APPROFONDIMENTI. Out of the shadow Sortir de l ombre Emergere dall ombra. Aprile 2005. Il lavoro domestico in Europa



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Avenue des Arts, 20/4 B1000 Bruxelles Telefono +32 2 2335432 osservatorio@osservatorioinca.org www.osservatorioinca.org APPROFONDIMENTI Out of the shadow Sortir de l ombre Emergere dall ombra La presenza di lavoratori domestici immigrati, e spesso clandestini, è un fenomeno che si riscontra in tutti i paesi membri dell UE. Il 60% della popolazione migrante in Europa è costituito da lavoratori domestici. È un iniziativa del Segretariato Estero INCA CGIL Via G. Paisiello, 43 00198 ROMA Telefono +39 06 85563280 Facsimile +39 06 85563280 Posta elettronica estero@inca.it Aprile 2005 Il lavoro domestico in Europa Per fare qualche esempio, in Italia le cosiddette colf sono in tutto 1 300 000, di cui solo 600 000 sono regolari e di cui il 90% è costituito da immigrate. La metà di queste sono clandestine e la maggior parte ha un livello d istruzione medio alto. In Francia, vi sono almeno 1 600 000 lavoratori domestici, di cui il 50% è costituito da immigrati clandestini. I compiti di questi lavoratori, che per la maggior parte, in tutta Europa, sono donne, consistono nella pulizia della casa, nell occuparsi dei bambini, degli anziani o di chi ha problemi di salute. Il nuovo modo di vivere in Europa, ha incrementato la necessità nelle famiglie dell aiuto di questi lavoratori: i giovani professionisti che non hanno tempo di dedicarsi alla casa, le famiglie in cui sono presenti persone anziane o ammalate e comunque non autosufficienti, sono in questo caso i maggiori datori di lavoro. La necessità, anche per le donne, di avere un impiego per poter avere una famiglia comporta, come conseguenza, la mancanza di tempo per occuparsi della casa e dei figli senza un aiuto. Il problema principale negli stati europei in cui è più forte la richiesta dell aiuto dei lavoratori domestici, è la mancanza di servizi pubblici che permettano alle famiglie di occuparsi dei figli, della casa e delle eventuali persone non autosufficienti a carico. Solo nei paesi nordici, come ad esempio la Danimarca, i servizi per l infanzia, per le persone anziane, portatrici di handicap o ammalate, sono sviluppati e garantiscono alle madri di famiglia di essere anche lavoratrici a tempo pieno, senza bisogno di pagare qualcuno che le aiuti. In Italia invece, ad esempio, non vi è una risposta pubblica alle esigenze delle famiglie e degli anziani, e la presenza di numerosissime delle cosiddette badanti è conseguenza di questa mancanza. L Europa ha bisogno di questo tipo di servizi ed attira di conseguenza l immigrazione nei suoi paesi. Si tratta di un bisogno reciproco e, dal momento che gli immigrati hanno bisogno di lavorare, e spesso sono disposti a farlo anche senza pretesa di riconoscimento e di dignità, la loro condizione rimane nell ombra: vengono pagati in nero, fatto che comporta meno spese per il datore di lavoro, e sono privi di uno statuto che li tuteli, che garantisca loro dei diritti, che dia loro accesso ai sistemi di protezione sociale.

