Trasferimento quote mortis causa
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- Virginia Scognamiglio
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1 Trasferimento quote mortis causa di Alfredo Frangini - avvocato Una sentenza del Tribunale di Cagliari, datata 27 settembre 2012, offre l occasione di effettuare alcune considerazioni su un tema che, nell ambito del diritto societario, genera sempre talune incertezze presso gli operatori pratici: le vicende della quota sociale (nella specie si trattava di una Srl) dopo la morte del suo titolare. In particolare, la questione su cui il Tribunale è stato chiamato a decidere nasceva dalle conseguenze della morte di un soggetto che deteneva in una Srl una partecipazione di maggioranza pari all 80%. Una sentenza del Tribunale di Cagliari, datata 27 settembre 2012, offre l occasione di effettuare alcune considerazioni su un tema che, nell ambito del diritto societario, genera sempre talune incertezze presso gli operatori pratici: le vicende della quota sociale (nella specie si trattava di una Srl) dopo la morte del suo titolare. In particolare, la questione su cui il Tribunale è stato chiamato a decidere nasceva dalle conseguenze della morte di un soggetto che deteneva in una Srl una partecipazione di maggioranza pari all 80%. In sede testamentaria, il 50% di tale partecipazione era stata destinata a un erede, il quale, accettata l eredità, rivendicava quindi la titolarità esclusiva di una quota di capitale sociale pari al 40%, osservando che, in assenza di particolari disposizioni relative all altro 50% della partecipazione sociale, su di questa si fosse verificata la delazione a favore degli eredi legittimi. L erede, dunque, chiedeva l iscrizione nel Registro delle Imprese dell intervenuto acquisto, in via esclusiva, della qualità di socio per la predetta percentuale, rappresentando conseguentemente al Conservatore che il residuo 40% sarebbe invece divenuto di titolarità, in regime di comunione, degli altri chiamati all eredità, ove questi l avessero accettata. Il Conservatore rifiutava di procedere alla iscrizione, segnalando l atipicità della fattispecie, precisando che l ipotesi tipica, anche sotto il profilo informatico, sarebbe stata solo quella della comunione ereditaria ex art.2468, ultimo comma c.c. e aggiungendo che la forzatura del sistema informatico non sarebbe stata nella disponibilità dell operatore camerale. In altri termini, il Conservatore riteneva che, per effetto della disposizione dell art.2468, ultimo comma, c.c., si fosse verificata una situazione di comunione ereditaria sull intera partecipazione dell 80% facente capo al de cuius; sicché solo con riferimento a tutti i nuovi contitolari di tale partecipazione sarebbe stato possibile procedere all iscrizione presso il Registro 34 delle Imprese. Principi civilistici del trasferimento delle quote Ai fini di una più agevole comprensione della vicenda e della decisione del Tribunale, appare opportuno preliminarmente richiamare i principi che regolano le vicende relative al trasferimento mortis causa delle quote di Srl; peraltro, va pure sin d ora specificato che, rispetto all ipotesi di eredità già accettata, diverse considerazioni si impongono con riferimento al caso in cui, invece, l accettazione dell eredità non sia ancora intervenuta e sia ancora pendente il relativo termine. Com è noto, le quote di Srl sono, ordinariamente, liberamente trasmissibili (oltre che per atto tra vivi) per successione a causa di morte; esse, del pari, sono pure, ordinariamente, divisibili. 1 Il primo principio è espressamente stabilito, com è noto, dall art.2469 c.c., che tuttavia consente di limitare, statutariamente, le vicende traslative della quota; l accentuato carattere personale dell organizzazione societaria della Srl può quindi tradursi nella limitazione del regime di circolazione della partecipazione, sino ad escluderla completamente. Va pure ricordato che la presenza, nello statuto, di clausole che stabiliscano limiti o condizioni tali da impedire il trasferimento mortis causa della partecipazione (attraverso, a esempio, la previsione del trasferimento della quota ai soci superstiti, o la previsione in capo a questi ultimi dell obbligo di acquistare la quota del de cuius entro un determinato termine e a un prezzo prefissato, o al condizionamento dell ingresso degli eredi in società al gradimento espresso dai soci superstiti) determina il sorgere del diritto di recesso, per il socio o per i suoi eredi, ai sensi dell art.2473 c.c.
