NOTA A CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI SENTENZA 15 giugno 2015, n A cura di GIUSEPPE MASSIMO ABATE
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1 NOTA A CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI SENTENZA 15 giugno 2015, n A cura di GIUSEPPE MASSIMO ABATE Le Sezioni Unite in tema di contestazione del testamento olografo 1. Premessa. 2. I precedenti giurisprudenziali. 3. Le posizioni della dottrina. 4. La sentenza n del 15 giugno Premessa Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, a seguito della sentenza in commento, si sono pronunciate sulle modalità di contestazione del testamento olografo, dirimendo una querelle giurisprudenziale che ha caratterizzato la fattispecie de qua per lungo tempo. Secondo un primo orientamento indicato dalla Corte, infatti, il testamento olografo, malgrado i requisiti di forma previsti dall art. 602 c.c., altro non è che una scrittura privata e come tale va considerata. Ciò comporta che sul piano dell efficacia sostanziale è necessario, ed anche sufficiente, che colui contro il quale è prodotto, disconosca la scrittura, derivando così l onere della controparte di dimostrare la sua provenienza dall autore cosiddetto apparente ai sensi e per gli effetti dell art. 214 e ss c.p.c. Pertanto, applicando tale orientamento, nel caso di conflitto tra l erede legittimo che disconosca l autenticità del testamento e colui il quale vanti diritti in forza di esso, l onere della proposizione dell istanza di verificazione del documento contestato incombe su quest ultimo ( ) mentre nessun onere, oltre chiaramente quello del disconoscimento, grava sul primo. Un secondo orientamento, invece, anche se non annovera il testamento olografo nella categoria degli atti pubblici, ne sottolinea, comunque, la rilevanza sostanziale e processuale, tanto che la contestazione sulla sua autenticità si risolve in un eccezione di falso, e deve essere sollevata solo nei modi e con le forme di cui all art. 221 e ss del c.p.c. con il conseguente onere probatorio a carico della parte che contesti l autenticità del testamento. 1
2 È di tutta evidenza che seguire un orientamento piuttosto che l altro ha delle conseguenze non indifferenti se si pensa al capovolgimento dell onere della prova: la parte che intende contestare la veridicità di una scrittura privata non riconosciuta potrà limitarsi a impugnare, in via di eccezione, la sottoscrizione mediante il disconoscimento lasciando a controparte l onere di chiedere la verificazione e di dimostrare l autenticità del testamento. Situazione assolutamente inversa nel caso in cui si adoperino, per l appunto, gli strumenti dell art. 221 c.p.c. La precedente sentenza delle Sezioni Unite n del 2010 ha provato, seppur indirettamente, a mettere ordine nella materia e ha fissato il principio della libertà di forme in tema di contestazione delle scrittura private provenienti da terzi ma limitando l efficacia di tale principio in riferimento proprio al testamento olografo in quanto, ai fini della contestazione della sua autenticità, occorre proporre querela di falso, posto che è esso un documento che conferisce alle disposizioni ivi contenute un incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata. Trattandosi, però, di una pronuncia in obiter dictum non ha definitivamente risolto il contrasto giurisprudenziale tanto che con l ordinanza n del 20 dicembre 2013, stante il perdurare dei due orientamenti, la II Sezione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, ritenendosi opportuna la risoluzione del contrasto esistente nella giurisprudenza al fine di avere uno strumento processuale univoco e, possibilmente, incontestato. 2. I precedenti giurisprudenziali La sentenza n del 2015 rappresenta una lunga, articolata e completa disamina della fattispecie, degli orientamenti che l hanno nel tempo caratterizzata e delle motivazioni che ne stanno alla base. Attraverso questa dettagliata e se consentito ridondante analisi, la Suprema Corte indica la soluzione ai quesiti posti sullo strumento giuridico da applicare e, conseguentemente, sull onere della prova. In via preliminare è bene precisare che l adesione a un indirizzo piuttosto che all altro è sorretto da argomentazioni che di per sé valutate sono tutte valide per autorevolezza e persuasività tanto che la soluzione della questione, afferma la Corte, non può essere ricondotta solamente ad una scelta dello strumento processuale cui ricorrere per contraddire o impedire 2
