ale La tessitura nel Neolitico Marta Bazzanella La conservazione Il filo



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12 Marta Bazzanella Bibliografia Per ulteriori approfondimenti, si può consultare il volume Textiles: intrecci e tessuti dalla preistoria europea, a cura di M. Bazzanella, A. Mayr, L. Moser, A. Rast-Eicher, Esperia, Trento 2003. Una sintesi con ampia bibliografia è l articolo di M. Bazzanella, La tessitura nel Neolitico, in Settemila anni fa il primo pane. Ambiente e culture delle società neolitiche, a cura di A. Pessina, G. Muscio, Museo friulano di storia naturale, Udine 1999, pp. 193-204. Tra i testi recenti in lingua straniera, si possono utilmente consultare: E. J. W. Barber, Prehistoric textiles, Princeton University Press, Oxford 1990, e A. Seiler- Baldinger, Systematik der Textilen Techniken, Ethnologisches Seminar der Universität und Museum für Völkerkunde, Basel 1991. La tessitura nel Neolitico Lo sfruttamento da parte dell uomo di fibre vegetali e animali risale a un epoca remota di cui non ci restano che sporadiche testimonianze. Per l Europa le prime documentazioni provengono dal Paleolitico: si tratta di impronte d intrecci documentate nel sito di Pavlov I in Moravia, risalente a 26.000 anni fa, e di un frammento di corda mineralizzata, di 15.000 anni fa, trovato nella grotta di Lascaux in Dordogna (Francia). Per il Mesolitico sono noti una nassa e un cesto provenienti dal sito di Haut-des-Nachéres a Noyen-sur-Seine in Francia, una rete da pesca in libro di tiglio da Korpilathi in Finlandia, i resti di una rete e alcune corde da Friesack-Potsdam in Germania. Le essenze vegetali da cui si possono ottenere fibre destinate all attività tessile sono numerose in natura, ma non tutte assicurano la stessa quantità o qualità di fibra. L utilizzo prioritario di alcune per la produzione tessile deriva da una buona conoscenza delle loro proprietà: quantità di fibre, robustezza, comportamento termico ed elasticità, ma è legato allo stesso tempo alla loro disponibilità nell ambiente circostante. Sappiamo che durante i tempi preistorici in Europa occidentale furono utilizzate principalmente fibre tratte dal libro di alcuni alberi come il tiglio, la quercia, l olmo e il salice nonché dalla pianta del lino e dell ortica. L impiego del pelo animale, in particolare della lana, risale invece a periodi più recenti. L esecuzione d intrecci prevede altresì l utilizzo di rametti in parte scortecciati e sezionati, di solito in salice o viburno, ma anche in erbe palustri o graminacee. La tecnica dell intreccio ha permesso la fabbricazione di capi particolari come borse, scarpe e cappelli. Cronologicamente gli intrecci, effettuati con il solo ausilio delle mani o mediante rudimentali intelaiature, hanno preceduto i tessuti. Contenitori di piccole dimensioni come borse e sacche rappresentano ritrovamenti veramente fortuiti soprattutto se rinvenuti integri e con il loro contenuto, com è il caso della borsa di Egolzwil 3 (LU) in Svizzera: un intreccio a rete in fibra tratta da libro di tiglio, risalente al Neolitico antico. La borsa conteneva selce, conchiglie forate e perline in pietra calcarea. 151 La conservazione I reperti tessili, ovvero tutti i manufatti in fibra animale o vegetale provenienti da uno scavo archeologico come assemblaggi di fibre, fili, corde, intrecci, reti e tessuti, sono materiali facilmente deperibili che si conservano solo in particolari contesti: gli ambienti umidi di laghi e torbiere, quelli a clima arido dei deserti, tra i ghiacci, in ambienti acidi con forte presenza di tannini, come le tombesarcofago dell Europa settentrionale e nelle miniere di sale. Impronte di tessuto si verificano inoltre in seguito a processi di mineralizzazione, che non conservano il tessuto ma favoriscono la formazione di repliche con le stesse informazioni del reperto originale. Il filo La filatura si colloca all inizio della catena operativa tessile, tappa fondamentale che precede la tessitura. Il filo non era necessariamente prodotto per tessere, ma serviva a unire, fissare, legare, confezionare reti per la pesca o il trasporto. Il filo è un filamento lungo e sottile di fibre unite mediante torsione. Può es-

