Diritto Tributario a cura di Francesco Tesauro



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Diritto Tributario a cura di Francesco Tesauro con Maria Cecilia Fregni SOLIDARIETAv TRIBUTARIA Cassazione civile, Sezione tributaria, 25 febbraio 2011, n. 4641, pag. 2425. Estensione in utilibus del giudicato favorevole ex art. 1306, comma 2, c.c., in tema di solidarietà tributaria, nei confronti dei coobbligati rimasti estranei al giudizio, difranco Picciaredda. SALE AND LEASE BACK Commissione tributaria provinciale Modena, II Sezione, 12 gennaio 2011, n. 5, pag. 2432. L imputazione temporale della plusvalenza nel contratto di sale and lease back, diirene Pini. SOLIDARIETAv TRIBUTARIA Cassazione civile, Sezione tributaria, 25 febbraio 2011, n. 4641 Plenteda Presidente Caracciolo Estensore Sepe P.M. (diff.). Ministero dell Economia e delle finanze e Agenzia delle entrate (Avv. Gen. Stato) - M.F. ed altro (avv.ti Pugliese, Antonini Zambelli). Conferma Comm. trib. centr., 21 gennaio 2005, n. 412. Imposte e tasse in genere Solidarietà tributaria Giudicato favorevole al contribuente Estensione a favore del coobbligato ex art. 1306, comma 2, c.c. Pagamento non spontaneo del tributo Irrilevanza Ripetizione dell indebito Ammissibilità (C.c. art. 1306). In tema di solidarietà tributaria, il coobbligato che non abbia impugnato l avviso di accertamento può avvalersi del giudicato favorevole formatosi in altro processo, ai sensi dell art. 1306, comma 2, c.c., non solo per paralizzare la pretesa del creditore in via di eccezione, ma anche per ripetere l indebito, quando abbia pagato il tributo non per spontanea adesione alla pretesa tributaria, ma al fine di evitare l azione esecutiva (1). Omissis. 5. Il motivo d impugnazione. Il primo ed unico (ma complesso) motivo d impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: Violazione e falsa applicazione dell art. 1306 c.c., comma 2 in relazione all art. 360 c.p.c., n. 3 violazione del D.P.R. n. 636 del 1972, artt. 15, 22 ed in generale delle norme processuali sull interesse all impugnazione e la formazione del giudicato in relazione all art. 360 c.p.c., n. 4. La parte ricorrente muove dall assunto che, alla luce dell esito del giudizio di primo grado, essa parte ricorrente non poteva certo proporre l impugnazione deducendo l insussistenza dei presupposti di applicabilità dell art. 1306 c.c., siccome detta inapplicabilità era stata già sancita dalla sentenza. Ciò escludeva che si fosse formato il giudicato, peraltro su una questione (quale quella di applicabilità astratta ), del tutto restia alla formazione di un accertamento. D altronde sarebbe stato onere della Commissione Centrale alla luce della dedotta violazione dell art. 1306 cod. civ., con richiamo alla sentenza n. 7053/91 della Corte di Cassazione verificare la sussistenza dei presupposti concreti della sua applicabilità, anche in considerazione del fatto che al momento della proposizione del ricorso di primo grado era mancante il presupposto della sussistenza di una sentenza più favorevole passata in giudicato. Quanto poi ai pagamenti già effettuati, non sarebbe stata prospettabile una richiesta di rimborso sia per l assenza di un giudicato e sia per la modalità operativa dell art. 1306 cod. civ., senza che potesse avere alcun rilievo l atteggiamento soggettivo e bastando il puro fatto materiale dell avvenuto pagamento. Ed insomma, non sarebbe prospettabile l azione di ripetizione in ragione di una circostanza che legittima esclusivamente la possibilità di paralizzare la pretesa del creditore in via di eccezione. a) Il profilo di censura che la parte ricorrente fonda sulla asserita violazione del D.P.R. n. 636 del 1972, artt. 15 e 22 (ed altre norme genericamente richiamate come quelle su l interesse all impugnazione ed altro), in relazione all art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 è del tutto inammissibile. È infatti costante l indirizzo di questa Corte secondo cui: Il ricorso per cassazione che contenga mere enunciazioni di violazioni di legge o di vizi di motivazione, senza consentire, nemmeno attraverso una sua lettura globale, di individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e le argomentazioni che la sostengono, né quindi di cogliere le ragioni per le quali se ne chieda l annullamento, non soddisfa i requisiti di contenuto fissati dall art. 366 c.p.c., n. 4, e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5024 del 08/04/2002). Nella specie qui in considerazione la parte ricorrente non chiarisce in che modo le norme sopra richiamate sarebbero da mettersi in relazione con gli asseriti vizi in procedendo commessi dalla Commissione Centrale, sicché non vi è dubbio che la censura non può trovare alcun esame di merito. Anche per altro verso il profilo di censura in parola appare inammissibile, per difetto del carattere di autosufficienza, non avendo la parte ricorrente specificamente trascritto i passi dell atto di appello nei quali sarebbe stata censurata la sentenza di primo grado in base alla dedotta insussistenza dei presupposti di applicazione dell art. 1306 cod. civ., in relazione al capo della decisione con cui il primo giudice ha ritenuto di accogliere (sia pure solo in parte) la domanda delle allora ricorrenti. D altronde, è la stessa parte oggi ri- DIRITTO TRIBUTARIO

2426 corrente che nel proprio atto introduttivo riferisce che l Ufficio non poteva certo proporre impugnazione deducendo l insussistenza dei presupposti di applicabilità dell art. 1306 c.c...., ciò che induce a supporre che l omessa trascrizione delle domande trovi corrispondenza con il difetto di un espressa impugnazione della sentenza di primo grado sul punto oggi oggetto di doglianza. Con riguardo alla riferibilità del requisito di autosufficienza del ricorso anche ai vizi di cui all art. 360 c.p.c., n. 4 basterà menzionare qui il precedente orientamento di questa Corte: Se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, quale indubbiamente il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23/01/2004). Non vi può essere quindi alcun esame da parte di questa Corte sulla prospettata questione afferente il passaggio in giudicato (quale ritenuto dalla sentenza qui impugnata) della decisione di primo grado in ordine alla sussistenza dei presupposti per l estensione indiretta del giudicato formatosi in altro processo, appunto perché la parte ricorrente che ne era onerata non ha fornito gli elementi per consentire che detto esame possa essere espletato. b) Quanto al residuo profilo del motivo di censura, centrato sull asserita violazione dell art. 1306 cod. civ. (e proposto per primo nella rubrica ma posposto negli argomenti), esso è concentrato nell assunto secondo cui la disciplina dettata dalla predetta norma non consente il rimborso di somme già pagate, indipendentemente dal difetto di spontaneità del pagamento. Sennonché, la più recente giurisprudenza di questa Corte (che non vi è ragione di disattendere) ha ritenuto che la facoltà di avvalersi del disposto dell art. 1306 c.c., comma 2 non è esclusa qualora il coobbligato abbia provveduto al pagamento dell imposta (non spontaneamente a richiesta dell ufficio finanziario, per l intera somma portata dall avviso di liquidazione, ma) in forza dell obbligo nascente dall iscrizione provvisoria di un terzo dell imposta, in ottemperanza al disposto del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 56 quale condizione ex lege per la presentazione del ricorso al giudice tributario avverso l atto impositivo al fine di conseguirne l annullamento, altrimenti precluso, in via giurisdizionale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12014 del 22/05/2006; in termini anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7334 del 2008). Si tratta di situazione che si verifica ogni volta in cui il pagamento non avvenga per spontanea adesione alla pretesa tributaria, ma al solo fine di evitare l azione esecutiva che Diritto Tributario SOLIDARIETAv TRIBUTARIA deriva dal titolo di cui l Amministrazione dispone (come si è verificato anche nel caso preso in esame dalla recente Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4531 del 2009): che ciò si sia verificato anche nella specie di causa in cui, in particolare, il pagamento è stato effettuato solo dopo l impugnazione dell avviso di liquidazione e con espressa riserva (formulata nell atto di dilazione, sottoscritto per accettazione dal rappresentante dell Ufficio del Registro) di ripetizione delle somme all esito del contenzioso è reso manifesto dalla circostanza che la parte ricorrente non ha censurato il punto della decisione di merito in cui come si è detto in narrativa si evidenzia che il fatto storico del pagamento con riserva di ripetizione risulta documentalmente comprovato in causa. Omissis. (1) Estensione in utilibus del giudicato favorevole ex art. 1306, comma 2, c.c., in tema di solidarietà tributaria, nei confronti dei coobbligati rimasti estranei al giudizio 1. La sentenza in rassegna conferma e consolida un indirizzo giurisprudenziale che si è delineato, quasi in sordina, a partire dal 2006 1 in relazione alla problematica dell applicazione dell art. 1306, comma 2, c.c. anche alla solidarietà tributaria. A questo proposito è interessante notare come il quadro tratteggiato dalla decisione di cui trattasi si discosti o meglio superi (in parte) la pronuncia della Sezioni unite del 1991 2 che rappresentava un vero e proprio leading case in materia, i cui pilastri fondanti, peraltro, sono rimasti inalterati. In sostanza il supremo Consesso ammette che il pagamento forzoso, da parte del coobbligato rimasto inerte dinanzi alla pretesa impositiva, non precluda allo stesso di avvalersi degli effetti del giudicato favorevole ottenuto da un altro consorte allorquando tale adempimento non avvenga in modo spontaneo, ma, al contrario, sia effettuato allo scopo di evitare che l amministrazione finanziaria possa procedere in executivis. Mutuando il titolo di un saggio di autorevole dottrina, apparso negli anni Settanta del secolo scorso, si può affermare che la pronuncia che ci apprestiamo ad annotare porta «finalmente un po di luce nella tormentata vicenda della solidarietà tributaria» 3. Tuttavia, prima di affrontare il punto nodale, che costituisce il thema decidendum, è opportuno riassumere, per sommi capi, il travagliato iter delle obbligazioni solidali nell angolo di visuale strettamente tributario e segnatamente delle questioni connesse al rece- 1 Cfr. Cass., 25 febbraio 2009, n. 4531, in banca dati fisconline; Id., 13 novembre 2008, n. 27071, in Fiscalitax, 2009, 304; Id., 19 marzo 2008, n. 7334, in Giur. It., 438; Id., 22 maggio 2006, n. 12014, in Mass. Giur. It., 2006. In realtà la suprema Corte aveva già avuto modo di pronunciarsi nel senso fatto proprio dalla sentenza in commento già nel 2001, escludendo che il pagamento effettuato per sottrarsi all esecuzione forzata venisse considerato come un atto di rinuncia a far valere l estensione del giudicato (Id., 2 aprile 2001, n. 4855, in Rass. Trib., 2003, 738 e segg., con nota di Boletto, Sui limiti di operatività dell art. 1306, comma 2, del codice civile, in ambito tributario). Tuttavia la giurisprudenza successiva si è ricollocata sulle precedenti posizioni. Cfr. Id., 3 agosto 2005, n. 16332, in Foro It., 2005, I, 3014; Id., 12 ottobre 2005, n. 19850, in Mass. Foro It., 2005, 1596; Id., 26 giugno 2003, n. 10202, in Giust. Civ. Mass., 2003, 6. V., comunque, infra sub nota 20 i riferimenti alla giurisprudenza in argomento. 2 Cass., Sez. un., 22 giugno 1991, n. 7053, in Riv. Dir. Trib., 1992, II, 78, con nota di Castaldi, Considerazioni civilistiche e non, a margine della sent. 22 giugno 1991, n. 7053 delle SS.UU. della Corte di Cassazione. 3 Così Fantozzi, Finalmente un po di luce nella tormentata vicenda della solidarietà tributaria, in Giur. It., 1974, 1, 235 e segg.

