Progetto di Piano stralcio per l Assetto Idrogeologico (PAI)

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1 Progetto di Piano stralcio per l Assetto Idrogeologico (PAI) 1. Riferimenti legislativi La legge 18/5/1989 n. 183, "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo" definisce finalità, soggetti, strumenti e modalità dell azione della pubblica amministrazione in materia di difesa del suolo. Le finalità della legge sono quelle di "assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi". Il principale strumento dell azione di pianificazione e programmazione è costituito dal Piano di bacino, mediante il quale sono "pianificate e programmate le azioni e le norme d uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio interessato". Il processo di formazione del Piano, dovendo affrontare una realtà complessa come quella del bacino Po, avviene, ai sensi dell art. 17, comma 6-ter della stessa legge (introdotto dalla legge 493/93), per Piani stralcio, in modo da consentire di affrontare prioritariamente i problemi più urgenti. Le criticità e lo stato di rischio che contraddistinguono il bacino per gli aspetti connessi al dissesto idraulico e idrogeologico hanno portato a individuare tale settore come prioritario. I contenuti metodologici del Piano fanno riferimento, oltre che alla legge 183/89, agli atti emanati successivamente: D.P.C.M. 23 marzo 1990 "Atto di indirizzo e coordinamento ai fini della elaborazione e della adozione degli schemi previsionali e programmatici"; D.P.R. 7 gennaio 1992 "Atto di indirizzo e coordinamento per determinare i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attività conoscitive dello Stato, delle Autorità di bacino e delle Regioni per la redazione del piani di bacino"; D.P.R. 18 luglio 1995 "Approvazione dell atto di indirizzo e coordinamento concernente i criteri per la redazione dei Piani di bacino". Altro elemento normativo importante è costituito dalla legge 37/1994 "Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche" che modifica significativi aspetti relativi al demanio fluviale. Collocazione del Piano stralcio nel quadro generale della pianificazione

2 Nel settore del dissesto idraulico e idrogeologico, l attività di progressiva formazione del Piano è stata condotta attraverso diversi filoni, tra loro coordinati: l approfondimento della definizione, metodologica e di contenuti, del Piano di bacino; la conduzione delle attività di studio propedeutiche al Piano, coordinate nell ambito del Progetto Po, approvato dal Comitato Istituzionale nel 1992; la programmazione in via transitoria degli interventi più urgenti attraverso gli Schemi Previsionali e Programmatici : o o Schema Previsionale e Programmatico ex art. 31 della legge 183/89 e successivi aggiornamenti per i trienni successivi al primo, in funzione delle rimodulazioni della spesa apportate dalle leggi finanziarie dello Stato, Schema Previsionale e Programmatico relativo alla Valtellina ex art. 3 della legge 102/90 (D.P.C.M. 28/12/1991); o Schema Previsionale e Programmatico relativo al Toce ex art. 3 della legge 102/90 (D.P.C.M. 7/12/1995); la definizione di misure di salvaguardia e direttive, ai sensi dell art. 17, comma 6- bis, relativamente alle situazioni di maggiore criticità e urgenza: o o o direttiva sulla regolamentazione della movimentazione e asportazione dei materiali litoidi dagli alvei (Deliberazione 6 agosto 1992, n 5 successivamente reiterata fino ad approvazione definitiva in Allegato 4 al PSFF con Deliberazione 11 dicembre 1997, n.26); misure di salvaguardia sulle aree di fondovalle del fiume Po, nel tratto piemontese e lombardo, Tanaro, Belbo e Bormida interessate dal fenomeno alluvionale del 4-6 novembre 1994 (Deliberazione 10 maggio 1995, n. 10); misure di salvaguardia sui fiumi Olona (Deliberazione 17 luglio 1996, n. 19), sui torrenti Arno, Rile e Tenore (Deliberazione 17 luglio 1996, n. 20) e sul fiume Adda sopralacuale (Deliberazione 17 luglio 1996, n. 21); la redazione di due Piani stralcio parziali sul settore, dettati da esigenze di particolare urgenza e priorità connesse al manifestarsi della piena del novembre 1994: o o PS 45, "Piano stralcio per la realizzazione degli interventi necessari al ripristino dell assetto idraulico, alla eliminazione delle situazioni di dissesto idrogeologico e alla prevenzione dei rischi idrogeologici nonché per il ripristino delle aree di esondazione", ai sensi dell art. 4, comma 5, legge 22/95; PSFF, "Piano Stralcio delle Fasce Fluviali"; Deliberazione di adozione del Progetto di Piano del 5 febbraio 1996 n. 1; Deliberazione di adozione del Piano dell 11 dicembre 1997, n.26; Approvazione con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il 24 luglio Il PS 45 costituisce il primo passo del processo di costruzione del Piano; ha risposto all esigenza di collocare i consistenti interventi di ricostruzione e rispristino che, a seguito della piena citata, si erano resi necessari, nel quadro coerente della pianificazione di bacino, senza per altro ritardare la realizzazione delle opere stesse. Contiene:

3 una prima definizione degli obiettivi generali e specifici relativi all assetto idraulico e idrogeologico dell intero bacino idrografico; le linee di intervento strutturale e non strutturale per i sistemi colpiti; il Programma degli interventi finanziati; l individuazione delle misure di salvaguardia da applicare sulle aree di fondovalle del fiume Po, nel tratto piemontese e lombardo, Tanaro, Belbo e Bormida interessate dal fenomeno alluvionale del 4-6 novembre 1994 (applicate con Deliberazione del C.I. 10 maggio 1995, n. 10); le Norme di attuazione riguardanti le condizioni di assetto del bacino idrografico (piena di progetto, portate limite di deflusso nella rete idrografica, compatibilità per gli attraversamenti interferenti con la rete idrografica); le modalità di attuazione degli interventi e di monitoraggio degli stessi. Il PSFF contiene la delimitazione cartografica delle fasce fluviali dei corsi d acqua piemontesi, dell asta del fiume Po e dei corsi d acqua emiliani e lombardi nei tratti arginati di confluenza al Po e la normativa inerente le attività antropiche all interno delle fasce, o che interferiscono con le stesse. Fig.2.1. Modalità di formazione del "Piano stralcio per l Assetto Idrogeologico" Il "Piano stralcio per l Assetto Idrogeologico" (PAI) rappresenta l atto di pianificazione, per la difesa del suolo dal rischio idraulico e idrogeologico, conclusivo e unificante dei due strumenti di pianificazione parziale, in precedenza richiamati, il PS 45 e il PSFF. Rispetto a questi Piani stralcio, il PAI contiene, per l intero bacino:

4 il completamento del quadro degli interventi strutturali a carattere intensivo, sui versanti e sui corsi d acqua non individuati per carenze informative nel PS 45 e che non trovano copertura finanziaria nell ambito delle leggi collegate all evento di piena del 94 (leggi 22/95, 35/95, 185/92); l individuazione del quadro degli interventi strutturali a carattere estensivo; la definizione degli interventi a carattere non strutturale, costituiti principalmente dagli indirizzi e dalle limitazioni d uso del suolo nelle aree a rischio idraulico e idrogeologico: o o a completamento della delimitazione delle fasce fluviali ai rimanenti corsi d acqua principali del bacino, per i quali assume la normativa relativa alla regolamentazione degli usi del suolo e degli interventi nei territori fluviali delimitati già approvata nell ambito del PSFF; con riferimento all individuazione e alla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, nella restante parte del territorio collinare e montano, conformamente a quanto previsto dal testo del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, coordinato con la legge di conversione 3 agosto 1998, n La Fig evidenzia la sequenzialità delle fasi di esecuzione e il processo attraverso il quale gli stralci si "alimentano" dall informazione di base conoscitiva e dalle proposte progettuali (opzioni di intervento) elaborate nell ambito del Progetto Po (con particolare riferimento alle attività organizzate nell area assetto idrogeologico); essendo garantita contestualmente la coerenza con lo Schema di progetto di piano e con gli Schemi Previsionali e Programmatici. 3. Contenuti del Piano stralcio 3.1 Articolazione Il processo di costruzione del PAI è caratterizzato dai seguenti passaggi sequenziali e interrelati: l assunzione degli obiettivi generali e specifici per la difesa del suolo; la definizione del sistema delle conoscenze attraverso: o o la costruzione analitica di un aggiornato inquadramento conoscitivo e di scenario, conseguente all esame dei fenomeni di dissesto e della loro evoluzione, dei relativi effetti e delle anomalie di base del sistema (caratteristiche del territorio); l analisi dell assetto del territorio attraverso la quantificazione delle condizioni di vulnerabilità, di pericolosità e di rischio idraulico e geologico (problematiche e criticità); l individuazione delle linee generali di assetto idrogeologico e del quadro degli interventi a carattere strutturale e non strutturale; la definizione degli strumenti di attuazione; la definizione delle priorità e dei programmi di attuazione; l individuazione delle modalità di controllo di attuazione.

5 Il Progetto di piano stralcio è costituito da nove elaborati e tre addendum: 1. Relazione generale Relazione di sintesi Allegato 1 Analisi dei principali punti critici Allegato 2 Programma finanziario 2. Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici Inventario dei centri abitati collinari/montani esposti a pericolo Allegato 1. Elenco dei comuni per classi di rischio (art. 7 delle Norme di attuazione) Allegato 2. Quadro di sintesi dei fenomeni di dissesto a livello comunale Allegato 3. Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo Allegato 4. Delimitazione delle aree in dissesto (Cartografia 1:25.000) 3. Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico 3.1 Asta Po Allegato 1 Navigazione interna 3.2. Mincio, Oglio, Adda Sottolacuale, Lambro, Olona, Ticino, Toce, Terdoppio, Agogna 3.3. Sesia, Dora Baltea, Orco, Stura di Lanzo, Dora Riparia, Sangone, Chisola, Pellice, Varaita, Maira, Tanaro, Scrivia 3.4. Oltrepò Pavese, Trebbia, Nure, Chiavenna, Arda, Taro, Parma, Enza, Crostolo, Secchia, Panaro 3.5. Arno, Rile, Tenore Allegato 1 Linee generali di assetto e quadro degli interventi in scala 1: Adda Sopralacuale (Valtellina e Valchiavenna) Allegato 1 Linee generali di assetto e quadro degli interventi in scala 1: Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico culturali, ambientali 5. Quaderno delle opere tipo

6 6. Cartografia di Piano Tav. 1. Ambito di applicazione del Piano (scala 1: ) Tav. 2. Ambiti fisiografici (scala 1: ) Tav. 3. Corsi d acqua interessati dalle fasce fluviali (scala 1: ) Tav. 4. Geolitologia (scala 1: ) Tav. 5. Sintesi dell assetto morfologico e dello stato delle opere idrauliche dei principali corsi d acqua (scala 1: ) Tav. 6. Rischio idraulico e idrogeologico (scala 1: ) Tav. 7. Emergenze naturalistiche, paesaggistiche e storico-culturali presenti nelle aree di dissesto idraulico e idrogeologico (scala 1: ) Tav. 8. Sintesi delle linee di intervento sulle aste (scala 1: ) Tav. 9. Sintesi delle linee di intervento sui versanti (scala 1: ) 7. Norme di attuazione Titolo I. Norme generali per l assetto della rete idrografica e dei versanti Allegato 1 Comuni interessati dal Piano per l intero territorio comunale Allegato 2 Comuni interessati dal Piano per parte del territorio comunale Allegato 3 Tratti a rischio di asportazione della vegetazione arborea lungo la rete idrografica principale (cartografia 1: ) Allegato 4 Comuni del territorio collinare e montano interessati dalla delimitazione delle aree in dissesto Titolo II. Norme per le fasce fluviali Allegato 1 Corsi d acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali Allegato 2 Comuni interessati dalle fasce fluviali Allegato 3 Metodo di delimitazione delle fasce fluviali Titolo III. Derivazioni di acque pubbliche e attuazione dell art. 8, comma 3, della legge 2 maggio 1990, n. 102