2 Ove, tuttavia, lo statuto nulla preveda, il trasferimento della partecipazione in Srl, anche mortis causa, può avvenire senza limiti. 2 Il secondo principio sopra ricordato, quello della divisibilità della quota, sebbene con la riforma non sia stato riprodotta la previsione dell abrogato art.2482 c.c., è tuttavia da considerarsi non discutibile, essendo certa, sia in dottrina sia in giurisprudenza, la possibilità di contitolarità della partecipazione; dunque, generatosi sulla quota un regime di comunione (per atto inter vivos o mortis causa), sino a quando non intervenga la divisione, si applicherà la disposizione di cui all art.2468, co.5 c.c., secondo cui i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune nominato secondo le modalità degli artt.1105 e 1106 c.c.. La sentenza del Tribunale di Cagliari Sulla base di tali fondamentali e non discutibili principi, il Tribunale di Cagliari, nella vicenda sopra ricordata, dopo aver verificato che lo statuto sociale non prevedeva alcun limite né alla trasferibilità mortis causa delle quote di partecipazione, né alla divisibilità delle stesse, ha ritenuto che la quota dell 80% facente originariamente capo al socio defunto, si fosse trasferita, per effetto della disposizione testamentaria: per la sua metà (corrispondente al 40%) in capo al soggetto istituito erede testamentario; mentre l altra metà (corrispondente al restante 40%) era da intendersi relitta a favore degli altri chiamati all eredità, tra i quali soltanto, in caso di loro accettazione, si sarebbe determinata quella situazione di comproprietà, regolata dal già citato art.2468, co.5 c.c.. In altri termini, i giudici cagliaritani, sul presupposto della libera trasmissibilità della quota di Srl e della sua divisibilità, hanno interpretato la disposizione testamentaria nel senso che, con essa, il socio poi deceduto avesse inteso dividere, per il tempo successivo alla sua morte, la propria complessiva partecipazione in due quote: una, del 40%, devoluta al chiamato in qualità di erede testamentario, il quale, con l accettazione, ne sarebbe divenuto titolare esclusivo; l altra, per l ulteriore 40%, devoluta, invece, ai chiamati in qualità di eredi legittimi, i quali, in caso di accettazione, sarebbero divenuti comproprietari della stessa. In considerazione di tali argomenti, dunque, il Tribunale di Cagliari ha riconosciuto il diritto dell erede testamentario a ottenere dal Conservatore l iscrizione nel Registro delle Imprese della propria titolarità esclusiva, per successione mortis causa, della quota pari al 40% del capitale sociale; e ciò, si badi, indipendentemente dall esistenza di eventuali rigidità dei sistemi informatici, che, ovviamente, non potrebbero mai pregiudicare l attuazione dei diritti sostanziali attribuiti ai soggetti che ne risultino titolari. La successione nelle quote di Srl Così illustrata, la peculiare fattispecie sottoposta all esame del Tribunale di Cagliari, si possono ricapitolare le principali vicende che riguardano la successione nella titolarità di una quota di Srl, laddove il chiamato all eredità abbia effettuato la relativa accettazione. L erede (o il legatario), una volta accettata l eredità (o il legato), potrà chiedere il deposito del trasferimento mortis causa avvenuto a proprio favore, ai sensi dell art.2470, co.2 c.c.; una volta effettuato il deposito e la conseguente iscrizione dell atto di trasferimento, in qualità di nuovo titolare della partecipazione, potrà esercitare tutti i diritti sociali, tra cui, in primo luogo, quello di partecipare all assemblea e di esprimere il voto. Qualora, per effetto della morte del socio, subentrino nella titolarità della quota più soggetti, si creerà una situazione di comunione (ereditaria) sulla quota stessa. Dunque, i diritti sociali non spetteranno ai comproprietari della partecipazione disgiuntamente o pro quota (ereditaria), ma congiuntamente a tutti gli eredi, che potranno