Decreto ministeriale 5 febbraio Contenuti del decreto ministeriale 5 febbraio Condizioni generali di applicabilità

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1 Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 Secondo quanto disposto dall art. 214, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006, «Sino all emanazione dei decreti di cui al comma 2, relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell ambiente 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161», nonché, si ritiene, al d.m. n. 269/2005, non menzionato per mera dimenticanza. Con il citato decreto ministeriale 5 febbraio 1998 si è provveduto alla «Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22». Il testo originario ha poi subito alcune modifiche ed integrazioni le più rilevanti delle quali sono state introdotte con il decreto ministeriale 5 aprile 2006, n. 186, entrato in vigore il 3 giugno 2006, mentre le più recenti sono contenute nel correttivo al d.lgs. n. 152/2006. Contenuti del decreto ministeriale 5 febbraio 1998 Il d.m. 5/2/1998 è costituito da 11 articoli ed è corredato dai seguenti 5 allegati (il quarto ed il quinto dei quali sono stati aggiunti con il d.m. 5 aprile 2006, n. 186): allegato 1, suddiviso in: suballegato 1: «Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi», suballegato 2: «Valori limite e prescrizioni per le emissioni convogliate in atmosfera delle attività di recupero di materia dai rifiuti non pericolosi»; allegato 2, suddiviso in: suballegato 1: «Norme tecniche per l utilizzo dei rifiuti non pericolosi come combustibile o altro mezzo per produrre energia», suballegato 2: «Determinazione dei valori limite e prescrizioni per le emissioni in atmosfera delle attività di recupero di energia dai rifiuti non pericolosi», suballegato 3: «Determinazione dei valori limite per le emissioni dovute al recupero di rifiuti come combustibile o altro mezzo per produrre energia tramite combustione mista di rifiuti e combustibili tradizionali»; allegato 3: «Test di cessione»; allegato 4: «Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all allegato 1, suballegato 1 del D.M. 5 febbraio 1998»; allegato 5: «Norme tecniche generali per gli impianti di recupero che effettuano l operazione di messa in riserva dei rifiuti non pericolosi». Condizioni generali di applicabilità In termini generali, l art. 1, comma 4, del d.m. 5/2/1998 precisa che «le procedure semplificate disciplinate dal presente decreto si applicano esclusivamente alle operazioni di recupero specificate ed ai rifiuti individuati dai rispettivi codici e descritti negli allegati». Per poter beneficiare della procedura semplificata, quindi, è in primo luogo necessario che per il rifiuto che si intende recuperare vi sia perfetta corrispondenza: alla tipologia descritta; al codice indicato; alla provenienza indicata; alle caratteristiche indicate. Occorre poi che l operazione di recupero che si intende eseguire corrisponda a quella descritta dalla specifica norma tecnica invocata, sia come operazione in sé e per sé considerata, sia come esito della stessa (materia prima o prodotto ottenuto). Occorre infine che siano rispettate le quantità massime stabilite dall allegato 4 (aggiunto dal d.m. n. 186/2006 e recante la «Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all allegato 1, suballegato 1 del d.m. 5 febbraio 1998». Limiti quantitativi Le quantità massime impiegabili di rifiuti non pericolosi per le operazioni di recupero esercitate in regime semplificato sono stabilite, per ogni singola tipologia, nell allegato 4 al d.m. 5 febbraio 1998, ag-

2 giunto con il d.m. 186/2006 (art. 7 del d.m. 5/2/1998). In ogni caso, le quantità massime impiegabili non possono mai superare la capacità autorizzata (quella indicata nella comunicazione di inizio attività) o la potenzialità dell impianto, che deve essere rispettata anche quando l impianto tratta più tipologie di rifiuto. Nella comunicazione di inizio attività le quantità annue di rifiuti da trattare devono essere precisate specificando ogni singola attività di recupero e tipologia di rifiuto. Aggiornamento dei codici Nel d.m. 5/2/1998, stante la data di emanazione, per i vari rifiuti recuperabili in regime semplificato sono indicati i corrispondenti codici CER individuati, ovviamente, in base alla codifica originaria approvata con la decisione 94/3/CE e riprodotta nell allegato A2 del d.lgs. n. 22/1997. Peraltro, con decisione 2000/532/CE, poi modificata ed integrata con le successive decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE e 2001/573/CE, l originario catalogo (od elenco) europeo dei rifiuti è stato abrogato e sostituito con un nuovo ed aggiornato catalogo entrato in vigore, in base alla disposizione comunitaria, il 1 gennaio Stante la sopra riportata disposizione (art. 1, comma 4, del d.m. 5/2/1998), che prevede, tra le condizioni di applicabilità della procedura semplificata, anche la corrispondenza ai codici espressamente indicati nelle norme tecniche adottate, si è resa necessaria una sorta di