VERSO LA MARCA RELAZIONALE



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Transcript:

Vanni Codeluppi IULM Milano vanni.codeluppi@tiscalinet.it VERSO LA MARCA RELAZIONALE 1. Dalla réclame alla metapubblicità Nel mondo occidentale, i beni di consumo, sul piano del regime comunicativo, sono passati attraverso una prima fase nata nel corso dell Ottocento che può essere considerata la fase della réclame. In tale periodo era sufficiente fare conoscere il prodotto e la marca si limitava ad una funzione di denominazione, cioè a consentire sostanzialmente di identificare un prodotto rispetto ai concorrenti. A tale fase è subentrata poi quella della vera e propria pubblicità moderna. Una fase che è durata in Europa sostanzialmente dagli anni Cinquanta fino agli anni Ottanta del Novecento. In tale periodo, la pubblicità si è messa in luce come forma di comunicazione che cerca di promuovere un prodotto mettendone in evidenza un preciso benefit. La marca, invece, è progressivamente emersa come un importante strumento aziendale, uno strumento in grado di incrementare l importanza del benefit offerto dal prodotto aggiungendovi un proprio plusvalore di tipo simbolico e comunicativo. Il suo ruolo è rimasto però subordinato a quello del prodotto, in quanto si è limitata ad essere uno degli elementi a disposizione del marketing. Ma dalla fine degli anni Ottanta i beni hanno incominciato a cercare di liberarsi dalla pubblicità, per approdare ad una nuova e terza fase. E la fase che in precedenza ho definito metapubblicitaria (Codeluppi 1996), volendo indicare che la pubblicità appare sempre più impossibilitata a progredire e si volge all indietro, citando di continuo la sua storia passata, sebbene cerchi contemporaneamente anche di esplorare nuovi territori. Diventa dunque sempre più autoreferenziale e cosciente del proprio linguaggio. Tende cioè ad avere come oggetto sempre meno il prodotto da pubblicizzare e sempre più se stessa, i propri discorsi e i propri meccanismi di comunicazione. Nello svelare i segreti del proprio funzionamento interno, il messaggio pubblicitario cerca di stabilire un rapporto di complicità con il destinatario. Mettendosi a nudo si impoverisce, ma tende anche a far crollare tutte le possibili difese psicologiche dell interlocutore. In apparenza, dunque, la pubblicità sembra vivere nella sua condizione metapubblicitaria una situazione di debolezza, perché cerca sempre meno di persuadere all acquisto di un prodotto. In realtà, utilizza delle modalità di persuasione più sottili, coinvolgenti ed efficaci rispetto al passato. Il campo semantico coperto dall aggettivo metapubblicitario appare però probabilmente troppo limitato oggi per poter esprimere la radicalità dei processi di trasformazione attualmente in corso nel mondo dei consumi. Certo, uno dei tratti fondamentali che unificano questi processi è ancora lo sviluppo di una coscienza metalinguistica da parte della pubblicità. Ma oggi a tutto ciò si aggiunge per la pubblicità anche una tendenza verso ciò che potremmo definire connessionismo : l interrelazione con altri media e con altre strutture di comunicazione attive nella società. La pubblicità incrementa la sua potenza, infatti, invadendo una sempre maggior quantità di territorio mediatico: tutti gli spazi dello schermo televisivo, innanzitutto, ma, in generale, tutti gli spazi nei mass media tradizionali che non le sono stati ancora riservati e, soprattutto, quelli presenti nei nuovi media.