Diritto Tributario SOLIDARIETAv TRIBUTARIA 2427 pimento, in ambito fiscale, dei criteri fissati dall art. 1306, comma 2, c.c. Il tema della solidarietà, in specie gli aspetti collegati ai rapporti interni tra i coobbligati, è andato assumendo nel tempo connotazioni del tutto peculiari. La vicenda della solidarietà 4 o, meglio, di quella particolare connotazione che si riteneva assumere il vincolo solidale in materia tributaria (da qui il nomen di supersolidarietà ) è collocata da tempo in un quadro ben raffigurato i cui contorni sono ormai storicizzati e rientrano diffusamente nella tradizione della manualistica 5. Riguardando la figura nel contesto della solidarietà passiva è opportuno rimarcare un altro elemento usualmente e concordemente riconosciuto: quello interdipendente dalla funzione di garanzia e di rafforzamento della posizione delle ragioni erariali (non disgiunte dalla necessità di una semplificazione dei rapporti e di ampliamento della responsabilità patrimoniale), rispetto al contenuto delle previsioni in tema di privilegio di cui agli artt. 2745 e segg. La retrostante tematica si appalesa come un denominatore comune che la migliore esegesi dottrinaria ha sempre individuato nell istituto di cui trattasi 6. In linea di massima, salvo autorevoli opinioni dubitative, si ritiene che le tante volte in cui il legislatore identifichi una molteplicità di soggetti tenuti ad adempiere agli obblighi d imposta, si sia in presenza di fattispecie di solidarietà tributaria 7. Dal che il richiamo tout court alle previsioni codicistiche di cui agli artt. 1292 e segg. segnatamente all art. 1294 diviene un riferimento quasi obbligato per reperire regole a cui attingere, non solo e non tanto nella fase di attuazione del tributo, ma anche per spiegare fenomeni ascrivibili alla fase procedimentale 8. Orbene, lo spartiacque concettuale tra normativa tributaria e civilistica può essere individuato nella fondamentale sentenza costituzionale n. 48/1968 9, per cui, quantomeno in giurisprudenza, sembra ormai pacificamente accolto il principio in base al quale non risulta possibile ricostruire una nozione di solidarietà tributaria diversa e scissa da quella civilistica. Ciò consente di richiamare in toto il canone del fascio dei rapporti obbligatori soggettivamente differenziati, ancorché raccordati da una eadem res debita e da una identica eadem causa obligandi, con la consequenziale applicazione degli artt.1292 e segg. c.c. anche al settore che ci occupa. 4 Cfr. Fantozzi, Il nuovo corso della solidarietà tributaria,in Giur. It., 1971, I, 1, 1424 e segg. In argomento v. anche Id., Un altro mito infranto: è la volta della solidarietà tributaria, ivi, 1968, I, 1, 1479 e segg., nonché Id., Reviviscenza della solidarietà tributaria?, in Dir. e Prat. Trib., 1970, II, 442 e segg. 5 La coniazione di tale perspicua ed aderente nomenclatura, che qualifica esattamente il fenomeno sopra delineato, si deve ad Amorth, Sta tramontando il mito della super solidarietà tributaria, in Foro It., 1967, I, 1297 e segg. Per quanto attiene ai trattati più risalenti v. Dell Olio, Diritto positivo tributario, Padova, 1933, 275 e segg.; Pugliese, Istituzioni di diritto finanziario Diritto tributario, Padova, 1937, 38 e segg.; Giannini, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1938, 85 e segg.; Tesoro, Principii di diritto tributario, Bari, 1938, 92 e segg.; Maffuccini, Manuale di diritto tributario, Roma, 1942, 90 e segg.; Ingrosso, Diritto finanziario, Napoli, 1956, 572 e segg. L argomento, ovviamente, riceve un ampia trattazione nei moderni manuali. Al riguardo cfr. Micheli, Corso di diritto tributario, Torino, 1984, 140 e segg.; Berliri, Corso istituzionale di diritto tributario, Milano, 1985, I, 192 e segg.; Fantozzi, Il diritto tributario, Torino, 2003, 314 e segg.; Falsitta, Manuale di diritto tributario, Parte generale, Padova, 2010, 263 e segg.; De Mita, Principi di diritto tributario, Milano, 2004, 21 e segg.; Russo, Manuale di diritto tributario, Parte generale, Milano, 2007, 189 e segg.; La Rosa, Principi di diritto tributario, Torino, 2009, 284 e segg.; Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, 1, Parte generale, Torino, 2006, 124 e segg.; Gaffuri, Diritto tributario, Parte generale e parte speciale, Padova, 2009, 102 e segg.; Lupi, Diritto tributario, Parte generale, Milano, 2005, 268 e segg.; Ferlazzo Natoli, Lineamenti di diritto tributario, Milano, 2004, 51 e segg.; Tinelli, Istituzioni di diritto tributario, Padova, 2003, 142 e segg. 6 In questi termini, in particolare, Fantozzi, Il diritto tributario, cit., 314, il quale rileva come una delle più elementari garanzie per l interessato all adempimento di una prestazione consiste nell accollare l obbligo dell adempimento a più soggetti, soprattutto quando la posizione assoluta o relativa di tali soggetti garantisca una migliore controllabilità o coercibilità dell adempimento. V., inoltre, Picciaredda, Riflessioni in tema di attuazione del privilegio speciale immobiliare ai fini dei tributi indiretti La tutela del terzo nel pensiero della Corte costituzionale, inriv. Dir. Trib., 2000, II, 381 e segg. e ivi i riferimenti alla dottrina e alla giurisprudenza. 7 Così Fantozzi, La solidarietà tributaria, Torino, 1968, 37; Id., La solidarietà tributaria, intrattato di diritto tributario a cura di Amatucci, II, Il rapporto giuridico tributario, Padova, 1994, 453 e segg.; Fedele, La solidarietà fra i più soggetti coinvolti nel prelievo, inla casa di abitazione tra normative vigenti e prospettive, III, Aspetti finanziari e tributari, Milano, 1986, 506. 8 Come evidenziato dalla migliore dottrina (Falsitta, Presupposto unitario plurisoggettivo, giusto riparto e litisconsorzio necessario nella solidarietà passiva tributaria, inriv. Dir. Trib., 2007, II, 174 e segg.), il problema centrale negli studi sulla solidarietà tributaria è, da sempre, quello di comprendere se la solidarietà tributaria sia perfettamente coincidente con la solidarietà di diritto civile o presenti i caratteri di un istituto sui generis, proprio dell ordinamento tributario. Dalla soluzione adottata su tale questione dipende l applicazione o meno (in modo incondizionato) delle norme civilistiche in materia di solidarietà. La questione dei rapporto fra solidarietà civilistica e solidarietà tributaria ha ricevuto nel tempo varie impostazioni. Cfr. De Mita, La solidarietà passiva nel debito d imposta, inriv. Dir. Fin., 1960, II, 3 e segg.; Glendi, Appunti in tema di litisconsorzio necessario, cause inscindibili ed effetto estensivo tra coobbligati solidali per debito d imposta, indir. e Prat. Trib., 1964, I, 135 e segg.; Fantozzi, La solidarietà tributaria, cit., 57 e segg.; Id., Il diritto tributario, cit., 314 e segg.; Fedele, op. cit., 507 e segg. in part. 515; Castaldi, voce Solidarietà tributaria, in Enc. Giur. Treccani, XXIX, Roma, 1993, sub 2; Batistoni Ferrara, L obbligazione solidale per il pagamento dell imposta di registro propria del venditore di un bene esprime una responsabilità senza debito?, in GT-Rivista di giurisprudenza tributaria, 2009, 532 e segg.; Albertini, voce Solidarietà nel diritto tributario, in Digesto Comm., aggiornamento, Torino, 2009, 651 e segg. In via generale, sul tema dei rapporti fra l obbligazione di diritto civile e l obbligazione tributaria e alle (conseguenti) ricadute sul tema della solidarietà, Amorth, Il giuoco delle parti intorno al concetto di obbligazione, indir. e Prat. Trib., 1968, II, 1077 e segg.; Micheli-Tremonti, voce Obbligazioni (dir. trib.), in Enc. Dir., XXIX, Milano, 1979, 446 e segg.; Fedele, Diritto tributario e diritto civile nella disciplina dei rapporti interni fra i soggetti passivi del tributo, inriv. Dir. Fin., 1969, I, 39 e segg.; Fregni, Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1998, 460. 9 In Giur. It., 1968, I, 1478.

2428 2. Tale conclusione sembra, in parte, essere stata messa in discussione da una pronuncia delle Sezioni unite del 2007, con la quale è stata riconosciuta la necessità del litisconsorzio necessario ogni qual volta vi sia l impugnazione di un atto tributario unitario (vale a dire che abbia ad oggetto una posizione comune a più condebitori) e l interesse a ricorrere è inscindibilmente comune a tutti i debitori 10. Le importanti ricadute di tale decisione sul tema della solidarietà tributaria sembrano essere evidenti a numerosa dottrina 11, anche se la Corte di cassazione ha sottolineato la totale estraneità della menzionata sentenza alla fattispecie della solidarietà tributaria 12. Se da un lato, quindi, il litisconsorzio sembra essere stato ammesso per alcune ipotesi, dall altro, in via generale, pare continuare ad esistere il binario parallelo Diritto Tributario SOLIDARIETAv TRIBUTARIA che, permettendo a ciascun coobbligato di rapportarsi autonomamente nei riguardi dell Ente impositore, finisce inevitabilmente (e in un certo qual senso in modo incongruo) di produrre effetti in capo agli altri consorti in virtù dell applicazione in utilibus di quella regola dell estensione favorevole del giudicato portata dall art. 1306 c.c. 13 3. L analisi delle problematiche attinenti agli aspetti sostanziali è rimasta regressiva nelle pronunce costituzionali e anzi vi è la netta sensazione che la tematica sia stata bypassata attraverso il richiamo (rectius l utilizzazione) della regola sancita dall art. 1306, comma 2, c.c. 14 Ora l affermazione di una applicazione dell art. 1306, comma 2, c.c. 15 (che postula l estensione delle regole di cui agli artt. 1292 e segg. c.c. all obbligazione 10 Il litisconsorzio necessario, è escluso nella disciplina civilistica, per quel che concerne le obbligazioni solidali sulla base della ricostruzione (della solidarietà) quale fascio di rapporti obbligatori soggettivamente differenziati, ancorché raccordati da una eadem res debita e da una identica eadem causa obligandi. L ammissione del litisconsorzio necessario in ambito tributario per alcune ipotesi di solidarietà agevolerebbe, conseguentemente, una ricostruzione della solidarietà tributaria secondo principi differenti ed autonomi rispetto alla solidarietà civilistica. 11 La dottrina (pur con alcuni distinguo) è unanime nel ritenere che la pronuncia Cass., Sez. un., 18 gennaio 2007, n. 1052, in Riv. Dir. Trib., 2007, II, 167) riguardi a pieno titolo la solidarietà tributaria. Cfr. Falsitta, Presupposto unitario plurisoggettivo, giusto riparto e litisconsorzio necessario nella solidarietà passiva tributaria, cit., 174; Glendi, Le SS.UU. della Suprema Corte officiano i funerali della solidarietà tributaria, ingt- Rivista di giurisprudenza tributaria, 2007, 189; Consolo, Per una nuova figura di litisconsorzio necessario nel processo tributario, ibid., 3; Ferlazzo Natoli-Accordino, Solidarietà tributaria paritetica e litisconsorzio necessario, infisco (1), 2007, 400; Marcheselli, Plurisoggettività tributaria, procedimento e processo, ingt-rivista di giurisprudenza tributaria, 2007, 1063; Randazzo, Commento a Cass., Sez. un., 18 gennaio 2007, n. 1052, in Corr. Trib., 2007, 1002; Albertini, In tema di litisconsorzio necessario nel processo tributario, secondo il nuovo orientamento della Corte di Cassazione, ingiur. It., 2007, 1545 e segg.; Sepio, Solidarietà tributaria e pluralità di parti nel processo tributario tra litisconsorzio necessario e riunione dei ricorsi, in GT-Rivista di giurisprudenza tributaria, 2007, 1059 e segg.; Baccaglini, Litisconsorzio necessario e solidarietà tributaria: corsi e ricorsi storici, in Corriere Giur., 2007, 778 e segg. 12 In particolare, nella pronuncia (Cass., Sez. un., n. 1052/ 2007, cit.) si sottolinea come il litisconsorzio necessario si debba collegare alla nozione di inscindibilità di cui all art. 14 del D.Lgs. n. 546/1992 e «tale disposizione si muove in una prospettiva diversa da quella nella quale si collocano le regole relative all obbligazione solidale, obbligazione la cui (eventuale) sussistenza non realizza un presupposto per l applicazione della norma in questione». Secondo la Corte, infatti, «l inscindibilità che determina il litisconsorzio necessario tra i diversi soggetti coinvolti nell accertamento tributario non nasce dall essere tali soggetti coobbligati solidali nel quadro di un rapporto obbligatorio». La successiva giurisprudenza della Corte, peraltro, ha confermato la non applicabilità del litisconsorzio necessario nell ambito della coobbligazione tributaria; cfr. Cass., 15 giugno 2010, n. 14378, in Mass. Foro It., 2010, 652; Id., 8 aprile 2009, 8504, ivi, 2009, 526. 13 Per le intersezioni tra la materia tributaria e quella civilistica, v. per tutti De Mita, Diritto tributario e diritto civile: profili costituzionali,inriv. Dir. Trib., 1995, I, 145 e segg. Al riguardo v., comunque, per un primo approccio: Fedele, La solidarietà fra i più soggetti coinvolti nel prelievo, cit., 507 e segg.; Fantozzi, Il nuovo corso della solidarietà tributaria, cit., 1424 e segg.; Russo, voce Processo tributario, in Enc. Dir., XXVI, Milano, 1987, 754 e segg.; Castaldi, voce Solidarietà tributaria, cit., sub 4.3. 14 V. in argomento Corte cost., 27 giugno 1997, n. 210 (ord.), in Giur. Cost., 1997, 1990; Id., 31 ottobre 1995, n. 473, cit.; Id., 21 luglio 1988, n. 870 (ord.), ivi, 1988, I, 4103; Id., 27 dicembre 1987 (ord.), ivi, 1987, I, 3473. Le problematiche insite nell art. 1306 c.c. sono state da tempo analizzate dalla dottrina sia avuto riguardo agli aspetti sostanziali che processuali. In argomento cfr. Giorgianni, Obbligazioni parziarie, solidali, indivisibili e connesse: lineamenti di un sistema,inannali Catania, VI-VII (1951-53), Milano, 1953, 123 e segg.; Id., voce Obbligazione solidale e parziaria, in Noviss. Dig. It., XI, Torino, 1965, 681; Amorth, Possibile formazione di molteplici giudicati sulla stessa obbligazione solidale, ingiur. It., 1966, I, 1, 1325 e segg.; Rubino, Delle obbligazioni. Obbligazioni alternative Obbligazioni in solido Obbligazioni divisibili e indivisibili, in Comm. C.C. a cura di Scialoja, Branca, IV, Delle obbligazioni, Artt. 1285-1320, Bologna-Roma, 1968, 162; Proto Pisani, Appunti sui rapporti tra limiti soggettivi di efficacia della sentenza civile e la garanzia costituzionale del diritto di difesa, inriv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 1971, 1216 e segg. in part. 1239 e segg.; Busnelli, L obbligazione soggettivamente complessa, Milano, 1974, 396 e segg.; Id., La cosa giudicata nelle obbligazioni solidali, inriv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 1974, 400 e segg. Per la dottrina tributaria cfr. Glendi, Appunti in tema di litisconsorzio necessario, cause inscindibili ed effetto estensivo tra coobbligati solidali per debito d imposta, cit., 1964, I, 156 e segg.; Martorana, Contratto di giudicati rispetto alle obbligazioni solidali passive tributarie, inriv. Dir. Fin., 1965, II, 243 e segg.; Fantozzi, La solidarietà nel diritto tributario, cit., 351 e segg.; Id., Il nuovo corso della solidarietà tributaria, cit., 1424 e segg.; Maffezzoni, A proposito di solidarietà tributaria, unitarietà dell accertamento e tutela dei coobbligati non notiziati del procedimento, in Boll. Trib., 1988, 962 e segg.; Messina, Solidarietà tributaria: la pretesa invocabilità dell art. 1306, 2 o comma, c.c. da parte del coobbligato non ricorrente, infisco, 1989, 941 e segg.; Potito, voce Soggetto passivo d imposta, in Enc. Dir., XIII, Milano, 1990, 1252 e segg.; Miccinesi, voce Solidarietà nel diritto tributario, in Digesto Comm., XIV, Torino, 1997, 445 e segg.; Id., La solidarietà nel diritto tributario, in Studium iuris, 1998, 931 e segg. 15 Questa regola è prevista nell ambito della disciplina civilistica delle obbligazioni solidali, in considerazione dell assenza di un litisconsorzio necessario e al fine, quindi, di attutire il problema del contrasto dei giudicati. Anche per tale disposizione, come per l art. 1310 c.c., le maggiori questioni connesse alla sua applicazione sono sorte in materia tributaria. Cfr. Sinesio, Le obbligazioni soggettivamente complesse. Obbligazioni solidali e parziarie, divisibili e indivisibili,instudi in onore di U. Majello a cura di Comporti, Monticelli, II, 2005, 710.

