Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

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Transcript:

Universita degli Studi di Milano Corso di Laurea Magistrale in Farmacia Tecnologia e Legislazione Farmaceutiche I 9 CFU Prof. Andrea Gazzaniga FORME FARMACEUTICHE SOLIDE ORALI Testo Audiovisivo

ASPETTI RELATIVI ALLA PRODUZIONE DI FORME FARMACEUTICHE SOLIDE soggetto: sceneggiatura: regia: A. Gazzaniga, P. Iamartino, L. Moro, A. Rigamonti, M.E. Sangalli A. Gazzaniga, C. Lombardi, P. Previde Massara, M. Sebregondio M. Sebregondio CTU- Università degli Studi di Milano TESTO L'officina farmaceutica è l'insieme delle strutture tecniche e logistiche deputate alla fabbricazione dei medicinali. Ogni singola struttura ha una sua precisa identità funzionale che tuttavia non potrebbe essere applicata senza il mutuo concorso delle altre. In termini generali, i criteri di progettazione di una officina farmaceutica possono delineare due tipi di schemi organizzativi: orizzontale e verticale. In quello orizzontale è individuata un'area dove le operazioni del processo di fabbricazione, cioè l'immagazzinamento delle materie prime, la produzione, il confezionamento e lo stoccaggio dei prodotti finiti, nonché le operazioni relative ai controlli, sono svolte su di uno stesso piano con una limitata movimentazione dei materiali e ridotte barriere architettoniche. Nella tipologia verticale invece le aree dedicate alla fabbricazione sono allineate su piani diversi e consentono un rapido trasferimento verticale dei materiali sfruttando anche la forza di gravità. Dal magazzino le materie prime sono convogliate verso l'alto per poi ridiscendere come prodotti intermedi di fabbricazione nel reparto di confezionamento.

Per quanto possibile ai piani inferiori vengono effettuate tutte quelle operazioni che richiedono l'impiego di macchinari particolarmente pesanti. Secondo un tipico schema produttivo, il materiale dal magazzino materie prime viene trasferito ai diversi locali di produzione. Da qui il semilavorato finito è inviato ai reparti di confezionamento e quindi, eventualmente, in un nuovo magazzino per la spedizione. Tutte le operazioni sono soggette a rigidi controlli secondo i principi di Quality Assurance. L'anello iniziale della catena produttiva è quindi il magazzino dove non solo confluiscono le materie prime, ma pure tutto il materiale per l'identificazione, la produzione ed il confezionamento dei prodotti. Il magazzino deve anche garantire il mantenimento della qualità delle materie prime mediante una corretta conservazione. Per rispondere efficacemente alle esigenze produttive e mantenere basso il rischio di errori casuali, la tendenza è quella di informatizzare completamente il magazzino e lavorare per lotti di dimensioni standard. Una volta stabilita e immessa nell'elaboratore la formulazione da preparare, questo invia segnali per la movimentazione dei materiali da parte dei robot (nel caso specifico veicoli autoguidati) escludendo, sulla base di programmi e procedure convalidate, ogni possibilità di frammischiamento. All'interno dei magazzini sono individuate aree specifiche (eventualmente virtuali) sia per i prodotti in quarantena che per quelli approvati, respinti o in transito. Nel magazzino è importante che vi sia un armonico equilibrio fra risorse materiali, umane e informatiche così da garantire la massima funzionalità nella dislocazione, nella gestione e nel convogliamento delle merci. Non direttamente legati ai processi produttivi ma altrettanto importanti sono i servizi tecnici che provvedono alla manutenzione degli impianti ed alla distribuzione di fluidi ed energia.