conversione ufficiale di detti codici. A tal fine, con la direttiva ministeriale 9 aprile 2002 è stata approvata una tabella di conversione che (come si legge in premessa dell allegato C alla citata direttiva ministeriale) «permette di sostituire i codici CER individuati nell allegato 1, suballegato 1, e nell allegato 2, suballegato 1, del decreto ministeriale 5 febbraio 1998 con i corrispondenti codici dell elenco dei rifiuti di cui alla decisione 2000/532/CE e successive modifiche ed integrazioni». Messa in riserva Alla disposizione generale di cui all art. 1, comma 4, del d.m. 5/2/1998 (la procedura semplificata è applicabile solo alle operazioni di recupero specificate negli allegati) fa per certi versi eccezione la messa in riserva, ossia lo stoccaggio di rifiuti destinati a recupero, se non altro per il fatto che la stessa è e- spressamente ed autonomamente prevista e disciplinata dall art. 6, totalmente riformulato con il d.m. n. 186/2006, il quale, per giunta, ha anche introdotto, con un inedito allegato (all. 5), una serie di nuove norme tecniche generali specifiche per gli impianti di messa in riserva. In base al citato art. 6 nel testo vigente, la messa in riserva di rifiuti non pericolosi può essere esercitata in regime semplificato, può quindi essere utilmente oggetto di comunicazione di avvio dell attività resa ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 214 e 216 del d.lgs. n. 152/2006, solo qualora risultino rispettate le seguenti condizioni: per la messa in riserva presso impianti di produzione o impianti che effettuano unicamente tale operazione, le quantità massime stoccabili non possono superare quelle individuate per la messa in riserva nell allegato 4 che il d.m. n. 186/2006 ha aggiunto al d.m. 5/2/1998; inoltre: presso gli impianti di produzione, la quantità in stoccaggio non può eccedere la quantità di rifiuti prodotti, in un anno, all interno del medesimo impianto e i rifiuti prodotti devono essere avviati ad operazioni di recupero entro un anno dalla data di produzione; presso gli impianti che effettuano unicamente la messa in riserva, la quantità in stoccaggio non deve in ogni caso eccedere la capacità fisica del deposito autorizzato e rifiuti messi in riserva devono essere avviati al recupero effettivo entro un anno dalla data di ricezione; per la messa in riserva presso impianti di (effettivo) recupero, la quantità massima stoccabile non può superare quella individuata per il recupero, ovvero come massimo trattabile, nel medesimo allegato 4. In ogni caso, però, la quantità dei rifiuti contemporaneamente messa in riserva presso ciascun impianto o stabilimento non può eccedere il 70% della quantità di rifiuti individuata all allegato 4. Per i rifiuti combustibili tale limite è ridotto al 50%, fatta salva la capacità effettiva di trattamento dell impianto; la quantità di rifiuti non pericolosi messi in riserva presso gli impianti che effettuano anche le altre operazioni di recupero, non può eccedere, in un anno, la quantità di rifiuti che può essere sottoposta ad attività di recupero nell impianto stesso. In ogni caso, i rifiuti messi in riserva devono essere avviati alle altre operazioni di recupero entro un anno dalla data di ricezione; tutti gli impianti di messa in riserva debbono essere realizzati nel rispetto delle norme tecniche individuate nell allegato 5 al d.m. 5 febbraio 1998 aggiunto dal d.m. 5 aprile 2006, n Dal combinato disposto del comma 2 dell art. 6 così come riformulato dal d.m. 186/2006 e

3 dell allegato 4, si ricava che la messa in riserva presso impianti che svolgono unicamente tale operazione, può essere effettuata in procedura semplificata solo per le tipologie di rifiuto esplicitamente elencate in detto allegato 4 a fianco dell attività Messa in riserva. Norme tecniche per gli impianti di messa in riserva Relativamente agli impianti di messa in riserva, l allegato 5 al d.m. 5 febbraio 1998, introdotto con il d.m. 186/2006, detta norme in materia di: 1. Ubicazione; 2. Dotazioni minime, con riferimento alla canalizzazione e raccolta delle acque meteoriche, alla raccolta dei reflui e alla recinzione; 3. Organizzazione, soprattutto per quanto riguarda la distinzione tra aree di stoccaggio dei rifiuti e quelle utilizzate per il deposito delle materie prime, tra settore per il conferimento e quello per la messa in riserva. Quest ultimo deve essere organizzato in aree distinte, e opportunamente separate, per ciascuna tipologia di rifiuto, pavimentato, dotato di sistemi di raccolta dei reflui e di dimensioni tali da consentire un agevole movimentazione dei mezzi e delle attrezzature in ingresso ed in u- scita; 4. Stoccaggio in cumuli, da realizzare su basamenti pavimentati o, qualora sia richiesto dalle caratteristiche del rifiuto, su basamenti impermeabili resistenti all attacco chimico dei rifiuti e, nel caso di rifiuti che possano dar luogo a formazioni di polveri, deve avvenire in aree confinate e garantire adeguata protezione dalle acque meteoriche e dall azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili; 