Diritto Tributario SOLIDARIETAv TRIBUTARIA 2429 solidale tributaria) comporta conseguenze incongruenti sul piano applicativo, anche se una lettura, autorevolmente formulata, della regola civilistica dell estensione in utilibus del giudicato, secondo un criterio ermeneutico diverso dall orientamento prevalente, avrebbe potuto condurre ad una soluzione appagante anche nel settore che ci occupa 16. Soluzione, peraltro, che non risulta poi inverata nella realtà positiva. Il punto di frizione in ordine all attuazione, nel campo della solidarietà paritaria tributaria, del canone portato dall art. 1306, comma 2, c.c., era rappresentato dalla concreta possibilità per il coobbligato, rimasto inerte dinanzi ad un atto impositivo ritualmente notificato nei suoi riguardi, di avvalersi (secundum eventum litis) del giudicato intervenuto nei confronti degli altri consorti 17. L argomento principe per escludere simile possibilità veniva individuato nella causa preclusiva, rappresentata dalla definitività dell accertamento, che non avrebbe consentito (se non in virtù dell autotutela) al condebitore acquiescente alla pretesa erariale di usufruire della sentenza favorevole ottenuta da uno degli altri consorti 18. Il contrasto giurisprudenziale formatosi sul punto è stato risolto, nel senso della piena riferibilità del principio de quo anche alla solidarietà tributaria, con la menzionata sentenza n. 7053 del 22 giugno 1991 delle Sezioni unite della Cassazione (anticipata, per vero, da alcune pronunzie di infondatezza della questione da parte della Corte costituzionale) 19, che, affrontando il problema in un angolo di visuale strettamente processuale, ha chiarito i limiti e la portata della regola civilistica di cui trattasi nella sfera tributaria 20. In sostanza i supremi giudici, disarticolando la previsione codicistica dianzi richiamata dalla sua collocazione materiale, ne hanno offerto una lettura in funzione derogatoria, rispetto ai criteri generali che informano la disciplina delle obbligazioni solidali di diritto comune, e in modo peculiare avuto riguardo alla asserita autonomia sostanziale ed alla frazionabilità processuale dei singoli rapporti obbligatori che costituiscono il nucleo fondante delle obbligazioni di tal fatta 21. 16 Il tema è affrontato amplius da Busnelli, op. cit., 396 e segg.; Id., La cosa giudicata nelle obbligazioni solidali, cit., 400 e segg.; Id., voce Obbligazioni soggettivamente complesse, in Enc. Dir., XXIX, Milano, 1979, 329 e segg. spec. 343 e segg. V., inoltre, Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 2000, 62 e segg. 17 L orientamento negativo è ricavabile anche dall interpretazione assunta sul punto dall amministrazione finanziaria che, suffragata dall opinione dell Avvocatura Generale dello Stato (17 giugno 1977, n. 17791 c.s. 2148/77), ha avuto modo di affermare costantemente la non applicazione dell art. 1306, comma 2, c.c. le tante volte che il coobbligato che richiedeva l estensione del giudicato favorevole ottenuto da altro condebitore avesse fatto decorrere i termini per proporre l impugnativa giurisdizionale avverso l accertamento (cfr. Min. Fin., Nota 27 agosto, 1979, n. 271238, in Boll. Trib., 1979, 1494; Ris. 11 agosto 1982, n. 250302, ivi, 1982, 1483; Ris. 18 luglio 1985, n. 240706, ivi, 1985, 1846; Circ. 15 luglio 1989, n. 35, in Fisco, 1989, 5006; Ris. 13 ottobre 1989, n. 400759, ivi, 1990, 4284). In realtà la giurisprudenza più recente ha declinato l applicazione della regola dell estensione del giudicato favorevole alle ipotesi in cui il condebitore, pur avendo proposto ricorso in prime cure, non avesse poi prodotto gravame avverso la decisione sfavorevole intervenuta (tra le pronunce più recenti v. Cass., 9 dicembre 2008, n. 28881, in Mass. Foro It., 2008, 1668; Id., 21 dicembre 2007, n. 27058, in Vita Notar., 2007, 1239; Id., 26 gennaio 2006, n. 1589, in Fisco, (1), 2006, 1690; Id., 9 gennaio 2003, n. 134, in Giust. Civ. Mass., 2003, 37; Id., 6 marzo 2003, n. 3306, in GT- Rivista di giurisprudenza tributaria, 2003, 646; Id., 14 novembre 2003, n. 17219, in Corr. Trib., 2004, 477). In argomento v. l ampia panoramica di Ferlazzo Natoli-Accordino, Recenti orientamenti in tema di solidarietà tributaria. Aspettando le Sezioni Unite della Cassazione, in Fisco,1, 2003, 4179 e segg. Del resto questo principio è pacificamente ammesso anche in ambito civilistico, al riguardo, per tutti, v. Bianca, Diritto civile, 4, L obbligazione, Milano, 1990, 745. 18 Così esplicitamente Russo, voce Processo tributario, cit., 829, il quale ritiene si verifichi un fenomeno preclusivo allorquando sia intervenuto un giudicato di segno opposto, ovvero i soggetti medesimi siano stati destinatari di un atto di accertamento e lo abbiano fatto diventare definitivo a seguito di omessa proposizione nel termine prescritto ad hoc. Nello stesso senso, oltre alle sentenze richiamate nella nota che precede, cfr. Cass., 11 aprile 1989, n. 1725, in Foro It., 1990, I, 216; Id., 19 settembre 1985, n. 4700, ivi, 1986, I, 721. V., inoltre, in linea con le pronunzie della Cassazione: Albenzio, Solidarietà ed intervento del terzo nel processo tributario, inforo It., 1989, I, 1006 e segg.; Comoglio, Lite tributaria, formazione del giudicato e tutela giurisdizionale del terzo responsabile d imposta, inriv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 1987, 585 e segg. in part. 612 e segg. 19 Cfr. Corte cost., 27 giugno 1997, n. 210, in Giur. Cost., 1997, 1990; Id., 31 ottobre 1995, n. 473, ivi, 1975, 3638; Id., 25 maggio 1990, n. 267 (ord.), ivi, 1990, II; Id., 21 luglio 1988, n. 870 (ord.), in Giur. Cost., 1988, I, 4103; Id., 17 dicembre 1987, n. 544 (ord.), ivi, 1987, I, 3473. In ordine all affermazione dell estensione del giudicato inter alios nell ambito del condebito cfr. Tremonti, Imposizione e definitività nel diritto tributario, Milano, 1977, 325 e segg. 20 Tutta la successiva giurisprudenza della suprema Corte si è orientata univocamente sul dictum delle Sezioni unite. V., tra le più recenti pronunce, Cass., 24 gennaio 2001, n. 998, in Mass. Foro It., 2001, 100; Id., 11 agosto 2000, n. 10613, in Repertorio Foro It., 2000, voce Tributi in genere, 1069; Id., 15 febbraio 2000, n. 1681, in Giur. Imposte, 2000, 585; Id., 8 settembre 1999, ivi, 2000, 337; Id., 8 settembre 1999, n. 9519, in Repertorio Foro It., 1999, voce Tributi in genere, 951; Id., 20 dicembre 1996, n. 11400, in Giust. Civ., 1997, I, 1853; Id., 1 o marzo 1996, n. 1615, in GT-Rivista di giurisprudenza tributaria, 1996, 919; Id., 2 febbraio 1995, n. 1225, in Giur. It., 1996, I, 257 e segg.; Id., 4 agosto 1994, n.7255, in GT-Rivista di giurisprudenza tributaria, 1995, 465; Id., 4 agosto 1994, n. 7255, in Repertorio Foro It., 1994, voce Registro (imposta), 125. V:, inoltre, quanto esposto ante sub nota 1. Nel senso favorevole all impostazione seguita dalla Cassazione cfr. Rastello, Ancora sulla patologia (permanente?) dell obbligazione solidale tributaria,indir. e Prat. Trib., 1991, I, 1686 e segg.; Pizzonia, Sull estensibilità del giudicato più favorevole ai coobbligati in solido, inriv. Dir. Fin., 1992, II, 32 e segg. 21 Come è noto la tesi che ha maggior seguito in dottrina è quella che configura l obbligazione solidale come un fascio di rapporti legati dall eadem causa obligandi convergenti nella eadem res debita (cfr. Pothier, Trattato delle obbligazioni, Venezia, 1833, I, 262; Gabolde, Obligations complexes, intraité pratique de droit civil françois par Planiol et Ripert, VII, Obligations (deuxième partie), Paris, 1954, 444; Allara, Delle obbligazioni (Corso), Torino, 1939, 58; Amorth, L obbligazione solidale, Milano, 1959, 22; Longo, Diritto delle obbligazioni, Torino, 1950, 70; Rubino, op. cit., 135. Per un primo approccio in ordine alle tematiche processuali v. Proto Pisani, op. cit., 1216 e segg.; Id., Note in tema di limiti soggettivi della sentenza