Per studiare questa problematica, il 14 e 15 aprile, la CES (Confederazione europea dei sindacati) ha riunito a Bruxelles vari rappresentanti dei sindacati dei paesi membri dell UE in occasione del seminario Out of the shadow: organising domestic workers (Emergere dall ombra: organizzare i lavoratori domestici). Iniziativa della Confederazione Europa dei Sindacati Spesso, infatti, i lavoratori domestici si ritrovano in condizioni di vero e proprio sfruttamento: durata eccessiva dell orario di lavoro giornaliere, salario basso, nessuna possibilità di progredire nel lavoro. In alcuni paesi europei, come in Svizzera e in Francia, si parla addirittura di schiavitù. Proprio perché in tutti i paesi d Europa la situazione è simile e diffusa, è necessario che l UE studi una strategia per regolarizzare e tutelare in un qualche modo il lavoro così indispensabile di tante persone. I rappresentati dei vari sindacati hanno illustrato la situazione dei rispettivi paesi, per confrontare il modo in cui ognuno di essi cerca di gestire la presenza al proprio interno di tanti lavoratori domestici, fra cui molti clandestini, e provare a trovare soluzioni comuni. I vari interventi hanno dimostrato come la presenza dei lavoratori domestici sia una realtà tanto diffusa quanto difficile da studiare, perché il fatto che queste persone siano per la maggior parte clandestine, fa delle case in cui lavorano degli ambienti protetti, dove nessuno chiede loro i documenti, e dove un compenso è comunque loro garantito. Allo stesso tempo, i datori di lavoro possono facilmente approfittare della situazione, e sostenere minori spese mantenendo l irregolarità dei loro dipendenti. Esistono, infatti, agenzie regolari che si occupano di lavori domestici a domicilio, si tratta di organizzazioni normali, che rispettano i diritti dei loro dipendenti, pagano i contributi e le assicurazioni, e per questo chiedono un compenso maggiore. Per questo motivo, le famiglie che ne hanno bisogno preferiscono spesso rivolgersi ai lavoratori in nero. La natura privata dei lavori domestici rende inoltre difficile ogni controllo, da parte sia degli organismi pubblici preposti sia dei sindacati. L analisi di questa problematica comporta molte altre considerazioni, tra cui quella sulla questione del genere. La maggior parte dei lavoratori in questione è, infatti, costituita da donne. Nelle famiglie europee, l 80% delle persone che si occupa dei lavori domestici sono donne; tra i lavoratori che svolgono a domicilio servizi di pulizia, che si occupano di bambini, anziani ed ammalati, il 98% sono donne, motivo per cui, durante il seminario della CES, si è parlato più appropriatamente di lavoratrici domestiche. Queste donne arrivano in Europa, con la prospettiva di trovare un lavoro e poter spedire uno stipendio alle loro famiglie. La maggior parte di loro ha anche un buon livello di istruzione, spesso sono laureate, ma, non potendo far valere i loro titoli, perché non in regola con i documenti, il lavoro che trovano più facilmente è quello di collaboratrici familiari. Questo non fa che rafforzare la discriminazione femminile: il ruolo della donna viene visto in modo sempre più marcato come quello di occuparsi della casa e dei bambini. La condizione delle lavoratrici domestiche clandestine non permette loro di progredire, di sperare che la loro condizione possa cambiare. Molte di loro, quando arrivano in Europa e trovano lavoro presso qualche famiglia, sono già nella seconda fascia dell età lavorativa, fatto che rende ancora più difficile la possibilità di progresso. 2

Le immigrate attirate in Europa dalla speranza di trovare un lavoro, arrivano sole, sono lontane dalla loro famiglia, non parlano la lingua del paese in cui si trasferiscono e si trovano a dover affrontare situazioni abbastanza delicate, come la malattia, la non autosufficienza e a volte la morte delle persone che assistono. A proposito della condizione delle lavoratrici domestiche clandestine in Europa, sono intervenute due rappresentanti di Samahan, l associazione dei lavoratori immigrati filippini in Belgio. Una delle relatrici ha portato come testimonianza l esperienza di sua madre. Quest ultima, dopo aver lasciato il marito e cinque figli nelle Filippine, per venire in Belgio a cercare lavoro e mandare i soldi a casa, è rimasta qui per quindici anni senza mai avere la possibilità di rientrare nel suo paese. In quindici anni di sfruttamento da parte dei datori di lavoro è riuscita a pagare gli studi universitari ai figli. L intervento è stato toccante ed ha certamente incoraggiato la motivazione dei partecipanti ad