esercitarli, appunto congiuntamente, per il tramite di un rappresentante comune: sarà costui, dunque, a partecipare alle assemblee, a esprimere il diritto di voto, a impugnare, se del caso, le deliberazioni assunte. Gli eredi dovranno, dunque, comunicare alla società il soggetto nominato quale loro rappresentante comune; in mancanza, le comunicazioni relative alle vicende sociali potranno essere effettuate verso uno qualsiasi dei comproprietari. Tutto ciò sino a quando (in assenza di contrarie previsioni statutarie) non venga richiesta dai coeredi la divisione della comunione ereditaria, che dovrà però riguardare l intero compendio caduto in successione e non il solo bene costituito dalla quota. La successione nelle altre forme societarie È solo il caso di ricordare invece che, per le società 35
3 di persona, la regola, posta dall art.2284 c.c., è quella della intrasmissibilità mortis causa della partecipazione, essendo previsto l obbligo di liquidazione della quota a favore degli eredi, salvo che i soci superstiti non decidano di sciogliere la società o di continuarla con gli eredi; e che, solo per le Sas, ma limitatamente alla quota del socio accomandante, l art.2322 c.c. prevede la possibilità di una successione mortis causa nella relativa titolarità. Per le Spa vigono, invece, principi analoghi a quelli della Srl, eccezion fatta per la divisibilità della singola azione, che non è consentita ai sensi dell art.2347 c.c.; resta naturalmente possibile la contitolarità della singola azione (ipotesi per la quale si applicheranno, anche in questo caso, le regole poste dai già citati artt.1105 e 1106 c.c.) o la divisibilità (non della quota, ma) della partecipazione rappresentata da un complesso di azioni in sé indivisibili. La gestione del periodo transitorio tra successione e accettazione Come si è anticipato, un discorso diverso deve farsi con riferimento all ipotesi in cui, apertasi la successione, alla devoluzione dell eredità non abbia fatto ancora seguito l accettazione della stessa. Va immediatamente rilevato come non siano riscontrabili né precedenti giurisprudenziali né opinioni dottrinarie che si siano occupate dello specifico tema dell apertura di una successione, che riguardi anche una partecipazione sociale. In tale situazione, ogni considerazione dovrà necessariamente essere effettuata, facendo riferimento alle norme previste in materia (non già di società, ma) di apertura della successione, delazione ed acquisto dell eredità. Tale essendo il quadro di necessario riferimento, la vicenda in esame ricade sotto la previsione dell art.460, co.2 c.c., secondo cui il chiamato all eredità sempre che frattanto non sia stato nominato un curatore dell eredità giacente ai sensi dell art.528 c.c. può compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea ; elencazione, peraltro, che viene generalmente considerata tassativa 1. Affinché il compimento di tali atti che, peraltro, rappresenta una facoltà e non un obbligo 2 non determini l accettazione tacita dell eredità, occorre che gli stessi risultino comunque indirizzati all unico fine 1 Grosso-Burdese Le successioni in Trattato di diritto civile diretto da Vassalli, Torino, 1977, pag.153; Natoli, L amministrazione dei beni ereditari, I, Milano, 1968, pag.107 e Cicu, Successioni per causa di morte. Parte generale, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1961, pag.140; Ferri, Successioni in generale, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1964, pag , Grosso- Burdese, Le successioni cit., pag della conservazione del patrimonio ereditario nella sua integrità materiale, valore, produttività economica, nonché condizione giuridica 3. Con riferimento agli atti di amministrazione temporanea, potrà senz altro trattarsi di atti di amministrazione ordinaria 4, compresi quelli che si rendano necessari per evitare l insorgere o l aggravarsi di danni per l eredità 5. Secondo autorevolissima