2430 In pratica la funzione dell art. 1306, comma 2, c.c., ha ricevuto in tal modo il crisma della specialità processuale (stricto iure), rispetto al corpus strutturale della solidarietà passiva, assolvendo allo scopo di una composizione giudiziale dei conflitti, sia nel contesto interno tra i condebitori che esterno verso il comune creditore 22. 4. Il supremo Consesso ha posto, tuttavia, due limiti irredimibili all espansione del giudicato favorevole, e cioè: che non si sia formata una res iudicata (sfavorevole) diretta tra l Ente impositore e il condebitore, ovvero che il coobbligato non abbia consumato il suo diritto potestativo ad invocare la sentenza resa inter alios, avendo medio tempore soddisfatto l obbligazione tributaria 23. L adempimento, mediante il versamento (spontaneo o coattivo) della somma dovuta, con la consequenziale estinzione della pretesa tributaria non consentirebbe, infatti secondo tale orientamento al condebitore acquiescente di avvalersi dell altrui giudicato attivando Diritto Tributario SOLIDARIETAv TRIBUTARIA un azione di rimborso fondata sull indebito, giacché in questo caso l amministrazione finanziaria opporrebbe (legittimamente) la soluti retentio 24. A ben vedere questa ricostruzione atomistica proposta dalla Cassazione, specie in relazione all animus solvendi correlato all intervenuto pagamento come limite alla possibile propagazione dell evento vantaggioso, non è stata scevra da critiche puntualmente avanzate dalla dottrina 25. Critiche che non possono non esser condivise specie ove si osservi che nel momento in cui si colloca l operatività dell art. 1306 c.c. in un ambito extraprocessuale, al fine di giustificarne l applicabilità nei riguardi dei soggetti rimasti inerti dinanzi all avviso di accertamento, superando in tal modo la causa preclusiva della definitività dell atto, appare oltremodo difficile attribuire valenza solutoria estintiva all adempimento 26. Del resto, pur rientrando la questione tra gli obiter dicta della sentenza in commento, questa sembra la nuova posizione assunta dalla Cassazione quanto mecivile, instudi in onore di E. Allorio, II, cit., 399 e segg.; Busnelli, La cosa giudicata nelle obbligazioni solidali, cit., 393 e segg.; Menchini, Il processo litisconsortile. Struttura e poteri delle parti, Milano, 1993, I, 442 e segg.; Perago, Obbligazioni solidali e scindibilità delle cause, inriv. Dir. Proc., 1994, II, 271 e segg. 22 A sostegno di simile tesi la suprema Corte, nella richiamata sentenza n. 7053/1991, argomenta considerando che «non ostano alla estensione del giudicato le vicende extra o preprocessuali relative alla posizione sostanziale del condebitore inerte eventualmente costituite da un atto amministrativo non impugnato». Soggiunge poi il massimo consesso giurisdizionale che l ordinamento giuridico riconosce altri casi «in cui il mancato assolvimento dell onere di impugnativa di un atto non impedisce al soggetto rimasto inattivo di beneficiare della decisione favorevole ottenuta da altro soggetto». Le ipotesi richiamate alla contemplazione del concreto («un rapporto plurisoggettivo, geneticamente unitario, anche se funzionalmente distinto in relazione ai singoli soggetti»), sono ricavabili dagli artt. 23, 1109, 1137, 2377, 2378 e 2453 c.c. e concernono i casi di impugnativa di delibere collegiali ove la sentenza favorevole ottenuta da uno dei soggetti che abbia intrapreso l azione giudiziale, produce effetti anche a favore di coloro che non abbiano proposto la contestazione in via giudiziaria. 23 Secondo la più autorevole ed accreditata esegesi dottrinaria la regola del comma 2 dell art. 1306 rappresenta una deroga al principio portato dal comma 1 («non per ragioni tecniche ma per una valutazione degli interessi in conflitto, consentendo eccezionalmente che la sentenza venga utilizzata da altri consorti se ad essi favorevole»). Tale ragione poggerebbe sul conseguenziale corollario per cui non sussiste un efficacia ipso iure nei loro confronti, ma si attribuisce agli stessi unicamente il potere di avvalersene (così Rubino, op. cit., 288; negli stessi termini Di Majo, voce Obbligazioni solidali, in Enc. Dir., XXIX, Milano, 1979, 298 e segg., in part. 326). Del resto la stessa previsione codicistica di che trattasi utilizza una nomenclatura inequivoca al riguardo ( possono opporla, possono farla valere ). Sul tema dei diritti potestativi in generale sono sempre attuali le riflessioni di Santi Romano, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947, 176 e segg. V. inoltre Micheli, La rinuncia agli atti del giudizio, Padova, 1937, 2 e segg.; Gorla, L atto di disposizione di diritti, inannali Perugia, 1936, 72 e segg.; Moscarini, voce Rinunzia I) Diritto Civile, in Enc. Giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991, sub 2.6. 24 In argomento, ancorché non specificamente riferibile alla fattispecie in esame, v. Tesauro, Il rimborso dell imposta, Torino, 1975; Tabet, Contributo allo studio del rimborso d imposta, Roma, s.d. (ma 1984); Id., voce Rimborso di tributi, in Enc. Giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991. 25 Così Castaldi, Considerazioni civilistiche e non, a margine della sent. 22 giugno 1991, n. 7053 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, cit., 78 e segg. V., altresì, Accordino, Considerazioni in tema di estensione del giudicato favorevole in presenza di obbligazione solidale, in Rass. Trib., 2006, 857 e segg. Si è anche sostenuto che la questione deve essere risolta considerando che: (i) il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all annullamento di atti autoritativi; (ii) i ricorsi dei condebitori in solido hanno per oggetto un identico atto impositivo; (iii) l annullamento di un atto vale erga omnes. Ciò implica che se un condebitore impugna, ed un altro condebitore non impugna, l annullamento ottenuto dal condebitore impugnante è annullamento dell unico atto impositivo ed esplica i suoi effetti verso tutti i condebitori. Per tale motivo dell annullamento può giovarsi anche il condebitore rimasto inerte, sia per opporsi a pretese di pagamento sia per ottenere il rimborso di quanto pagato (Tesauro, Manuale del processo tributario, Torino, 2009, 213). 26 È stato evidenziato come la menzionata sentenza delle Sezioni Unite del 1991 non abbia considerato con la dovuta attenzione il ruolo che la definitività degli atti riveste nel nostro sistema tributario procedimentale e processuale, ove la mancata impugnazione, entro i termini di una atto impositivo, determina la definitiva consumazione del potere di contestare la pretesa. Cfr. Russo, Solidarietà tributaria ed art. 1306 cod. civ.: l equivoco perdura,inriv. Dir. Trib., 1995, 599; Castaldi, Considerazioni civilistiche e non, a margine della sent. 22 giugno 1991, n. 7053 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, cit., 83. L argomento appare poco persuasivo anche al Lupi, Definitività degli atti impositivi: il rigore scompare quando il contribuente è in buona compagnia, in Riv. Dir. Trib., 1992, II, 915 e segg.), il quale osserva come il disinvolto superamento della norma espressa (art. 16, D.P.R. n. 636/1972) secondo cui il ricorso contro l avviso di liquidazione o il ruolo è inammissibile per vizi non fatti valere contro un precedente avviso di accertamento, mal si concilia con il concetto di definitività. D altro canto osserva tale autore il superamento della definitività viene giustificato «con l esigenza di rimuovere l oggettiva ingiustizia della pretesa fiscale una volta che tale ingiustizia sia stata accertata con sentenza di un giudice. Se però l accertamento definitivo fosse oggettivamente ingiusto, esso dovrebbe essere rimosso anche a prescindere dall esistenza di coobbligati solidali, quando il contribuente inerte era tutto solo».

Diritto Tributario SOLIDARIETAv TRIBUTARIA 2431 no avuto riguardo al pagamento eseguito per evitare l espropriazione forzata. Entrambe tali situazioni sembrano, invero, riconducibili ad una fase pre-processuale e anzi il pagamento dell imposta, solitamente effettuato per sottrarsi all esecuzione forzata 27, dovrebbe stimarsi vicenda sicuramente eterogenea rispetto alla fase processuale che non incide, tra l altro, in alcun modo con i giudizi in itinere proposti dagli altri coobbligati che seguiranno il loro iter naturale 28. Si riteneva, infatti, che la facultas di avvalersi della sentenza favorevole venisse ad elidersi, quale consumazione del diritto potestativo, in virtù del pagamento considerato alla stregua di esercizio negativo e, quindi, manifestazione irrevocabile di volontà ad effetto impeditivo 29. In questo alveo giurisprudenziale, che sembrava ormai consolidato, si colloca la sentenza in esame che, re melius perpensa, rivisita la questione dell estensione del giudicato favorevole ex art. 1306, comma 2, c.c. in una nuova e a nostro avviso più corretta visuale del fenomeno. Infatti viene affermato il principio in base al quale l utilizzazione favorevole del giudicato si estende nei riguardi del coobbligato che abbia provveduto non spontaneamente al pagamento dell imposta, ma in virtù dell esecuzione forzata. Ciò avviene allorquando (correttamente) l amministrazione finanziaria, avvalendosi dell Ente preposto alla riscossione, attui l esazione graduata del tributo, secondo le scansioni previste dall art. 15 del D.P.R. n. 602/1973 e dall art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992. Il supremo Consesso ammette, quindi, la piena operatività dell estensione in utilibus del giudicato, per ottenere la ripetizione di quanto pagato dal coobbligato rimasto inerte all attività impositiva e che abbia adempiuto al solo fine di evitare la procedura esecutiva in suo danno. È indubbio che questa nuova corrente di pensiero seguita dai giudici di legittimità linea che, peraltro, dovrà ricevere l avallo delle Sezioni unite rappresenti un innegabile notevole passo avanti. In primo luogo, quantomeno per le ipotesi di versamento forzoso, si consolida la regola secondo cui, in tema di solidarietà paritaria (settore in cui la capacità contributiva dovrebbe esplicarsi in modo unitario sì da rendere equivalente per ciascun consorte il carico tributario), il quantum imponibile deve esser determinato in modo uniforme nei riguardi dei soggetti che hanno realizzato la medesima fattispecie impositiva 30. In pratica applicando i criteri fissati dalle Sezioni unite nella più volte menzionata sentenza n. 7053/ 1991 si rendeva operativo una sorta di meccanismo secundum eventum che consentiva di ammettere al beneficio dell estensione favorevole del giudicato solo quei soggetti che, nelle more del giudizio, non fossero stati raggiunti dalla pretesa esattiva dell amministrazione finanziaria. Si permetteva de facto che la scelta volitiva potesse attualizzarsi solo a condizione che il coobbligato non fosse stato costretto ad adempiere, sotto comminatoria degli atti esecutivi, attribuendo, peraltro, in cotal guisa a libito dell Ente impositore la possibilità di giovarsi o meno della sentenza favorevole. 27 Si rileva, infatti, come l adempimento all onere impositivo da parte del contribuente in un momento anteriore alla formazione del giudicato verso un altro condebitore non si può configurare «come una volontaria consumazione della facoltà di cui all art. 1306 cod. civ., bensì come il risultato del suo assoggettamento ad una procedura di riscossione coattiva unilateralmente instaurata dall ente impositore», così Castaldi, Considerazioni civilistiche e non, a margine della sent. 22 giugno 1991, n. 7053 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, cit., 83; Picciaredda, Rinasce la supersolidarietà tributaria?, in Riv. Dir. Trib., 2001, II, 866 e segg. 28 A ben osservare le possibilità offerte ai condebitori possono produrre situazioni diverse in relazione al quantum dovuto (cfr. al riguardo Tremonti, op. cit., 449, nota 249). La prosecuzione del giudizio da parte degli altri coobbligati, ancorché in presenza dell avvenuto pagamento, dovrebbe stimarsi un vero e proprio diritto all ottenimento di una pronunzia giurisdizionale (ius sententiae optinendae). È pur vero che in questi casi l interesse dell amministrazione finanziaria in presenza dell estinzione del debito è del tutto inesistente e la lite si configura sostanzialmente come un fenomeno di privatizzazione del contenzioso (così Verna, Sull estendibilità al condebitore d imposta degli effetti favorevoli dell attività degli altri coobbligati, in Boll. Trib., 1988, 99 e segg.). 29 Intendiamo precisare, senza pretesa di affrontare una tematica di così ampio respiro che, tra l altro, ha formato oggetto di ampie discettazioni della migliore dottrina (cfr. al riguardo Carnelutti, Teoria generale del diritto, Roma, 1946; Moschella, voce Fatto giuridico, in Enc. Giur. Treccani, XIV, Roma 1989) come l uso della locuzione effetto impeditivo, solitamente riconducibile ad istituti quali la decadenza, presupponga il perfezionamento di una fattispecie e sembra, quindi, correlato a quelle situazioni in cui è necessaria una valida manifestazione di volontà diretta ad inibire un effetto estintivo (cfr. Santi Romano, op. cit., 46 e segg.; Tedeschi, voce Decadenza a) Diritto e procedura civile, in Enc. Dir., XI, Milano, 1962, 784 e segg.; Graziani, Il riconoscimento dei diritti reali Contributo alla teoria dell atto ricognitivo, Padova, 1979, 182 e segg.; Troisi, La prescrizione come procedimento, Napoli, 1980, 100 e segg.; Roselli, voce Decadenza, I) Diritto civile, in Enc. Giur. Treccani, X, Roma, 1988; Panza, voce Decadenza nel diritto civile, in Digesto Civ., V, Torino, 1989, 133 e segg.). 30 L evenienza di un difforme accertamento in capo a ciascun coobbligato è criticata dalla dottrina ma (a parte il tentativo dell applicazione dell art. 1306, comma 2, c.c. in funzione equitativa) sembrava, prima della sentenza in commento, una mera ipotesi accademica. In argomento v. Fantozzi, Un altro mito infranto: è la volta della solidarietà tributaria, cit., 1479; Fedele, Solidarietà tributaria e termini di decadenza, ingiur. Cost., 1974, 2742 e segg.; Russo, Disciplina sostanziale e processuale delle obbligazioni solidali tributarie, inriv. Dir. Proc., 1975, 336 e segg.; Picciaredda, Osservazioni in tema di decadenza e solidarietà tributaria, cit., 29; Id., Rinasce la supersolidarietà tributaria?, cit., 866 e segg.; Granelli, Sulla confliggenza di giudicati in materia di INVIM ed imposta di registro, in Boll. Trib., 1978, 398 e segg.; Id., Situazioni plurisoggettive e contenzioso tributario, ivi, 1979, 259 e segg.; Albertini, Imposta di registro e INVIM: rapporti tributari autonomi e unità dell accertamento, ivi, 1987, 1657 e segg.; Maffezzoni, op. cit., 962 e segg.; Aiudi, La solidarietà come valico verso l unitarietà dell accertamento, in Boll. Trib., 1988, 224 e segg.; Castaldi, Incompatibilità tra disciplina civilistica della solidarietà ed esigenze di uniforme accertamento del valore venale dell immobile tra i coobbligati per l imposta di registro, inrass. Trib., 1990, II, 840 e segg.

