricevuta. 2

Successivamente, la stessa Agenzia, con la R.M. 44/E/2008, in riferimento al documento di trasporto, sottoscritto dal trasportatore, per presa in carico della merce, e dal destinatario, per ricevuta, ha precisato che "nei casi in cui il cedente non abbia provveduto al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova (..) potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro". Con la R.M. 19/E/2013, l Amministrazione Finanziaria ha apportto ulteriori indicazioni sulla questione, affermando che ai fini di dimostrare l'uscita dei beni dal territorio nazionale può essere esibito anche il c.d. CMR elettronico, avente lo stesso contenuto di quello cartaceo. Di conseguenza, per le cessioni intracomunitarie franco fabbrica, i documenti validi per provare la cessione intracomunitaria, sono: la fattura di vendita; gli elenchi Intrastat; la documentazione bancaria; il CMR, cartaceo o elettronico, firmato dal cedente, dal vettore e dal destinatario, e messo a disposizione in formato pdf, tramite piattaforma elettronica condivisa tra cedente e vettore. L Amministrazione Finanziaria a tal proposito sottolinea che, a parere dell'agenzia, "costituisce mezzo di prova equivalente al CMR cartaceo un insieme di documenti dal quale si possono ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso, e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore, e cessionario); possono essere utilizzate anche le informazioni tratte dal sistema informatico del vettore. In sostanza, nella R.M. 19/E/2013, l Amministrazione Finanziaria concorda con la tesi della società istante secondo cui costituisce un mezzo di prova equivalente al CMR cartaceo, un insieme di documenti dal quale si possano ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore e cessionario). Tra questi, risulta ammissibile anche l utilizzo delle informazioni tratte dal sistema informatico del vettore, da cui risulta che la merce ha lasciato il territorio dello Stato ed ha altresì raggiunto il territorio di un altro Stato membro. 3

A chi spetta l onere della prova? Il giudice comunitario più volte si espresso in merito all individuazione del soggetto obbligato a provare l effettiva uscita delle merci dal territorio dello Stato del cedente. In linea generale, spetta al fornitore dimostrare che il bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro (Corte di Giustizia UE con le Sentenze 16.12.2010, in causa C-430/09). Tale principio è stato confermato anche dalla Cassazione nella sentenza 27.07.2012, n. 13457. Ovviamente le difficoltà maggiori per il cedente sono rinvenibili nelle cessioni con la clausola franco fabbrica. In tali casi, la Corte di Cassazione sentenza del 27.07.2012, n. 13457, prendendo atto delle difficoltà operative che gli operatori economici incontrano nelle operazioni caratterizzate dalla clausola "franco fabbrica", afferma che in assenza di disposizioni normative che specifichino come dimostrare l'effettiva movimentazione del bene ceduto, possono essere utili i concetti di buona fede espressi dalla Corte di Giustizia Ue. Ci si riferisce al concetto di "buona fede", espresso, con pareri discordanti, dalla Corte di Giustizia Ue con le Sentenze 16.12.2010, in causa C-430/09 e 06.09.2012, in causa C-273/11. Corte di Giustizia Ue sentenza 16.12.2010, in causa C-430/09 Ha stabilito che, le prove che il cedente può produrre alle autorità tributarie competenti dipendono fondamentalmente dagli elementi e dai documenti che lo stesso cedente riceve dall'acquirente. In tale ottica, quindi, a detta dei giudici comunitari, una volta che il fornitore abbia agito in buona fede e si sia assicurato che l'operazione non lo coinvolga in una frode fiscale, e abbia adempiuto a tutti gli obblighi relativi alla prova della cessione intracomunitaria, è il soggetto acquirente che deve essere considerato debitore d'imposta nello Stato Membro di destino - trasporto o spedizione - della merce oggetto di compravendita. 4

Corte di Giustizia Ue sentenza 06.09.2012, in causa C-273/11, Il giudice comunitario stabilisce che, l'imputazione di responsabilità al soggetto cedente sussiste, oltre nei casi di mancato adempimento degli obblighi inerenti alla prova della cessione intracomunitaria, anche nel caso in cui il soggetto cedente sapeva, o avrebbe potuto sapere, che la cessione rientrava in un'operazione posta in essere dall'acquirente allo solo scopo di evadere l'iva e non abbia posto in essere tutti gli opportuni accorgimenti per evitare la propria partecipazione a detta frode. In altre parole, sulla base di quanto affermato nella sentenza 06.09.2012, in causa C-273/11, vi è un disconoscimento delle operazioni "formalmente" intracomunitarie anche nell'ipotesi in cui il soggetto cedente abbia assunto un comportamento tutt'altro che scrupoloso rispetto al soggetto acquirente. Le implicazioni pratiche Assonime, nella Circolare 20/2013, al fine di rendere ancora più evidente la buona fede dell'operatore economico nelle operazioni intracomunitarie, effettua delle utili proposte. A suo parere, per evitare comportamenti opportunistici del cessionario, sarebbe opportuno indicare, nei contratti relativi a tali operazioni e nei rispettivi documenti di trasporto consegnati ai vettori preposti per la movimentazione fisica dei beni, l'assunzione - da parte dei cessionari stessi - di uno specifico obbligo di comunicare l'eventuale mancata consegna dei prodotti nel luogo di destino indicato nel documento di trasporto ovvero che la consegna dei medesimi è avvenuta in un luogo diverso da quello riportato. L'Associazione suggerisce, inoltre, di prevedere una sorta di responsabilità patrimoniale in capo ai cessionari, che preveda il risarcimento monetario del cedente in caso di richiesta di maggiori imposte, sanzioni ed interessi da parte dell'agenzia delle Entrate per mancato invio o spedizione della merce in un altro Paese comunitario. Tali soluzioni, a parere di Assonime, possono trovare una maggiore praticabilità per le aziende di medie e grandi dimensioni, le quali possono far leva sul c.d. potere negoziale, mentre una scarsa applicabilità può essere riscontrata dalle piccole aziende. - Riproduzione riservata - 5