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editoriale Qualche idea per nutrirsi MARTA DASSÙ. Questo numero di Aspenia discute in che modo si possa davvero raggiungere l obiettivo di un mondo zero hunger. È molto difficile, naturalmente. La realtà è che sono stati fatti progressi enormi nella riduzione della fame dagli anni Ottanta fino all inizio della crisi finanziaria. Grazie, soprattutto, alla crescita economica di Cina e India. Ma compiere l ultimo passo cancellare del tutto la fame sarà arduo. Anzitutto, è importante avere chiara la diagnosi. La tesi prevalente è che il mondo produca abbastanza cibo per nutrire la popolazione di oggi, una popolazione mondiale di 7 miliardi di persone; tuttavia, per una serie di ragioni diverse la trappola della povertà, le guerre, le carestie, gli sprechi di cibo 795 milioni di persone circa continuano a soffrire di malnutrizione. È la tesi tipica di tutti i documenti ufficiali internazionali dedicati alla questione della (in)sicurezza alimentare: la fame o la malnutrizione che impediscono una vita normale e conducono a malattie mortali anzitutto bambini e madri nascono essenzialmente da un problema di distribuzione delle risorse. È il punto su cui, in questo numero di Aspenia, insiste Amartya Sen: la fame è una questione politica ed economica. È una questione di povertà. Esiste, d altra parte, anche una tesi diversa, o forse più estrema, secondo cui la fame non è solo la conseguenza di una scarsità relativa di cibo (chi è sotto la linea della povertà soffre anche di mancato accesso al cibo) ma potrà essere la conseguenza di una scarsità assoluta (l offerta globale sarà strutturalmente inferiore alla domanda). Se l aumento della produzione agricola, dal 5 Aspenia 69 2015

6 1945 in poi, è stato più rapido e consistente dell aumento demografico, nei prossimi decenni questo trend tenderà a invertirsi: il mondo scrivono Romano Prodi e Lester Brown nei saggi che pubblichiamo non produrrà più cibo sufficiente per nutrire una popolazione che tenderà a raggiungere, nel 2050, la cifra di 9 miliardi di persone. Altri fattori, insieme alla demografia, spingono nella stessa direzione: la difficoltà di aumentare ancora la produttività marginale delle terre, il cambiamento climatico, la modifica delle diete nelle nuove economie in espansione, l urbanizzazione, i problemi di accesso all acqua. E se questa sarà davvero la direzione, il controllo delle risorse agricole e idriche tornerà a essere, come nella storia passata (lo spiega bene Francesco Galietti), una chiave di fondo della competizione geopolitica e geoeconomica internazionale. In parte è già così: fenomeni come il land grabbing (su cui scrive Claudia Sorlini) sono un anticipo di quello che ci aspetta; ed è bene non dimenticare quanto l innesco delle rivoluzioni arabe, nel 2010-2011, abbia avuto a che fare con gli aumenti dei prezzi alimentari. Il cibo, insomma, è una sorta di nuovo petrolio? ANA PALACIO. Ovviamente le sfide collegate alla sicurezza alimentare sono enormi. Ma i conflitti per il controllo delle risorse ci sono sempre stati, e il land grabbing non è una novità. Credo che oggi la grande differenza sia data dalla fine della prevedibilità. Viviamo in un era di profonda incertezza e non solo dal punto di vista dell equilibrio fra offerta e domanda di cibo. Ciò nonostante, continuo a essere ottimista. Penso all Africa: tendiamo a considerarla solo un problema, quando in effetti è anche un bacino di enormi potenzialità. Le risorse del continente sono pressoché infinite. Il punto cruciale è di riuscire a utilizzarle, favorendo lo sviluppo rurale nell Africa subsahariana: gran parte del problema attuale della fame si concentra lì e in Asia occidentale. È indispensabile sostenere i piccoli proprietari terrieri, migliorare le condizioni

