INFLUENZA DEL CONTENUTO GRANULARE DI UN DEBRIS-FLOW SUL SUO COMPORTAMENTO IN CANALETTA
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1 INFLUENZA DEL CONTENUTO GRANULARE DI UN DEBRIS-FLOW SUL SUO COMPORTAMENTO IN CANALETTA Lorenzo Brezzi Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale, ICEA, Università degli Studi di Padova lorenzo.brezzi@dicea.unipd.it Francesco De Fanti Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale, ICEA, Università degli Studi di Padova francesco.defanti@studenti.unipd.it Simonetta Cola Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale, ICEA, Università degli Studi di Padova simonetta.cola@unipd.it Sommario L intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi ha determinato negli anni, tra i vari effetti, un incremento dei fenomeni di versante a carattere impulsivo, quali colate detritiche e fangose, con conseguente aumento dei danni economici e spesso, purtroppo, anche con il coinvolgimento di persone e comunità, con bilanci talvolta drammatici. Comprendere la natura del comportamento di una massa di terreno in movimento, tenendo conto della tipologia di materiale coinvolto, risulta importante per prevederne la possibile evoluzione e pertanto per limitarne gli effetti catastrofici. Per investigare opportunamente il comportamento del terreno in condizioni di flusso si possono eseguire prove sperimentali in laboratorio a piccola e media scala. Queste hanno un duplice scopo: da un lato permettono un interpretazione più facile e diretta dei risultati, e quindi una veloce caratterizzazione del comportamento del materiale; dall altro, consentono di controllare al meglio le variabili in gioco e quindi anche l affidabilità e la ripetibilità che risultano fondamentali per testare e validare i modelli numerici. La presente nota vuole presentare i risultati di alcune prove di laboratorio eseguite all interno di un modello sperimentale di collasso a piccola scala costituito da una canaletta inclinata di 20, lunga circa 2.5 m, con fondo scabro. E stata utilizzata una miscela eterogenea formata da una matrice di base coesiva, alla quale è stato aggiunto un quantitativo fisso in volume di materiale granulare: per investigare l effetto dalla dimensione della componente granulare sul comportamento globale della massa in movimento sono state utilizzate tre tipologie di materiale. Un sistema di acquisizione dati, composto da tre distanziometri laser e una fotocamera ad alta risoluzione, ha permesso la raccolta di informazioni sia sulla fase di propagazione del flusso di materiale che sul deposito finale. 1. Introduzione Una prima classificazione generale dei fenomeni franosi risale a Varnes (1954, 1978), il quale attribuiva al materiale coinvolto un ruolo chiave nella individuazione della tipologia di movimento. La sua formulazione identificava sei tipologie principali di movimenti (crolli, scivolamenti, ecc.), a loro volta distinte in tre sotto-tipologie a seconda del terreno coinvolto (roccia, detrito granulare e terra). Successivamente (WP/WLI, 1995; Cruden & Varnes, 1996) è stata proposta una classificazione basata anche sulla velocità che la massa franata può raggiungere, identificando sette classi di velocità che
2 vanno dall estremamente rapido (5m/s) all estremamente lento (meno di 16mm/anno). Nel 2014, Hungr et al. propongono una revisione generale delle classificazioni disponibili in letteratura: essi mantengono l idea di fondo di distinguere i movimenti franosi in base al cinematismo e alla tipologia di materiale coinvolto, ma dettagliano in modo più accurato la natura di quest ultimo e aggiungono, per ciascun caso identificato, un accurata descrizione del fenomeno. Si può notare quindi come in tutte le classificazioni proposte risulti evidente il ruolo predominante del materiale coinvolto, ciò in qualsiasi tipo di movimento, ma in modo particolare nei processi di colata. Lo studio delle colate può essere affrontato nell ambito della meccanica dei fluidi, ma è evidente che le grandezze resistive del materiale coinvolto (viscosità, attrito) siano maggiori di quelle dell acqua e che le caratteristiche di flusso nelle colate siano direttamente dipendenti dai processi energetici e deformativi intrinsechi nel movimento stesso. Durante la propagazione, una colata varia le sue caratteristiche in maniera continuativa, poiché i diversi elementi presenti cambiano continuamente la loro posizione