Al NURSIND Sindacato delle Professioni Infermieristiche

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1 INTERPELLO N. 11/2012 Roma, 10 aprile 2012 Direzione generale per l Attività Ispettiva Prot. 37/ Al NURSIND Sindacato delle Professioni Infermieristiche Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 impugnazione sanzioni disciplinari applicabilità art. 7, commi 6 e 7; L. n. 300/1970 alle controversie relative al lavoro pubblico. Il NURSIND Sindacato delle Professioni Infermieristiche ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla impugnazione delle sanzioni disciplinari. In particolare il NURSIND, preso atto della circolare n. 28/2010 ( ) avente ad oggetto impugnazione sanzioni disciplinari applicabilità art. 7, commi 6 e 7, L. n. 300/1970 alle controversie relative al lavoro pubblico ( ) chiede entro quale termine perentorio la sanzione disciplinare di un pubblico dipendente può essere impugnata davanti l ufficio provinciale del lavoro stante l inapplicabilità dell art. 7 della L. n. 300/1970. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale delle Relazioni Industriali e dei Rapporti di Lavoro, della Direzione generale per le Politiche del Personale, dell Innovazione, del Bilancio e della Logistica e della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica, si rappresenta quanto segue. In via preliminare, occorre inquadrare la problematica sollevata alla luce delle modifiche apportate dall art. 72, comma 1, D.Lgs. n. 150/2009 (c.d. Riforma Brunetta) agli artt. 55 e 56 del D.Lgs. n. 165/2001 (c.d. T.U. Pubblico impiego), con riferimento al quadro regolatorio concernente le procedure conciliative precontenziose nonchè le impugnazioni delle sanzioni disciplinari. Nello specifico, la novella legislativa ha operato in una duplice direzione: da un lato, ha modificato l art. 55, introducendo nell ambito della suddetta materia, i nuovi artt. dal 55 bis al 55 sexies, dall altro ha abrogato integralmente il successivo art. 56. Ciò premesso, al fine di fornire la soluzione alla problematica sottesa al quesito, è necessario muovere, in relazione alle procedure conciliative, dalla lettura dell art. 55, comma 3 così come modificato. 1

2 Tale disposizione stabilisce che la contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento ( ). Per quanto concerne, invece, il procedimento di impugnazione delle sanzioni disciplinari, l abrogazione dell art. 56, T.U. citato ha comportato per i dipendenti pubblici il divieto di ricorrere al collegio di conciliazione, istituito presso la Direzione provinciale del lavoro, con le modalità previste dall art. 7, commi 6 e 7, L. n. 300/1970. Occorre, tuttavia, sottolineare che la L. n. 183/2010 ha introdotto alcune modifiche in merito alla disciplina della conciliazione ed arbitrato nelle controversie in materia di lavoro. In proposito, si evidenzia che in virtù dell abrogazione da parte dell art. 31, comma 9, degli artt. 65 e 66, D.Lgs. n. 165/2001, le procedure di conciliazione ed arbitrato di cui agli artt. 410 e 412 c.p.c. risultano esperibili altresì da parte dei dipendenti del settore pubblico in relazione alle controversie di lavoro. Il nuovo tentativo di conciliazione (facoltativo) avendo una disciplina di fonte legale non subisce la preclusione di cui all art. 55, comma 3, già citato e di conseguenza la portata generale della disciplina ne consente l applicabilità alle ipotesi di impugnazione delle sanzioni disciplinari irrogate nei confronti dei pubblici dipendenti. Appare, inoltre, necessario specificare con particolare riferimento all art. 412 c.p.c., nella parte in cui consente la risoluzione della lite in via arbitrale, che risulta compatibile con quanto disposto dall art. 73, comma 1, D.Lgs. n. 150/2009, ai sensi del quale le sanzioni disciplinari non possono essere impugnate di fronte ai collegi arbitrali di disciplina. Quest ultima preclusione, infatti, attiene esclusivamente a questi particolari organismi arbitrali istituiti presso ciascuna amministrazione. In tale prospettiva, si ritiene che in virtù della successiva regolamentazione della materia ad opera del c.d. Collegato lavoro, anche le controversie aventi ad oggetto l impugnazione delle sanzioni disciplinari possono essere trattate dalle nuove commissioni di conciliazione che, per effetto del mutamento di procedura, potrebbero successivamente proseguire nella trattazione del contenzioso nella veste di collegio arbitrale. Si rappresenta, da ultimo, che per quanto attiene al disposto di cui all art. 412 ter concernente una tipologia di arbitrato irrituale, ossia l arbitrato sindacale, la cui procedura è rimessa alla contrattazione collettiva, vige la preclusione relativa alla fonte di carattere convenzionale, pertanto le sanzioni disciplinari non potranno essere impugnate mediante questo strumento. 2