Seguendo fase dopo fase la produzione di un ipotetico preparato le materie prime prelevate dal magazzino procedono, se richiesto, ad una preventiva macinazione, poi vengono vagliate e mescolate in modo da ottenere una miscela omogenea di principi attivi ed eccipienti. A questo punto, qualora la miscela non fosse direttamente ripartibile, si procede alla granulazione che, se eseguita ad umido, richiede un successivo essiccamento. Le miscele di polveri o i granulati così ottenuti verranno utilizzati per la preparazione di compresse o come tali per il riempimento di capsule e bustine. Quindi si procederà al confezionamento dei prodotti finiti. Le polveri che arrivano dal magazzino spesso non hanno dimensioni tali da soddisfare le esigenze di tipo tecnologico e biofarmaceutico. Le dimensioni e la forma delle particelle di eccipienti e principio attivo devono da un punto di vista tecnologico permettere una corretta ripartizione delle polveri, e da quello biofarmaceutico favorire le prestazioni desiderate. Generalmente il processo di macinazione, che avviene nei molini, si sviluppa per stadi successivi classificati come frantumazione, polverizzazione e micronizzazione, in funzione appunto delle dimensioni di partenza e di arrivo delle particelle di polvere. La suddivisione meccanica di una particella solida può avvenire per compressione, urto, abrasione e taglio. Durante la macinazione può accadere che alcuni di questi processi siano presenti contemporaneamente. Le apparecchiature devono di volta in volta tenere conto delle caratteristiche del materiale, delle dimensioni particellari di partenza e di quelle finali desiderate, delle quantità da trattare e dei costi di esercizio.

Per esempio il molino a palle, storicamente molto utilizzato, è costituito da un cilindro di porcellana o di metallo che ruota intorno al suo asse principale. Le sfere anch'esse di porcellana o metallo occupano dal 30 al 40% del volume del cilindro. La velocità di rotazione influisce sul movimento delle sfere. A bassa velocità le sfere tendono a scorrere le une sulle altre con scarso effetto macinante; a velocità più elevata, cioè a partire dal raggiungimento della velocità critica, le sfere ruotano solidali alle pareti, rendendo nulla la macinazione. Ad una velocità approssimativamente pari 2/3 di quella critica, le sfere cadono a cascata portando ad una corretta polverizzazione. Non sempre dopo la macinazione si ottengono polveri sufficientemente omogenee. Si rende quindi necessario eliminare attraverso un processo di setacciatura sia le particelle troppo fini che quelle troppo grossolane. La calibrazione delle polveri è generalmente seguita per mezzo di vibrovagli. I preparati farmaceutici non sono mai monocomposti; è quindi richiesta la miscelazione di sostanze diverse: anche se non si raggiunge mai la miscela ideale, con tecniche e tempi opportuni si deve tendere ad una randomizzazione delle particelle dei vari componenti che soddisfi alle specifiche di omogeneità richieste. Nella mescolazione è richiesta l'applicazione di diversi tipi di forze: forze di tensione e di compressione, che espandono e riuniscono il letto di polvere, e forze di taglio che hanno come scopo l'inserimento di gruppi di particelle durante la fase di espansione. I mescolatori utilizzati solitamente nell'industria farmaceutica si classificano come mescolatori a corpo fisso, dove la mescolazione delle polveri è garantita dal movimento di una o più strutture poste all'interno degli stessi, e mescolatori a corpo rotante, che ruotano essi stessi intorno ad un asse. In un tipico esempio di movimentazione, su un mescolatore universale a corpo rotante èposizionato il bin che contiene le polveri; il bin proviene dalla zona di macinazione e può essere direttamente utilizzato evitando pericoli di contaminazione nel trasferimento delle polveri.

Le norme di sicurezza, esposte per legge, sono molto importanti in tutte le situazioni di potenziale pericolo cioè dove sono presenti macchine in movimento. Dopo il corretto posizionamento il processo può prendere avvio. Un mescolatore ideale dovrebbe produrre una mescolazione rapida e completa con un'azione di mixing poco violenta in modo da evitare danni alle particelle. Le proprietà della polvere sono molto importanti ai fini di una corretta mescolazione: grosse differenze di densità e dimensioni tra le particelle così come marcate caratteristiche di adesione o coesione possono ostacolare il processo di mescolazione. L'estesa informatizzazione dei processi produttivi consente il totale controllo delle operazioni. Tramite il quadro comando possono essere immediatamente individuate eventuali situazioni di pericolo. Il tempo e la velocità di mescolazione sono prestabiliti sulla base di operazioni di convalida del processo e i parametri impostati sono tenuti sono controllo da microprocessori. La mescolazione della polvere è giunta al termine. Il mescolatore si arresta ed il bin che contiene le polveri, senza bisogno che queste siano trasferite in altri contenitori, viene portato nei locali destinati alle altre operazioni. Le polveri, diventate una miscela omogenea, potrebbero essere utilizzate tal quali per la preparazione di bustine, capsule o compresse Se la polvere, come spesso avviene non ha le caratteristiche adatte ad essere direttamente ripartita, si rende necessario un processo di granulazione. Il processo di granulazione trasforma le singole particelle di polvere in aggregati dotati di resistenza meccanica, che costituiscono il cosiddetto granulato.