reciproca scambiando momento inerziale. La risposta deformativa del terreno ad un definito stato di sollecitazione è funzione del tipo di materiale presente nella colata e può essere descritta attraverso leggi reologiche che puntano a semplificare i legami costitutivi propri delle masse coinvolte. La presenza o meno di una componente coesiva o granulare nel flusso può radicalmente modificare la risposta dinamica del materiale stesso ad una medesima sollecitazione, sia in termini di innesco, che di propagazione, che di arresto finale. I modelli numerici sono strumenti importanti per riuscire a prevedere l evoluzione di colate di vario tipo. Essi sono stati progressivamente migliorati aggiungendo leggi reologiche sempre più raffinate, così da studiare in modo dettagliato i processi deformativi ed energetici che caratterizzano le colate. La complessità via via crescente dei modelli numerici impone una particolare attenzione alla fase di validazione delle capacità predittive degli stessi. In tal senso, prassi comunemente adottata per verificare l attendibilità dei risultati numerici ottenuti è quella di mettere a confronto quanto ottenuto dalle simulazioni con relativi risultati fisici. Le prove in laboratorio eseguite con apparecchiature in piccola e media scala hanno il vantaggio di essere svolte mantenendo controllate le modalità di esecuzione, così da limitare al minimo gli errori strumentali e umani, e permettono l acquisizione delle informazioni che più si ritengono importanti. Avere a disposizione un preciso ed affidabile database è oggigiorno molto importante perché permette sia una valutazione del comportamento fisico del materiale in esame, sia un successivo utilizzo con diversi codici di calcolo per le fasi di validazione e calibrazione. 2. Programma sperimentale 2.1 Apparato sperimentale Il modello sperimentale (figure 1 e 2) è composto da una canaletta larga 0.16 m e inclinata di 20, resa scabra mediante l applicazione di sabbia incollata sul fondo. Il materiale da testare viene inserito in un recipiente di 15 litri di capienza, formando in tal modo un volume prismatico regolare. La canaletta è lunga circa 2.5 m e termina su un piano orizzontale di dimensioni 1.9 Fig. 1. Foto dell apparato sperimentale.
3 Fig. 2. Schema dell apparato sperimentale. m per 0.9 m, anch esso scabro. Sedici target sono applicati in diversi punti dell apparato per permettere la successiva ricostruzione fotogrammetrica del canale e del piano di arresto. Il sistema di acquisizione è composto da tre sensori laser in grado di misurare l altezza del materiale fluente nel tempo e una fotocamera ad alta risoluzione per la registrazione di video dei vari test e la raccolta delle foto del materiale depositato nel piano orizzontale. I sensori laser sono posizionati a 0.34 m l uno dall altro, a partire da circa un metro di distanza dalla zona di distacco: questo permette al flusso di materiale di raggiungere una sufficiente velocità di regime prima di arrivare in corrispondenza del primo sistema di registrazione dati. I laser sono in grado di acquisire 400 misurazioni al secondo e sono indirizzati in modo da registrare il passaggio del volume in movimento lungo la sezione longitudinale centrale di collasso. A colata ultimata vengono acquisite circa 90 fotografie ad alta risoluzione con diversi punti di scatto, che sono successivamente processate per ottenere un rilievo tridimensionale della forma di deposito. Tutti i sensori e sistemi di registrazione sono attivati in modo automatico quando si avvia il meccanismo di innesco del flusso e si apre la paratia del recipiente prismatico. In questo modo l avvio avviene nel medesimo istante e l andamento nel tempo delle misure raccolte è facilmente confrontabile. 2.2 Materiali utilizzati Nei test eseguiti si è deciso di mantenere invariata la composizione della matrice di acqua e caolino e variare il tipo di componente granulare. Per conoscere le caratteristiche reologiche della matrice si sono effettuate otto prove con viscosimetro coassiale (figura 3), indagando i parametri della legge di Bingham (Bingham & Green, 1919) al variare del contenuto volumetrico di caolino. Si è così individuata la composizione più adatta per i test in canaletta, cioè quella che permette di avere un runout sufficiente a raggiungere il piano orizzontale di deposito senza tuttavia che la massa risulti Fig. 3. Caratteristiche reologiche del caolino.