Tende inoltre a stabilire con l universo del sistema delle comunicazioni di massa livelli sempre più elevati di citazione reciproca. E cerca di far diventare il linguaggio che la caratterizza quello dell intero sistema mediatico, il quale viene pertanto ad essere sempre più dominato da forme di comunicazione basate su frammenti di discorso, ritmi accelerati, emozioni intense e messaggi articolati secondo una struttura che non segue una logica razionale e di tipo sequenziale. Ma la pubblicità tende anche a riprendere e sviluppare da Internet il modello comunicativo della rete, del network cioè di canali che sono ramificati e illimitatamente diffusi sul pianeta. Addirittura, la pubblicità appare oggi più avanzata di Internet. Se l esperienza di Internet è caratterizzata, come sostiene Guido Ferraro (1999), dal passaggio dal testo all ipertesto, dall affievolirsi di conseguenza dei confini tra un testo e l altro (sostituiti da un intreccio tra testi) e dalla ricostruzione da parte del fruitore di un suo personale testo, la pubblicità pratica tutto ciò già da qualche tempo. Internet invece, a causa di ritardi tecnologici, non lo fa ancora pienamente. La nuova fase connessionista fa certamente perdere di riconoscibilità alla pubblicità, perché questa tende a mescolarsi con il flusso di messaggi nel quale si trova inserita, anche se è spesso proprio la sua apparente inefficacia a permetterle di comunicare più facilmente, senza incontrare grandi resistenze. Ciò che è veramente importante, comunque, è che i processi di lettura dei messaggi si complicano e lo spettatore diventa un interlocutore attivo che tende a completare un messaggio incompleto sviluppando un interazione comunicativa diretta tra impresa e consumatore. La pubblicità diventa così totalmente personalizzata e mirata sul singolo individuo che consuma, ma diventa anche qualcosa di diverso: comunicazione tout court. Ma che ruolo gioca la marca all interno dei più attuali processi di evoluzione della pubblicità, cioè quelli che abbiamo ora cercato sommariamente di tracciare? Per comprenderlo è necessario dedicare alla condizione attuale della marca una specifica analisi nel paragrafo che segue. 2. La marca relazionale La marca, come abbiamo visto, ha accompagnato la pubblicità nel suo passaggio dalla seconda alla terza fase attuale e oggi si sta radicalmente trasformando anch essa. Ha affermato, infatti, la sua importanza durante l epoca d oro della pubblicità moderna, quando si è compreso che non era più sufficiente valorizzare un prodotto, ma era necessario associare a quest ultimo un potente soggetto simbolico la marca appunto dotato di una ben definita identità. Ma con il passaggio della pubblicità alla fase metapubblicitaria e connessionista anche la marca è necessariamente costretta a cambiare la sua natura e il suo ruolo. Incrementa, infatti, la sua importanza, spesso riuscendo ad assumere un esistenza autonoma rispetto al prodotto. In una società come l attuale, che appare sempre più invasa dalla comunicazione in tutte le sue forme, non è più sufficiente comunicare l esistenza di un prodotto o delle informazioni rispetto a ciò che tale prodotto è in grado di offrire, ma è necessario comunicare un identità specifica. Pertanto, le marche non possono limitarsi a denominare una certa linea di prodotti, ma devono proporre uno stile di vita, un estetica e addirittura una visione del mondo (Riou 1999). Si ribalta così il rapporto con i prodotti e questi ultimi non possono esistere e funzionare se non all interno del mondo comunicativo proposto dalla marca. Proprio la crescente importanza che la marca sta assumendo fa sì che essa progressivamente ampli le sue connessioni nel mercato e nel sociale. Siamo dunque sempre più di fronte anche ad una sorta di marca-network, ad una marca cioè il cui scopo primario è di essere costantemente in relazione con ciò che si trova al suo esterno, cioè con gli individui che la circondano. Certo, le funzioni tradizionalmente svolte dalla marca non sono scomparse. Quelle funzioni cioè che Kapferer e Thoenig (1991) hanno definito come identificazione, orientamento, garanzia, personalizzazione, ludicità e praticità continuano egregiamente a svolgere il proprio compito. Sono però sempre più sopravanzate da una nuova funzione di collegamento comunicativo tra la marca e numerosi altri soggetti. D altronde, lo stesso Kapferer ha successivamente elaborato il prisma d identità della marca (1995), che tra le sue sei dimensioni comprende anche la relazione.