di vita degli agricoltori. Servono soluzioni molto semplici (microcrediti, mezzi di trasporto). La telefonia mobile, per esempio, consente agli agricoltori che vivono in aree remote di tenersi in contatto con mercati e canali di distribuzione. Ma servono anche, guardando alla sfida globale su come nutrire il pianeta il titolo evocativo dell Expo di Milano innovazioni tecnologiche, accesso all energia e investimenti in infrastrutture. La nuova Via della Seta è un esempio concreto: essere meno isolati significa essere meno poveri. Una parte della risposta al potenziale squilibrio globale fra domanda e offerta di cibo verrà dalle nuove tecnologie. DASSÙ. Credo che tu abbia ragione: la realtà è che tendiamo regolarmente a sottovalutare nelle previsioni i risultati di potenziali innovazioni tecnologiche. È già successo in campo energetico, succederà di nuovo anche nel settore agricolo. Così come le tesi sul peak oil non sono ancora diventate realtà, anche quelle sul peak food potrebbero non materializzarsi in tempi rapidi. Direi quindi questo: è bene avere chiaro che l accesso al cibo è una grande questione di sicurezza umana e internazionale. E che le risposte possibili richiedono un migliore equilibrio fra difesa della piccola produzione locale e apertura all innovazione, ogm inclusi. Torneremo poi su questo. Cerchiamo prima di vedere il problema in chiave europea. La famosa politica agricola comune, la pac, è stata una dei collanti della Comunità delle origini. È stata poi riformata negli anni; ma abbiamo fatto le scelte giuste? 7 PALACIO. L ue ha senz altro commesso molti errori in campo agricolo. Lo dico aggiungendo subito che resto convintamente filoeuropea: l esistenza stessa dell ue è uno dei grandi progressi compiuti dopo la seconda guerra mondiale. Credo che i peggiori difetti degli europei possano essere condensati in un unica parola: arroganza. L approccio europeo ai problemi globali è stato

8 arrogante fino all eccesso. Cito solo un esempio che si riallaccia al dibattito sul cibo: l ue ha preteso che tutti gli alimenti venduti in Europa fossero conservati a una temperatura di 6 C. In base a questa norma, l ambito di applicazione va esteso al cibo venduto per strada e nei mercati all aperto. Ma ciò non è possibile, e tantomeno necessario ai fini di una vita sana. Si tratta chiaramente di un caso di sovraregolamentazione. L agricoltura, come hai appena ricordato, ha svolto un ruolo fondamentale nel processo di costruzione della Comunità europea, ma in seguito è diventata un fattore di difficoltà: sia negli equilibri interni all ue che verso l esterno. Noi europei non vogliamo né prodotti agricoli dai paesi mediterranei né vogliamo la gente: cosa che, naturalmente, non è possibile. Guardando all interno dell ue, recentemente ho letto i risultati di uno studio importante sulla politica agricola europea. La conclusione, abbastanza intuitiva, è che le grandi aziende sono le uniche ad avere una dimensione tale per competere su scala globale. È difficile che in condizioni normali i piccoli proprietari terrieri riescano a competere con i colossi del settore. Possiamo tutelarli attraverso l erogazione di sussidi, appunto. Ma bloccare le importazioni dal Sud del mondo non è, a lungo termine, una soluzione. In altri termini: esiste una contraddizione di fondo nel nostro approccio alla questione agricola. Che poi rende l Europa meno credibile sui dossier della sicurezza alimentare. DASSÙ. Parliamo un momento della patata bollente degli ogm: da sempre la discussione si trasforma in una battaglia ideologica, spesso poco razionale e poco informata. Gli stessi esperti del settore sono su posizioni molto diverse e spesso contrapposte. Vandana Shiva, nell analisi che pubblichiamo, denuncia una serie di conseguenze negative delle biotecnologie. Tuttavia, le conclusioni scientifiche che si possono trarre dagli studi esistenti

