OGGETTO: definizione, storia e natura giuridica degli USI CIVICI.
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- Corinna Marra
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1 OGGETTO: definizione, storia e natura giuridica degli USI CIVICI. Gli usi civici sono i diritti spettanti a una collettività (e ai suoi componenti), organizzata e insediata su un territorio, il cui contenuto consiste nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque. Il corpus normativo di riferimento è costituito, principalmente, dalla Legge 16/6/1927, n (e dal relativo Regolamento di attuazione 26/2/1928, n. 332), ed inoltre dall'attuale normativa regionale in materia, già sopra individuata nella L.r , n. 1 (Norme in materia di usi civici e sull'uso produttivo delle terre pubbliche). La Legge n indica due diverse tipologie di diritti che possono fare capo ad una popolazione: 1) i diritti di uso e godimento su terre di proprietà privata; 2) il dominio collettivo su terre proprie. I primi sono soggetti a liquidazione. La liquidazione consiste nella trasformazione della comproprietà tra proprietario e collettività, in proprietà per quote, delle quali una viene attribuita alla comunità, e l'altra resta al proprietario in dominio libero ed esclusivo. Una volta individuata l estensione delle quote di proprietà spettanti, rispettivamente, al proprietario e alla collettività, esse vengono loro assegnate in natura ovvero per equivalente, tramite un canone di natura enfiteutica a favore della comunità. Invece Il dominio collettivo su terre proprie, se ha destinazione silvo-pastorale è destinato ad essere fortemente valorizzato, e viene sottoposto alla normativa di tutela dell'ambiente e del paesaggio, mentre quello a vocazione agraria è destinato alla privatizzazione. I diritti collettivi su terre private sono caratterizzati dalla imprescrittibilità (e cioè dalla irrilevanza del non uso) e possono avere per oggetto le diverse utilità offerte dalla terra, quali il diritto di pascolare, di raccogliere legna, di seminare, di cacciare, di raccogliere erbe e ghiande, di pescare. La Legge n precisa che sono considerati usi civici i diritti di vendere erbe, stabilire i prezzi dei prodotti, far pagare tasse per il pascolo e altri simili su beni dei privati. Non sono, invece, diritti civici le consuetudini di cacciare, spigolare, raccogliere erbe e simili, le quali, non essendo soggette a liquidazione, rimangono in esercizio finché non diventino incompatibili con la migliore destinazione data dal proprietario al fondo. Le terre di uso civico, invece, sono quelle terre assegnate ai comuni o alle frazioni, quali corrispettivi di affrancazioni degli usi civici su terre private, nonché i terreni posseduti da comuni, frazioni, università ed altre associazioni agrarie, comunque denominate (a prescindere dalla loro provenienza), su cui sono esercitati usi civici; a tale elenco vanno aggiunti i beni e le terre acquistati, ai sensi della Legge n. 1766, per aumentare l estensione delle terre da ripartire, e quelli di cui alla Legge 3/12/1971, n
2 Quanto all'accertamento dell'esistenza dell'uso civico provvede la Regione sulla base di denuncia di parte, la quale assolve alla funzione dichiarativa di far conoscere gli usi esercitati o che si pretende di esercitare. La dichiarazione è necessaria esclusivamente per gli usi gravanti su terre private e non già invece per le terre comuni gravate, le quali non sono soggette a liquidazione, ma solo eventualmente a quotizzazione (per le terre a destinazione agraria). Circa la prova degli usi civici, vale il principio che in caso di inesistenza della prova documentale è ammesso ogni mezzo di prova, purché l'uso non sia cessato anteriormente al Una volta accertata l'esistenza degli usi, la legge richiede che essi vengano valutati nell'estensione, ai fini della liquidazione. La Legge n inoltre individua due categorie di usi: i diritti essenziali, che sono quelli il cui personale esercizio sia necessario per i bisogni della vita; i diritti utili, ossia i diritti di servirsi del fondo in modo da ricavarne vantaggi economici, che eccedano quelli che sono necessari al sostentamento personale. Come detto, la liquidazione può avvenire secondo due sistemi: liquidazione con scorporo: tale sistema dovrebbe essere quello ordinario. La Legge n stabilisce le modalità da seguire per determinare le quote; liquidazione con canone: la Legge n stabilisce, infatti, che sono esentati dalla divisione i terreni che abbiano ricevuto dal proprietario migliorie sostanziali e permanenti, e i piccoli appezzamenti non raggruppabili in unità agrarie; in tal caso, i fondi sono gravati da un canone annuo di natura enfiteutica a favore del comune in misura corrispondente al valore dei diritti. Si fa presente che questa disposizione è stata