7 Allegato 1 Bilancio idrico per il sottobacino dell Adda sopralacuale 8. Tavole di delimitazione delle fasce fluviali: n. 21 tavole in scala 1:50.000, n. 122 tavole in scala 1: e n. 53 tavole in scala 1: Relazione generale al secondo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali Addendum 1: Progetto di delimitazione delle fasce fluviali - Torrente Banna (relazione illustrativa e n. 12 tavole in scala 1:10.000) Addendum 2: Progetto di delimitazione delle fasce fluviali - Torrente Chisola (relazione illustrativa e n. 3 tavole in scala 1:25.000) Addendum 3: Progetto di delimitazione delle fasce fluviali - Torrente Sangone (relazione illustrativa e n. 4 tavole in scala 1:25.000) 3.2. Obiettivi Il "Piano stralcio per l Assetto Idrogeologico" ha lo scopo di assicurare, attraverso la programmazione di opere strutturali, vincoli, direttive, la difesa del suolo rispetto al dissesto di natura idraulica e idrogeologica e la tutela degli aspetti ambientali a esso connessi, in coerenza con le finalità generali e i indicate all art. 3 della legge 183/89 e con i contenuti del Piano di bacino fissati all art. 17 della stessa legge. Il Piano definisce e programma le azioni attraverso la valutazione unitaria dei vari settori di disciplina, con i seguenti obiettivi: garantire un livello di sicurezza adeguato sul territorio; conseguire un recupero della funzionalità dei sistemi naturali (anche tramite la riduzione dell artificialità conseguente alle opere di difesa), il ripristino, la riqualificazione e la tutela delle caratteristiche ambientali del territorio, il recupero delle aree fluviali a utilizzi ricreativi; conseguire il recupero degli ambiti fluviali e del sistema idrico quale elementi centrali dell assetto territoriale del bacino idrografico; raggiungere condizioni di uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi idrografici e dei versanti, funzionali a conseguire effetti di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di riduzione dei deflussi di piena. Le linee di intervento strategiche perseguite dal Piano tendono in particolare a: o o o proteggere centri abitati, infrastrutture, luoghi e ambienti di riconosciuta importanza rispetto a eventi di piena di gravosità elevata, in modo tale da ridurre il rischio idraulico a valori compatibili; mettere in sicurezza abitati e infrastrutture interessati da fenomeni di instabilità di versante; salvaguardare e, ove possibile, ampliare le aree naturali di esondazione dei corsi d acqua;

8 o o o o o o limitare gli interventi artificiali di contenimento delle piene a scapito dell espansione naturale delle stesse, e privilegiare, per la difesa degli abitati, interventi di laminazione controllata, al fine di non aumentare il deflusso sulle aste principali e in particolare sull asta del Po; limitare i deflussi recapitati nella rete idrografica naturale da parte dei sistemi artificiali di drenaggio e smaltimento delle acque meteoriche delle aree urbanizzate; promuovere interventi diffusi di sistemazione dei versanti con fini di aumento della permeabilità delle superfici e dei tempi di corrivazione; promuovere la manutenzione delle opere di difesa e degli alvei, quale strumento indispensabile per il mantenimento in efficienza dei sistemi difensivi e assicurare affidabilità nel tempo agli stessi; promuovere la manutenzione dei versanti e del territorio montano, con particolare riferimento alla forestazione e alla regimazione della rete minuta di deflusso superficiale, per la difesa dai fenomeni di erosione, di frana e dai processi torrentizi; ridurre le interferenze antropiche con la dinamica evolutiva degli alvei e dei sistemi fluviali. Sulla rete idrografica principale gli obiettivi sopra indicati costituiscono il riferimento rispetto al quale il Piano definisce l assetto di progetto dei corsi d acqua; la loro trasposizione alle singole situazioni è funzione dalle specifiche condizioni degli stessi, determinate prevalentemente da: caratteristiche geomorfologiche e di regime idraulico attuali e loro tendenza evolutiva; livello di sistemazione idraulica presente; condizionamenti determinati dal sistema infrastrutturale e urbano circostante; condizioni di uso del suolo nella regione fluviale e di naturalità della stessa. Per ciascun corso d acqua della rete idrografica principale l assetto di progetto è individuato dai seguenti elementi: il limite dell alveo di piena e delle aree inondabili rispetto alla piena di riferimento; l assetto del sistema difensivo complessivo: argini e opere di sponda, eventuali dispositivi di laminazione controllata, diversivi o scolmatori; le caratteristiche morfologiche e geometriche dell alveo; le caratteristiche di uso del suolo della regione fluviale e dei sistemi presenti di specifico interesse naturalistico. Sul reticolo idrografico montano e sui versanti gli obiettivi di Piano vengono riferiti a un analisi dei fenomeni geologici e idrologici e ad una identificazione dei dissesti e del rischio condotti a livello di sottobacino idrografico; l individuazione delle azioni fa riferimento alle condizioni di assetto complessive da conseguire e, in rapporto a esse, agli aspetti significativi alla scala di bacino. Nell ambito degli obiettivi e delle finalità indicate, il Piano compie alcune scelte strategiche di fondo, che, brevemente richiamate, costituiscono le condizioni al contorno e la qualificazione degli obiettivi principali:

9 la valutazione del rischio idraulico e idrogeologico, al quale commisurare sia la realizzazione delle opere di difesa idraulica che le scelte di pianificazione territoriale al fine di assicurare condizioni di sicurezza e di compatibilità delle attività antropiche; l interazione tra il rischio idraulico e idrogeologico, le attività agricolo-forestali e la pianificazione urbanistica e territoriale, di particolare rilevanza per una pianificazione complessiva degli usi del territorio che tenga conto dei fenomeni idrologici del reticolo idrografico e della dinamica dei versanti; il perseguimento, ai fini della minimizzazione del rischio, di una reale integrazione tra gli interventi strutturali preventivi di difesa, la regolamentazione dell uso del suolo, la previsione delle piene e dei fenomeni di dissesto e la gestione degli eventi critici (protezione civile). 3.3 Strumenti Gli strumenti di attuazione del Progetto di piano sono i mezzi prescelti per dare attuazione alle determinazioni assunte con la scelta delle linee di intervento e sono costituiti da: Norme di attuazione; Piano finanziario. Le Norme di attuazione riguardano in generale le finalità e gli effetti del Piano e in particolare le fasce fluviali per i corsi d acqua che sono oggetto di delimitazione nell ambito del Piano stesso; sono pertanto suddivise in tre parti: Titolo I - norme generali per l assetto della rete idrografica e dei versanti; Titolo II - norme per le fasce fluviali. Titolo III. - Derivazioni di acque pubbliche e attuazione dell art. 8, comma 3, della legge 102/90 Le prime sono relative alle linee di assetto complessive del bacino idrografico, distintamente per la rete idrografica principale e per i versanti e il reticolo idrografico di montagna. Definiscono le modalità di attuazione di tutti gli interventi, strutturali e non, individuati dal Piano: interventi di manutenzione idraulica e idrogeologica, di sistemazione e difesa del suolo, di rinaturalizzazione, gli interventi nell agricoltura e per la gestione forestale, gli interventi urbanistici e gli indirizzi alla pianificazione urbanistica, gli interventi per la realizzazione di infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, l adeguamento delle opere viarie di attraversamento. Contengono la classificazione del dissesto idraulico e idrogeologico in base alla quale viene definita una procedura di verifica della compatibilità idraulica e idrogeologica della pianificazione urbanistica. Le seconde ripropongono invariate, per i nuovi tratti di corso d acqua, le disposizioni relative alle fasce fluviali approvate nell ambito del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali.

10 Il Titolo III è stato introdotto nel Piano in ragione della necessità di dare attuazione urgente a quanto disposto dalla legge 102/90 per la Valtellina relativamente alle derivazioni d acqua per utilizzo idroelettrico. Il titolo comprende, nella prima parte, disposizioni generali che riguardano le modalità di rilascio e controllo delle derivazioni e che costituiscono elementi attuativi della normativa nazionale relativa al settore; nella seconda parte vengono stabiliti, per la Valtellina, i criteri e le prescrizioni per il rilascio di nuove derivazioni idroelettriche sulla base del bilancio idrico. Il Programma finanziario definisce il quadro globale degli interventi e i relativi fabbisogni finanziari necessari al conseguimento degli obiettivi posti nel Piano. Si articola su tre fasi, contestuali e integrate: il programma fissato in sede di PS 45 (ex L. 21 gennaio 1995 n. 22 e L. 16 febbraio 1995 n. 35) e i successivi aggiornamenti; i programmi fissati nell ambito degli Schemi Previsionali e Programmatici [SPP Valtellina, SPP Toce, SPP L.183/89 (92-96), SPP L.183/89 (97-99)]; gli interventi che scaturiscono dal presente Piano Stralcio secondo i fabbisogni e le ulteriori necessità espresse dalle "Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico". 3.4 Controllo dell attuazione Il Piano stralcio definisce le modalità di controllo dell attuazione, sia per quanto attiene i tempi sia per quanto riguarda gli effetti e l efficacia delle azioni; individua pertanto gli strumenti e i soggetti competenti nonché i criteri e i mezzi per assicurare l informazione ai soggetti interessati. Vengono anche precisate le procedure per le varianti e gli aggiornamenti del Piano, la cui previsione deriva dall esigenza di conferire al Piano stesso la massima efficacia in rapporto all evolvere dello stato del bacino. 4. Sistema delle conoscenze 4.1 Caratteristiche del territorio Il Piano opera una discretizzazione del territorio in ambiti, in funzione dell importanza delle componenti, della gravità dei fenomeni di natura idraulica e idrogeologica e delle loro relazioni funzionali: l asta fluviale del Po;

11 la rete idrografica principale di pianura e dei fondovalle alpini; i nodi critici nell'area di pianura e montana; la rete idrografica secondaria di pianura; la rete idrografica collinare e di montagna e i versanti. L informazione disponibile, debitamente selezionata, omogeneizzata e aggregata alla scala di bacino, è stata utilizzata per l analisi dei fenomeni sui quali il Piano interviene, costruendo un quadro conoscitivo integrato dell assetto del territorio. Il principale riferimento conoscitivo e di analisi è costituito dai Sottoprogetti, SP 1.1 e SP 1.2, e SP 1.3, organizzati nell ambito del Progetto Po e denominati rispettivamente: Piene e naturalità degli alvei fluviali; Stabilità dei versanti; Compatibiltà delle attività estrattive. 4.2 Problematiche e criticità Quadro degli squilibri L analisi condotta è dedicata all interpretazione dei fenomeni, cioè all identificazione delle relazioni di causa-effetto, delle interdipendenze e interrelazioni fra i processi che, da un lato, definiscono i fattori naturali limitanti le possibili utilizzazioni del territorio, e, dall altro, i fattori di degrado. La valutazione è finalizzata all individuazione delle necessità d intervento, seguendo un duplice percorso: quello della descrizione del quadro dei dissesti, da cui discende l individuazione degli squilibri, e quello della stima della pericolosità e della vulnerabilità, da cui discende un oggettivazione del rischio. Si hanno i seguenti passaggi salienti (Fig. 4.3). Il quadro dei dissesti è costituito dall insieme dei fenomeni di natura idraulica e idrogeologica che determinano condizioni di pericolosità a diversi livelli di intensità. Il quadro degli squilibri è definito dall insieme di quei fenomeni di dissesto relativi ai corsi d acqua e ai versanti, i cui effetti non sono compatibili con le condizioni di uso in atto o progettate del territorio. Si parla dunque di squilibrio quando il manifestarsi di uno dei fenomeni indicati va a interferire con l assetto antropico attuale o di progetto del territorio, provocando danni a diversa scala di gravosità. Il quadro che viene fornito punta pertanto a presentare le condizioni di assetto idraulico e idrogeologico "non compatibile" espresse come interferenza tra fenomeni di instabilità e aspetti antropici che ne sono soggetti: insediamenti, infrastrutture, attività di uso del suolo. Nell individuazione degli squilibri viene considerato anche il livello di protezione esistente e il relativo grado di adeguatezza.