3 Ciò non vale, invece, riguardo al successivo art. 412 quater, in quanto a differenza del precedente, è congegnato in virtù di una disciplina di fonte legale. Alla luce della legislazione attualmente vigente ed in risposta al quesito sollevato, si ritiene dunque che le sanzioni disciplinari irrogate nei confronti dei pubblici dipendenti possano essere impugnate sia attraverso l esperimento del tentativo facoltativo di conciliazione di cui agli artt. 410 e 411 c.p.c., nonché mediante le procedure arbitrali ex artt. 412 e 412 quater, ferma restando comunque l esperibilità dell azione giudiziaria negli ordinari termini prescrizionali. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Paolo Pennesi) DP ADB/MT 3

4 INTERPELLO N. 15/2012 Roma, 7 giugno 2012 Direzione generale per l Attività Ispettiva Prot. 37/ All Unione Generale del Lavoro Federazione Nazionale Sanità Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 retribuzione giornaliera mancato svolgimento della prestazione lavorativa causa neve. L Unione Generale del Lavoro Federazione Nazionale Sanità ha presentato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla problematica concernente l obbligo del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione ai lavoratori che non hanno potuto raggiungere il posto di lavoro causa neve nell ambito territoriale di Roma Capitale e delle altre province del Lazio. In proposito, si evidenzia che, nelle giornate del 3, 4, 6, 10 e 11 febbraio 2012, le autorità pubbliche dei territori interessati hanno provveduto ad emanare specifiche ordinanze, disponendo la chiusura di tutti gli uffici pubblici, nonché il divieto di circolazione dei mezzi privati sprovvisti di apposite catene e/o gomme termiche. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale del Personale, Innovazione, Bilancio e Logistica e della Direzione generale delle Relazioni Industriali e dei Rapporti di Lavoro, si rappresenta quanto segue. Al fine di fornire la soluzione al quesito avanzato, appare opportuno operare una distinzione tra settore pubblico e settore privato, per evidenziarne i profili differenziali afferenti alla problematica in esame. Con riferimento al settore pubblico, occorre precisare che la mancata effettuazione della prestazione lavorativa nelle giornate di cui sopra può considerarsi ascrivibile alle ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al lavoratore. Nello specifico, la fattispecie prospettata sembrerebbe afferire al c.d. factum principis, inteso quale provvedimento autoritativo ordinanza di chiusura degli uffici pubblici causa neve che impedisce in modo oggettivo ed assoluto l adempimento della prestazione, ossia l espletamento 1

5 dell attività lavorativa, fermo restando l obbligo datoriale di corrispondere la retribuzione nelle giornate indicate. L interpretazione innanzi sostenuta risulterebbe, peraltro, recepita nell ambito della contrattazione collettiva comparto Ministeri, laddove viene indicata tra le motivazioni per cui possono essere concessi i permessi retribuiti, anche l ipotesi di assenza motivata da gravi calamità naturali che rendano oggettivamente impossibile il raggiungimento della sede di servizio, fatti salvi i provvedimenti di emergenza diversi e più favorevoli disposti dalle competenti autorità. Nel settore privato, invece, il provvedimento autoritativo concernente il divieto di circolazione dei mezzi privati sprovvisti di apposite catene non costituisce impedimento di carattere assoluto all effettuazione della prestazione lavorativa, in quanto non preclude la libera scelta datoriale di continuare a svolgere le attività connesse al settore di appartenenza. Si precisa, tuttavia, che in tali eventualità il mancato raggiungimento del posto di lavoro potrebbe risultare, comunque, estraneo alla volontà del lavoratore, pertanto la mancata esecuzione delle prestazione contrattuale, in presenza di tempestiva comunicazione del lavoratore all azienda, supportata da idonea motivazione (cfr. artt e 2104 c.c.), non sembrerebbe qualificabile in termini di inadempimento a lui imputabile. Alla luce delle osservazioni sopra svolte ed in linea con i principi codicistici che presiedono le obbligazioni contrattuali, si ritiene che in tali fattispecie l impossibilità sopravvenuta liberi entrambi i contraenti: il lavoratore dall obbligo di effettuare la prestazione e il datore dall obbligo di erogare la corrispondente retribuzione. Restano ferme, tuttavia, le disposizioni dei contratti collettivi di lavoro che, generalmente, contemplano la possibilità per il lavoratore di fruire di titoli di assenza retribuiti connessi al verificarsi di eventi eccezionali. DP IL DIRETTORE GENERALE (f.to Paolo Pennesi) ADB/SC 2

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