2432 Attraverso questo discrimen, che a dire il vero rimetteva alla mera libertà comportamentale degli uffici finanziari la definizione della materia imponibile (sostanzialmente subordinata ad un criterio fondato sulla scansione temporale in cui viene attuata la riscossione), si perveniva, quindi, a differenti quantificazioni dell imposta dovuta a cui corrispondeva per pendant una diversa misurazione del presupposto. Come corollario di tali postulati emergevano poi gli effetti nel contesto interno nel momento in cui il coobbligato che avesse pagato l imposta (non potendo avvalersi del giudicato favorevole) agiva in regresso pro quota nei confronti di coloro che avevano ottenuto il provvedimento giurisdizionale positivo. In questo caso si produceva una palese discrasia, giacché il condebitore adempiente si sarebbe sentito legittimamente opporre, in via di eccezione, il giudicato favorevole ottenuto dall altro consorte e non poteva ottenere la giusta ripartizione del carico tributario, che in una coerente e concreta attuazione del principio di capacità contributiva dovrebbe, invece, esser sempre consentita. Alla luce della pronuncia in commento si pone, tuttavia, un aspetto della tematica che la Cassazione lascia insoluto. Orbene i giudici supremi affermano che il pagamento effettuato da un coobbligato per sottrarsi all azione esecutiva non può considerarsi adempimento spontaneo e, quindi, non assumerebbe i contorni solutori ed estintivi che, invece, sarebbero propri di un comportamento volontaristico del contribuente. In quest ultima ipotesi il soggetto passivo solidale non potrebbe avvalersi del giudicato favorevole ottenuto da altro coobbligato ex art. 1306, comma 2, c.c., per ripetere quanto pagato. Sorge, invero, naturale chiedersi quale possa essere il pagamento spontaneo a cui si riferisce la Cassazione che costituirebbe causa ostativa all estensione del giudicato. Se si pone mente al procedimento impositivo tracciato dal legislatore tributario, viene in considerazione la circostanza che l amministrazione per attualizzare la pretesa deve emettere un atto impositivo o un avviso di liquidazione. Sono quelli, infatti, gli atti presupposti che consentono quantomeno nel settore delle imposte indirette nel cui settore si esprime, per la maggior parte delle ipotesi, la solidarietà poi, in caso di mancato pagamento, la cartella di pagamento e successivamente il ricorso all azione esecutiva. Allora, a nostro avviso, sarebbe più corretto parlare di pagamento necessitato (piuttosto che forzoso ) che si concretizza ogni qual volta il coobbligato estraneo al giudizio adempie posteriormente alla notifica dell accertamento e dell avviso di liquidazione senza attendere l esecuzione forzata. Diversamente opinando si presenterebbe specularmente, per una sorta di eterogenesi dei fini, la situazione in un certo senso analoga ed opposta a quella che i giudici di legittimità, con la sentenza in rassegna, hanno inteso scongiurare. Intendiamo cioè sottolineare che se la lettura che venisse fornita alla tematica che ci occupa fosse quella di ritenere spontaneo e non necessitato il pagamento eseguito successivamente all emissione degli atti dianzi menzionati ci troveremo di fronte alla medesima fattispecie dapprima raffigurata 31. Diverrebbe, quindi, per il contribuente più accorto, un facile escamotage attendere l esecuzione (anche se appare una scelta più onerosa) per adempiere, giacché, in questo caso il pagamento forzoso consentirebbe di beneficiare del giudicato favorevole. A ben vedere una visione del fenomeno dianzi descritto in un ottica costituzionalmente orientata (nella piena realizzazione del principio di capacità contributiva) dovrebbe condurre ad ammettere che il pagamento necessitato in presenza della fattispecie portata dall art. 1306, comma 2, c.c., consente sempre la ripetizione di quanto precedentemente versato. SALE AND LEASE BACK Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK Franco Picciaredda Commissione tributaria provinciale Modena, IISezione, 12 gennaio 2011, n. 5 Pederiali Presidente Previdi Relatore Porto Cervo Genova s.r.l. (avv. Turchi) - Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Modena. Imposta reddito persone fisiche e giuridiche Reddito di impresa Negozio di sale and lease back Operazione unitaria Plusvalenza Criteri di imputazione temporale Ripartizione graduale (C.c. art. 2425 bis, comma 4; D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 86, 109). Il negozio di sale and lease back è un negozio unitario, con causa di finanziamento, diversa dunque dalle cause dei distinti segmenti negoziali che lo compongono; pertanto tale contratto, ai fini fiscali, non deve essere scomposto in due negozi (vendita e retrolocazione del bene) e la plusvalenza, generata da tale operazione unitaria, deve essere tassata, in maniera graduale, secondo la ripartizione temporale di cui all art. 2425 bis, comma 4, c.c., alla quale non deroga l art. 86, comma 4, del testo unico delle imposte sul reddito (1). 31 A nostro modo di vedere, accogliendo una simile linea interpretativa, si realizzerebbe a contrario lo stesso risultato che si intendeva conseguire, da parte dell amministrazione finanziaria, per escludere, in capo ai coobbligati non impugnanti, gli effetti favorevoli del giudicato ottenuto dagli altri consorti. Si riteneva, infatti, che in siffatta ipotesi non solo non dovesse trovare attuazione l art. 1306, comma 2, c.c., ma che per impedire la propagazione degli effetti del giudicato (anche dopo la più volte richiamata sentenza delle Sezioni unite n. 7053/1991), fosse indispensabile agire immediatamente (a seguito della definitività dell atto impositivo) nei confronti dei soggetti estranei al giudizio. In tal modo si sterilizzava il giudicato favorevole attraverso la riscossione coattiva. L orientamento ministeriale al riguardo è richiamato retro sub nota 17.

Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK 2433 Omissis. Motivi: 1.Sul plusvalore dal Lease Back, recuperato a tassazione quale componente positivo di reddito, interamente nell esercizio, ex art. 86, comma 4, T.U.I.R. L Ufficio sostiene, in buona sostanza, che nell ambito della operazione di lease back operazione articolata che si snoda in due momenti collegati, vale a dire il trasferimento di un bene ad una società di leasing e la successiva locazione finanziaria del medesimo si sarebbe realizzata una plusvalenza di euro 7.734.500, pari alla differenza tra il valore di trasferimento alla società dileasing (euro 30.000.000,00) ed il valore fiscale in capo alla società ricorrente, derivante da precedente conferimento (euro 22.265.500,00). E che tale plusvalenza sarebbe riconducibile alla sfera applicativa dell art. 86 comma 1 T.U.I.R., disciplinante appunto le plusvalenze d impresa, come tali tassabili per intero, ai sensi del comma 4 della citata norma, nel corso dell anno 2005. Tesi, questa, contrastata dalla ricorrente, la quale ritiene tassabile il c.d. plusvalore generato dall operazione unitaria di leasing, in maniera graduale, secondo la ripartizione temporale di cui all art. 2425 bis comma 4 cod. civ. La Commissione ritiene condivisibile, in quanto più coerente con il dettato normativo, la tesi sostenuta dalla società ricorrente. L art. 2425 bis comma 4 cod. civ., dispone, chiaramente, che le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione; e senza alcuna distinzione tra metodo patrimoniale e metodo finanziario di contabilizzazione; e, soprattutto, senza porre alcun particolare vincolo al riguardo. Il metodo indiretto, utilizzato dalla società ricorrente, vale a dire l imputazione del plusvalore a riduzione del costo del bene iscritto nello stato patrimoniale e la sua influenza, indiretta, sulla determinazione dei risultati economici (in conseguenza dei minori componenti negativi riportati nei bilanci perché calcolati su un costo d iscrizione del bene ridotto dall ammontare dello stesso plusvalore) appare corretto; esso conduce, alla stregua del c.d. metodo diretto, il differimento dell imputazione a conto economico del plusvalore e la sua ripartizione graduale per competenza. In buona sostanza, si tratta di metodologie contabili che non si pongono in contrasto, anzi, sono assolutamente coerenti con la prescrizione codicistica in esame. La Commissione ritiene, altresì, di non condividere l obiezione dell Ufficio secondo cui la tassabilità in un unico esercizio, deriverebbe dall applicazione dell art. 86 comma 4 del TUIR, norma che derogherebbe alla disciplina civilistica invocata dalla ricorrente. Come giustamente dedotto ed argomentato dalla ricorrente, la plusvalenza da lease back non è riconducibile ad alcuna delle fattispecie indicate dall art. 86 TUIR. Il lease back è, infatti, negozio diverso, più complesso, di una mera cessione a titolo oneroso, quantunque nella sua articolazione sia individuabile una cessione che (tuttavia) non ha autonomia causale, essendo inscindibilmente collegata alla successiva operazione di locazione: la causa del negozio è infatti quella di finanziamento, diversa dunque dalle cause dei distinti segmenti negoziali che compongono il lease back. Tale negozio non può, dunque, contrariamente a quanto affermato dall Ufficio, a fini fiscali, scomporsi in due parti dotate di autonomia. Come chiarito da tempo dalla Suprema Corte, il sale and lease back è un contratto atipico che si inquadra in uno schema dotato di una sua qualificante tipicità sociale del quale la preventiva cessione del bene costituisce il presupposto per la successiva concessione dello stesso in leasing (cfr. Cass. 4612/98); un contratto atipico, dunque, con causa lecita di finanziamento. Tale schema negoziale presenta una autonomia strutturale e funzionale quale contratto d impresa e presenta caratteri peculiari, soggettivi ed oggettivi, che non consentono di ritenere che esso configuri, per sua natura e per il suo fisiologico operare, una fattispecie negoziale fraudolenta (cfr. Cass. 10805/95, Cass. 6663/97). È sempre la Corte di Cassazione (Cass. 4612/98) ad affermare che gli Uffici non possono procedere a riqualificare in termini sostanziali il rapporto giuridico sottostante il contratto di lease back, a meno che non si ravvisino anomalie del tutto particolari, neppure prospettate in relazione alla fattispecie in esame. Sulla scorta dei medesimi principi, non pare lecito restringere il più complesso ed articolato negozio di lease back, nella categoria delle cessioni a titolo oneroso, non foss altro per la constatazione che le cessioni producono, quale effetto immediato, la perdita della proprietà (e solitamente della disponibilità) del bene; nel leasing in esame il bene continua ad essere goduto dall utilizzatorecedente, il quale al termine del contratto potrà (ed è normalmente ciò che si verifica) riacquistare la proprietà del bene goduto. L inapplicabilità dell art. 86 comma 1 T.U.I.R. al negozio in questione e la legittima applicazione da parte della ricorrente del disposto di cui all art. 2425 cod. civ. e del generale principio di competenza ivi richiamato, rendono pertanto infondato il recupero in questione. 2. Sull ammortamento ritenuto indeducibile, per violazione dell art. 102 comma 7 del T.U.I.R. relativo all immobile in lease back(euro 376.714,26). Si tratta della quota di ammortamento, imputata a conto economico e dedotta fiscalmente, sull immobile oggetto di lease back. L Ufficio ritiene l indeducibilità per asserito contrasto con l art. 102 comma 7 del T.U.I.R. La ricorrente non avrebbe potuto contabilizzare l operazione di leasing, secondo i principi internazionali Ias 17 in quanto, rientrando la Porto Cervo Genova nella categoria delle società minori, le era preclusa l adozione dei principi contabili internazionali. Afferma, altresì, l Ufficio che l art. 102 comma 1 T.U.I.R., prevede la possibilità di dedurre quote di ammortamento solo in relazione al costo di beni materiali strumentali appartenenti all impresa. Obietta al riguardo la ricorrente che le argomentazioni addotte dall Ufficio non sono convincenti per ritenere preclusa alla società ricorrente la contabilizzazione attraverso il metodo c.d. finanziario; e ciò in quanto la Porto Cervo avrebbe fatto ricorso a tale metodo a prescindere dal richiamo ai principi contabili internazionali, in particolare agli Ias 17. Osserva la Commissione che sono, in effetti, previste due possibili modalità di contabilizzazione, tra loro alternative, dei fatti di gestione inerenti la stipula di un contratto di leasing quale quello in esame. Quella con il c.d. metodo patrimoniale, che si basa sulla rilevazione dei canoni periodici addebitati all utilizzatore, senza alcuna rilevazione del debito legato al funzionamento del bene, non indicato nel bilancio dell utilizzatore, sino al momento dell eventuale riscatto. Ed il c.d. metodo finanziario, che si fonda sulla rilevazione dell operazione come se essa rappresentasse, come in effetti sostanzialmente rappresenta, un acquisto diretto del bene, per cui: il bene viene iscritto tra le immobilizzazioni al momento della consegna; subito viene rilevato un debito pari all importo oggetto del finanziamento; al momento del pagamento dei canoni vengono rilevati tanto gli interessi passivi di competenza, quanto la riduzione del finanziamento; e