Il granulato rispetto alla miscela di polveri da cui deriva, presenta alcuni vantaggi quali maggior omogeneità di composizione e distribuzione dimensionale, migliori proprietà di scorrevolezza con una conseguente più uniforme ripartizione, migliorata attitudine alla compattazione e in alcuni casi un miglioramento delle caratteristiche biofarmaceutiche associate alla porosità tipica dei granuli, e alla presenza di sostanze che possono favorire la bagnabilità. La preparazione dei granulati può avvenire attraverso granulazione a secco o granulazione a umido. La granulazione a secco richiede tempi minori, apparecchiature meno ingombranti, bassi costi e presenta minori probabilità di alterazioni delle sostanze. Questo processo consiste in una compattazione della miscela di polvere sotto forma di scaglie o lamelle e successiva calibrazione. Per esempio in un compattatore a rulli il materiale contenuto in una tramoggia passa tra due rulli che ruotano lentamente. La pressione esercitata determina la formazione di compattati sottoforma di scaglie, la cui successiva sgranatura e calibrazione porta a granuli adatti ad essere ulteriormente lavorati. L'altro tipo di granulazione. quella ad umido, in genere dà luogo a granuli con migliori caratteristiche tecnologiche. Il metodo prevede che la miscela costituita da principio attivo e diluenti sia bagnata con una soluzione legante, generalmente acquosa e quindi lavorata sino ad ottenere un impasto. A questo punto inizia la fase di granulazione vera e propria a cui seguirà l'essiccamento. Dopo la muscolazione il bin èposizionato sopra al granulatore in modo da facilitare per caduta il caricamento delle polveri. La tavola di scarico del bin si apre e la polvere defluisce nel corpo del granulatore.

Terminato il riempimento la valvola di scarico si richiude e inizia l'operazione di bagnatura. Il granulatore, in questo caso di tipo veloce, durante l'aggiunta della soluzione legante è in grado di provvedere all'impasto delle polveri ed alla successiva formazione dei granuli grazie al concomitante lento movimento delle pale e a quello veloce dei coltelli. La soluzione legante viene immessa sotto pressione ad una velocità controllata dal movimento di apertura di una valvola. La bagnatura deve essere realizzata mantenendo la miscela di polveri in movimento, avendo cura di non impiegare un eccesso di liquido che renderebbe l'impasto troppo consistente né di impiegarne una quantità insufficiente che darebbe luogo a granuli poco legati. Un oblò, presente in molti macchinari, consente il controllo visivo delle operazioni. I granuli ancora umidi sono, in genere, ulteriormente calibrati per passaggio attraverso la rete di un granulatore oscillante. Questo apparecchio è costituito da una rete semicilindrica ad asse orizzontale all'interno della quale oscilla sullo stesso asse un corpo metallico formato da più barre disposte parallelamente alla rete. Il materiale viene forzato dalle barre contro la rete per la definitiva calibrazione dei granuli umidi successivamente sottoposti ad essiccamento. Gli essiccatori più comuni sono quelli a calore diretto nei quali il trasferimento di calore avviene per scambio tra il materiale umido ed il fluido essiccante. Le apparecchiature con materiale da essiccare non in movimento sono essiccatori a letto statico, quelli dinamici essiccatori a letto fluido. Gli essiccatori a letto statico sono degli armadi metallici, entro i quali il materiale è investito da correnti di aria calda.

Il granulato distribuito in strati sottili, su vassoi che a loro volta poggiano su telai, disposti a scaffale l'uno sull'altro. La circolazione dell'aria è forzata in entrata attraverso aperture alle pareti. Questi essiccatori di basso costo, semplice manutenzione e facile pulizia sono ancora largamente usati pur presentando svantaggi in termini di ingombro, di tempi di essiccamento e di efficienza termica. In un'ottica produttiva che privilegia la velocità dei processi, tra gli essiccatori trovano sempre più impiego quelli a letto fluido. Le funzioni di questa apparecchiatura possono essere rigidamente controllate da un microprocessore. L'uso di calcolatori permette la completa gestione del processo di essiccamento oltre all'esclusione delle discrezionalità che caratterizzano le operazioni manuali. Con l'essiccatore a letto fluido l'essiccamento è ottenuto attraverso l'immissione di consistenti volumi d'aria calda. Il principale vantaggio di questa apparecchiatura è l'efficacia d'essiccamento unitamente alla possibilità di ridurne i tempi. Quando il materiale proveniente dal granulatore non necessita calibrazione può essere direttamente sottoposto al processo di essiccamento. In questo caso, il granulato umido è raccolto direttamente nel cestello dell'essiccatore che è poi riposizionato correttamente. La prima operazione consiste nell'inserimento di sonde per seguire l'andamento dei parametri umidità e temperatura. Il materiale posto sulla rete d acciaio del cestello è investito da un getto d'aria che provoca la fluidizzazione della polvere e l'evaporazione della fase liquida. L'aria in uscita passa attraverso maniche filtranti per evitare perdite di materiale.