agire per dare regolarità e tutela al lavoro domestico. Caroline Cardenas e Ramona Campari della CGIL hanno ricordato che in Italia i sindacati avevano già ottenuto, nell ultimo contratto nazionale, il diritto alla formazione dei lavoratori e la possibilità di progressi di carriera maturando crediti, e si stanno ora muovendo anche per garantire la tutela della salute, fisica e psicologica, di queste lavoratrici, per le quali i punti di riferimento diventano innanzi tutto i loro datori di lavoro, i quali, però, spesso approfittano della situazione, prolungando oltremodo gli orari di lavoro delle loro collaboratrici o collaboratori domestici o persino ritirando loro i passaporti, ecc Lo sforzo dei sindacati italiani sta inoltre nelle trattative per il rinnovo del contratto nazionale, per il quale hanno richiesto una riduzione dell orario settimanale previsto per i lavoratori domestici, che attualmente è di 44 ore settimanali, per coloro che non vivono presso le famiglie cui prestano servizio, e di rivalutare la base salariale per chi presta servizi di assistenza notturna. Infine, i sindacati hanno chiesto l abolizione della legge Bossi-Fini, che prevede tra l altro il rientro in patria degli immigrati che perdono il lavoro. Bisogna tenere presente, infatti, che le lavoratrici domestiche immigrate, più di altri, possono perdere il lavoro anche improvvisamente, per semplice decisione del datore di lavoro, ad esempio a causa di una gravidanza. Come ha mostrato nella sua presentazione Carolina Cardenas, rappresentante della CGIL di Torino, il sindacato è riuscito ad ottenere qualche risultato: nel 1991 la CGIL di Torino è riuscita ad accordarsi con le banche ottenendo anche le lavoratrici immigrate l accesso ai concorsi, con il risultato che dodici di loro hanno ottenuto un posto in banca. Sempre a Torino esiste, inoltre, un associazione di donne immigrate, Alma Mater. La CGIL si è affiancata a quest associazione ed è intervenuta con una campagna di sensibilizzazione per fare in modo che i comuni finanziassero la formazione di lavoratrici immigrate. Il sindacato non era abituato a muoversi in questa direzione, a dare qualche garanzia alle lavoratrici immigrate, se non a seguito di esposti fatti dalle dirette interessate. Ma, poiché è molto raro che le lavoratrici non in regola decidano di denunciare i loro datori di lavoro, e il sindacato si è reso conto della gravità di una situazione che sta diventando sempre più frequente in Italia e in Europa, si è cercato di andare incontro a queste lavoratrici senza aspettare il momento della denuncia. Ma come si sta muovendo la Commissione Europea per risolvere il problema di questi lavoratori che rimangono nell ombra? Come si sta muovendo l UE? Lo scorso gennaio, la Commissione ha previsto la discussione e la necessità di soluzione, a livello europeo, del problema del lavoro domestico irregolare, nell Agenda Sociale 2005-2010 e con il Libro Verde sulla gestione della migrazione economica Green Paper on an EU 3

approach to managing economic migration (Vedi Notiziario OSSERVATORIO, n 2 Febbraio 2005). Il lavoro domestico non regolare ha conseguenze che vengono risentite, seppur in diverso modo in ogni stato dell UE, in vari settori della società: i lavoratori stessi, l economia, i consumatori, le pari opportunità, la sostenibilità dei sistemi di protezione sociale. È necessario dunque affrontare la tematica del lavoro clandestino insieme alle altre politiche sociali, ad esempio mettendo in relazione il Libro Verde sulla migrazione economica con altri documenti, come il Libro Verde sull invecchiamento demografico (Vedi Notiziario OSSERVATORIO, n 4 Aprile 2005), in quanto entrambi i problemi hanno molti punti in comune e sono uno conseguenza dell altro. La Commissione si rende conto dell emergenza di far uscire dall ombra i lavoratori in nero, e dal 2001 è in atto un coordinamento aperto tra gli stati membri, ognuno dei quali dovrebbe studiare un piano annuale da applicare a livello nazionale per poi confrontare i propri risultati con quelli degli altri stati. I due obiettivi principali della Commissione europea sono la regolarizzazione economica e l aumento di servizi pubblici. Il problema di questa situazione è anche, infatti, che chi assume lavoratori non in regola non paga i contributi, creando dunque scompensi economici alle casse dello Stato. Tali obiettivi sono stati esposti nel Libro Verde e la Commissione prevede di pubblicare delle linee direttive per indicare possibili vie di risoluzione di questi problemi. Ma è necessario, prima di tutto, creare un buon coordinamento tra forze