E possibile dunque affermare che la marca sta diventando sempre più relazionale (Degon 1998; Manaresi 1999). Non è un caso, perciò, che Aaker, Batra e Myers (1995) abbiano sostenuto che il rapporto tra l individuo e la marca dipende sostanzialmente da due fattori: - la relazione tra la marca personificata (cioè considerata come se fosse un essere pensante) e il consumatore; - la personalità della marca, ovvero il tipo di individuo che potrebbe essere rappresentato dalla marca. La natura relazionale posseduta dalla marca viene solitamente esercitata da quest ultima in varie direzioni: - verso l impresa e i suoi prodotti, cioè verso i soggetti che hanno generato la marca stessa; - verso i consumatori, cioè operando come un ponte tra il prodotto e i consumatori; - tra consumatori e consumatori, cioè nelle relazioni che comunemente si stabiliscono tra gli individui; - verso le altre marche operanti sul mercato (cioè nell area del co-marketing e del coadvertising); - verso l immaginario sociale (Maffesoli 1996). Ci pare che la direzione di relazionalità della marca che è orientata verso l immaginario sociale meriti una particolare attenzione, perché è oggi soggetta ad un processo di notevole espansione e perché presenta in misura maggiore un problema che in realtà anche altre direzioni contengono: la necessità del mantenimento da parte della marca di una specificità sul piano dell identità. Più infatti la marca si espande sul territorio sociale, più diventa per essa faticoso mantenere una coerenza di tipo comunicativo. Nelle pagine che rimangono, pertanto, ci pare doveroso cercare di mettere a fuoco come si configura il carattere relazionale della marca nei confronti dell immaginario sociale. 3. L immaginario della marca Per tutto quello che si è detto in precedenza, la pubblicità mostra con evidenza l emergere di un preciso progetto dietro quell apparente spreco comunicativo che sembra caratterizzarne il funzionamento nell attuale fase connessionista. Un progetto che consiste nella costruzione attorno al prodotto di un mondo di marca totalmente immateriale, ma che è in grado di esaltare le sue capacità comunicative e che è estremamente intrigante e seducente per il consumatore. E un mondo autonomo, che rimanda soltanto a se stesso e dove il prodotto è il sovrano assoluto. Ma del prodotto contano non tanto le prestazioni, quanto le componenti simboliche. Non è soltanto il fatto che quando si consuma un prodotto si consuma anche la sua immagine. Ciò, in anni recenti, è spesso avvenuto con la pubblicità, perché il compito di questa era proprio quello di creare una determinata immagine e di associarla al prodotto per renderla desiderabile. Ora, però, tale immagine si è talmente rafforzata da diventare un vero e proprio mondo. Un mondo essenzialmente immateriale, ma che per il consumatore rappresenta una realtà ben precisa. Non è dunque un simulacro alla Baudrillard (1979), ma è qualcosa di estremamente concreto, una realtà comunicativa che, esattamente come l immagine elettronica di cui parlava Fausto Colombo, sembra trasformarsi in un oggetto essa stessa, assumendo alcune caratteristiche proprie degli elementi del mondo (1990: 47). Perché si tratta di una realtà che è dotata di una