non sono univoche: varie altre tesi che pure pubblichiamo sostengono che non vi siano motivi di preoccupazioni connessi alle biotecnologie applicate all agricoltura né per la salute umana o degli animali, né per gli eventuali effetti sulla terra coltivabile o per le specie non modificate. La Commissione europea ha assunto di recente una decisione controversa, che di fatto lascia agli Stati nazionali la possibilità di accettare o meno singoli elementi geneticamente modificati. Cosa che, naturalmente, complica anche i negoziati commerciali in campo agricolo tema su cui Paolo De Castro scrive un saggio che ho trovato molto interessante. PALACIO. A me pare soprattutto che l approccio agli organismi geneticamente modificati sia ideologico, piuttosto che basato sul pragmatismo e sul buon senso. È del tutto probabile che i prodotti naturali o biologici siano meglio; ma gli ogm sono meglio della fame. Del resto: sarebbe bello potere nutrire il pianeta senza usare fertilizzanti, a nessuno piacciono i fertilizzanti, e sappiamo bene che hanno le loro controindicazioni. Tuttavia ne abbiamo bisogno, proprio come abbiamo bisogno degli ogm. Il punto è che l Unione Europea spinge all eccesso il principio di precauzione. 9 DASSÙ. Il risultato finale, e abbastanza paradossale, è che abbiamo finito per sottovalutare, proprio in Europa, l importanza dell agricoltura. In realtà, avremmo bisogno di un rinascimento agricolo, a cominciare dall Italia. Ma su basi chiare. Per esempio, è ovvio che la specificità dei prodotti locali è una grande risorsa (sia per i produttori che per i consumatori, ma anche per il futuro stesso della terra da cui vengono tratti gli alimenti); ma va anche riconosciuta l importanza di adottare standard condivisi (a tutela proprio della qualità, a difesa della salute del consumatore e di una corretta concorrenza tra produttori).

PALACIO. Il vantaggio degli europei rispetto al resto del mondo sta in una domanda di alta qualità. Siamo un mercato maturo. E difatti paesi come la Cina sono ben disposti a comprare prodotti di alta qualità di origine europea. Non abbiamo certo, nel vecchio continente, terre a sufficienza per sfamare il mondo; ma possiamo soddisfare le esigenze dei consumatori di fascia alta e difendere le nostre produzioni a patto di farlo attraverso mercati aperti. DASSÙ. Il che ci porta ai negoziati commerciali in corso, incluso il Trattato con gli Stati Uniti, il ttip. 10 PALACIO. La sorte del ttip mi preoccupa. Non so se si riuscirà ad approvarlo. Ho partecipato a interminabili discussioni sui più piccoli dettagli nel corso dei negoziati tra cui l opportunità di misurare lo stato di salute delle ostriche in base alla pulizia dell acqua all interno o all esterno del guscio. Questo è troppo. In assenza di una leadership politica coraggiosa, disposta ad affrontare questioni di ampio respiro e a definire una strategia politica trasparente, il ttip si risolverà in una cacofonia di norme e regolamenti circoscritti e limitati. Tutti presenteranno la loro piccola eccezione... Dobbiamo andare oltre la retorica, uscire dai dettagli irrilevanti, e parlare di standard e investimenti che possano rendere il mercato transatlantico un posto migliore. DASSÙ. Veniamo un momento all altra metà della Terra : le donne costituiscono il 50% circa della forza lavoro nel settore agricolo, eppure su di loro ricade una serie di vincoli tali da comprometterne le capacità. In diversi paesi del mondo, per esempio, le donne non godono del diritto di proprietà della terra o non possono fare ricorso al credito agricolo. L iniziativa we-women for Expo, presieduta da Emma Bonino, si concentra su questi aspetti, sottolineando che mettere in grado le donne di produrre meglio e di più significa

contribuire in modo rilevante alla sicurezza alimentare. Un peso particolare, nell alleanza delle donne lanciata a Expo, viene data alla lotta contro lo spreco alimentare. È assurdo che un terzo del cibo prodotto più di un miliardo di tonnellate all anno venga letteralmente perduto. PALACIO. È un approccio non solo positivo ma anche assolutamente necessario. Anche in questo caso: la retorica conta poco, contano politiche efficaci sia contro lo spreco che a sostegno del ruolo delle donne in agricoltura. Dobbiamo fornire strumenti concreti per consentire alle donne di produrre di più e di vivere meglio, qualunque cosa facciano. Prendiamo il Toi Market a Nairobi: è incredibile come le donne siano riuscire a costruire un sistema di credito che permette migliaia di scambi. Saranno anche somme modestissime, ma l organizzazione è esemplare, e quel mercato rappresenta indubbiamente una storia di successo. Voglio dire questo: risorse date alle donne, sono in ogni caso risorse non sprecate. Invece di promettere alle donne grandi cambiamenti politici, coverrebbe investirle subito di responsabilità pratiche. Da un gesto semplice come la messa a disposizione di un telefono cellulare può scaturire un miglioramento della qualità della vita di un intera famiglia. 11 DASSÙ. A proposito di donne e responsabilità, ormai ci sono molti casi interessanti da valutare, al top della piramide e non solo alla base: basti guardare, per restare nei paesi occcidentali, ad Angela Merkel e alla corsa presidenziale di Hillary Clinton, dopo la sua esperienza come segretario di Stato. Una parte del numero è dedicata proprio a questo: una volta al potere, le donne esprimono anche una forma diversa di leadership? PALACIO. La mia impressione è che le società occidentali si siano, nel complesso, femminilizzate. Nel senso che quelli che definiamo come valori più ti-