3 che il testamento acquisti efficacia nei riguardi di chi non è menzionato come beneficiario o al contrario verso chi è erede ab intestato, ma rappresenta il titolo in forza del quale il soggetto menzionato diviene titolare di diritti soggettivi. Nella lunga e dettagliata ricostruzione che le Sezioni Unite fanno delle pregresse pronunce giurisprudenziali, la sentenza n del 1975 è posta come fondamento alla tesi del disconoscimento del testamento olografo quale scrittura privata. Per la Corte di Cassazione, lo strumento della querela di falso troverebbe giustificazione solo quando la scrittura abbia acquistato piena prova ai sensi dell art c.c. per riconoscimento tacito o presunto, ovvero all esito del procedimento di verificazione. In questo modo la giurisprudenza favorevole allo strumento dell art. 214 c.p.c. non esclude a prioristicamente il ricorso alla querela di falso che trova in ogni caso la sua collocazione nell ambito della contestazione del testamento olografo. Il presente orientamento viene in parte confermato nella sentenza n del 2011 dove si riafferma che la querela di falso e il disconoscimento del testamento sono due istituti preordinati a finalità diverse ed indipendenti tra loro. Malgrado, infatti, i requisiti imposti dall art. 602 c.c. il testamento olografo non viene a perdere la sua natura di scrittura privata e pertanto la sua efficacia deriva dal riconoscimento, espresso o tacito, che compie il soggetto contro cui la scrittura è prodotta, a meno che questi non voglia proporre l azione di disconoscimento con gli oneri a carico della controparte già visti. La sentenza della Suprema Corte n del 1968 è posta, invece, alla base del secondo orientamento; con questa pronuncia la Cassazione afferma il principio secondo il quale il disconoscimento possa avvenire con la proposizione della querela di falso ex art. 221 c.p.c. ad opera dell autore dello scritto dello scritto o di un suo erede. Per tale posizione, fatta propria anche da una parte della dottrina come si dirà più avanti gli eredi legittimi sarebbero soggetti estranei al testamento e, pertanto, sarebbero esclusi dallo schema dell art. 214 c.p.c. in tema di disconoscimento. Tale assunto è stato successivamente confermato, seppur indirettamente, nella sentenza n del 1971 che, pur concludendo per la legittimità del solo disconoscimento, a ciò perviene solo in ragione della qualifica di erede: quest ultimo, istituito tale col testamento olografo, agendo con la petitio heraeditatis in quanto investito di un valido titolo di legittimazione fino al momento in cui non ne sia dichiarata giudizialmente la caducazione, mantiene tale qualifica 3
4 anche nei confronti di un eventuale altro soggetto che pretenda avere diritto all eredità in base a successiva disposizione testamentaria fintanto che non sia accertata, con querela di falso, la validità del secondo testamento ad opera del secondo erede. L indirizzo che sostiene la querela di falso è stato, in epoca più recente, confermato con la sentenza n del 2003 secondo la quale la procedura di disconoscimento riguarda le scritture che provengono da soggetti del processo e presuppone che sia negata la propria firma o la propria scrittura dal soggetto contro cui il documento è prodotto, mentre per le scritture che provengono da terzi, come nel caso del testamento olografo, la contestazione non può che essere sollevata secondo le modalità dell art. 221 c.p.c. e ss. risolvendosi necessariamente in una querela di falso. Le ragioni poste a favore dello strumento della querela, incentrate principalmente sulla terzietà del soggetto rispetto al testamento olografo contro di lui prodotto, trovano conferma ed evoluzione interpretativa nella già citata sentenza in obiter delle Sezioni Unite n del 2010: la Corte, infatti, in riferimento ai modi di contestazione delle scritture private provenienti da terzi estranei alla lite, le inquadra tra le prove atipiche dal valore meramente indiziario affermando che possono essere liberamente contestate dalle parti, ma negando, nell ambito specifico del testamento olografo, che un simile documento possa annoverarsi tra le prove atipiche per l incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata riconosciutagli: gioco forza, la contestazione richiede necessariamente la proposizione della querela di falso. In questo modo la Suprema Corte distingue le scritture private in due sottocategorie: una contenente la generalità delle scritture a valenza probatoria debole e l altra comprensiva di atti di particolare incisività perché titolo immediatamente esecutivo del diritto fatto valere con valenza sostanziale e processuale particolarmente pregnante. Recentemente, l indirizzo posto a suffragio della querela di falso ha trovato ulteriore conferma nella pronuncia n del 2012 che ha ribadito non solo la provenienza del testamento olografo da un soggetto terzo ma anche la forte incidenza sostanziale e processuale della scheda testamentaria. Nel novero della giurisprudenza merita una collocazione ed una valutazione a parte, rispetto ai due orientamenti, una risalente pronuncia delle Corte di Cassazione (n del 1951) che, partendo dalla legittimità della proposizione di un azione di accertamento negativo in ordine alla provenienza delle scritture private e del testamento olografo, sostiene che l onere della prova spetti all attore che chieda di accertare l autenticità della scrittura, sposando la posizione 4
