REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA SEZIONE XII in persona del G.I. Dott. Annalisa Chiarenza, in funzione di

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1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA SEZIONE XII in persona del G.I. Dott. Annalisa Chiarenza, in funzione di Giudice Unico, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, iscritta al n del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2002, posta in deliberazione all'udienza del , e vertente tra Di. Pr. Pe. S.r.l., elettivamente domiciliata in Ro., Via Al., 208, presso lo studio dell'avv. Ma. Ca., il quale, congiuntamente e disgiuntamente all'avv. Ma. Si., lo rappresenta e difende giusta delega in atti attrice e Ac. S.p.A., elettivamente domiciliata in Ro., Via Le. Bi., 76, presso lo studio dell'avv. To. Sp. Gi., il quale la rappresenta e difende giusta delega in atti convenuta Oggetto: domanda di risarcimento danni Conclusioni all'udienza di precisazione delle conclusioni del i procuratori delle parti concludevano come da verbale in atti. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, la Di. Pr. Pe. S.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, l'ac. S.p.A.. Premetteva di svolgere attività industriale di impiantistica con deposito e distribuzione di oli minerali, per il cui esercizio ha assunto in locazione un'area sita in Ro., Via Me., 8. In tale area, oltre agli uffici amministrativi, vi sono nove serbatoi interrati, utilizzati dalla esponente per lo stoccaggio di prodotti petroliferi.

2 Lamentava che, la mattina di lunedì 27 dicembre 1999, il proprio personale, nel procedere al giornaliero caricamento delle autobotti adibite al trasporto degli oli minerali, aveva potuto accertare che nel prodotto prelevato era presente acqua; controllati i serbatoi interrati, aveva appurato la presenza di una notevole quantità d'acqua. Memori di un precedente simile evento, accaduto nel marzo 1999, gli addetti avevano intuito che il danno "poteva essere stato provocato da una rottura delle tubazioni di proprietà dell'ac. S.p.A., attigue al muro perimetrale dei depositi dei carburanti". Sollecitata immediatamente l'ac. S.p.A., il personale di questa, giunto sul posto alle 14,00, aveva accertato una perdita sulla tubazione di alimentazione interrata su strada ed a monte dell'utenza, fuori le mura di cinta e, conseguentemente, aveva provveduto ad interrompere l'erogazione dell'acqua a tutto il complesso. Successivamente, l'ac. S.p.A. aveva provveduto alla sostituzione dell'intera tubazione che, a detta degli stessi operai incaricati di provvedervi, era in stato di fatiscenza. Rappresentava l'attrice che l'allagamento, oltre al danno provocato ai prodotti petroliferi contenuti nei serbatoi interrati, aveva impedito ad essa di provvedere alla consegna dei combustibili, "dovendosi necessariamente accertare la quantità di acqua penetrata nei serbatoi e, quindi, procedere alla indispensabile e conseguente bonifica degli impianti". Inoltre, aveva dovuto rendere conto ai clienti della scarsa qualità del prodotto consegnato nei giorni precedenti la scoperta delle infiltrazioni, evidentemente già iniziate prima del 27 dicembre. Ciò aveva comportato il blocco dei bruciatori, con fermo degli impianti termici (in giornate particolarmente fredde), con conseguente necessità di intervento della ditta incaricata della manutenzione, per l'aspirazione dell'acqua all'interno dei serbatoi, lo spurgo delle tubazioni di alimentazione e ritorno del combustibile, lo spurgo dei filtri e, in qualche caso, per la sostituzione delle pompe ad ingranaggio dei bruciatori. Alla pulizia, allo spurgo ed alla verifica si era dovuto procedere anche con riferimento alle cisterne delle autobotti, al sistema di contabilizzazione delle stesse, al parco serbatoi interrati nel deposito nonché al sistema di caricamento della Di. Pr. Pe. S.r.l.. Quantificava i danni subiti nella somma di ,60 - di cui ,55 per danni al deposito stoccaggio gasolio; ,34 per costi sostenuti per la bonifica ed il ripristino serbatoi del combustibile presso i clienti serviti; ,70 per il mancato fatturato -. A ciò dovevano, comunque, aggiungersi i danni alla propria reputazione commerciale, quantificati in ,91. Si costituiva l'ac. S.p.A. denegando ogni responsabilità e contestando integralmente la quantificazione della domanda attorea perché non provata. Espletata prova testimoniale, sulle contrapposte conclusioni rassegnate dalle parti, il G.I. tratteneva la causa in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE

3 Ritiene il Giudice che, a seguito dell'istruttoria espletata, la dedotta responsabilità dell'ac. S.p.A. in ordine all'evento per cui è causa debba ritenersi provata. In particolare, appare inequivocabile, in tal senso, il tenore della documentazione la cui produzione è stata ordinata all'ac. S.p.A.; in primo luogo, infatti, il verbale di pronto intervento del , h. 15,45, attestante la "chiusura presa a saracinesca per danno a portatore diametro 3, perdita che non affiora ma si riversa parzialmente nei serbatoi interrati"; allo stesso è seguito il verbale di pronto intervento del h. 16,00, che, a seguito di diverso reclamo, ha accertato la necessità di "sostituire valvola... fallata". Al primo intervento è seguita l'esecuzione di lavori analiticamente allegati al rapporto, attestanti la sostituzione di tubazione fatiscente, pur dando atto che "scoperto tutto il portatore non esiste perdita aprendo saracinesca". Tale ultima circostanza, ribadita dal teste Gi., che eseguì le relative operazioni, non appare idonea, tuttavia, ad esimere da responsabilità I'Ac. S.p.A., per l'infiltrazione d'acqua nei serbatoi accertata, nell'immediatezza del fatto, da proprio personale operante nella persona di An. Pi., a nulla valendo il fatto che questi, in sede di escussione testimoniale, abbia inteso limitare la portata di quanto attestato il , precisando, a seguito di specifica domanda sul punto, di non aver partecipato allo scavo per la scopertura del portatore. Tale precisazione, infatti, non consente per se sola di dedurre che le attestazioni contenute nel verbale di pronto intervento del An. Pi., accorso in loco quale tecnico specializzato, debbano imputarsi ad errore materiale - nemmeno ammesso, peraltro, dal teste - piuttosto che ad attento esame dello stato dei luoghi, esame non implicante necessariamente operazioni di scavo. Decisive, in ordine alla ricostruzione del fatto così come esposto in citazione, appaiono anche le deposizioni dei testi Gi. Me. e Na. Me., rispettivamente, all'epoca dei fatti Amministratore Unico della Di. Pr. Pe. S.r.l. e titolare del 5% di quote della Di. Pr. Pe. S.r.l.. I testi, attualmente non portatori di alcun interesse che ne potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio (cfr, in particolare, Cass 1996/9826; Cass. 1996/241), hanno affermato la presenza nelle cisterne di gasolio misto ad acqua, e, nel contempo, la presenza di notevole quantità d'acqua nel piazzale e nella nicchia del contatore, che perdeva acqua. Dalla deposizione dei predetti testi si evince pure che, eseguiti i lavori dall'ac. S.p.A., l'inconveniente ebbe a cessare. Ora, anche prescindendo dalla testimonianza di El. Ca., uno dei titolari della "Te." - ditta locatrice del piazzale ove opera la Di. Pr. Pe. S.r.l., e come tale astrattamente legittimata ad agire in giudizio per i danni subiti in conseguenza dell'evento per cui è causa, sottolineati dallo stesso El. Ca. in sede di escussione - deve ritenersi dimostrato che nelle cisterne di parte attrice si fosse verificata la commistione di acqua al combustibile ivi contenuto, infiltrazione imputabile al cattivo stato di manutenzione del portatore Ac. S.p.A. - già oggetto di riparazioni nel marzo 1999, come emerge dalla documentazione acquisita agli atti -, e terminata a seguito dell'esecuzione delle opere effettuate dal personale Ac. S.p.A.. A nulla varrebbe opporre che la Te., titolare del contratto con l'ac. S.p.A., abbia pagato senza alcuna contestazione la fattura contenente la specifica dei lavori, risolvendosi tale circostanza in un mero elemento di fatto non decisivo al fine della individuazione delle effettive responsabilità. L'assenza di contestazioni in