2434 nella redazione del bilancio è rilevato l ammortamento del bene al pari di un bene di proprietà. Il principio contabile nazionale Oic n. 16 considera applicabile il metodo patrimoniale; a differenza dei principi internazionali Ias 17, che richiamano il metodo finanziario. Ritiene, anzitutto, la Commissione che le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 38/2005, che obbligano e/o facoltizzano le società indicate nell art. 2, ad attenersi ai principi contabili internazionali, non contengono preclusioni, per le c.d. società minori, ad avvalersi, nella contabilizzazione del lease back del c.d. metodo finanziario. Né può ritenersi inibito tale metodo in virtù di disposizioni del codice civile che, a ben vedere, non parrebbero imporre alcun particolare metodo di contabilizzazione del contratto in esame. Neppure dall intervenuta riforma del diritto societario è lecito desumere argomenti efficaci a conforto della tesi sostenuta dall Ufficio; certamente non lo è la previsione di cui all art. 2427 cod. civ., laddove al n. 22 prescrive che nella nota integrativa vengano fornite informazioni che consentano, comunque, di raffigurare (è sottinteso, in caso di utilizzo del metodo patrimoniale) la situazione che si evincerebbe dall applicazione del metodo finanziario. Previsione che, a ben vedere, fa ritenere che il legislatore consideri sostanzialmente più attendibile il metodo finanziario, piuttosto che quello patrimoniale. Neppure possono ritenersi decisivi e vincolanti per l interprete, i principi raccomandati dall Oic. La Suprema Corte, con sentenza n. 8292 del 2003, aveva affermato che il metodo finanziario, anche se non espressamente previsto, non può considerarsi vietato. È ben vero che la Corte aveva poi negato la deducibilità degli ammortamenti alla luce della legislazione fiscale all epoca vigente; ma la situazione è mutata a seguito della evoluzione normativa. Il ricorso al metodo finanziario era stato, infatti, implicitamente previsto dall art. 102 comma 7 del T.U.I.R. che, nel contemplare la possibilità, per l impresa utilizzatrice, di dedurre i canoni di locazione finanziaria indipendentemente dai criteri di contabilizzazione aveva legittimato entrambi i metodi. La Commissione ritiene, in definitiva, che le disposizioni normative applicabili alla fattispecie consentissero la deduzione in esame: segnatamente l art. 83 TUIR, contemplante il generale principio riguardante la determinazione del reddito di cui all art. 83, in combinato disposto con gli art. 102 comma 7 e 109 comma 4 lett. b del T.U.I.R. L integrale deducibilità dei canoni di locazione finanziaria, a prescindere dai criteri di contabilizzazione, è consentita dall art. 102 comma 7; in caso di utilizzo del metodo finanziario l impresa utilizzatrice può comunque imputare a conto economico l ammortamento e gli interessi passivi, invece che il canone di locazione, il cui ammontare è solitamente maggior per la minore durata del leasing rispetto al periodo di ammortamento. Mentre l integrale deduzione extra contabile dell eccedenza del canone di locazione rispetto agli ammortamenti ed agli interessi passivi imputati in bilancio, è consentita dall art. 109 comma 4 lett. b, in virtù del quale sono deducibili spese e componenti negativi che, pur non essendo imputabili direttamente al conto economico, sono deducibili per disposizione di legge o quando, specificatamente afferenti i ricavi e altri proventi, risultino da elementi certi e precisi. Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK Il recupero in esame deve, pertanto, essere annullato. Omissis. (1) L imputazione temporale della plusvalenza nel contratto di sale and lease back Sommario: 1. Premessa. 2. Profili civilistico-contabili dell operazione di sale and lease back. 3. Profili fiscali: l imputazione temporale della plusvalenza. 4. Considerazioni conclusive. Art. 2425 bis, comma 4, c.c.: criterio fiscale di imputazione temporale della plusvalenza. 1. Premessa. La controversia decisa dalla Commissione tributaria provinciale di Modena attiene ad una vicenda concernente il trattamento fiscale delle plusvalenze nel contratto di sale and lease back, per il periodo di imposta 2005. L Ufficio procedeva alla tassazione del plusvalore, quale componente positivo di reddito risultante dal trasferimento dell immobile conferito unitamente al ramo d azienda dalla società contribuente alla società di leasing, in funzione della contestuale locazione finanziaria. L Agenzia recuperava a tassazione tale componente positivo di reddito ritenendo applicabile l art. 86, comma 4, T.U. delle imposte sul reddito: la plusvalenza deve infatti, secondo il dettato legislativo, essere imputata nell anno di realizzo, salva la possibilità del regime opzionale di rateizzazione. Tale interpretazione è in linea con la prassi amministrativa, che era, ed è, pacificamente intesa nel senso che la plusvalenza de qua vada fiscalmente imputata interamente nell anno di efficacia della vendita, in ossequio cioè al tradizionale approccio giuridico-formale da cui discenderebbe l esigenza di trattare fiscalmente in modo separato e autonomo gli effetti giuridici della compravendita, a nulla rilevando la sua stretta funzionalità ad un contratto di leasing 1. La Commissione tributaria ha accolto la tesi della società ricorrente, secondo cui è tassabile in maniera graduale il plusvalore generato dall operazione unitaria di sale and lease back, con la ripartizione temporale di cui all art. 2425 bis, comma 4, c.c. e ha respinto, analizzando la problematica dell imputazione temporale della plusvalenza nel contratto di sale and lease back che non sembra essere stata fino ad ora esaminata dalla giurisprudenza, l orientamento espresso dall Amministrazione finanziaria. Accogliendo il principio della prevalenza della sostanza sulla forma e attribuendo unitarietà all operazione di lease back, la Commissione conferisce valenza fiscale al concetto di competenza economica che il legislatore sancisce all art. 2425 bis c.c. e non aderisce all interpretazione dell Amministrazione finanziaria concernente l applicazione dell art. 86, comma 4, T.U.I.R., in quanto norma che non deroga 1 Cfr. Circ. min. n. 218/E del 30 novembre 2000, in banca dati fisconline e Ris. n. 237/E del 25 agosto 2009, in Fisco, 2009, 32, 5335.

Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK 2435 ai principi di derivazione e imputazione ex artt. 83 e 109 T.U.I.R. 2. Profili civilistico-contabili dell operazione di sale and lease back. Prima di affrontare la questione propriamente tributaria, è opportuno soffermarsi brevemente sulla natura del contratto. Il sale and lease back è quell operazione con cui un impresa vende un bene (sale), di solito un bene strumentale, ad un acquirente, di norma una società di leasing, che, a sua volta, lo cede in locazione finanziaria al venditore (lease back). Quest ultimo, in contropartita, corrisponde i canoni pattuiti e riceve l opzione di riacquistare la proprietà del bene venduto al termine della durata del contratto attraverso il pagamento del prezzo stabilito per il riscatto. Si realizza, in tal modo, la coincidenza tra cedente e utilizzatore del bene oggetto del leasing 2. Tale contratto configura un operazione negoziale complessa, frequentemente applicata nella pratica degli affari, poiché risponde all esigenza degli operatori economici di ottenere con immediatezza liquidità 3, mediante l alienazione di un bene strumentale, conservandone l uso, con facoltà di riacquistarne la proprietà al termine del rapporto 4. Per quanto concerne il trattamento civilistico-contabile, l operazione in parola è attualmente disciplinata dall art. 2425 bis, comma 4 5, c.c., in base al quale la plusvalenza derivante da operazioni di compravendita con locazione finanziaria va ripartita in funzione della durata del contratto. Si tratta, evidentemente, di un applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, che è stato introdotto nell ordinamento contabile nazionale dal novellato art. 2423 bis c.c., in base al quale «la valutazione delle voci deve essere fatta [...] tenendo conto della funzione economica dell elemento dell attivo o del passivo considerato». Il lease back rappresenta un ipotesi in cui le norme del codice civile, pur prevedendo che la rilevazione dell operazione debba avvenire in base agli aspetti formali, non impediscono, anzi impongono, che gli effetti dell operazione siano rilevati secondo la sua sostanza economica. Quindi, atteso che, sotto il profilo sostanziale, il lease back è un operazione di finanziamento, se da un lato è necessario rilevare la cessione del bene, in quanto esiste un contratto di vendita, dall altro la plusvalenza, che da esso deriva, deve essere accreditata a conto economico gradualmente sulla durata del contratto di leasing, attraverso l utilizzo dei risconti passivi. In questo modo la plusvalenza, che rappresenta la quota del finanziamento che eccede il costo non ammortizzato del bene, va a ridurre in ciascun esercizio i correlati canoni di locazione finanziaria. Dal punto di vista strettamente contabile, si deve osservare che si sono sviluppate due metodologie di contabilizzazione del leasing finanziario 6 : il criterio patrimoniale e il criterio finanziario 7. Con il criterio di contabilizzazione patrimoniale, i beni vengono iscritti nello stato patrimoniale del locatore- proprietario, mentre il locatario-utilizzatore iscrive i canoni di competenza nel proprio conto economico, salvo poi iscrivere nel proprio stato patrimoniale i beni, una volta esercitato il riscatto, all importo pagato, e, in seguito, i relativi ammortamenti. Con il criterio di contabilizzazione finanziario, il locatario iscrive nell attivo dello stato patrimoniale i beni oggetto di leasing, e, nel passivo, il debito per i canoni da pagare, comprensivi del prezzo del riscatto. Il locatario, quindi, iscrive i beni tra le immobilizzazioni materiali, al pari di quelli di proprietà, effettuando i relativi ammortamenti. Nel conto economico saranno riportati gli ammortamenti e gli interessi compresi nei canoni di competenza del periodo. Nel caso in esame, la Commissione tributaria provinciale di Modena riconosce entrambe le metodologie contabili come rispettose dei principi espressi dalla disposizione codicistica, avallando la scelta della società ricorrente di utilizzare il c.d. metodo finanziario. La Commissione ritiene, in primo luogo, che non sus- 2 Cfr. Buonocore, La locazione finanziaria, in Tratt. Dir. Civ. e Comm. a cura di Cicu, Messineo, Milano, 2008, 297 e segg. 3 Dal punto di vista economico-gestionale, le operazioni di sale and lease back rispondono all esigenza di autofinanziamento dell impresa venditrice, ossia all esigenza di incrementare il proprio capitale circolante attraverso lo smobilizzo, temporaneo, di una parte del capitale fisso senza, peraltro, perdere la materiale disponibilità del bene precedentemente venduto. Detta esigenza può, infatti, sorgere in presenza di una crisi di liquidità che, pur rivestendo carattere temporaneo, potrebbe ripercuotersi negativamente sulla produttività aziendale. 4 Cfr. Cass., 21 luglio 2004, n. 13580, in banca dati fisconline. 5 Comma aggiunto dall art. 16 D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. 6 La dottrina ha distinto due tipologie di leasing: quello operativo e quello finanziario. Nel leasing operativo, il locatore è generalmente il produttore del bene, mentre in quello finanziario il locatore è il finanziatore che acquista il bene per conto del locatario (utilizzatore), perfezionando così, nel primo caso, un contratto bilaterale (tra produttore e utilizzatore) e, nel secondo caso, un contratto trilaterale (tra produttore, utilizzatore e finanziatore). La classificazione delle operazioni di leasing si basa sull attribuzione dei rischi (quali le possibilità di perdite derivanti da capacità inutilizzata o da obsolescenza tecnologica) e dei benefici (rappresentati dall attesa di un utilizzo redditizio durante la vita economica del bene e di proventi derivanti dalla rivalutazione o dalla realizzazione di un valore residuo) derivanti dalla proprietà del bene locato. Il leasing finanziario si differenzia da quello operativo per il trasferimento sostanziale di tutti i rischi e i benefici connessi alla proprietà. Cfr. Nessi, Aspetti contabili e fiscali del contratto di leasing, infisco, 2003, 16, 2433 e segg.; Pisoni-Bava-Busso, Leasing finanziario: passaggio agli IAS/IFRS e modifiche al TUIR, ivi, 2005, 2, 169 e segg.; Torrente-Schesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 2004, 560 e segg. 7 Cfr. Dezzani-Dezzani, Principio contabile Ias 17 Sale and lease back: leasing finanziario e leasing operativo, in Fisco, 2011, 6, 819 e segg.; Guidantoni-Casini, Sale and lease back e fiscalità differita: un problema di prevalenza della sostanza sulla forma, ivi, 2006, 24, 3668 e segg.; Pisoni-Bava-Busso, op. cit., 171 e segg.; Santesso-Sostero, Principi contabili per il bilancio d esercizio, Milano, 2000, 322 e segg.