testualmente ripresa dall'articolo 3, comma 3, della L.r , n. 40 (Provvedimenti per lo sviluppo delle attività economiche di montagna e per la tutela e la valorizzazione del territorio rurale), legge di cui è prevista l'abrogazione nell'articolo 77 del PDL in esame. In ogni caso, si suggerisce di specificare più puntualmente il riferimento agli enti di uso civico, anche tenuto conto della normativa istitutiva di questi ultimi, sia a livello statale che regionale. Si fa presente che, in particolare, a livello regionale risulta vigente la L.r , n. 1 (Norme in materia di usi civici e sull'uso produttivo delle terre pubbliche) la quale, all'articolo 9, prevede che la Regione eroga contributi a favore delle imprese e dei comuni, associazioni agrarie e frazioni, che promuovono l'uso agricolo e forestale delle terre civiche. La procedura di liquidazione è disciplinata dal Regolamento n. 332 ed è oggi di competenza della Regione. 2
3 Il perito regionale provvede ad accertare l'esistenza, l estensione e il valore degli usi civici, in contraddittorio con le parti, e redige il progetto di liquidazione, il quale, approvato con le modifiche eventualmente apportate dalla Regione, viene depositato presso il Comune o presso l'associazione agraria. Del deposito viene data notizia agli interessati, i quali possono proporre opposizione nel termine di trenta giorni dalla data di notificazione. In mancanza di opposizione, il progetto diviene esecutivo ed è titolo per la liquidazione. L'opposizione sospende la procedura amministrativa di liquidazione e radica in capo al Commissario liquidatore la competenza giurisdizionale a decidere su di essa. Il provvedimento regionale di liquidazione ha natura amministrativa ed è quindi impugnabile davanti al giudice amministrativo. Al contrario, il procedimento innanzi al Commissario liquidatore ha natura giurisdizionale, e le sue decisioni sono reclamabili davanti alla Corte d Appello di Roma, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, ove riguardino la natura, l esistenza e l estensione degli usi; sono invece ricorribili per Cassazione, nei casi in cui si controverta sui criteri e sulla misura della liquidazione. Si deve infine ricordare che vi sono due specie di usi civici che rappresentano una eccezione all'obbligo della liquidazione: l'uso civico di caccia e di pesca. Nel sistema della legge si distingue tra usi civici di caccia, che derivano da un titolo, e consuetudini di caccia. In entrambi i casi, la loro permanenza in capo alla collettività è subordinata alla compatibilità con la migliore destinazione data dal proprietario al fondo; con la differenza che, mentre le consuetudini di caccia si estinguono senza compenso, gli usi civici devono essere liquidati con compenso. Per quanto riguarda gli usi civici di pesca, il Regolamento n. 332 stabilisce che essi non sono soggetti a liquidazione, e che devono essere esercitati secondo uno speciale regolamento. Con il termine promiscuità di diritti si intende il godimento delle medesime terre da parte di popolazioni diverse o frazioni di comuni. Le promiscuità possono essere comunioni generali (su tutto il territorio delle comunità partecipanti) o particolari (su una parte di tali territori); per condominio o per servitù (che hanno ad oggetto solo alcune utilità del fondo). La Legge n distingue poi tra promiscuità che vanno sciolte senza compenso e quelle che vanno sciolte con compenso. In particolare, si sciolgono senza compenso: le comunioni particolari per servitù reciproche, quelle che cioè non hanno origine da una proprietà comune, ma da una concessione a favore di una comunità di alcuni usi determinati sui beni dell'altra comunità, in quanto non possono essere ricondotte alla categoria degli usi civici, trovando la loro fonte in reciproche tolleranze; e le comunioni particolari su terre private, le quali possono essere mantenute con autorizzazione della Regione. 3
4 Le altre promiscuità (comunioni generali per condominio e le particolari per condominio e per servitù su terre degli utenti) sono soggette a scioglimento con compenso, salvo che la Regione non decida di conservarle in considerazione dei bisogni dell'economia locale. Lo scioglimento avviene con l'attribuzione a ciascun comune o frazione, di una parte delle terre in piena proprietà, corrispondente in valore all'entità ed estensione dei reciproci diritti sulle terre, tenuto conto della popolazione, del numero di animali mandati a pascolare e dei bisogni di ciascun comune e di ciascuna frazione. Quanto alla procedura di legittimazione, le terre d'uso civico sono, come detto, incommerciabili e inusucapibili; la legge prevede, tuttavia, la possibilità per gli occupatori abusivi di legittimare la loro posizione per il tramite di una complessa procedura amministrativa di sanatoria, la quale