12 Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici Il PAI, con l obiettivo della riduzione del rischio, ha affrontato la parte collinare e montana del bacino idrografico, attraverso la seguente procedura: 1. Costruzione del quadro conoscitivo sui processi di versante e torrentizi tramite la raccolta, l organizzazione e l integrazione delle conoscenze disponibili. Tale fase ha dato luogo al quadro distributivo dei fenomeni di dissesto, rappresentato alla scala cartografica 1:50.000, ma con livello di precisione dei dati originali variabile, a seconda delle aree del bacino, fra 1: e 1: Analisi di rischio idraulico e idrogeologico a livello comunale con definizione, attraverso una procedura specifica, del rischio medio per comune con funzione di caratterizzazione relativa delle condizioni del bacino idrografico. 3. Analisi di pericolosità del dissesto, con zonazione cartografica alla scala 1:25.000, "Delimitazione cartografica delle aree in dissesto", con finalità di definizione normativa delle limitazioni d uso del suolo. 4. Analisi delle interferenze tra pericolosità e uso del suolo nei territori collinari e montani, rappresentata nell "Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo", con funzioni di individuazione delle aree in cui le condizioni di dissesto e di uso del suolo pongono problemi di compatibilità. 5. Analisi di rischio locale, definita a livello metodologico su alcuni casi tipologici campione, come strumento di omogeneizzazione a scala di bacino delle valutazioni di rischio puntuale che andranno condotte in fase di attuazione del Piano stralcio. La metodologia adottata rinvia al dettaglio descrittivo dell elaborato di Piano n. 2 "Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici Inventario dei centri abitati collinari/montani esposti a pericolo". Attraverso l acquisizione e georeferenziazione dei dati disponibili in ordine alla distribuzione territoriale dei processi e delle situazioni di dissesto in atto e pregresse, con specifico riferimento ai catasti regionali-provinciali delle frane, dei processi fluvio-torrentizi e delle valanghe, alle segnalazioni degli Enti locali (Comunità Montane), alla bibliografia reperita presso gli Enti di Ricerca (CNR-IRPI), si è pervenuti alla realizzazione di un prodotto cartografico omogeneo, alla scala 1:50.000, che descrive il quadro distributivo dei fenomeni di instabilità sull intero territorio del bacino. Gli elenchi strutturati delle informazioni alfanumeriche associate alla base cartografica prima descritta, consentono di caratterizzare, per estensione e tipologia, il quadro dei dissesti (Allegato 2 all Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici: Quadro di sintesi dei fenomeni di dissesto a livello comunale). La determinazione del rischio idraulico e idrogeologico, riferito ad unità elementari costituite dai confini amministrativi, deriva dalla valutazione della pericolosità, connessa alle diverse tipologie di dissesto, e della vulnerabilità propria del contesto socio-economico e infrastrutturale potenzialmente soggetto a danni in dipendenza del manifestarsi di fenomeni di dissesto. Questa procedura di valutazione (v. Fig. 4.1), consente l assegnazione di quattro classi di rischio (moderato, medio, elevato, molto elevato) alle unità elementari con cui è stato suddiviso il territorio del bacino idrografico (comuni). La caratterizzazione, fondata su una procedura di quantificazione numerica e condotta per tutti i comuni per i quali la porzione prevalente del territorio ricade nel bacino idrografico, è

13 di tipo qualitativo (Allegato 1 all Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici: Elenco dei comuni per classi di rischio). Fig.4.1. Definizione del rischio idraulico e idrogeologico La documentazione prodotta fino a questo punto, con associata base numerica, costituiva una buona base informativa per perfezionare e meglio dettagliare l analisi di pericolosità dei fenomeni di dissesto censiti. Si è pervenuti quindi ad una delimitazione cartografica delle aree in dissesto, in scala 1: (Allegato 4 all Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici), che consente di individuare con una codifica omogenea, delimitandole e/o localizzandole, le situazioni di maggior pericolo. In funzione dello stato di pericolosità, le informazioni precedenti sono state così reinterpretate, mediante tecniche informatiche a livello cartografico, per assicurarne l esatta rispondenza dimensionale ed ubicazionale alle fonti originali. A queste aree saranno riferite, successivamente, le norme di attuazione del Piano stralcio in ordine alle limitazioni d uso del suolo. Se l identificazione e la delimitazione delle aree in dissesto consentiva il riconoscimento delle componenti dirette che possono indurre una condizione di pericolosità e quindi di rischio più o meno vasto ed elevato su una determinata area, non si poteva prescindere da una disamina delle situazioni singolarmente critiche. L Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo costituisce, in tal senso, una valutazione di maggior dettaglio riferita alle caratteristiche specifiche dei fenomeni in ambiente collinare e montano che

14 minacciano insediamenti e infrastrutture (Allegato 3 all Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici). Per una ulteriore analisi delle interferenze tra pericolosità e uso del suolo nei territori collinari e montani è stata infine messa a punto una procedura di valutazione e perimetrazione puntuale dei livelli di rischio che si ritiene debba essere condotta nella successiva fase di attuazione del Piano stesso Valutazione delle aree inondabili lungo i corsi d acqua principali Per i corsi d acqua principali nei tratti di pianura e di fondovalle montano è stata condotta una valutazione delle modalità di deflusso delle portate di piena per assegnati tempi di ritorno (20, 100, 200 e 500 anni), delimitando l alveo di piena e le aree inondabili. L analisi ha consentito di: migliorare la stima del rischio idraulico nella regione fluviale; valutare il livello di protezione delle opere idrauliche esistenti e individuare la necessità di nuove opere; delimitare le fasce fluviali Valutazione del rischio idraulico lungo l asta del Po L asta del Po è stata oggetto di un particolare approfondimento di valutazione attraverso i seguenti punti: analisi della portata massima al colmo defluente nell attuale condizione di assetto delle arginature; definizione del profilo inviluppo di piena per un tempo di ritorno omogeneo lungo l asta, pari a 200 anni; delimitazione delle aree potenzialmente allagabili in caso di rotta arginale, sulla base dell analisi delle rotte storiche, delle caratteristiche morfologiche del territorio circostante e delle grandezze idrauliche coinvolte. L analisi è stata finalizzata alla delimitazione della fascia C, che per tutto il tratto mediobasso dell asta corrisponde alla situazione di un evento catastrofico che comporti una o più rotte degli argini (per sormonto o per cedimento del corpo arginale), e all individuazione degli interventi di adeguamento del sistema arginale esistente. 4.3 Criteri e linee di intervento Individuati, sulla base degli obiettivi di Piano, i criteri di intervento, la costruzione delle linee di intervento è avvenuta attraverso i seguenti punti: 1. quantificazione della domanda di intervento strutturale, per conseguire su tutto il territorio condizioni di rischio compatibili relativamente: o ai versanti e alle aree instabili;