dottrina, sarebbero consentiti anche gli atti di amministrazione straordinaria6, purché la loro adozione, in base alla specificazione legislativa della temporaneità dell amministrazione spettante al chiamato, non possa essere dilazionata senza pericolo di danno per il patrimonio ereditario: cioè ove soccorrano motivi di urgenza. Conclusione, questa, cui perviene: sia la dottrina minoritaria, secondo cui la posizione del chiamato all eredità sarebbe quella di curatore della stessa, tenuto quindi a porre in essere tutti gli atti in questione solo sul presupposto dell urgenza del loro compimento 7 ; sia la dottrina maggioritaria, che invece parte dalla diversa prospettiva della non obbligatorietà, ma, come si è appena ricordato, della semplice facoltatività dell attività del chiamato, secondo la quale l urgenza resta il presupposto perché anche atti di amministrazione straordinaria da lui compiuti non comportino automaticamente l accettazione tacita dell eredità 8. In ogni caso, sempre con riferimento agli atti di straordinaria amministrazione oltre all ipotesi di vendita dei beni che non si possono conservare o la cui conservazione comporti grave dispendio, per cui sempre l art.460, co.2 c.c. prevede la necessità dell autorizzazione del Tribunale 9 in assenza della quale si avrebbe accettazione implicita la dottrina, interpretando estensivamente propria tale ultima disposizione, specifica che anch essi potranno essere compiuti previa autorizzazione del Tribunale: solo in presenza di tale autorizzazione, dunque, l atto di amministrazione straordinaria non comporterà accettazione implicita Ferri, Successioni cit., pag.111; Grosso-Burdese, Le successioni cit., pag Ferri, Successioni cit., pag.117; Grosso-Burdese, Le successioni cit., pag.153; Bianca, Diritto civile, 2, la famiglia, le successioni, Milano, 1989, pag Bianca, op. cit. pag Grosso-Burdese, Le successioni cit., pag.153; Ferri, Successioni cit., pag.116 e ss.; Natoli, L amministrazione cit., pag.137 e ss. 7 Natoli, L amministrazione cit., pag.137 ss. 8 Cicu, Successioni cit., pag.140; Ferri, Successioni cit., pag.116, Grosso- Burdese, Le successioni cit., pag Tale autorizzazione andrà richiesta attivando il procedimento di cui all art. 747 c.p.c.. 10 Bonilini, Nozioni di diritto ereditario, Torino, 1993, pag.50.
4 Conseguentemente, se si ammette, insieme alla dottrina sopra ricordata 11, la possibilità che gli atti di amministrazione, anche straordinaria, siano sempre consentiti, anche in assenza dell autorizzazione del Tribunale, purché sussistano ragioni di urgenza, tale autorizzazione sarà evidentemente necessaria affinché l acquisto della qualità di erede non discenda automaticamente dal compimento di atti di amministrazione, che siano sì straordinari, ma che non risultino assistiti dalle più volte citate ragioni di urgenza. È dunque entro tali confini che il chiamato a una eredità, comprensiva anche di una quota sociale, potrà porre in essere atti che presupporrebbero l avvenuta intestazione della quota, senza che ciò importi, automaticamente, accettazione dell eredità. I limiti predetti, infatti, non impediscono il compimento dell atto; né questo, una volta compiuto, risulterà affetto da forme di invalidità o inefficacia. Semplicemente, ove l atto risulti compiuto dal chiamato oltre tali limiti o, trattandosi di atti di amministrazione straordinaria privi del carattere di urgenza, senza la preventiva autorizzazione del Tribunale, si sarà in presenza di accettazione tacita dell eredità (ciò, beninteso, sempre che chi agisce sia maggiore di età; se si tratti,infatti, di un incapace, la conseguenza sarà quella dell invalidità, ex artt.322 e 377 c.c.). In tale situazione, non appare possibile individuare tipologie di atti che sempre possano dirsi consentiti al chiamato all eredità, senza che il loro compimento porti all accettazione tacita dell eredità; sarà invece necessario, di volta in volta, verificare