5 della dottrina che in quel periodo sosteneva che la contestazione del testamento vada fatta con una domanda di accertamento negativo del documento stesso. Tale posizione della Suprema Corte, per quanto non specifichi in maniera esplicita se l accertamento negativo dovesse avere o meno la forma della querela di falso, ebbe numerosi ed autorevoli consensi in dottrina ma non trovò ulteriore seguito in giurisprudenza tanto che da lì in poi si affermarono le due tesi già descritte con le relative problematiche inerenti l onere della prova. A completamento delle principali pronunce giurisprudenziali, la Suprema Corte con la sentenza n del 1980 specifica in ordine agli strumenti da utilizzare che la querela di falso postula l esistenza di una scrittura riconosciuta, mentre il disconoscimento, investendo la provenienza stessa del documento, mira ad impedire che la scrittura acquisti efficacia probatoria, ossia chi contesta l autenticità della sottoscrizione del testamento olografo al fine di impedire che all apparente sottoscrittore di essa venga imputata la dichiarazione sottoscritta nella sua totalità, deve disconoscere la sottoscrizione e non proporre la querela di falso; mentre, accertata l autenticità della sottoscrizione, chi voglia contestare la provenienza della dichiarazione contenuta nella scrittura di colui che incontrovertibilmente l ha sottoscritta, ha l onere di proporre la querela di falso. 3. La posizione della dottrina La dottrina si è posta in una posizione assolutamente speculare rispetto alle posizioni della giurisprudenza; le argomentazioni poste a suffragio dei due orientamenti tengono conto di diversi elementi come il rapporto esistente tra la provenienza della scrittura e la parte contro cui è prodotta, la forte valenza sostanziale e processuale del testamento olografo e l esigenza di tenere distinti e separati il piano del contenuto del testamento da quello dello strumento mediante il quale esso possa acquisire rilevanza agli effetti processuali. Nello specifico, la dottrina che ha sostenuto l orientamento del semplice disconoscimento pone l attenzione su due questioni ritenute fondamentali; in primo luogo, il rapporto tra autore del testamento e le altre parti in causa in quanto il documento, provenendo pur sempre da un terzo rispetto alle altre parti del processo, si discosterebbe dalla fattispecie normativa dell art. 214 c.p.c., facendo si che la posizione di parte dell attribuzione testamentaria derivi unicamente dalla devoluzione ereditaria. 5
6 Si è cosi osservato, analizzando gli artt. 2702, 2704 c.c. e 214 c.p.c. che il concetto di terzo ha natura relazionale, intendendosi per tale chi è estraneo a un qualsiasi rapporto o atto giuridico: la dottrina individua cosi tre diverse dimensioni in cui il concetto di terzo viene a collocarsi (e conseguentemente quello di parte), ossia quella propria della formazione della scrittura (che definisce parte colui che abbia sottoscritto la scrittura), quella negoziale (inerente alla situazione giuridica dei diritti sostanziali disciplinata dal contenuto della scrittura) e quella processuale ossia il giudizio in cui la scrittura è prodotta. In tal senso, l espressione erede o avente causa affermano le Sezioni Unite utilizzata nel secondo comma dell art. 214 c.p.c. andrebbe intesa in senso ampio e comprensiva di tutti coloro che si trovino in una generica posizione di dipendenza. L erede legittimo sarebbe, pertanto, formalmente terzo sino alla declaratoria di non autenticità o di falsità del testamento olografo; ma il successibile ex lege, in ragione della propria posizione sostanziale, non sarebbe terzo ma soggetto contro cui l olografo è prodotto. La posizione del successibile diviene, cosi, oggetto di un accertamento giuridico circoscritto alla fattispecie successoria invocata in proprio favore e il riparto dell onere della prova andrebbe riferito all effetto giuridico di tale fattispecie. In secondo luogo, viene affrontato dalla dottrina il tema del rapporto tra successione legittima e successione testamentaria e la supposta preminenza della seconda sulla prima. Per i sostenitori della querela di falso questa preminenza avrebbe un ruolo fondamentale per stabilire la ripartizione dell onere della prova in quanto, posto che la contestazione si tradurrebbe in un azione di accertamento negativo, chi volesse impugnare il testamento avrebbe l onere di provarne la falsità della provenienza o l insussistenza dei requisiti di validità. In ogni caso la preminenza della successione testamentaria è stata autorevolmente contestata tanto che la successione legittima ha una funzione principale mentre quella testamentaria un carattere soltanto suppletivo: da qui la legittimazione del solo disconoscimento del testamento olografo. Le teorie dottrinarie contrarie al disconoscimento, pur non dubitando della estraneità del testamento dalla categoria degli atti pubblici, ne evidenziano il carattere sui generis sul piano sostanziale, tanto che la falsificazione della scheda testamentaria è equiparata al medesimo reato avente ad oggetto gli atti pubblici, secondo quanto disposto dall art. 491 c.p. 6