15 o alle piene, con specifica attenzione alla valorizzazione della naturalità delle regioni fluviali; 2. definizione delle linee di intervento strutturali a carattere intensivo ed estensivo, in relazione al grado di sicurezza da conseguire, costituito da: o o interventi di manutenzione, completamento e integrazione dei sistemi di difesa esistenti, in relazione al loro grado di efficienza ed efficacia, realizzazione di nuovi sistemi di difesa, a integrazione dei precedenti, con funzioni di controllo dell evoluzione dei fenomeni di dissesto; 3. definizione delle esigenze di manutenzione ordinaria e straordinaria dei sistemi naturali (corsi d acqua, versanti) e delle opere idrauliche e di controllo dei dissesti; 4. definizione delle esigenze di monitoraggio dei fenomeni idrologici, morfologici e geologici che concorrono a determinare l evoluzione dello stato dei dissesti e del rischio; 5. definizione degli interventi non strutturali, con particolare riferimento alla normativa relativa all uso del suolo nelle aree a rischio (fasce fluviali, aree a rischio). Il quadro delle linee di intervento corrisponde alle scelte operate dopo fasi di consultazione che hanno coinvolto, nella valutazione delle opzioni, il Magistrato per il Po e gli Uffici regionali. fig Tipologie di intervento È ben noto che il raggiungimento di determinati obiettivi può avvenire lungo percorsi alternativi, adottando cioè soluzioni diverse che, seppur condizionate da vincoli di varia natura (fisici, economici, politico-istituzionali), sono caratterizzate da gradi diversi di efficacia e di fattibilità.

16 Nell individuazione delle opzioni di intervento si è tenuto in conto delle rilevanze naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali di cui si riferisce con maggior dettaglio nell elaborato. Ciò con un duplice scopo: proteggere e valorizzare gli ecosistemi più fragili e le emergenze storico-culturali esposte a dissesto e scegliere interventi il più possibile compatibili con le peculiarità paesistico-ambientali del contesto territoriale nel quale essi si collocano. fig Formazione delle linee di intervento del Progetto di piano stralcio

17 Questo ha comportato di non intervenire su tutte le forme di dissesto presenti, in quanto molte di esse sono la manifestazione dei naturali processi geomorfici che regolano l evoluzione del territorio, dei rilievi e dei corsi d acqua. Si è deciso di intervenire dove questi dissesti comportano in modo diretto o indiretto un grave rischio per le popolazioni, gli insediamenti abitativi e quant altro ad essi connesso, soprattutto se tra le cause del dissesto si è riscontrata una componente antropica. Nella definizione delle tipologie degli interventi si è optato, inoltre, per quelli a minor impatto ambientale, privilegiando, nelle aree più sensibili, quelli propri dell ingegneria naturalistica.

18 Queste logiche, che hanno governato la scelta degli interventi e delle tipologie, dovrebbero consentire, piuttosto che ostacolare, i processi naturali legati alla dinamica fluviale e di versante. Occorre infatti trovare forme di sviluppo del territorio compatibili con tale dinamica, limitando al massimo opere che possano incidere negativamente sugli aspetti naturali, aggravando o trasferendo altrove le problematiche di dissesto. Le "Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico" sono definite per i sottobacini idrografici, costituenti gli affluenti principali del Po, e sono organizzate con riferimento a: asta del corso d acqua principale, con definizione dell assetto di progetto e degli interventi da realizzare; sottobacini montani del sottobacino principale, con definizione degli interventi per il reticolo idrografico e i versanti. Il "Quaderno delle Opere Tipo" propone un contributo specifico alla standardizzazione delle tipologie di intervento e alla corretta progettazione degli interventi, con il precipuo fine di ottenere, anche per questa via, una riduzione del rischio idrogeologico. Ideato ed elaborato come strumento tecnico-operativo per assistere la progettazione e la realizzazione concreta degli interventi, anche attraverso l impiego delle principali tecniche di ingegneria naturalistica, il manuale si compone di tre parti: definizione e descrizione delle tipologie di intervento; schemi grafici delle tipologie proposte; definizione dei costi unitari indicativi per tipologia. L impiego congiunto delle linee di intervento e del Manuale è funzionale all attuazione degli interventi strutturali del Piano attraverso la formulazione dei Programmi triennali (art. 21, legge 183/89). 4.4 Priorità e programmi L attuazione del Piano avviene per Programmi triennali (artt. 21 e seguenti, legge 183/89), per i quali vengono definiti i criteri e le modalità di redazione, in funzione delle priorità. Viene fatta in tal modo una netta distinzione fra la componente strategica o strutturale del Piano (normativa) e quella programmatica (interventi). Alla prima è assegnata una validità a tempo indeterminato, in quanto preposta alla definizione delle trasformazioni e utilizzazioni compatibili ed è, conseguentemente, aggiornabile solo in modo sistematico, quando risulti sostanzialmente modificato il quadro generale di riferimento (istituzionale, di assetto fisico, di obiettivi) sul quale si è basata la formulazione. La seconda è rivolta invece alla precisazione e alla traduzione progettuale delle azioni specifiche, in un determinato periodo di tempo, in relazione anche ai bisogni riscontrati e alla disponibilità di risorse finanziarie. Le linee strategiche e i programmi di intervento vengono adottati in conformità a criteri che scaturiscono da un protocollo di valutazione oggettiva basato sulla articolazione in quattro classi di priorità. In base a tale collocazione gerarchica viene definita una distribuzione temporale dei fabbisogni di intervento: PR1: interventi da realizzare con la massima urgenza,