se gli atti da porre in essere rientrino nella categoria degli atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea ordinaria o se, trattandosi di atti di amministrazione straordinaria, sussistano quelle ragioni di urgenza che ne giustifichino il compimento, anche in assenza dell autorizzazione del Tribunale di cui all art.747 c.p.c.. Così, tra gli atti più propriamente conservativi, si può immaginare che sia consentita, ai fini che qui interessano, la proposizione di azioni cautelari correlate alla partecipazione sociale caduta in successione, o dell azione diretta ad accertare l appartenenza della stessa all eredità o l inesistenza di diritti di terzi sulla quota. 11 Si vedano gli autori richiamati in nota 6. Con riferimento, invece, agli atti più propriamente di vigilanza, tra essi saranno annoverabili la verifica di documenti e scritture contabili e il controllo della gestione aziendale: in tali sensi, dunque, potrebbero essere esercitati, sia pure interinalmente, i poteri di vigilanza e controllo che, in ambito societario, sono riconosciuti al socio (a esempio quelli che per le Srl sono previsti dall art.2476, co.2 c.c.). Con riferimento poi all esercizio di diritti sociali c.d. amministrativi, il riferimento è principalmente alla partecipazione alle assemblee e al voto. A tale riguardo, la mancanza del primo e fondamentale requisito per l esercizio di tali diritti, vale a dire l acquisto della qualità di socio seguito dalle formalità, anche di natura pubblicitaria, che ne consentono l opponibilità alla società, non sembra tale da escludere ex se la possibilità di un loro esercizio da parte del semplice chiamato all eredità. Infatti, l esercizio temporaneo di tali diritti anche da parte di chi non ne sia ancora titolare (e che anzi, magari, non lo diventerà mai) è postulato, per l appunto, proprio dall art.460, co.2 c.c., che facoltizza il chiamato a compiere, sia pure temporaneamente, atti di amministrazione dei beni caduti in successione, senza che ne consegua accettazione implicita dell eredità; atti dunque che, normalmente, verrebbero posti in essere dal titolare della partecipazione, ma che, con la devoluzione dell eredità e prima della accettazione della stessa, sono temporaneamente consentiti anche a chi si trovi semplicemente nella veste di chiamato all eredità. Ciò premesso, anche nel contesto in esame varranno i principi sopra enunciati, che consentono al chiamato all eredità, nell ambito dell amministrazione temporanea cui egli è facoltizzato, di porre direttamente in essere atti di amministrazione ordinaria e anche atti di amministrazione straordinaria, laddove beninteso sia possibile ravvisare quelle ragioni di urgenza, l assenza delle quali implicherebbe necessariamente accettazione implicita dell eredità; ovvero di chiedere l autorizzazione del Tribunale per gli atti di amministrazione straordinaria, che, pur avendo natura conservativa, non siano però connotati da carattere di urgenza. In relazione a tale assetto normativo e, ripetesi, nell assenza di specifici precedenti giurisprudenziali e di specifici orientamenti dottrinali dovrebbe allora potersi affermare che, in caso di convocazione di un assemblea ordinaria dei soci, la partecipazione a 37
5 essa e il consequenziale esercizio del diritto di voto possa farsi rientrare tra gli atti di amministrazione ordinaria, cui il chiamato all eredità è temporaneamente ed in attesa di decidere se accettare o meno l eredità, facoltizzato ai sensi dell art.460, co.2 c.c.. A tale riguardo, si osserva pure che non potrebbe farsi rientrare tra gli atti di amministrazione straordinaria la stessa deliberazione sociale di distribuzione dei dividendi (i quali, una volta pagati, andrebbero, ovviamente, a beneficio della massa ereditaria e non del patrimonio del chiamato); e ciò sia perché tale genere di deliberazione non ha nulla, appunto, di straordinario, rappresentando anzi il fisiologico