ha l effetto di trasformare in allodio il terreno d uso civico illecitamente detenuto. Le terre d uso civico abusivamente occupate possono essere legittimate in presenza di quattro condizioni: che l occupatore abbia apportato migliorie sostanziali e permanenti; che la zona occupata non interrompa la continuità del demanio; che l occupazione duri da almeno dieci anni; che non si tratti di terreni classificati come bosco o pascolo permanente. La legittimazione avviene tramite l'imposizione sul fondo di un canone di natura enfiteutica a favore del Comune o della associazione. Il canone può essere di misura inferiore ove l occupatore avrebbe potuto beneficiare della quotizzazione e può comunque essere affrancato contestualmente alla legittimazione. La procedura di legittimazione ha natura amministrativa; pertanto, le attribuzioni relative sono di competenza regionale (e ministeriale per quanto riguarda l'approvazione) e le eventuali controversie circa il provvedimento di diniego di legittimazione spettano al giudice amministrativo, atteggiandosi la posizione del privato a mero interesse legittimo. Al fine di accertare quali terre d uso civico siano state oggetto di abusiva occupazione, la Regione può disporre, per il tramite del perito demaniale, la ricognizione e la individuazione dei confini della proprietà collettiva, in base a documenti e piante e, in mancanza di documenti originari, sulla base dei dati dei catasti antichi e recenti; successivamente procede a rilevare i possessi interni al confine, e distingue i possessi legittimi da quelli abusivi. In presenza di occupazioni abusive, il perito verifica la sussistenza dei requisiti per la legittimazione e, in caso affermativo, determina il canone; in caso negativo, invece, determina la misura dei frutti percetti e propone alla Regione la reintegra. 4
5 La Regione dispone le misure di pubblicità della proposta di verifica avverso la quale gli interessati possono proporre opposizione, domande di legittimazione o la dichiarazione di bonario rilascio. Spetta al Commissario decidere, in sede giurisdizionale, sulle controversie relative alla esistenza, natura ed estensione dei diritti; il giudice amministrativo decide, invece, sulle questioni che investono interessi legittimi, quali la legittimabilità o meno di un terreno. Qualora non sia possibile addivenire alla legittimazione, si provvede alla reintegrazione delle terre a favore del Comune, della frazione o della associazione. L ordine di reintegrazione ha natura amministrativa ed è di competenza regionale; esso ha come presupposto che sia incontestata o accertata la qualità demaniale del bene. L ordine di reintegra ha, invece, natura giurisdizionale e spetta, quindi, al Commissario, quando venga emesso all'esito di un giudizio di accertamento della qualitas soli. La titolarità sostanziale dei diritti di uso civico spetta alla comunità di abitanti. Tuttavia, nel vigente ordinamento la comunità in quanto tale non è in grado di esercitare le situazioni giuridiche di cui è in astratto titolare, non essendo dotata di personalità giuridica. Al fine di consentire ai residenti di agire validamente nell ordinamento, sono state individuate alcune forme organizzative, atte a rappresentare la comunità, e alle quali sono imputate alcune facoltà di amministrazione che non possono essere esercitate dai singoli componenti del gruppo. All'ente gestore, tuttavia, non spetta alcun diritto sui beni medesimi; esso rappresenta unicamente la collettività e garantisce la coesistenza del diritto dei cives, attraverso poteri e facoltà di amministrazione. In altri termini, la comunità, titolare sostanziale della situazione dominicale, ne esercita alcune facoltà di gestione e di amministrazione per il tramite dell'ente gestore. La legge individua tre forme organizzative (il Comune, l'amministrazione separata dei beni frazionali, e l associazione agraria), alle quali, con il tempo, se ne sono affiancate altre. Il Comune rappresenta la forma organizzativa residuale di gestione: in assenza di amministrazione separata e di associazioni agrarie, la gestione dei beni di uso civico spetta al Comune, il quale li gestisce non secondo la disciplina dei beni patrimoniali o demaniali, ma secondo il regime proprio della Legge n e con le modalità di utilizzo dettate dalla legge regionale. L amministrazione separata dei beni frazionali si realizza quando i diritti spettano non all'intera popolazione comunale, ma a comunità originarie più ristrette (frazioni); in tal caso, i beni possono essere amministrati separatamente (cioè con bilanci e inventari separati da quelli del Comune), tramite un comitato di gestione, a norma della normativa comunale e provinciale, a profitto dei frazionisti. Alessandra Grimaccia 5
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