2436 sistano preclusioni per le società minori ad avvalersi dello Ias 17, che individua come unico metodo di contabilizzazione quello finanziario (si legge, infatti, nella sentenza in commento: «Le disposizioni di cui al D.lgs. n. 38/2005, che obbligano e/o facoltizzano le società indicate nell art. 2, ad attenersi ai principi contabili internazionali, non contengono preclusioni, per le c.d. imprese minori, ad avvalersi, nella contabilizzazione del lease back del c.d. metodo finanziario»); in secondo luogo, neppure l art. 2427, n. 22, c.c. vieta l utilizzo del suddetto metodo contabile, anzi sembra addirittura qualificarlo come più attendibile, rispetto a quello patrimoniale. Questa presa di posizione della Commissione sembra porsi in linea con l orientamento espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 8292/2003 8, secondo la quale il metodo finanziario, «anche se non espressamente riconosciuto dall attuale sistema, non può considerarsi vietato». Tuttavia, questa impostazione si pone in contrasto con quella parte della dottrina 9 per la quale, con la Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK riforma del diritto societario del 2003, sarebbe stato implicitamente chiarito che le operazioni di leasing devono essere contabilizzate con il metodo patrimoniale; il legislatore ha, infatti, previsto, all art. 2427, comma 1, n. 22, c.c., che in nota integrativa siano indicati i riflessi che si sarebbero prodotti se il leasing fosse stato contabilizzato secondo la metodologia finanziaria, escludendo così tale metodo di contabilizzazione 10. 3. Profili fiscali: l imputazione temporale della plusvalenza. Come si è potuto osservare, dal punto di vista civilistico-contabile, non sussiste alcuna incertezza sulla imputazione temporale della plusvalenza nel contratto di sale and lease back: l art. 2425 bis, comma 4, c.c., rispettoso del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, dispone espressamente che tali plusvalenze devono essere ripartite in funzione della durata del contratto. Maggiori perplessità 11 sorgono, in particolare per le 8 Cfr. Cass., 26 maggio 2003, n. 8292, in Fisco, 2003, 32, 5093 e segg. 9 Cfr. Del Grande-Ninci-Ninci, Contabilizzazione c.d. finanziaria delle operazioni di leasing finanziario nel bilancio delle società non Ias, in Fisco, 2009, 2, 187 e segg.; Gavalli, La plusvalenza da sale and lease back tra competenza e rateizzazione, incorriere Trib., 2006, 25, 1942 e segg. 10 Cfr. Fiorentino, L imputazione della plusvalenza da sale and lease back: spunti di riflessione sui principi di derivazione e competenza nel reddito d impresa, inrass. Trib., 2010, 1, 83. Secondo l Autore, il principio contabile n. 11, al quale è stata attribuita dignità normativa in ragione di quanto espressamente stabilito dall art. 2425 bis, comma 4, c.c., preclude al locatario, in operazioni di leasing finanziario, l iscrizione dei beni presi in leasing tra le immobilizzazioni, confermando quindi l obbligo di rilevare in bilancio l operazione secondo il metodo patrimoniale. Peraltro, nello stesso principio contabile n. 11 è affermato che, in assenza di norme civilistiche o tributarie che impongano una contabilizzazione difforme da quella aderente alla sostanza economica, «gli effetti dell operazione vanno trattati secondo la sostanza economica». È, infatti, attualmente stabilito nel codice civile, per attribuire specifica rilevanza agli aspetti sostanziali, che «le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione». 11 Tale indagine si inserisce in un percorso interpretativo apertosi inizialmente con la tematica concernente la liceità dell operazione di locazione finanziaria e la questione inerente agli eventuali profili di elusione fiscale. Nonostante tali problematiche siano già state affrontate e superate, per completezza espositiva, si ripercorre brevemente l indagine svolta dalla dottrina (cfr. Luminoso, Lease back, mercato e divieto del patto commissorio, ingiur. Comm., 2000, I, 489 e segg.; Riva, Il contratto di sale and lease back e il divieto di patto commissorio, incontratto e Impresa, 2001, 300 e segg.) e dalla giurisprudenza. In passato, ci si è domandati se il contratto di sale and lease back integrasse un ipotesi di patto commissorio, rientrando così nella commissoria nullità di cui all art. 2744 c.c., ovvero se si trattasse di un contratto contra legem, in cui il trasferimento della proprietà accederebbe come garanzia reale tipica ad un rapporto di finanziamento. Questo indirizzo interpretativo di merito non è stato condiviso dalla Cassazione, che, sotto il profilo civilistico, prima con la storica sentenza della III Sezione civile del 16 ottobre 1995, n. 10805 (in Rass. Trib., 1996, 2, 417, con nota di Luminoso, La Corte di Cassazione si pronuncia per la validità del leaseback), e poi con quella, della medesima sezione, del 19 luglio 1997, n. 6663 (in Foro It., 1997, 3586), si è occupata della vexata quaestio della liceità del contratto di lease back, concludendo nel senso che il contratto di locazione finanziaria di ritorno non avrebbe di per sé una funzione diversa da quella del leasing in generale. La Corte infatti afferma che tale schema negoziale socialmente tipizzato in cui si inserisce la vendita, presenta autonomia strutturale e funzionale, quale contratto d impresa, e caratteri peculiari, di natura soggettiva ed oggettiva, che non consentono di ritenere che esso integri, per sua natura, e nel suo fisiologico operare, una fattispecie negoziale fraudolenta sanzionabile ex artt. 1344 e 2744 c.c. Tuttavia, anche il lease back, aggiunge la suprema Corte, pur essendo un contratto socialmente tipico diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, può essere utilizzato, come qualsiasi altro contratto, per scopi illeciti o fraudolenti, quale il tentativo di superamento del divieto di patto commissorio, con la conseguenza che il contratto è nullo quando lo scopo di garanzia assurge a causa del contratto e ciò risulti in concreto da dati obiettivi quali, ad esempio, una situazione creditoria-debitoria preesistente e contestuale alla vendita. Si deve affermare che è ormai consolidato l orientamento della giurisprudenza a favore della liceità dello schema contrattuale in parola, sull assunto che la vendita, in astratto, avviene a scopo di leasing e non a scopo di garanzia, a meno che non si provi che lo scopo di garanzia costituisca la causa del contratto e non semplicemente motivo dello stesso (cfr. Cass., 21 luglio 2004, n. 13580, cit.; Id., 14 marzo 2006, n. 5438, in banca dati fisconline). Sul versante tributario, si sottolinea come per molti anni il lease back sia stato osteggiato e venisse considerato alla stregua di un operazione dai connotati fortemente elusivi. Successivamente, anche per effetto del citato orientamento contrario della suprema Corte, l Amministrazione finanziaria ha riconosciuto l assoluta liceità dell operazione, eccetto comportamenti palesemente fraudolenti, partendo dal presupposto che il lease back è uno schema negoziale complesso, che per sua natura non è preordinato ad uno scopo di garanzia, né tanto meno alla fraudolenta elusione del divieto del patto commissorio posto dall art. 2744 c.c.; infatti, sul piano delle imposte dirette, si deve osservare che manca, nel lease back, qualsiasi salto d imposta, e c è una perfetta simmetria tra costi deducibili e ricavi imponibili. La funzione del leasing e quella del lease back sono totalmente analoghe: la società di leasing è sempre una finanziaria, cioè una società cui non interessano le caratteristiche del bene acquisito, se non in funzione di garanzia. Il

Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK 2437 imprese che non adottano gli Ias/Ifrs 12, se si analizzano i profili fiscali, a causa dell assenza di una specifica disposizione tributaria in argomento. L Amministrazione finanziaria, come già rilevato, risolve la questione ritenendo applicabile l art. 86 T.U.I.R, che è una disposizione da considerare pertinente, in quanto disciplina le plusvalenze patrimoniali: categoria cui indubbiamente appartiene anche la plusvalenza in esame. Sennonché, secondo l organo giudicante, tale scelta interpretativa non è conforme ai principi generali di determinazione del reddito d impresa, in particolare ai principi di derivazione (art. 83 T.U.I.R.) e di imputazione per competenza (art. 109 T.U.I.R.). L art. 83 T.U.I.R. rappresenta l enunciazione di uno dei principi cardine nella sistematica dell imposizione del reddito. In particolare, il principio di derivazione, o dipendenza, del reddito di impresa dal risultato economico civilistico attribuisce all utile o alla perdita, civilisticamente determinati, la funzione di rappresentare la base giuridica della qualificazione tributaria dei fatti di gestione concorrenti alla formazione dell imponibile fiscale 13. La ratio di tale principio è da ravvisare nell efficacia rappresentativa del risultato contenuto nel bilancio d esercizio dell effettiva capacità contributiva dell imprenditore. Esso costituisce la rilevazione contabile che registra tutti i fatti di gestione verificatisi nel periodo di riferimento ed è fondato su un sistema di tutele proprie, prima fra tutte quella prevista dall art. 2423, comma 2, c.c., secondo il quale il bilancio deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e reddituale dell impresa, la cui violazione è sanzionata penalmente. Tuttavia, la dipendenza del reddito d impresa dal risultato del conto economico deve ritenersi solo tendenziale: il dato civilistico è soltanto il punto di partenza da cui prende le mosse la determinazione del reddito, che deve poi essere filtrato attraverso una serie di variazioni, in aumento e in diminuzione, puramente fiscali, necessarie per trasformare in imponibile fiscale il risultato dell esercizio. Il principio di derivazione, sancito dall art. 83 T.U.I.R., ammette quindi le deroghe stabilite nelle singole norme tributarie della Sez. I, Capo II, T.U.I.R., ovvero in tutte quelle disposizioni tributarie che impongono propri criteri di valorizzazione 14. L art. 109, comma 1, in aderenza alla disposizione precedentemente citata, consente di ribadire che la determinazione del reddito d impresa si fonda sulla rilevanza tributaria del conto economico, che rappresenta la base delle variazioni, in aumento e diminuzione, mediante le quali si giunge alla trasformazione del risultato civilistico in un dato (positivo o negativo) a rilevanza tributaria. Nell art. 109 T.U.I.R., infatti, sono state concentrate le regole sull imputazione dei singoli componenti reddituali al periodo d imposta, facendo salve le deroghe previste dalle singole norme sui componenti del reddito d impresa. Pertanto, ove le norme tributarie, che regolano i vari componenti del reddito d impresa, non adottino criteri temporali di imputazione diversi da quelli civilistici, anche ai fini fiscali si assumerà il momento temporale di imputazione del componente al bilancio, individuato secondo le ordinarie regole di competenza economica 15. Alla luce delle considerazioni generali svolte sugli artt. 83 e 109 T.U.I.R. e dell analisi concernente gli aspetti civilistico-contabili dell operazioni di sale and lease back,sipuògiungere alla conclusione che la plusvalenza è imputabile per competenza secondo una ripartizione funzionale alla durata del contratto. Occorre tuttavia verificare se nel T.U.I.R. esistano norme derogatorie riferibili a tale componente del reddito d impresa; in particolare, occorre accertare se l art. 86 T.U.I.R., concernente le plusvalenze patrimoniali 16, inleasing è un contratto di finanziamento veicolato sull acquisto di beni nuovi, mentre nel lease back il finanziamento è veicolato sulla con nota di Lupi, Lease back: qualcuno ci spieghi dov è elusione. 12 Per i soggetti Ias adopter, l art. 83 T.U.I.R. stabilisce che per essi valgono i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi contabili. La plusvalenza concorre pertanto alla formazione del reddito di impresa in base a quanto stabilito dallo Ias 17: le imprese cedenti/utilizzatrici Ias adopter, se l operazione di vendita e retrolocazione corrisponde ad un leasing finanziario, non devono considerare come provento di una compravendita semplice l eccedenza del corrispettivo di vendita, rispetto al valore contabile; tale eccedenza deve essere differita e rilevata lungo la durata del contratto stesso. 13 Cfr. Tesauro, Esegesi delle regole generali nel calcolo del reddito d impresa, in AA.VV., Commentario al Testo Unico delle imposte sui redditi, Roma-Milano, 1990, 217; Tinelli, Art. 83 (Determinazione del reddito complessivo), in AA.VV., Commentario al Testo Unico delle imposte sui redditi a cura di Tinelli, Padova, 2009, 663 e segg. 14 Cfr. Vicini Ronchetti, Legge finanziaria 2008 e principi IAS/IFRS: le modifiche all art. 83 del TUIR, una possibile soluzione a dubbi interpretativi, in Rass. Trib., 2008, 3, 680 e segg. L Autore afferma che l art. 83 T.U.I.R. ha le caratteristiche tipiche della norma generale, rispetto alle altre disposizioni del Testo unico, essendo essa applicabile alla generalità dei componenti positivi e negativi di reddito. Tuttavia, Egli segnala i dubbi che sono sorti in dottrina circa la netta distinzione tra insieme di norme generali rispetto all insieme di norme speciali. Il tema ha offerto due possibili discordanti soluzioni: da un lato, chi ha ravvisato carattere generale nell art. 83 TUIR rispetto agli articoli riguardanti la determinazione del reddito di impresa (cfr. Falsitta, Il bilancio d esercizio delle imprese Interrelazioni tra diritto civile e tributario, Milano, 1985, 159 e segg.); dall altro, chi ha individuato, in linea generale, un rapporto di concorso e reciproca integrazione tra l art. 83 e le successive disposizioni, prevedendo che eventuali contrasti dovrebbero essere analiticamente risolti avendo a riguardo ogni singola coppia di norme in antinomia. Verrebbe così negato l assioma secondo il quale l art. 83 T.U.I.R. è sempre norma generale (cfr. Zizzo, Regole generali sulla determinazione del reddito di impresa, in AA.VV., Giurisprudenza sistematica di diritto tributario a cura di Tesauro, Torino, 1994, II, 469 e segg.). 15 Cfr. Tabet-Minervini, Utile civilistico e reddito d impresa, in Il reddito d impresa a cura di Tabet, Padova, 1997, 64. 16 In generale, cfr. AA.VV., La tassazione delle società nella riforma fiscale. Linee strutturali e riflessi operativi a cura di Lupi, Milano, 2004; Falsitta, La tassazione delle plusvalenze e so-