sbocco dell attività di impresa svolta in forma associativa, ma anche perché tra gli atti di amministrazione temporanea, come si è visto sempre consentiti al chiamato all eredità senza che il loro compimento importi accettazione implicita, si ricomprendono, più in generale, anche quelli diretti alla percezione ed all impiego delle rendite 12. Per converso, se il tema in discussione fosse di natura straordinaria, bisognerà distinguere: se la delibera, oltre ad essere straordinaria, sia anche urgente, perché a esempio il tema in discussione riguardi la stessa sussistenza o consistenza del bene costituito, nella specie, dalla partecipazione sociale qui inevitabilmente il riferimento finisce con l essere, a esempio, a quelle deliberazioni assembleari dirette a scongiurare lo scioglimento della società o a eliminare cause di scioglimento già avvenute allora sembra esservi spazio per la diretta operatività dell art.460, co.2, prima parte c.c.; dunque, il chiamato all eredità potrebbe parteciparvi, ed esprimere il voto, senza che dalla partecipazione all assemblea derivi automaticamente l acquisto della qualità di erede; se, invece, si versi in ipotesi di deliberazione straordinaria, priva tuttavia del carattere di urgenza nel senso sopra specificato, allora la partecipazione a essa, e l esercizio del voto,da parte del chiamato all eredità, rappresenteranno accettazione tacita, a meno che il chiamato non abbia chiesto, e ottenuto, l autorizzazione del Tribunale al compimento di quell atto, ai sensi dell art.747 c.p.c.. Resta, infine, da considerare l ipotesi, non espressamente considerata dalla legge, della pluralità di chiamati. In tale situazione, si è ritenuto che i poteri di 12 Natoli, L amministrazione cit., pag.204; Grosso-Burdese, Le successioni cit., conservazione, vigilanza e amministrazione spettino congiuntamente a tutti i chiamati 13, a meno che il testatore non abbia identificato, ai sensi dell art.734 c.c., i beni spettanti ai singoli chiamati (dunque, se la quota sia stata, nella divisione effettuata già dal testatore, attribuita a uno solo dei chiamati, non sarà necessario ricorrere a tale regime) o che sussistano ragioni d urgenza tali da impedire il ricorso all azione congiunta. In caso di disaccordo, poi, si è ritenuto che la decisione spetti non alla maggioranza dei chiamati, ma all autorità giudiziaria 14. Conclusioni Essendo così magmatico il terreno nel quale ci si muove giacché il compimento degli atti in questione potrebbe essere strumentalizzato per far discendere, da esso, l acquisto della qualità di erede e, comunque, perché la loro natura conservativa, in generale, e urgente, nel caso che abbiano connotati di straordinarietà, si presta certo ad interpretazioni di segno opposto da un punto di vista operativo elementari regole di prudenza consiglierebbero, al chiamato che sia ancora in dubbio se accettare l eredità, e che dunque intenda escludere una accettazione implicita riservandosi ancora la possibilità di rinunziare, di anticipare in maniera chiara il compimento dell atto con la dichiarazione che lo stesso viene effettuato nell ambito delle facoltà previste dell art.460, co.2 c.c., senza cioè che quel comportamento possa essere interpretato come accettazione implicita dell eredità. Infine, con riferimento agli atti di amministrazione straordinaria e dunque, a esempio, con riferimento alla partecipazione ad assemblee appunto straordinarie sembra prudente richiedere in ogni caso, dunque anche laddove sussistano situazioni di urgenza che, secondo quanto si è visto, legittimerebbero il diretto compimento dell atto, l autorizzazione del Tribunale, proprio per evitare che quel comportamento possa essere anch esso strumentalizzato, per farne discendere automaticamente l acquisto della qualità di erede. 13 Grosso-Burdese, Le successioni cit., pag Grosso-Burdese, Le successioni cit. pag.160.
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