SOTTOPRODOTTO : NON PASSA MAI SOTTO LA VOCE RIFIUTO NORMATIVA EUROPEA ED ITALIANA IN ESSERE

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1 di Avv. Rosa Bertuzzi SOTTOPRODOTTO : NON PASSA MAI SOTTO LA VOCE RIFIUTO NORMATIVA EUROPEA ED ITALIANA IN ESSERE PREMESSE LEGISLATIVE: Si premette che la Comunità Europea si è pronunciata in merito, e precisamente : Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee del Si riporta l estratto del provvedimento Comunitario.. Oggetto della presente comunicazione è la distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è nell ambito di un processo di produzione...la Commissione si è impegnata a pubblicare una comunicazione contenente delle linee guida, basate sulla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, sul problema dei sottoprodotti nei settori industriali pertinenti; in esse si affronterà la questione di quando un sottoprodotto vada considerato un rifiuto, al fine di chiarire la situazione giuridica per gli operatori economici e le autorità competenti Il presente documento concretizza quindi il suddetto impegno. L'evolversi della giurisprudenza e la relativa assenza di chiarezza giuridica hanno talvolta reso difficile l'applicazione della definizione di rifiuto, sia per le autorità competenti che per gli operatori economici. È comprovato che a volte le decisioni adottate dalle autorità competenti nazionali in casi simili tra loro variano da uno Stato membro all'altro, creando disparità nel trattamento degli operatori economici e ostacolando il mercato interno. Un'interpretazione troppo ampia della definizione di rifiuto impone alle aziende costi superflui, rendendo meno interessante un materiale che avrebbe potuto invece rientrare nel circuito economico. Un'interpretazione troppo restrittiva, al contrario, può tradursi in danni ambientali e pregiudicare l'efficacia della legislazione e delle norme comunitarie in materia di rifiuti. I processi di produzione industriale sono spesso complessi e possono generare materiali diversi, con valore economico e impatto ambientale diversi, così come diversa è la qualifica di rifiuto/non rifiuto. Tale qualifica comporta poi conseguenze differenti a seconda del settore. In alcuni settori, i materiali possono essere oggetto di libero scambio tra aziende... In altri una distinzione chiara tra rifiuto e prodotto è essenziale per l'utilizzazione economica della sostanza. Il panorama tecnologico, infine, è in continua evoluzione, con cambiamenti rapidi sia nei processi di produzione sia nelle tecniche di trattamento dei rifiuti. Determinante è stabilire se il materiale è un residuo di produzione o un prodotto. Nella causa PalinGranit, la Corte ha definito residuo di produzione il prodotto che non è il risultato direttamente ricercato dal processo di fabbricazione. Nella causa Saetti, ha sottolineato che, poiché il materiale in questione era "il risultato di una scelta tecnica" (volta deliberatamente a produrlo), non poteva