vita quotidiana e cultura materi 12 Marta Bazzanella La tessitura nel Neolitico sere semplice o ritorto, ossia costituito dall unione di due o più fili semplici sottoposti a un ulteriore torsione. La filatura poteva avvenire con o senza utilizzo del fuso. La filatura senza fuso consiste nel torcere le fibre tra le due mani, oppure tra una mano e un altra parte del corpo: gamba, coscia, guancia. Questa tecnica, tra le più diffuse nelle società passate e presenti per la sua semplicità esecutiva, fu verosimilmente adottata nel Neolitico o addirittura nei periodi precedenti. Documenti etnologici mostrano come la filatura senza fuso sia adatta alla lavorazione delle fibre lunghe (come il lino e quelle tratte da libro di pianta arborea) e non si presti a quella delle fibre corte come la lana. La filatura con fuso è suggerita dalla presenza nei siti archeologici di fusaiole in argilla, pietra, osso, corno o legno.tali utensili, che costituiscono i volani dei fusi, hanno il solo scopo di rendere più regolare e continua la rotazione del fuso (fig. 1), che tuttavia non ha necessariamente bisogno di una fusaiola per svolgere la sua funzione. Le fusaiole compaiono in Italia a partire dal Neolitico medio-finale: cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, culture di Diana, Ripoli e della Lagozza. 152 Fig. 1 Fig. 2 La tessitura La tessitura consiste in una serie di operazioni che sfociano nella produzione di un tessuto. Essa prevede l incrocio di un sistema di fili verticali paralleli (l ordito) con un filo orizzontale (la trama) che passa ripetutamente nel passo aperto tra i fili di ordito, sollevati per mezzo di licci.tali operazioni si eseguono mediante l utilizzo di un telaio. I ritrovamenti archeologici non hanno permesso l acquisizione di dati precisi sulla struttura dei telai preistorici, giacché questa è realizzata in una materia prima facilmente deperibile come il legno, che non si è conservato fino ai nostri giorni. Il telaio è quindi identificabile nei contesti archeologici grazie alla presenza di strumenti collegati all artigianato tessile come i pesi (fig. 2).Anche le tecniche di lavorazione dei tessuti conservati hanno

permesso di risalire al tipo di telaio utilizzato, in particolare quando è documentata la presenza di bordi iniziali e laterali. Il tipo di telaio più diffuso durante il Neolitico e l età del Bronzo è il telaio verticale (fig. 3) che assicura la tensione dei fili di ordito mediante l impiego di pesi in argilla, che sono presenti in Italia a partire dal Neolitico antico. La variabilità formale dei pesi non ha alcuna incidenza funzionale in ambito tessile: l unico valore effettivamente incidente è quello del peso dei manufatti. Curiosa è la comparsa nell ambito della cultura della Lagozza di pesi reniformi, probabilmente legati all esecuzione di lavorazioni particolari. Tra i tipi di telaio potenzialmente utilizzati durante i periodi preistorici va ricordato anche il telaio a tensione (fig. 4). In questo caso la tensione dei fili di ordito è assicurata dal corpo del tessitore/tessitrice ed è ottenuta grazie ad una fascia che gira attorno alle reni ed è ancorata a un elemento fisso come un palo o un albero. Si tratta di uno strumento caratterizzato da ingombro minimo, maneggevolezza e facilità di approntamento con il limite che si possono tessere solo stoffe di ridotte larghezze. Tra gli strumenti legati all artigianato tessile dalle stazioni preistoriche di ambiente umido sono noti spade, coltelli e pettini di legno o di osso che avevano la funzione di avvicinare e regolarizzare le trame. Per quanto riguarda le tecniche di lavorazione, durante il Neolitico era utilizzata esclusivamente l armatura a tela, che consiste nel passare alternativamente il filo di trama sopra e sotto i fili di ordito. I tessuti potevano essere ornati in fase di esecuzione mediante l aggiunta di frange, nappe, occhielli e bordi alla lavorazione principale; mediante inserimenti di fili di diverso spessore o con diversa torsione e opportunamente distanziati, che possono fornire effetti ottici particolari come righe o scacchiere; mediante tintura delle fibre o alternanze di sfumature diverse della fibra grezza; mediante ricamo o con inserimenti di elementi decorativi come semini e perline. 153 Fig. 3 Fig. 4 Fig. 1 Fuso e fusaiola. Fig. 2 Pesi in argilla. Fig. 3 Telaio verticale a pesi. Fig. 4 Lastra mesopotamica in terracotta: utilizzo del telaio a tensione.

vita quotidiana e cultura materi 12 Marta Bazzanella La tessitura nel Neolitico Fig. 5 Venere neolitica su placca ossea, Riparo Gaban (Trento). Fig. 6 Statua-stele femminile, Arco (Trentino). L abbigliamento La ricostruzione dell abbigliamento dell uomo preistorico per i periodi più antichi quali il Paleolitico e il Mesolitico si basa sull interpretazione delle poche testimonianze che sembrano essere in relazione con un attività di confezionamento d indumenti, come gli aghi a cruna in osso del Solutreano (19000-16000 a.c.). I particolari dell abbigliamento sono meglio dedotti dall espressione artistica di queste popolazioni: emblematiche a questo proposito le veneri paleolitiche francesi di Lespugue (Alta Garonna) e di Brassempouy (Lande), entrambe scolpite in avorio di mammut. Per il Mesolitico sono noti gli individui vestiti, immortalati schematicamente dall iconografia rupestre del mondo franco-cantabrico. Per l abbigliamento maschile ricorre la presenza di panni fissati alla cintola, tuniche, pantaloni e gambali nonché ornamenti di piume e bracciali. Il vestiario femminile è costituito da gonne dalle molteplici dimensioni, cinture, cordicelle e stringhe dai lembi flottanti. Per i periodi più recenti, Neolitico, Eneolitico ed età del Bronzo, gli indumenti cominciano a lasciare tracce tangibili della loro presenza, ma i reperti integri 154 Fig. 5 Fig. 6