4 eccessivamente liquida. La composizione scelta ha una viscosità μ pari a 0.27 Pa s e un valore di yield stress τ 0 di Pa, corrispondenti ad un contenuto volumetrico di caolino pari a Dato che lo scopo della ricerca era indagare l effetto della componente granulare, si è deciso di mantenere un contenuto volumetrico costante di materiale grossolano, cambiandone la dimensione media. Si sono selezionate tre diverse granulometrie aventi diverso D 50, determinato secondo la scala di Wentworth (1922): il primo materiale è una sabbia grossa con D 50=1.5mm, il secondo è una ghiaia fine con D 50=6.8mm, mentre il terzo è una ghiaia grossa con D 50=17.2mm. 2.3 Riassunto dei test eseguiti e valutazione dei dati Si sono eseguiti 14 esperimenti (tabella 1). Dato che i risultati dei test di propagazione in canaletta sono molto influenzati da piccole variazioni della composizione della miscela e della sequenza di prova, sia la preparazione della miscela che la procedura di prova in canaletta sono state rigorosamente controllate e rese il più possibile indipendenti dall operatore. Inoltre, al fine di verificare la ripetibilità dei risultati, ad eccezione del test con miscela binaria acqua caolino (test K) per la quale si sono eseguite solo 2 ripetizioni, in tutti gli altri casi la prova è stata ripetuta 3 volte. Come illustrato in tabella 1, oltre al test con miscela binaria, sono stati eseguiti 3 test con un contenuto volumetrico pari a 21%, rispettivamente di sabbia grossa (test KS), di ghiaia fine (test KG 1) e di ghiaia grossa (test KG 2), Infine, si è realizzato un test con componente granulare mista, cioè mescolando in proporzioni uguali i tre materiali granulari disponibili (test KG 3), sempre garantendo un contenuto complessivo del 21%. Per ciascuna prova si sono fatte due tipologie di misure: misure della fase di propagazione, mediante i sensori laser disposti lungo la canaletta, e la ricostruzione del deposito finale, a test concluso. In merito a quest ultima, si è utilizzata una ricostruzione fotogrammetrica dell intera forma di deposito, in modo da avere precise informazioni sul percorso totale ma anche sull allargamento laterale e sull altezza della lingua di deposito in alcuni punti caratteristici. Un esempio di nuvola di punti ottenuta mediante questa tecnica è visibile in figura 4. Il numero di punti contenuti in ogni output fotogrammetrico è dell ordine di circa Risultati Per valutare il comportamento delle varie colate, sono state considerate diverse grandezze misurate o derivate dalle misure fatte. In particolare, determinato l istante nel quale il fronte della colata attraversi le tre sezioni di controllo e nota la distanza tra queste, si possono ottenere i valori di velocità media v 1 e v 2 di avanzamento nei tratti intermedi. Le altezze del fronte di materiale nelle sezioni di controllo, h 1, h 2 e h 3, sono invece utili per valutare come avviene il flusso nei diversi test. Infine, poiché tutte le prove hanno raggiunto il piano orizzontale, dall analisi delle nuvole di punti relative ai depositi finali è possibile misurare la lunghezza di runout e il volume che effettivamente raggiunge tale piano. Il volume iniziale è m 3 in tutte le prove. Tutti questi test ripetizioni sabbia ghiaia ghiaia fine grossa K 2 0% 0% 0% KS 3 21% 0% 0% KG 1 3 0% 21% 0% KG 2 3 0% 0% 21% KG 3 3 7% 7% 7% Tab. 1. Prove eseguite e relativi contenuti volumetrici della frazione granulare. Fig. 4. Ricostruzione fotogrammetrica della forma di collasso.
5 test runout volume v 1 v 2 h 1 h 2 h 3 [m] [m 3 ] [m/s] [m/s] [m] [m] [m] WK WKS WKG WKG WKG Tab. 2. Risultati delle prove eseguite. Fig. 5. Risultati delle prove eseguite: a) velocità medie nei tratti tra i sensori laser; b) altezza del fronte all arrivo a ciascun sensore; c) runout e volume sul piano orizzontale di deposito. dati sono riassunti in tabella 2 e in figura 5. La miscela binaria presenta logicamente i valori maggiori di velocità, raggiungendo di conseguenza anche la maggior distanza di runout. In questo caso le velocità v 1 e v 2 sono praticamente identiche (figura 5a), che significa che nel tratto di controllo il fronte viaggia quasi a velocità costante e che non si assiste ad una decelerazione del fronte. Naturalmente, mentre avanza nella canaletta la colata tende ad assottigliarsi, come risulta evidente dal confronto delle tre altezze (figura 5b). Il materiale comincia a decelerare solo nel tratto orizzontale a causa del cambio di pendenza e quasi il 60% del materiale rilasciato arriva al piano di arresto. L aggiunta di materiale granulare modifica in maniera significativa il comportamento della massa in movimento, con effetti diversi a seconda della dimensione media della frazione granulare. Appare evidente, infatti, che la miscela contenente sabbia grossa, avente il D 50 minore, rimanga più omogenea durante tutta la prova: le due fasi sembrano cioè legate insieme e questo provoca un significativo rallentamento della massa, che presenta i valori più bassi di velocità e raggiunge così una distanza di arresto contenuta. Il volume di materiale che raggiunge il piano orizzontale è solo il 41% di quello rilasciato. All aumentare del diametro della frazione grossolana, le due frazioni tendono a comportarsi in modo più indipendente, come se la viscosità della matrice fine non riuscisse a trattenere la ghiaia. Questa tende a segregarsi dalla matrice fine avanzando più velocemente lungo la canaletta, con un conseguente aumento della velocità di avanzamento del fronte: la differenza di velocità tra miscela binaria e ternaria di riduce anche se non si annulla. La segregazione della ghiaia è ben visibile nelle immagini raccolte a diversi istanti nella zona di deposito nei test KG 2. All uscita dal canale la ghiaia, pur arrivando con una velocità discreta, rallenta e si arresta rapidamente: l effetto che ne deriva è la formazione di una sorta di ostacolo sul piano di deposito che blocca la massa più coesiva in successivo arrivo e limita la distanza di arresto. In questo modo il runout e il volume depositato sul piano orizzontale dei test KG 2 risulta poco differente da quello dei test KS.