4 proposito risulta, comunque, smentita dalla lettera di reclamo del , allegata in copia alla memoria di replica ex art. 184 c.p.c. di parte attrice. Passando alla quantificazione dei danni subiti, certamente la parte attrice ha dimostrato di essere stata condannata a pagare, in favore del cliente Vi. Ev., per la fornitura di carburante misto ad acqua, la complessiva somma di ,46 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, oltre spese per complessivi 2.593,51; nonché di aver ricevuto notifica di precetto a pagare, in esecuzione della presente sentenza, la complessiva somma di ,85. La somma, rivalutata all'attualità rispetto all'epoca del precetto, ammonta ad ,00, arrotondati. La società attrice ha, altresì, dimostrato di aver subito rimostranze e conseguente risoluzione del contratto da parte della Ditta "An. St. & Fi.", dell'amministrazione del Condominio di Via Gi. Lo., 4, e dell'amministrazione del Condominio di Via Gu. Ma., 30. Un simile effetto appare certamente qualificabile come danno all'immagine della Società, danno non patrimoniale di rango costituzionale (cfr. art. 41 Cost.), risarcibile, a mente dei noti principi sanciti di recente dalla Suprema Corte (cfr. Cass ed 8828/2003), anche in difetto della sussistenza di un fatto astrattamente configurabile come reato. Tale pregiudizio, che trova implicita conferma anche nei bilanci negativi della società, relativi agli anni successivi all'evento, appare risarcibile, in via necessariamente equitativa (tenuto conto, sia pure solo in via indicativa, anche dei bilanci precedenti), con la somma di ,00, al valore attuale. Non possono, invece, essere accolte, in difetto di prove sufficienti (tali non potendo considerarsi i meri elementi di prova costituiti dalle relazioni di parte in atti), le ulteriori richieste attoree, in ordine ai lamentati "danni al deposito stoccaggio gasolio" e "per la bonifica ed il ripristino serbatoi del combustibile presso i clienti serviti". Il danno subito appare, pertanto, quantificabile in complessivi ,00. Oltre alla rivalutazione del credito, già riconosciuta, è stato chiesto da parte istante anche il riconoscimento degli interessi sul credito, con decorrenza dalla data del fatto. Quanto alla liquidazione degli "interessi", la sentenza n. 1712/95 della S.C., a Sezioni Unite, richiamando il combinato disposto degli artt e 1223 c.c., per un verso ha riconosciuto, in caso di ristoro per equivalente del danno da fatto illecito, la risarcibilità del danno derivante da ritardo e dunque dal mancato godimento dell'equivalente monetario del bene perduto (lucro cessante) "per tutto il tempo che intercorre fra il fatto e la sua liquidazione", danno liquidabile anche con l'attribuzione di interessi, e, dall'altro, ha escluso che si possa assumere a base del calcolo di tale danno la somma liquidata come capitale nella misura rivalutata definitivamente al momento della pronuncia, dovendo calcolarsi gli interessi sulla somma rivalutata di anno in anno ovvero calcolando indici medi di rivalutazione. In conformità al combinato disposto degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 c.c., il danno da ritardo in materia di responsabilità da fatto illecito non è presunto ex lege (non essendo applicabile, come precisato dalla Suprema Corte nella citata sentenza, l'art I comma c.c.), ma

5 dev'essere allegato e provato facendo ricorso anche e soltanto a presunzioni semplici ed al criterio equitativo di cui all'art II comma c.c.. Pur non avendo fornito parte attrice alcun elemento di prova in ordine ai possibili impieghi delle somme dovute, appare quindi corretto riconoscere, sul valore medio del credito nell'arco di tempo intercorso dal di del fatto alla presente decisione, determinato secondo gli indici ISTAT - pari ad ,00, arrotondati -, un saggio equivalente al rendimento medio delle forme di investimento più diffuse tra i piccoli risparmiatori, nell'arco di tempo considerato, da ritenersi pari alla misura del 2,8% annuo. Per quanto attiene, poi, al periodo intercorrente tra la data della presente sentenza e la data dell'effettivo pagamento, sul totale delle somme sopra liquidate per sorte capitale ed interessi dovranno essere corrisposti, per effetto della pronuncia di liquidazione del danno che attribuisce al "quantum" dovuto natura di debito di valuta, in applicazione dell'art c.c., gli interessi annui al tasso legale. Le spese del giudizio, in ragione della parziale soccombenza attorea in ordine al quantum debeatur, possono essere compensate per 1/3; la residua frazione anticipata da parte attrice viene posta a carico della convenuta, e liquidata come in dispositivo, tenuto conto della nota spese, con decurtazione delle voci non dovute, con distrazione in favore degli Avv.ti Ma. Si. e Ma. Ca., dichiaratisi antistatarii. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara che la responsabilità dell'evento dedotto in citazione è imputabile alla Ac. S.p.A.; b) per l'effetto, condanna l'ac. S.p.A. a pagare in favore di Di. Pr. Pe. S.r.l., a titolo risarcitorio del danno, liquidato ai valori attuali, la somma di ,00 oltre interessi sul valore medio del credito nella misura e dalla scadenza così come indicato in motivazione, oltre interessi legali sull'intero importo dovuto per sorte capitale ed interessi a decorrere dalla data della presente decisione al saldo; c) compensa per 1/3 le spese di lite e condanna l'ac. S.p.A. alla refusione in favore di parte attrice della residua frazione, che liquida in 477,5000 per esborsi, in 4.219,20 per diritti, in ,00 per onorari, oltre IVA e CA come per legge, che distrae in favore degli Avv.ti Ma. Si. e Ma. Ca., dichiaratisi antistatarii.

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