19 PR2 + PR3: interventi dilazionabili nel medio periodo (dal 4 al 10 anno), PR4: interventi di completamento. Non rientrano nella indicazione di priorità tutti gli interventi che fanno capo alle funzioni di gestione del sistema e che pertanto rientrano in operazioni sistematiche (manutenzione; conduzione operativa dei sistemi di monitoraggio e prevenzione). Di ciò si tiene conto nel Programma finanziario. 4.5 Fonti di informazione e integrazioni Il quadro conoscitivo analizzato discende dall insieme delle informazioni disponibili presso gli Enti che a diverso titolo hanno competenze sui temi in argomento. Emergono a scala di bacino numerose carenze che possono essere riferite complessivamente a due aspetti: la mancanza di informazioni per inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio esistenti, che non sono in condizioni di fornire tutte le informazioni necessarie alla caratterizzazione dei fenomeni in studio; la disomogeneità delle informazioni, che comporta difficoltà e minore attendibilità nella determinazione delle condizioni di assetto idraulico e geologico del bacino. Lo stato della conoscenza sul bacino, relativamente a tutti gli aspetti connessi ai problemi della difesa del suolo, si presenta pertanto molto lontano da una condizione di sufficienza, con livelli di dettaglio e attendibilità notevolmente diversificati nelle varie parti del territorio; inoltre per tutti i fenomeni per i quali sono importanti le serie storiche delle osservazioni (tipicamente la ricostruzione statistica delle piene, l evoluzione morfologica degli alvei, ecc.) la mancanza o l inadeguata estensione delle stesse limita la possibilità di formulare valutazioni con il necessario livello di precisione. Colmare le carenze riscontrate e costruire la conoscenza necessaria richiede tempi lunghi e un azione coerente e costante; in questa fase il Progetto di piano fa riferimento alla conoscenza disponibile, tenendo conto del suo livello di attendibilità e dei limiti che influenzano necessariamente le diverse determinazioni. Per gli aspetti idrologici la carenza delle serie storiche di dati di misura, soprattutto nel campo delle portate, ha condizionato le valutazioni idrologiche su base statistica delle portate piena di riferimento, che si riflettono sulla valutazione del rischio di inondazione, sulla verifica del grado di efficienza delle opere di contenimento e sull individuazione delle ulteriori esigenze di protezione, soprattutto nei tratti di pianura arginati dei corsi d acqua. Circa l assetto geometrico dei corsi d acqua e la relativa evoluzione, il Progetto di piano ha utilizzato tutte le fonti informative disponibili, sia a livello di cartografia di dettaglio che di rilievi topografici di sezioni trasversali; il dettaglio conoscitivo e il relativo aggiornamento sono molto disomogenei. Sono inoltre inesistenti gli altri elementi di conoscenza utili alla rappresentazione dei processi morfologici e idraulici, quali la caratterizzazione granulometrica del materiale d alveo, delle sponde e delle aree golenali; le misure del trasporto solido; la rilevazione degli elementi che determinano la scabrezza.

20 Per i fenomeni di dissesto sul sistema montano (processi gravitativi, fenomeni torrentizi, valanghe), le fonti informative disponibili, riferite prevalentemente a banche dati regionali sullo stato di dissesto e a studi specifici a diversa scala territoriale, sono molto eterogenee per livello di dettaglio e aggiornamento; il quadro dello stato di dissesto del bacino in tal modo ricostruito è scarsamente omogeneo, sia dal punto di vista quantitativo (densità di dissesti) che qualitativo (dettaglio dell informazione). Tali limiti conoscitivi influenzano sia l analisi condotta sulle condizioni di rischio per il territorio collinare e montano del bacino sia l individuazione degli interventi da attuare. La valutazione del livello di protezione esistente in rapporto ai fenomeni di dissesto sconta una scarsa informazione conoscitiva sulle opere realizzate sia sui corsi d acqua, che per il consolidamento dei movimenti di versante; ciò si identifica nell assenza generalizzata presso gli enti competenti di un archivio sistematico delle opere strutturali esistenti e sul loro stato di conservazione e funzionamento. Gli elementi conoscitivi disponibili sono rappresentati da informazioni prevalentemente di carattere qualitativo e generalmente relative alle opere di più recente realizzazione. Per altro la situazione si differenzia notevolmente in relazione ai diversi ambiti territoriali: sui territori collinari e montani l informazione è estremamente carente, mancando molto spesso anche il dato sulla presenza e sull ubicazione delle opere esistenti, oltre che sullo stato di conservazione e funzionamento; sui corsi d acqua principali di pianura, pur in assenza di un archivio sistematico delle opere, è mediamente disponibile l informazione relativa all esistenza e all ubicazione delle stesse; le carenze riguardano le caratteristiche dimensionali e funzionali. Valutazioni circa il grado di adeguatezza sono per forza di cose condotte sulla base di indicatori sommari; sull asta del Po il quadro conoscitivo è decisamente migliore, con una sufficiente descrizione quantitativa, degli argini e delle opere in alveo. 5. Le caratteristiche del territorio 5.1 Ambito fisiografico e ambito di applicazione del Progetto di piano stralcio La perimetrazione del bacino idrografico del fiume Po è stata definita e approvata con DPR 1/06/1998 e successivamente pubblicata sulla G.U. n. 173 il 19/10/1998 con annessa cartografia, alla scala 1: Il bacino del Po è il più grande d Italia, sia per la lunghezza dell asta principale (650 km) che per la dimensione dei deflussi (la portata massima storica defluita nella sezione di chiusura di Pontelagoscuro, in occasione della piena del 1951, è di m 3 /s). La superficie del bacino idrografico in senso stretto alla sezione di Pontelagoscuro è pari a km 2 ; ad essa vanno aggiunte le aree costituenti il sottobacino di Burana - Po di Volano, che non fornisce contributi ai deflussi di piena, e il Delta. La superficie complessiva è pari a circa km 2 di cui circa km 2 in territorio italiano. La popolazione residente è all incirca 16 milioni di abitanti.