6 Nel caso di ghiaia fine (test KG 1) si osserva un comportamento molto simile a quello dei KG 2 nella propagazione lungo il canale, cosicché le velocità e le altezze del fronte nelle sezioni di controllo risultano molto simili tra loro. L effetto segregativo a fine canale risulta tuttavia meno evidente e questo permette ai test KG 1 di raggiungere runout e volumi di deposito superiori. L ultimo gruppo di test (KG 3) mostra, come risulta intuibile aspettarsi, un comportamento intermedio tra i test precedentemente analizzati. Le velocità sono minori dei casi con ghiaia per effetto dell interazione della sabbia con la matrice, ma superiori a quelli della miscela con sabbia, forse per il ridotto contenuto di sabbia presente. Anche il runout ed il volume di materiale che si ferma sulla parte inclinata della canaletta a collasso ultimato hanno valori intermedi tra quelli misurati negli altri esperimenti. Le altezze del fronte in ciascuna sezione di controllo (figura 5b) presentano scarsa variabilità. In particolare, per i test contenenti ghiaia le altezze sono pressoché coincidenti e sono le maggiori. I valori minimi si osservano per la miscela binaria e nella miscela con sabbia, mentre le altezze delle prove con granulare misto sono di valore intermedio. Inoltre, si nota che le altezze h 1 e h 2 nei test con solo caolino o con caolino e sabbia (test K e KS) sono molto simili tra loro, mentre un apprezzabile differenza si nota nella misura di h 3. Con il solo caolino il fronte, come già detto, viaggia molto veloce e la massa tende ad allungarsi e assottigliarsi significativamente: lo stesso non avviene per le prove KS, nelle quali, proprio a causa della presenza della sabbia, il fronte rallenta molto e la massa si mantiene più compatta, attraversando la terza sezione con altezza h 3 relativamente maggiore. Nella fase di arresto, il materiale presenta un comportamento coerente con quello manifestato dal runout. 4. Conclusioni Le prove eseguite dimostrano in maniera evidente come il contenuto solido governi la fase di flusso e successivo arresto di una colata. Si è notato come la dimensione granulometrica della componente granulare condizioni significativamente l evoluzione del fenomeno, sia per quanto riguarda i processi energetici che condizionano la deformazione del materiale lungo il canale, sia per quanto riguarda la modalità di sbocco e arresto sul piano orizzontale. Al crescere del D 50, infatti, si evidenzia un comportamento eterogeneo della massa in movimento e una conseguente segregazione, ben visibile nel deposito finale. Tutto questo condiziona l evoluzione del flusso, la velocità di propagazione, la lunghezza di arresto e la quantità di materiale che si ferma lungo il canale. L analisi presentata nella nota risulta tuttavia preliminare e limitata dal numero di test sperimentali a disposizione. Una più approfondita ricerca sugli effetti che i contenuti granulari esercitano sul fenomeno di colata detritica si potrà raggiungere variando anche i contenuti volumetrici granulari oltre che la densità della matrice viscosa di base. Bibliografia Bingham, E. C., & Green, H. (1919). Paint, a plastic material and not a viscous liquid; the measurement of its mobility and yield value. In Proc. Am. Soc. Test. Mater, 19, pp Cruden, D. M., & Varnes, D. J. (1996). Landslides: investigation and mitigation. Chapter 3-Landslide types and processes. Transportation research board special report, (247). Hungr, O., Leroueil, S., & Picarelli, L. (2014). The Varnes classification of landslide types, an update. Landslides, 11(2), International Geotechnical Society s UNESCO Working Party on World Landslide Inventory (WP/WLI) (1995). A suggested method for describing the rate of movement of a landslide. Bull Inter Assoc Eng Geol, 52, Varnes, D. J. (1958). Landslide types and processes. Landslides and engineering practice, 24, Varnes, D. J. (1978). Slope movement types and processes. Special report, 176, Wentworth, C. K. (1922). A scale of grade and class terms for clastic sediments. The J. of Geol., 30(5),
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