2 essere considerato residuo di produzione. Perciò, al momento di decidere se un materiale costituisce un rifiuto o meno, occorre innanzitutto chiedersi se il fabbricante ha deliberatamente scelto di produrlo. Se il fabbricante avesse potuto produrre il prodotto principale senza produrre detto materiale, ma ha comunque scelto di farlo, è evidente che tale materiale non è un residuo di produzione. Un'altra prova del fatto che il materiale può essere il risultato di una scelta tecnica è data dalla modifica del processo di produzione, per conferire a tale materiale caratteristiche tecniche specifiche. Nella causa Saetti e Frediani, la Corte era chiamata a stabilire se il prodotto risultante dal processo di produzione, una materia risultante dal processo di raffinazione fosse da considerarsi un rifiuto. La Corte ha affermato che il prodotto in questione non può essere qualificato come residuo di produzione, in quanto la produzione dello stesso è il risultato di una scelta tecnica. Ha inoltre sostenuto che, sebbene tale prodotto sia il risultato automatico del processo di raffinazione, dal momento in cui vi è la certezza che l'intera produzione dello stesso verrà utilizzata, principalmente per lo stesso tipo d'impiego delle altre sostanze ottenute dalla raffinazione, detto prodotto è a sua volta un prodotto fabbricato in quanto tale e non un residuo di produzione. Per la Corte, un materiale considerato residuo di produzione non è necessariamente un rifiuto. Le caratteristiche che rendono un materiale adatto ad essere riutilizzato direttamente nel ciclo economico possono indicare che tale materiale non va considerato un rifiuto. Nella giurisprudenza recente ( PalinGranit e seguenti), la Corte ha stabilito tre condizioni che un residuo di produzione deve soddisfare per essere considerato un sottoprodotto. Essa ha affermato che, laddove il 1) riutilizzo di un materiale non sia solo eventuale ma certo, 2) non richiede trasformazione preliminare e 3) avviene nella continuità del processo di produzione, tale materiale non è da considerarsi un rifiuto. Queste condizioni sono cumulative, nel senso che tutte tre devono essere soddisfatte. Ai fini della valutazione della 1) condizione del riutilizzo può rilevare L'esistenza di contratti a lungo termine tra il detentore del materiale e gli utilizzatori successivi può indicare che il materiale oggetto del contratto sarà utilizzato e che quindi vi è certezza del riutilizzo. Altro elemento da valutare è se il riutilizzo apporta un vantaggio finanziario al detentore. Il fatto che un fabbricante possa vendere un determinato materiale ricavandone un profitto indica una maggiore probabilità che tale materiale venga riutilizzato. La Commissione ritiene che è altresì importante valutare i costi di trattamento dei rifiuti, poiché vi è il rischio che sia proposto un prezzo simbolico affinché il materiale non sia classificato come rifiuto, per poi trattarlo al di fuori di impianti di trattamento adeguati. Un prezzo elevato, invece, che rientra nella media dei prezzi di mercato o superiore, può indicare che il materiale non è un rifiuto. La 2) condizione del riutilizzo senza previa trasformazione, può essere difficile da valutare. La catena del valore di un sottoprodotto prevede spesso una serie di operazioni necessarie per poter rendere il materiale riutilizzabile: dopo la produzione, esso può essere lavato, seccato, raffinato o omogeneizzato, lo si può dotare di caratteristiche particolari o aggiungervi altre sostanze necessarie al riutilizzo, può essere oggetto di controlli di qualità ecc. Alcune operazioni sono condotte nel luogo di produzione del fabbricante, altre presso l'utilizzatore successivo, altre ancore sono effettuate da intermediari. Nella misura in cui tali operazioni sono parte integrante del processo di produzione non impediscono che il materiale sia considerato un sottoprodotto.

3 Se la preparazione del materiale per il suo riutilizzo avviene nel corso del processo di produzione e il materiale è successivamente spedito per poter essere riutilizzato, si ha allora un sottoprodotto, in conformità dei criteri stabiliti dalla Corte. Se il materiale, per essere ulteriormente trasformato, viene spostato dal luogo o dallo stabilimento in cui è stato prodotto, è verosimile ritenere che le operazioni necessarie alla sua trasformazione non facciano più parte dello stesso processo di produzione. Pur tuttavia, in presenza di processi industriali sempre più specializzati, questo elemento da solo non basta a costituire una prova. Gli utilizzatori successivi e le aziende intermediarie possono partecipare alla preparazione del materiale per il suo riutilizzo, svolgendo il tipo di operazioni descritte al punto Il fatto che il materiale sia necessario alla realizzazione dell'attività principale del fabbricante comprova che non può essere un rifiuto Il metodo di trattamento del materiale è un metodo di trattamento standard dei rifiuti In alcuni casi la destinazione di un materiale può costituire un forte indizio della sua natura.(l impianto di destinazione non è autorizzato a trattare rifiuti, ma è solo iscritto alla Camera di Commercio). La Corte, tuttavia, ha anche sostenuto che l'operazione cui viene sottoposto un materiale, che si tratti o meno di un'operazione di trattamento dei rifiuti, non consente di pronunciarsi sulla natura di un materiale ( Niselli ). Conclusione del tutto logica, in quanto molti dei metodi di trattamento o smaltimento possono applicarsi perfettamente anche a un prodotto. Non è possibile, ad esempio, distinguere tra la combustione di un combustibile in quanto prodotto e quella di un residuo basandosi sul metodo di trattamento. La Comunicazione conclude enumerando una serie di esempi di rifiuti e non rifiuti Tra i quali ai fini del presente parere potrebbe rilevare, per affinità di elementi della fattispecie, quello relativo agli scarti e altri materiali analoghi: Il prodotto risultante nell'ambito di operazioni secondarie, contemporaneamente al prodotto principale, Questi elementi sono poi impiegati come materie prime per la produzione. Il loro utilizzo è certo, rientra nel processo di produzione e non necessita di trasformazione previa, se non quella necessaria a ridurre tali materiali alle dimensioni richieste per poterli integrare nel prodotto finale. Ulteriore tappa nella definizione e del concetto di sottoprodotto è la : Direttiva 2008/98/CE GUUE 22 novembre 2008 n. L 312/3 Art.5 Sottoprodotti 1. Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell art.3 punto 1. Bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni: a) è certo che la sostanza o l oggetto sarà ulteriormente utilizzato/a:

4 b) la sostanza o l oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale ; c) la sostanza o l oggetto è prodotto come parte integrante di un processo di produzione e d) l ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l oggetto soddisfa, per l utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull ambiente o la salute umana. Con la suddetta Direttiva, il Parlamento Europeo ha introdotto una definizione di sottoprodotto che, facendo tesoro degli innovativi orientamenti della Corte di Giustizia e dei suggerimenti della Commissione CE (sopra esposti) si è dimostrata più sensibile all esigenza di un forte potenziamento del mercato dei sottoprodotti che, ovviamente, si risolve in una riduzione, alla fonte, della produzione dei rifiuti. Nelle Linee Guida (EuropeanCommissionDirectorateDirector General of DG Environment Karl Falkenberg giugno 2012) ( traduzione in italiano) per l interpretazione delle disposizioni chiave della Direttiva Europea 2008/98 sui rifiuti, si specifica: Un prodotto residuo che adempie alle condizioni stabilite dall Art. 5, così come modificato dal WTD, è di fatto un sotto-prodotto. Considerando che qualunque sostanza, o oggetto, può essere considerato sia rifiuto che non-rifiuto, i sotto-prodotti sono considerati, secondo la definizione, di fatto, come non-rifiuto. Ciò significa che i sotto-prodotti, potrebbero costituire materia, là dove applicabile, di una legislazione che esclude il rifiuto dal suo scopo, così come stabilito dal REACH (European Community Regulation on chemicals and theirsafe use). Organismo della CE per la regolamentazione delle sostanze chimiche e loro uso in sicurezza). Può ricavarsi, pertanto, un canone interpretativo per l individuazione del sottoprodotto in tutte quelle vicende in cui, contestualmente alla realizzazione di uno o più articoli (beni o merci) principali, voluti e programmati (come scopo primario della produzione ), si generano con riferimento e/o a causa delle materie prime usate e/o in ragione delle tecnologie di processo adottate - materiali ( sostanze od oggetti ) - cui non era destinato primariamente il processo produttivo i quali presentano, fin dall origine, determinati caratteri merceologico ambientali, che ne consentono l ulteriore utilizzo, differenziandosi, pertanto, dal comune residuo-produttivo, privo normalmente di questi attributi, tanto da dover essere, se del caso, recuperato. E ancora si legge: Condizioni per le quali un prodotto residuo è considerato un sottoprodotto e non un rifiuto. E certo che la sostanza o l oggetto sarà certamente riutilizzata/o La sostanza, o l oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione. L ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l oggetto soddisfa, per l utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute dell ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull ambiente o sulla salute umana. Queste specifiche costituiscono carattere aggiuntivo, ciò significa che tutte queste quattro disposizioni devono essere rispettate. L origine e il significato di questi criteri sono argomentate nei seguenti capoversi. Che cosa si intende per certo riutilizzo? Certo riutilizzo significa che non costituisce una mera possibilità ma, di fatto, una certezza; in altre parole, è garantito che il materiale verrà riutilizzato. Lo scopo di tali criteri è che se il riutilizzo non sarà