12 picamente femminili per esempio la minore propensione alla violenza sono ormai generalmente riconosciuti e accettati. Angela Merkel è un buon esempio dello stile di leadership che può derivarne: uno stile che punta sulla rassicurazione, cosa essenziale in questa età dell incertezza. A costo di qualche generalizzazione, penso che le donne abbiano in genere un grande senso pratico e molto buon senso. E siccome sono al potere da poco, sono anche meno inclini a esibizioni di vanità. Buon senso, low profile, soluzioni pragmatiche, sicurezza: vista la complessità del mondo in cui viviamo, credo che sia questa la leadership di cui si sente il bisogno e alla quale ci si dovrebbe ispirare per il futuro. Quanto a Hillary Clinton, non sono americana, per cui non devo io scegliere il presidente degli Stati Uniti. Spesso noi europei dimentichiamo questo piccolo particolare... Ma se Hillary Clinton diventasse il nuovo presidente, ne sarei felice: gli Stati Uniti sarebbero in mani sicure. DASSÙ. A proposito di donne al potere, nella tua lunga carriera professionale hai avuto fra l altro incarichi rilevanti alla Banca Mondiale. La mia impressione scontata ma fondata, direi è che le istituzioni di Bretton Woods stiano perdendo influenza perché sono incapaci di riformarsi. PALACIO. È chiaramente così. Queste istituzioni non sono destinate a scomparire, ma rischiano di diventare irrilevanti. Prendiamo ancora una volta l esempio la nuova Via della Seta, il progetto geopolitico di Pechino: la decisione cinese di dare vita alla nuova Banca asiatica per le infrastrutture e gli investimenti, a cui hanno aderito parecchi paesi europei, cambia gli scenari. E dimostra che abbiamo perso troppo tempo; dovevamo riformare fmi e Banca mondiale, lo abbiamo fatto solo parzialmente. Quando lavoravo alla Banca mondiale, spesso parlavamo di quanto fosse difficile portare attorno al tavolo

almeno un interlocutore dell Africa subsahariana; in compenso, eravamo regolarmente sovrarappresentati come europei. Ancora una volta, il problema è che, nonostante le nostre grandi responsabilità, abbiamo la vista troppo corta. E invece dobbiamo disegnare e attuare, di fronte alle sfide globali di cui abbiamo parlato, strategie a lungo termine e politiche di sviluppo sostenibili. DASSÙ. Lasciami concludere proprio su questo, tornando all inizio della nostra conversazione: il principio generale della sostenibilità è un esigenza chiarissima nel settore alimentare, dove la terra si può anche declinare come Terra, ossia l unico pianeta abitabile di cui per ora disponiamo. È ormai ampiamente accettata l esistenza di uno stretto legame tra produzione alimentare e ambiente, soprattutto a causa dello sfruttamento intensivo dei terreni: deforestazione, deperimento del suolo, riduzione delle biodiversità, con il loro impatto anche sull altra risorsa decisiva e scarsa, l acqua. Che nutrire il pianeta sia una delle grandi sfide globali dei prossimi anni non c è dubbio. Assai più difficile come dimostra questo numero di Aspenia è mettere insieme le azioni, pragmatiche e visionarie, per evitare gli scenari pessimistici. Mettere insieme: Expo 2015 sarà stata un vero successo se avrà generato questa spinta comune. 13 Ana Palacio, già ministro spagnolo degli Affari esteri nel governo Aznar e membro del Parlamento europeo dal 1994 al 2002, è copresidente onorario del World Justice Project.