21 La Tab. 5.1 elenca i bacini principali, associando a ciascuno la relativa superficie territoriale e la parte montana e di pianura dei rispettivi bacini; per la parte italiana del bacino idrografico la quota di territorio in montagna è pari al 58%, mentre quella di pianura ammonta al 42%. La Fig. 5.1 propone una rappresentazione sintetica degli ambiti fisiografici così elencati. L ambito territoriale di riferimento per il PAI è costituito dal bacino idrografico del fiume Po chiuso all incile del Po di Goro, che esclude pertanto il territorio del Delta. La delimitazione idrografica assunta per il Delta è rappresentata rispettivamente a nord, dall argine sinistro del Po di Venezia e successivamente da quello del Po di Maistra e a sud dall argine destro del Po di Goro. Sono considerati appartenenti al bacino idrografico tutti i comuni che hanno una porzione di territorio all interno del bacino stesso, individuabile alla scala di riferimento 1: Si hanno pertanto comuni il cui territorio rientra per intero nel bacino e, lungo il confine idrografico, comuni compresi per una porzione più o meno estesa di territorio. In sintesi la situazione risultante è riportata nella Fig Il bacino idrografico del Po comprende complessivamente comuni localizzati in sette Regioni (Piemonte, Valle d Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana) e nella Provincia Autonoma di Trento. Tab..1. Estensione territoriale dei sottobacini appartenenti al bacino del Po Denominazione Superfici Totale km 2 in territorio italiano km 2 di Montagna km 2 di Pianura km 2 Po Piemontese Asta Po Sarca - Mincio Oglio Adda Lambro - Olona Meridionale Olona Arno-Rile-Tenore Ticino Toce Terdoppio Agogna Sesia Dora Baltea Orco

22 Malone Stura Di Lanzo Dora Riparia Sangone - Chisola - Lemina Pellice - Chisone Varaita Maira Tanaro Scrivia Staffora-Luria-Vera-Coppa-Tidone Trebbia Nure Chiavenna Arda - Ongina Taro Parma Enza Crostolo Secchia Panaro Burana - Po di Volano Delta del Po Bacino Po Fig Delimitazione dei sottobacini Tab.5.2. Comuni appartenenti al bacino idrografico Regione Numero totale Comuni Numero Comuni appartenenti al bacino del fiume Po Complessivo Totalmente interni al bacino Parzialmente interni al bacino Valle d Aosta Piemonte Liguria Lombardia

23 Emilia-Romagna Toscana Veneto Provincia Autonoma di Trento Totale In relazione all ambito territoriale di riferimento del Piano Stralcio PAI i comuni interessati coincidono con quelli appartenenti al bacino idrografico a meno dei 7 (Provincia di Rovigo) che appartengo al Delta: Porto Tolle, Taglio di Po, Ariano nel Polesine e Corbola (totalmente interni) e Adria, Loreo, Porto Viro (parzialmente interni). L ambito territoriale di applicazione del Piano stralcio viene rappresentato in Fig I comuni classificati nell ambito del PAI in funzione del livello di rischio idraulico e idrogeologico costituiscono un sottoinsieme rispetto al numero complessivo dei comuni considerati nel Piano stesso. Va infatti considerato che il metodo di valutazione del rischio e di classificazione adottato utilizza come unità territoriale di riferimento il confine amministrativo comunale, rispetto al quale sono stati individuate e quantificate le condizioni di dissesto, in atto e potenziali, la relativa pericolosità, i beni e i valori esposti al manifestarsi dei fenomeni di dissesto e la relativa vulnerabilità. In ragione del fatto che il territorio oggetto delle indagini e delle elaborazioni propedeutiche alla pianificazione è rappresentato, come detto in precedenza, dal bacino idrografico, la classificazione del rischio è stata effettuata con riferimento ai comuni per i quali la porzione prevalente del territorio ricade all interno del bacino idrografico stesso. La tabella Tab. 5.3 rappresenta in sintesi la distribuzione dei comuni considerati. Fig Ambito di applicazione del Progetto di piano Stralcio Fig Corsi d'acqua costituenti la rete idrografica principale Tab Distribuzione dei comuni appartenenti all ambito territoriale di riferimento del PAI e specificamente interessati dalla classificazione di rischio Regione Numero comuni interessati dal PAI

24 Complessivo Totalmente interni al bacino Parzialmente interni al bacino Interessati dalla classificazione di rischio Valle d Aosta Piemonte Liguria Lombardia Emilia-Romagna Toscana Veneto Provincia Autonoma di Trento Totale Idrografia Caratteristiche generali del reticolo idrografico La dimensione del reticolo idrografico, sulla base degli elementi quantitativi desumibili dalla cartografia di base e con riferimento ai territori regionali, è sinteticamente illustrata in Tab. 5.4; il reticolo principale, costituito dai corsi d acqua di lunghezza superiore a 20 km, ha un estensione circa nove volte inferiore a quello secondario; consistente è pure la dimensione del reticolo artificiale (bonifica e irrigazione), strettamente integrato e interagente con quello naturale. L insieme dei corsi d acqua del bacino ha subito nel corso del tempo consistenti interventi di trasformazione e di sistemazione idraulica che hanno condotto a un livello di artificializzazione piuttosto intenso; un indicatore significativo di tale situazione è rappresentato dalla consistenza del sistema delle arginature di 2 a categoria lungo le aste del Po e degli affluenti nei tratti rigurgitati (Tab. 5.5). Tab Dimensioni del reticolo idrografico naturale principale e secondario e del reticolo artificiale principale, riferite ai territori regionali (valori in km) Regione Reticolo naturale principale Reticolo naturale secondario Totale reticolo naturale Reticolo artificiale principale Piemonte Valle d Aosta Liguria Lombardia Emilia-Romagna Trentino Alto Adige Veneto

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