grande ricchezza e densità comunicativa, ma anche perché tende a stabilire un rapporto continuativo con il consumatore (direct marketing, eventi di marketing, Internet, comunicazione sul punto vendita, ecc.). Addirittura, ha sempre più spesso una traduzione concreta attraverso quegli spettacolari spazi di vendita che vengono realizzati da molte marche globali come Nike, Sony, Swatch, Disney, Mercedes, Virgin, Club Med, Levi s, Diesel, ecc. (Codeluppi 2000a). A tali mondi comunicativi delle marche è stata applicata da parte di Andrea Semprini la nozione sviluppata da Umberto Eco di mondo possibile (1979), intendendo con tale espressione un costrutto culturale ipotizzato dal destinatario che possiede una natura narrativa, contiene valori, attori e situazioni e configura un possibile corso di eventi. Secondo Semprini (1996), tutti i mondi possibili di marca sono principalmente caratterizzati da queste caratteristiche: - una natura finzionale, anche se tale natura può apparire a volte come particolarmente vicina alla realtà quotidiana, e può dunque impiegare un linguaggio realistico; - un elevata coerenza interna, principalmente rispetto alla propria storia passata e dunque rispetto alle aspettative sviluppate dai destinatari nei confronti del mondo rappresentato; - la capacità di produrre un elevato livello di differenziazione rispetto agli analoghi mondi delle marche concorrenti; - la capacità di selezionare un proprio specifico pubblico. Semprini sostiene inoltre che, nonostante l elevato livello di definizione che possiedono, i mondi possibili di marca sono comunque dei mondi virtuali che possono attualizzarsi soltanto con il fondamentale apporto fornito dal destinatario finale. E perciò La marca non costruisce il suo mondo possibile da sola. Sono i consumatori che, sottoscrivendo alla costruzione immaginaria eretta dalla marca, attribuiscono al mondo una vera esistenza (Semprini 1996: 141). Ma il concetto di mondo possibile presenta dei limiti rispetto alla ricchezza e alla potenza comunicativa manifestate dalle più importanti marche odierne. Ciò che tali marche definiscono, infatti, è un vero e proprio immaginario. Un immaginario che non possono naturalmente costruire totalmente ex-novo, ma che sviluppano appropriandosi di una porzione del più ampio immaginario sociale già esistente. Secondo Gilbert Durand (1996), l immaginario sociale è dotato di strutture archetipiche e culturalmente invarianti che svolgono la funzione di tenere unito il tessuto delle relazioni sociali. Proprio perciò è necessario che ogni specifica marca effettui un operazione di appropriazione simbolica di una parte di tale immaginario. Per farlo la marca dapprima individua uno specifico valore e poi utilizza le diverse forme di comunicazione di tipo tradizionale (pubblicità, promozioni, ecc.), il design degli elementi d identità visivo-verbali (nome, logo e altri codici di marca), il design del prodotto e quello dei punti vendita, le iniziative di co-branding realizzate con altre marche, i siti attivi su Internet e le persone dell azienda (Schmitt 1999) allo scopo di costruire attorno a tale valore una realtà puramente comunicativa che appaia dotata di un identità altrettanto specifica. 4. Conclusioni Nel marketing, ha incominciato da qualche anno a svilupparsi un nuovo tipo di approccio definito anch esso relazionale (Christopher, Payne e Ballantyne 1991; McKenna 1991; Grandinetti 1993), in quanto basato sul presupposto che nel mercato impresa e consumatore cooperino tra loro, poiché nel corso dello scambio economico tra impresa e consumatore non c è trasferimento ma effettiva produzione di valore e il consumatore non è un soggetto passivo ma un interlocutore attivo. Ci pare però che tale nuovo filone di riflessione del marketing non abbia ancora adeguatamente studiato,

tanto sul piano teorico, quanto sul piano della gestione aziendale concreta, i problemi odierni che riguardano la marca. Problemi che, invece, appaiono oggi quanto mai bisognosi di attenzione. Nelle pagine precedenti, pertanto, abbiamo cercato di mettere in luce come alcune marche si trovino oggi in una condizione di maggior avanzamento che permette loro di sperimentare quella che tra pochi anni sarà una condizione di relazionalità comune a gran parte delle marche. In tale condizione, sarà inevitabile considerare che il consumatore vive sempre più la marca non soltanto come un soggetto con il quale tende a relazionarsi, ma anche come un soggetto che, esattamente come un essere vivente, ha su di lui una precisa opinione, rispetto alla quale egli formula delle ipotesi più o meno attendibili (Manaresi 1999: 52). Dunque, già oggi è necessario che le imprese mutino non soltanto la loro concezione del ruolo della marca, ma le loro più complessive strategie di marketing al fine di sintonizzarle con il nuovo scenario che si va profilando.

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