politiche e parti sociali, per un impegno comune volto alla creazione di sistemi efficienti. In questo senso, la Danimarca ha già fornito un modello che ha portato a buoni risultati, organizzando in modo efficiente i servizi pubblici e dando la possibilità ai lavoratori immigrati di ricevere una formazione, per avere una qualifica e, di conseguenza, la possibilità di progredire nel lavoro. Una soluzione più o meno comune, adottata dalla maggior parte degli stati membri, è quella dei cosiddetti chèques-services, che in Italia vengono chiamati assegni di cura: un tentativo di fornire ai lavoratori domestici un salario regolare e gestito dallo Stato. Gli assegni di cura : una soluzione valida per tutti? Si tratta di un contributo economico fornito alle persone non autosufficienti, anziani o ammalati (o ai loro familiari) per finanziarne la cura e l assistenza. Tale contributo è erogato dai Comuni o dalle ASL, in alternativa ai servizi diretti alla persona, domiciliari o residenziali, e viene passato ai caregiver (prestatori di servizi di cura della persona) oppure utilizzato per acquistare assistenza privata. In Francia, per esempio, questi assegni sono a disposizione in tutte le banche, grazie ad un accordo tra queste e i datori di lavoro, e non sono previsti per i lavoratori domestici che vivono presso le persone cui prestano servizio. Queste soluzioni sono state studiate in Francia allo scopo di dare un lavoro controllato al maggior numero possibile di persone. Ma, come è stato messo in evidenza dal rappresentante del sindacato belga ACV/CSC, gli assegni di cura non hanno risolto il problema del lavoro clandestino nella maggioranza dei paesi che hanno adottato questo sistema di pagamento: infatti, mentre un lavoratore 4

irregolare riceve dal proprio datore, in media, 8 euro all ora, gli assegni arrivano al massimo a 5 euro. Il lavoro in nero resta dunque maggiormente conveniente sia per il datore sia per il dipendente. Un buon esempio di utilizzo degli assegni per i lavoratori domestici, viene dalla Danimarca, dove i sindacati (3F-DK) stanno cercando di portare avanti un programma per trasformare in lavoro dichiarato la maggior parte del lavoro non dichiarato. Per raggiungere tale obiettivo, il loro intento è quello, in primo luogo, di far aderire il maggior numero possibile di lavoratori domestici ai sindacati (e di datori di lavoro alle associazioni datoriali). La trasformazione del lavoro in nero in lavoro dichiarato comporterebbe un aumento delle imposte che verrebbe, però, compensato con il recupero dal punto di vista del trattamento pensionistico e dei sussidi per la disoccupazione. Il buon funzionamento di questo programma non comporterebbe costi per lo Stato, che sarebbe così incentivato a portare avanti il programma, affiancandosi sempre più ai sindacati, e proseguendo nel buon funzionamento dei suoi servizi. Per concludere, durante il seminario della CES, i rappresentanti dei sindacati dei paesi membri dell UE hanno espresso esigenze e obiettivi comuni, che si possono così riassumere: creare uno spazio pubblico per il lavoro domestico, per poterlo riconoscere e controllare; tutelare i lavoratori domestici, garantendo loro orari di lavoro e salari comparabili a quelli degli altri lavoratori e fornendo loro un assicurazione; tutelare il diritto alla salute, soprattutto per le donne, affinché non perdano il lavoro in caso di maternità; favorire la formazione professionale, affinché possano qualificarsi e progredire nel lavoro; dare la possibilità ai lavoratori immigrati di rientrare nei loro paesi d origine almeno una volta all anno, per esempio con il diritto ad accumulare le ferie. L occasione di questo seminario ha dimostrato che le azioni portate avanti fino ad oggi dai sindacati, nella prospettiva di far uscire dall ombra i lavoratori domestici, non hanno purtroppo portato a risultati davvero tangibili: nonostante tutte le iniziative illustrate dai rappresentanti dei vari paesi, il lavoro clandestino è ancora presente e largamente diffuso in Europa. I sindacati hanno comunque dimostrato di poter unire le loro forze e ottenere dei risultati, perché, come ha sottolineato durante il suo intervento, Esther Lynch, rappresentante del sindacato irlandese ICTU, è proprio per battersi a favore dei diritti dei lavoratori che sono nati i sindacati. È possibile consultare le presentazioni (formato ppt) di alcuni dei rappresentanti dei sindacati europei, in inglese, francese, tedesco, al seguente indirizzo internet: http://www.etuc.org/a/932 Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa www.osservatorioinca.org 5