7 La dottrina specifica che l olografo produce immediatamente e direttamente effetti nella sfera giuridica del terzo e costituisce, una volta pubblicato, titolo immediato di acquisto per l erede e per il legatario (ex art. 620 co 5 c.c.) trattandosi di scrittura la cui efficacia non necessita di per sé dell accertamento dell autenticità. Posizione questa anche implicitamente confermata dalla disciplina delle norme sulla pubblicità degli atti (ex artt e 2660 c.c.) che permettono la trascrizione dell acquisto a causa di morte per effetto della sola presentazione del testamento e dell atto di accettazione dell eredità senza la necessità di confermare il documento stesso. Così, sul piano prettamente processuale, si è osservato che la contestazione dell autenticità andrebbe esercitata col più rigoroso strumento della querela di falso non tanto per il terzo in sé per i motivi sopra visti ma perché, in materia di contraffazioni, la querela condurrebbe ad un più corretto riparto dell onere della prova in quanto verrebbe a gravare su chi contesta il testamento olografo in ossequio agli artt c.c. e 457 co 2 c.c. il quale ultimo prevede la successione ex lege solo in mancanza di successione testamentaria. 4. La sentenza n del 15 giugno 2015 L analisi della Suprema Corte tiene conto di tutti gli elementi finora analizzati, ponendo l attenzione, in particolare, sul valore sostanziale da attribuire al testamento e sul meccanismo processuale attraverso cui il testamento può acquisire definitiva efficacia probatoria. Ponendo l attenzione sull aspetto processuale della fattispecie, sembrerebbe potersi ammettere a parere della Corte che la contestazione del testamento abbia ad oggetto il titolo della successione, ossia il thema probandum, mentre la scelta tra disconoscimento e successiva verificazione a carico di chi quel testamento voglia fare valere riguardi il piano della prova, ossia lo strumento processuale funzionale a consentire che il testamento spieghi la sua efficacia nel processo. Ciò fa sì che la natura di scrittura privata faccia propendere per il disconoscimento dello stesso. Analizzando la fattispecie da un punto di vista sostanziale, invece, non può non rilevarsi la particolare e forte valenza che il testamento ha come atto sui generis. Il suo tratto formalistico, olografo e datato ai fini della sua validità, tendono a garantire la corrispondenza del contenuto del documento a quello della dichiarazione e la tutela della integrale autenticità di quest ultima contro le manomissioni del terzo. 7
8 L olografia, afferma la Suprema Corte, ha una funzione specifica che integra la conoscenza dell atto, tanto che con essa vuole garantirsi che il testo sia conosciuto dal suo autore in un significato che va oltre la presunzione legale di conoscenza. Così, in tale ambito, la querela di falso si rileva come lo strumento più coerente anche per la partecipazione al processo del Pubblico Ministero vista la rigorosa disciplina penale prevista per le ipotesi di falsificazione dell olografo parificata al reato di falsificazione dell atto pubblico. Orbene, le Sezioni Unite superano le varie diatribe giurisprudenziali e dottrinali indicando una terza via come soluzione alla querelle che ha interessato la fattispecie. In realtà potrebbe affermarsi, a parere di chi scrive, che la via indicata sia una sorta di compromesso fra i due precedenti orientamenti. Le Sezioni Unite, infatti, al fine di dirimere l annosa questione si rifanno a una risalente pronuncia (la gia citata sentenza n. 1545/51) con cui si manifesta la necessità di proporre un azione di accertamento negativo della falsità. Le motivazioni giuridiche poste alla base della scelta della Suprema Corte tengono conto di diversi elementi: anzitutto, il testamento olografo rimane definitivamente circoscritto nell ambito delle scritture private; in secondo luogo, la scelta consente di superare la necessità di trovare un criterio che possa adeguatamente distinguere le scritture private con forte valenza sostanziale e processuale e al contempo di non equiparare il testamento olografo, molto semplicisticamente, a una qualsiasi scrittura privata proveniente da un terzo e non riconducibile alle parti in causa. In terzo luogo, l azione di accertamento negativo permette di evitare che il semplice disconoscimento di un atto con le caratteristiche tipiche già viste, quale è il testamento olografo, renda troppo gravosa la posizione processuale di chi si ritiene erede. Infine, in questo modo si evita che la soluzione della controversia si prolunghi in un defatigante procedimento incidentale quale è quello previsto per la querela di falso. Così, la parte che contesta l autenticità del testamento olografo deve per le Sezioni Unite proporre azione di accertamento negativo della provenienza della scrittura incombendo sulla parte stessa l onere della relativa prova secondo i principi previsti in tema di accertamento negativo. 8
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