2438 troduca un autonomo criterio di imputazione temporale. Il comma 4 dell art. 86, specificamente richiamato dall Amministrazione finanziaria, dispone che le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito per l intero ammontare nell esercizio in cui sono state realizzate, ovvero, a determinate condizioni e su scelta opzionale, in quote costanti nell esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto 17. Dal richiamo normativo effettuato dall Amministrazione finanziaria si desume che essa, in primo luogo, non considera in maniera unitaria il contratto di sale and lease back, bensì attribuisce alla compravendita del bene funzione autonoma e non preordinata alla locazione finanziaria; in secondo luogo, individua nel comma 4 un autonomo criterio di imputazione temporale, volto a derogare alle regole generali ex art. 83 e 109, comma 1, T.U.I.R. Sembra invece ormai pacifico, in dottrina 18 e giurisprudenza 19, che il contratto de quo deve considerarsi, sia ai fini civilistici che fiscali, un negozio unitario, nel quale la vendita è a scopo di leasing. Inoltre, l Amministrazione finanziaria non può riqualificare in termini sostanziali il contratto di sale and lease back: la sentenza in commento ha, infatti, correttamente osservato che l Ufficio non può restringere il complesso e articolato negozio di sale and lease back nella categoria della (mera) cessione a titolo oneroso, che produce, quale effetto immediato, la perdita della proprietà (e solitamente della disponibilità) del bene; nel leasing infatti il bene continua ad essere goduto Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK dall utilizzatore-cedente, il quale al termine del contratto potrà (ed è normalmente ciò che si verifica) riacquistare la proprietà del bene. Viene inoltre affermato che l art. 86, comma 4, non esprime un proprio criterio di imputazione temporale; infatti, dopo aver collocato le plusvalenze nell esercizio in cui sono state realizzate, nulla dispone in merito al momento in cui detti componenti positivi si considerino fiscalmente realizzati 20. Pertanto, tale disposizione, sul piano dell imputazione temporale delle plusvalenze, si limita a rinviare all esercizio in cui si considerano realizzate secondo le regole generali di imputazione temporale delle componenti del reddito d impresa. L art. 86, comma 4, diversamente da quanto ritenuto dall Amministrazione, non deroga alla imputabilità delle plusvalenze in base alle regole generali del reddito d impresa, salve le specifiche conseguenze del regime opzionale ivi contenuto. Nella sentenza in commento, la Commissione ritiene peraltro che non vi siano preclusioni normative all applicazione del metodo di contabilizzazione finanziario anche per le imprese c.d. minori. Riconoscendo quindi tale metodo contabile e in virtù del combinato disposto degli artt. 102, comma 7 e 109, comma 4, lett. b), T.U.I.R., l organo giudicante ha annullato il recupero dell Agenzia delle entrate, la quale aveva ritenuto indeducibile la quota di ammortamento, imputata a conto economico e dedotta fiscalmente, sull immobile oggetto di locazione finanziaria. In particolare, la Commissione applica tali disposizioni come modificate dal D.Lgs. n. 38/2005 21, che ha pravvenienze nelle imposte sui redditi,2 a ed., Padova, 1986; Id., Studi sulla tassazione delle plusvalenze, Milano, 1991; Miccinesi, Le plusvalenze d impresa, inquadramento teorico e profili ricostruttivi, Milano, 1993; Occhiuto, Il regime delle plusvalenze, in AA.VV., Aspetti internazionali della riforma fiscale a cura di Garbarino, Milano, 2004, 75 e segg. 17 Cfr. Vasapolli-Vasapolli, Rateizzazione dell imposizione della plusvalenza per i beni acquisiti in leasing, incorr. Trib., 2008, 6, 495. Gli Autori commentano la Ris. n. 379/E del 17 dicembre 2007, in banca dati fisconline. Con quest ultima, l Amministrazione, per verificare la condizione del possesso triennale del bene, al fine di poter usufruire della rateizzazione dell imposizione della plusvalenza, ritiene rilevante non solo il periodo in cui il bene è posseduto in proprietà, ma anche quello in cui la detenzione derivi da un contratto di locazione finanziaria. Gli Autori rilevano la neutralità fiscale, espressa dall Amministrazione, tra la scelta di acquisizione dei beni in proprietà oin locazione finanziaria. 18 Cfr. Artina, Sale and lease back: plusvalenza sul trasferimento del bene alla società dileasing, in Bilancio e reddito d impresa, 2011, 3, 22 e segg.; Buonocore, op. cit., 291 e seg.; Fiorentino, op. cit., 78; Gavalli, op. cit., 1945 e seg.; Mignarri, La disciplina delle operazioni di locazione finanziaria. Aspetti fiscali del riscatto anticipato della cessazione del contratto e del sale and lease back, in Fisco, 2009, 27, 4374 e seg.; Zanni, La prevalenza della sostanza sulla forma nel trattamento fiscale del lease back, ivi, 2010, 1, 24 e segg. 19 Cfr. Cass., 21 luglio 2004, n. 13580, cit.; Id., 19 luglio 1997, n. 6663, cit.; Id., 12 maggio 1995, n. 10805, cit. 20 Cfr. Andreani-Giommoni, Eliminazione delle deduzioni extracontabili e Ias: effetti sul regime fiscale del leasing, in Corr. Trib., 2008, 33, 2639 e segg. Secondo gli Autori, un criterio propriamente di imputazione deve essere ravvisato nel regime di rateizzazione. Esso costituisce infatti un vero e proprio regime derogatorio di natura prettamente fiscale, in quanto il comma 4 contiene due disposizioni circa la tassazione delle plusvalenze: una disposizione sovvenzionale, che consente il frazionamento delle stesse, applicabile a seguito di opzioni e ricorrendo talune condizioni, e una disposizione che disciplina la ordinaria tassazione di tali componenti; tassazione che ha luogo nell esercizio in cui le plusvalenze vengono realizzare. 21 Le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 38/2005 agli artt. 102, comma 7 e 109, comma 4, T.U.I.R. sono state abrogate a decorrere dal 1 o gennaio 2008. Infatti, l art. 1, comma 33, lett. q), L. 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), ha apportato rilevanti modifiche al trattamento fiscale dei componenti reddituali derivanti dai contratti di leasing. In particolare, l eliminazione delle deduzioni extra-contabili comporta che, a partire dal periodo d imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, le deduzioni saranno possibili solo se imputate a conto economico, e comunque, nei limiti massimi fiscalmente ammessi. Tale modifica determinerà quindi la perdita del beneficio della deduzione extra-contabile della parte dei canoni non imputati a conto economico e la piena rilevanza fiscale degli interessi e degli ammortamenti, introducendo una disparità di trattamento fiscale tra le imprese Ias e imprese non Ias. Ciò èconseguenza del dettato dell art. 83, comma 1, T.U.I.R., modificato dalla legge n. 244/2007, a mente del quale «per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali [...] valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi contabili». In altre parole, con l attribuzione della rilevanza fiscale al bilancio Ias, il legislatore fiscale ha abbandonato il principio di neutralità fiscale e ha accettato che le imprese siano tassate diversamente in ragione dei loro assetti contabili. Inoltre, all art. 102, comma 7, T.U.I.R., riformulato dall art. 1, comma 33, lett. n), n. 2), legge n. 244/2007, è stato eliminato

Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK 2439 introdotto, tra l altro, il principio di neutralità fiscale tra le società non Ias e le società Ias adopter. 4. Considerazioni conclusive. Art. 2425 bis, comma 4, c.c.: criterio fiscale di imputazione temporale della plusvalenza. L analisi svolta consente di ritenere condivisibili le conclusioni alle quali è giunta la Commissione tributaria provinciale di Modena, la quale, in assenza di una specifica norma tributaria derogatoria dei principi generali di derivazione e di imputazione per competenza, ritiene che l esercizio in cui le plusvalenze da sale and lease back sono realizzate va individuato ripartendo la plusvalenza stessa in funzione della durata del contratto di leasing ex art. 2425 bis c.c.: non sono infatti ravvisabili, nella normativa vigente del T.U.I.R., principi o norme generali o particolari, dai quali far discendere una preclusione all automatica e naturale applicazione di tale criterio temporale di imputazione della plusvalenza 22. Infatti, la valorizzazione di un operazione in aderenza ai profili sostanziali rispetto a quelli formali, se ammessa sul piano contabile, opera automaticamente in via generale sul piano fiscale, con esclusione delle ipotesi in cui tale valorizzazione sia preclusa dalle stesse norme civilistiche di redazione del bilancio e salve ovviamente le limitazioni e le deroghe effettivamente contenute nel T.U.I.R. Sul piano sistematico, tale considerazione è direttamente ritraibile dal già esaminato principio generale di derivazione del reddito d impresa dall utile civile ex art. 83 T.U.I.R., che ovviamente implica il pieno rispetto delle regole civilistiche di redazione del bilancio e viene meno, come già affermato, solo in ragione delle deroghe e dei limiti espressamente contenuti nel T.U.I.R. Il contratto di lease back mette in luce il difficile rapporto esistente fra l ordinamento fiscale, essenzialmente ancorato agli aspetti formali (contrattuali e giuridici) delle operazioni economiche e l ordinamento contabile che, grazie all avvento degli Ias e al recepimento a livello legislativo del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, è sempre più orientato verso una rappresentazione in bilancio delle operazioni secondo i loro aspetti economico-sostanziali. Non c è dubbio che l applicazione, sul piano fiscale, del principio di prevalenza della sostanza sulla forma 23 può essere fonte di contrasti, in quanto le norme del T.U.I.R., per le esigenze di certezza del diritto tributario, sembrano privilegiare gli aspetti giuridico-formali delle operazioni. Appare, pertanto, necessario che l Amministrazione finanziaria superi la concezione atomistica del sale and lease back per apprezzare l unitarietà sostanziale dei rapporti giuridici che costituiscono tale contratto, cioè l operazione di vendita del bene e la retrolocazione dello stesso 24. Guardando alla sostanza e non alla forma del lease back, si possono, in concreto, elaborare le seguenti considerazioni conclusive: a) la ripartizione della plusvalenza da sale and lease back, in funzione della durata del contratto di leasing, l inciso «indipendentemente dai criteri di contabilizzazione» precedentemente introdotto dal D.Lgs. n. 38/2005. L articolo è stato, infine, modificato in modo che, sempre per le società Ias, la deduzione dei costi connessi ad un leasing è ammessa a prescindere dalla durata dello stesso. Pertanto, l utilizzatore potrà dedurre, ai fini Ires, le quote di ammortamento iscritte a conto economico, nel rispetto dei limiti di legge, e gli interessi passivi, nel rispetto dell art. 96 T.U.I.R. L obiettivo di tale riforma è di assumere un imponibile formato da elementi qualificati, collocati nel tempo e quindi rilevati in bilancio utilizzando la medesima impostazione utilizzata dai principi contabili internazionali, e pertanto, fondamentalmente, secondo il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Si sortisce così l effetto di azzerare quella moltitudine di variazioni al risultato d esercizio imposte, alle società che adottano i tali principi contabili, dalle norme del T.U.I.R. che, nella qualificazione e collocazione nel tempo degli elementi di reddito, mutano l impostazione dei principi contabili nazionali e la sua dipendenza dalle forme giuridiche. Cfr. Zizzo, I principi contabili internazionali nei rapporti tra determinazione del risultato di esercizio e determinazione del reddito imponibile, inriv. Dir. Trib., 2005, I, 1170; Id., L Ires e i principi contabili internazionali: dalla neutralità sostanziale alla neutralità procedurale, in Rass. Trib., 2008, 2, 316 e segg. 22 Per completezza espositiva si deve affermare che parte della dottrina non solo ha escluso l esistenza di un regime fiscale di deroga obbligatorio applicabile alla fattispecie di sale and lease back ai sensi dell art. 86, ma ha ritenuto che un tale regime non possa essere rinvenuto neppure ai sensi dell art. 109, comma 2, T.U.I.R. Si è infatti osservato che la situazione tipizzata nella disciplina fiscale di cui all art. 109, comma 2, lett. a) sembra specificamente riferibile ad un operazione di compravendita semplice, nella quale cioè l elemento causale è tipicamente incentrato nello scambio, come è dimostrato dalla esplicita valorizzazione del momento traslativo al fine dell imputazione degli effetti giuridici e fiscali. Come è già stato rilevato, la compravendita nel sale and lease back non ha una causa tipicamente traslativa, ma anzi, risulta effettuata al solo scopo di concedere il bene in locazione finanziaria. In altre parole la vendita, inserita in una tale operazione negoziale, non è realizzata per una tipica causa vendendi,maèuna vendita a scopo di leasing. Ne discende, pertanto, la non riconducibilità della plusvalenza originata dalla vendita a scopo di leasing all interno del regime tributario di cui all art. 109, comma 2, lett. a), T.U.I.R. Cfr. Fiorentino, op. cit., 83 e seg. 23 È da notare che la stessa Amministrazione finanziaria ha richiamato il principio in questione quale criterio interpretativo idoneo a risolvere dubbi o controversie sull applicazione delle norme fiscali. Ad esempio, l Agenzia delle entrate, proprio sulla base di una valutazione sostanziale del leasing e, quindi, non dando rilevanza agli aspetti formali dell operazione, ha più volte affermato il principio di equivalenza fra l acquisto in proprietà e la locazione finanziaria, estendendo a quest ultima, in via interpretativa, l applicazione di talune agevolazioni previste per i nuovi investimenti d impresa. Cfr. Ris. n. 379/E del 17 dicembre 2007, cit. e Circ. n. 44/E del 27 ottobre 2009, in banca dati fisconline. 24 Per completezza espositiva si deve segnalare la soluzione fornita dall Agenzia delle entrate in risposta ad un interpello presentato da una società di capitali lo scorso gennaio. L Amministrazione finanziaria ha confermato la soluzione proposta dal contribuente; in particolare, in ambito Irap, prevale il disposto civilistico sui criteri di imputazione Ires, con conseguente tassazione della plusvalenza in base alla durata del contratto di leasing. Cfr. Antonelli, Nel lease-back l Irap segue il Codice Civile, in Il Sole 24ore del 29 marzo 2011.

2440 è comportamento conforme ai principi contabili e oggi anche espressamente sancito dall art. 2425 bis, comma 4, c.c.; b) tale criterio civilistico-contabile di imputazione temporale della plusvalenza si riflette nella determinazione del reddito d impresa in virtù degli artt. 83 e 109, comma 1, T.U.I.R.; Diritto Tributario SALE AND LEASE BACK c) non sono ravvisabili, nella normativa vigente del T.U.I.R., principi o norme generali o particolari, dai quali far discendere una preclusione all automatica e naturale applicazione di tale criterio temporale di imputazione della plusvalenza anche nella determinazione del reddito di impresa. Irene Pini