Gli essiccatori a letto fluido sono tenuti costantemente sotto controllo per la possibilità di formazione di miscele esplosive di polveri. Per questo sono necessari complessi sistemi di sicurezza che entrino istantaneamente in funzione nel caso di un brusco aumento di pressione interna. Sempre in tema di funzionalità e sicurezza i locali dell'officina farmaceutica sono studiati in modo da rendere il più agevole possibile tutte le operazioni. Questa scala ad esempio è sopraelevata rispetto al pavimento per facilitare le operazioni di pulizia. Esigenze di spazio e di sicurezza hanno suggerito in questo caso, di collocare tutte le componenti elettroniche ed elettriche all'interno di colonne. Il cestello proveniente dal letto fluido è condotto alla pesatura per controllare il grado di umidità raggiunto. Il materiale è quindi trasportato nella zona di compressione. Spesso è necessaria un'ulteriore aggiunta di eccipienti, quali i lubrificanti per migliorare i successivi processi di produzione. Tutti i modelli di comprimitrici si possono ricondurre a due tipi fondamentali: alternative e rotative che attraverso il movimento di una coppia di punzoni entro una matrice fissa portano alla riduzione di volume ed alla compattazione delle polveri caricate. Gli elementi fondamentali delle comprimitrici alternative, oggi poco usate, sono un piano di compressione fisso e un dispositivo mobile di ripartizione della polvere. La polvere riempie la camera di compressione e il punzone superiore scendendo determina la riduzione di volume del letto di polvere.

Attraverso il movimento del punzone inferiore la compressa viene portata sino al piano di scorrimento della scarpa che spinge la compressa verso lo scivolo di raccolta iniziando così un nuovo ciclo. La posizione del punzone inferiore durante la fase di riempimento determina il volume della camera di compressione e quindi il peso finale delle compiesse, mentre le loro caratteristiche fisiche e meccaniche desiderate sono funzione dell entità dell affondamento del punzone superiore. In produzione le comprimitrici alternative sono state sostituite da quelle rotative in grado di produrre diverse centinaia di migliaia di compresse/ora. Le comprimitrici rotative differiscono dalle alternative per l'elevato numero di punzoni, per il dispositivo di alimentazione e ripartizione che è fisso e, in fase di compressione, per il movimento graduale sia dei punzoni superiori che inferiori. La zona di compressione è costituita da un piatto rotante con le matrici disposte ad intervalli regolari nella sua parte più esterna e da altri due piatti, uno superiore per i punzoni superiori e uno inferiore per i punzoni inferiori. Il movimento della struttura intorno ad un asse centrale determina in sincrono la salita e la discesa dei punzoni. La compressa espulsa è spinta da un deviatore verso lo scivolo e quindi in un recipiente di raccolta. Le comprimitrici rotative consentono una più regolare compattazione dovuta al fatto che la pressione sul materiale è esercitata gradualmente e contemporaneamente da parte di entrambi i punzoni. Questo permette di ottenere compresse più omogenee in termini di durezza e densità. Le compresse e le forme finite in genere passano al confezionamento che viene effettuato con linee produttive modulari che eseguono operazioni diverse in successione sul prodotto soggetto ad avanzamento autonomo.

Complementi importanti sono i sistemi di controllo, in grado di individuare gli eventuali pezzi difettosi e di provvedere direttamente alla loro eliminazione senza intervento dell'operatore. Al confezionamento primario segue un confezionamento secondario dopo il quale il prodotto che ha assunto tutti gli elementi tecnici e formali di un preparato farmaceutico, una volta superate le verifiche qualitative richieste, può lasciare, adeguatamente imballato, l'officina di produzione.