5 certo, ciò costituirà un rischio e che il materiale verrà considerato, e quindi trattato a tutti gli effetti, come un rifiuto. La certezza del riutilizzo può, naturalmente, risultare difficile da provare a priori. Pertanto la certezza dell ulteriore utilizzo può essere dimostrata attraverso i seguenti modi: L esistenza di un accordo tra il produttore del materiale ed il suo susseguente fruitore Un profitto finanziario per il produttore del materiale L esistenza di un mercato reale (inteso come domanda e offerta) per l ulteriore utilizzo del materiale medesimo. La prova che il materiale adempie alle stesse specifiche degli altri prodotti presenti sul mercato. E ancora le Linee Guida sopra citate specificano: Che cosa si intende quando si parla di materiale utilizzato direttamente senza alcun ulteriore processo che non riguardi altro se non quello industriale? Se un residuo di produzione ha subito un trattamento prima di essere utilizzato; ciò significa che, di fatto, tale residuo è stato sottoposto ad un operazione di trattamento. Pertanto la CEU pone l accento, nelle sue disposizioni, sulla definizione di rifiuto; e cioè una produzione residua può essere considerata esclusivamente come un sotto-prodotto se il suo riutilizzo ha carattere di certezza e se non ha subito alcun processo di trattamento, in caso contrario è da ritenersi un rifiuto. D altra parte, è importante tenere presente che le materie prime richiedono generalmente alcune lavorazioni prima di essere utilizzate nei processi produttivi. Quei trattamenti tecnici che attengono tipicamente alle caratteristiche connesse con il rifiuto della produzione residua così come la sua contaminazione con elementi che sono rischiosi e non vantaggiosi dovrebbero essere, in via preventiva, classificati come non rifiuto. Ciò per accertare che quelle operazioni, che potrebbero costituire un rischio per l ambiente e per la salute umana, sono sottoposte al vaglio di norme giuridiche in conformità con un principio precauzionale. D altra parte, un procedimento che corrisponde ad un normale processo industriale, e che implica una modifica nelle dimensioni o nella forma del prodotto per effetto di un trattamento meccanico, non pregiudica il fatto che un prodotto residuo venga considerato come sotto-prodotto. In accordo con i criteri di uso diretto senza ulteriore lavorazione se non quella strettamente attinente al processo industriale il punto cruciale è determinare che cosa si intende per normale processo industriale. Si consideri quanto segue: Punto della Guidance Directive di cui sopra : Un normale processo industriale può essere caratterizzato da tutti i passaggi ai quali il produttore fa ricorso per ottenere il prodotto finale, infatti il materiale può essere filtrato, lavato o seccato; o ancora può esservi l aggiunta di altri componenti indispensabili per il suo ulteriore utilizzo; o eseguire un controllo di qualità. Alcune di queste lavorazioni possono essere compiute nello stesso sito