sono ancora pochi: sono documentati sandali, copricapo, mantelli e cinture. L Europa settentrionale ha restituito le più antiche testimonianze di capi d abbigliamento completi, quelli rinvenuti nelle tombe-sarcofago del Bronzo dello Jutland, ricavate entro tronchi d albero. Il ritrovamento nel 1991 dell uomo del Similaun (Val Senales/Schnalstal, Bolzano) ha documentato l esistenza di un abbigliamento confezionato appositamente per un clima rigido d alta quota: resti di pelliccia, cuoio e fibre vegetali facevano parte degli indumenti dello sfortunato viaggiatore dell età del Rame, equipaggiato con berretto, mantello, mocassini imbottiti, tunica, cintura/marsupio e gambali. Il ricorso all iconografia fornisce anche per questi periodi importanti informazioni sull abbigliamento e sulle mode del tempo. Pensiamo alle statuine femminili del primo Neolitico,come la veneretta neolitica del Gaban,Trento (fig.5), o alle statue-stele eneolitiche dell arco alpino (gruppi atesino e di Aosta-Sion), che si caratterizzano per la rappresentazione di vesti riccamente e finemente ornate.tunica, cintura e mantello/scialle, presenti sulle statue-stele, possono essere interpretati come capi basilari dell abbigliamento di rango dell epoca (fig. 6). 1 Le fibre tessili Il libro Il libro è una pellicola filamentosa situata tra il legno e la corteccia dell albero (fig. 1.1); si asporta solitamente in primavera, nel momento di maggior presenza di linfa nella pianta, strappandolo dal tronco dopo l asportazione della corteccia. Tramite macerazione, per immersione in acqua, si separava quindi la fibra dalla parte legnosa. Il libro più utilizzato in preistoria è stato quello tratto dal tiglio. Il lino Il lino coltivato (Linum usitatissimum L.) è una pianta a ciclo annuale con fusti robusti e foglie sottili, alta da 30 cm a un metro (fig. 1.2). I semi sono ovali, piatti, di colore marrone rossiccio e lucidi. La fibra si ricava dagli steli della pianta. Per ottenere la filaccia è necessario che avvenga la decomposizione della pectina (la sostanza che connette le fibre con le altre cellule del fusto), di solito tramite macerazione in acqua o lasciando le piante all aperto su terreno umido. Battitura, gramolatura, scotolatura e pettinatura sono le operazioni che permettono di spaccare la corteccia dello stelo e di separare le impurità legnose della fibra. Gli strumenti utilizzati a questo scopo erano pettini di costole in osso, raggruppamenti di spine o microliti. Le più antiche testimonianze di lino coltivato (semi e capsule) provengono dai siti neolitici preceramici della Mezzaluna Fertile. I più antichi reperti tessili in lino per l Europa occidentale provengono dall abitato perilacustre della Marmotta (Anguillara Sabazia, Roma), datato tra il 5480 e il 5260 a.c. La documentazione di reperti tessili in lino si generalizza poi tra il Neolitico e l età del Bronzo e proviene dalla maggior parte degli abitati di ambiente umido dell arco alpino. La lana La lana è una fibra tessile ottenuta principalmente dal vello degli ovini. Rispetto alle fibre vegetali offre un alto grado di protezione dalle intemperie, ottimi risultati nelle tinture e una notevole facilità di filatura. Il processo di ottenimento della fibra di lana comprende la tosatura, la lavatura e la cardatura, che serve ad aprire le fibre sino a renderle parallele. Allo scopo, durante i tempi antichi, sono stati utilizzati s Fig. 1.1 Fig. 1.2 emplici raggruppamenti di spine o anche veri e propri strumenti simili agli scardassi delle società rurali: si forma così una specie di nastro soffice che tramite le operazioni di filatura viene sottoposto a torsione per formare il filo. Il primo ovino domestico comparso in Europa fu Ovis aries palustris, esemplare simile al progenitore selvatico, il muflone orientale, caratterizzato da un pelo irsuto scarsamente utilizzabile per la produzione della lana. Furono poi delle selezioni genetiche a condurre alla comparsa delle razze lanose. Il più antico tessuto in lana per l Europa occidentale è a tutt oggi il frammento di stoffa rinvenuto, all interno di un fodero di pugnale in selce, nella palude di Wiepenkanthen (Hannover, Germania) attribuito alla cultura della Ceramica a cordicella (ca. 2400 a.c.). Fig. 1.1 Estrazione del libro. Fig. 1.2 Pianta di lino. 155