6 del fabbricante, altre nel sito dell utilizzatore finale, altre ancora da aziende intermedie, sempre e comunque nel rispetto dei criteri che definiscono quella parte di lavorazione come parte integrante dell intero ciclo produttivo Che cosa si intende per prodotto come parte integrante di un processo produttivo? L enunciazione dell Art.5 WFD stabilisce che la sostanza, o l oggetto, è prodotto in quanto parte integrante di un processo produttivo. Se ne deduce che il processo dal quale deriva il sotto-prodotto deve essere, anch esso, parte integrante di un processo di produzione. Pertanto, un materiale preparato per il suo riutilizzo attraverso una parte integrante del processo produttivo può essere considerato come un sotto-prodotto. Inoltre, esaminando l Art.5 WFD nel testo principale, si deve anche tenere conto che: ulteriori operazioni di trattamento che costituiscono normali pratiche industriali non escludono la classificazione di una produzione residua come un sotto-prodotto, indipendentemente da dove tale trattamento industriale viene compiuto: nella sede del produttore del materiale, presso la sede dell industria che ne usufruisce o presso un sito intermedio.cifiche degli altri prodotti presenti sul mercato Che cosa si intende per riutilizzo legale? L Art.5 WFD chiarifica che l ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l oggetto soddisfa, per l utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull ambiente o sulla salute umana. In conformità con ciò che attiene al prodotto, la salvaguardia dell ambiente e della salute esige che possa essere accertato, in modo relativamente agevole, il suo utilizzo specifico. Ad esempio come di seguito indicato: Un materiale che rispetti le specifiche tecniche attinenti al suo riutilizzo, o un oggetto che soddisfa le caratteristiche specifiche di prodotto attinenti al suo ulteriore utilizzo. Qualora non esistessero specifiche tecniche relative al materiale in questione, può ancora essere legale utilizzarlo semplicemente se il suo utilizzo non è specificatamente vietato. (Cfr European Commission Directorate. General Environment The Director General Karl Falkenberg Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008(98(EC on waste giugno 2012). In conclusione: a) i beni concepiti come scopo primario della produzione, in termini organizzativi e tecnologici, costituiscono i prodotti industriali di un azienda; b) gli articoli o beni (nel lessico comunitario: sostanze od oggetto ), che non ricadono in tale scopo primario, possono essere definiti, nel rispetto delle condizioni normative date, sottoprodotti ; c) questi ultimi non vengono programmati secondo le modalità sub a), ma si generano naturalmente e/o necessariamente, come conseguenza diretta, per es., delle materie prime utilizzate (nell attività sub a) e/o in ragione delle tecnologie di processo seguite (si pensi alle lavorazioni industriali dei comparti del legno, del ferro, della gomma, delle industrie conserviere, dell edilizia, della raffinazione del greggio, della distillazione delle uve, ecc.)

7 allorché il residuo produttivo di tali lavorazioni possa essere utilizzato tal quale o a seguito di trattamenti circoscritti, propri della normale pratica industriale ; d) in termini storici e/o tecnologici, si può riscontrare che molti residui produttivi - oggi qualificati o qualificabili sottoprodotti - non sono stati considerati come beni e quindi hanno avuto in sorte di essere dismessi (smaltiti) o recuperati come rifiuti (per ragioni di mercato, per assenza di tecnologie appropriate che ne permettessero il reimpiego, per motivi economici, e, soprattutto, per lo stato arretrato della legislazione). C è da aggiungere un altra, decisiva considerazione: la nuova direttiva non richiede come condizioni costitutive della categoria giuridica del sottoprodotto, che esso: 1. scaturisca (o derivi), in via continuativa, dal processo industriale; 2. sia impiegato direttamente e nel corso del processo di produzione (come rilevato sopra); 3. sia originato comunque da una dichiarata o formalizzata volontà del produttore (essendo sufficiente che il sottoprodotto sia previsto e voluto: v. retro a par. 3, in fondo); 4. sia sottoposto a trattamenti consentiti da parte dello stesso produttore(rientranti nella normale pratica industriale ), potendo tali trattamenti mancare del tutto o essere applicati dai terzi,anche non utilizzatori finali, non configurandosi come trattamenti di recupero. In definitiva, sul piano giuridico e pratico-operativo, si deve affermare che si tratta di operazioni che ricadono nella normale pratica industriale e possono essere considerate come parte integrante del processo di produzione di quel sottoprodotto, ex lett. c). A seguito della Direttiva Europea 2008/98 il legislatore italiano ha adeguato la propria normativa in materia con l emanazione del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010 n.205 Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive In particolare, l Art.12 (Sottoprodotto e cessazione della qualifica di rifiuto) Articolo Dopo l'articolo 184 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono inseriti i seguenti: Articolo 184-bis (Sottoprodotto) 1. E' un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto e' originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non e' la produzione di tale sostanza od oggetto; b) e' certo che la sostanza o l'oggetto sara' utilizzato, nel corso dello stesso o di un

8 successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l'oggetto puo' essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l'ulteriore utilizzo e' legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non portera' a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana. 2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinche' specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All'adozione di tali criteri si provvede con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformita' a quanto previsto dalla disciplina comunitaria. Articolo 184-ter (Cessazione della qualifica di rifiuto) denominato END OF WASTE 1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando e' stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto e' comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non portera' a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. 2. L'operazione di recupero puo' consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformita' a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto. 3. Nelle more dell'adozione di uno o piu' decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n

9 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione. 4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo e' da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti. 5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto...

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