5. Stoccaggio in contenitori e serbatoi fuori terra, da realizzare in contenitori o serbatoi fissi o mobili con adeguati requisiti di resistenza in relazione alle proprietà chimico-fisiche del rifiuto, provvisti di sistema di chiusura, accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento, travaso e svuotamento. I contenitori e/o serbatoi devono essere posti su superficie pavimentata e dotati di bacini di contenimento di capacità pari al serbatoio stesso oppure, nel caso che nello stesso bacino di contenimento vi siano più serbatoi, la capacità del bacino deve essere pari ad almeno il 30% del volume totale dei serbatoi, in ogni caso non inferiore al volume del serbatoio di maggiore capacità, aumentato del 10% e, in ogni caso, dotato di adeguato sistema di svuotamento; 6. Stoccaggio in vasche fuori terra, dotate di adeguati requisiti di resistenza in relazione alle proprietà chimico-fisiche del rifiuto, attrezzate con coperture atte ad evitare che le acque meteoriche vengano a contatto con i rifiuti e provviste di sistemi in grado di evidenziare e contenere eventuali perdite; 7. Bonifica dei contenitori; 8. Criteri di gestione, con riferimento all obbligo di stoccare separatamente i rifiuti da recuperare, quelli derivanti dalle operazioni di recupero destinati allo smaltimento e quelli destinati ad ulteriori operazioni di recupero. Lo stoccaggio dei rifiuti deve essere realizzato in modo da non modificare le caratteristiche del rifiuto compromettendone il successivo recupero. Trasferimento da una messa in riserva ad altra In base all art. 6, comma 8, del d.m. 5 febbraio 1998 nel testo vigente «il passaggio fra siti adibiti all effettuazione dell operazione di messa in riserva è consentito esclusivamente per una sola volta ed ai soli fini della cernita o selezione o frantumazione o macinazione o riduzione volumetrica dei rifiuti». Recupero ambientale Ai sensi dell art. 5 del d.m. 5 febbraio 1998, «le attività di recupero ambientale, individuate nell allegato 1 consistono nella restituzione di aree degradate ad usi produttivi o sociali attraverso rimodellamenti morfologici». Per l utilizzo di rifiuti in interventi di recupero ambientale è sempre necessario che lo stesso sia previsto e disciplinato da apposito progetto approvato da una non meglio precisata autorità competente e che sia eseguito il test di cessione di cui all allegato 3. Con il d.m. 5 aprile 2006, n. 186, è stata aggiunta un ulteriore condizione, secondo la quale è necessario che, «in ogni caso, il contenuto dei contaminanti sia conforme a quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, in funzione della specifica destinazione d uso del sito».

4 Struttura delle norme tecniche Di norma, i vari punti (o voci) dell allegato 1, suballegato 1, al d.m. 5/2/1998 (ossia le «Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi») sono strutturati secondo il seguente schema: X.1 Tipologia: denominazione merceologica del rifiuto o dei rifiuti [+ codice o codici CER] X.Y.1 Provenienza: attività dalle quali può derivare il rifiuto X.Y.2 Caratteristiche del rifiuto: specificazione delle tipologie di rifiuti con indicazione delle caratteristiche merceologiche o chimico-fisiche X.Y.3 Attività di recupero: indicazione e descrizione delle attività di recupero consentite [+ codice attività] X.Y.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: individuazione del materiale o prodotto derivante dall attività di recupero Le norme tecniche previste nell allegato 2, suballegato 1 («Norme tecniche per l utilizzo dei rifiuti non pericolosi come combustibile o altro mezzo per produrre energia»), invece, sono sempre articolate in tre punti come da schema di seguito riportato: X Tipologia: denominazione merceologica del rifiuto o dei rifiuti [+ codice o codici CER] X.1 Provenienza: attività dalle quali può derivare il rifiuto X.2 Caratteristiche del rifiuto: specificazione delle tipologie di rifiuti con indicazione delle caratteristiche merceologiche o chimico-fisiche X.3 Attività e metodi di recupero: indicazione delle caratteristiche degli impianti, delle condizioni di esercizio e dei valori delle emissioni per alcuni inquinanti Prodotto del recupero L art. 3, comma 1, del d.m. 5/2/1998 precisa: che «le attività, i procedimenti e i metodi di riciclaggio e di recupero di materia individuati nell allegato 1 devono garantire l ottenimento di prodotti o di materie prime o di materie prime secondarie con caratteristiche merceologiche conformi alla normativa tecnica di settore o, comunque, nelle forme usualmente commercializzate» e, in particolare, che «i prodotti, le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dal riciclaggio e dal recupero dei rifiuti individuati dal presente decreto non devono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle materie prime ottenuti dalla lavorazione di materie prime vergini». D altra parte, salvo espressa o comunque chiara ed incontrovertibile indicazione contraria, i materiali individuati nei punti X.Y.4 delle varie voci dell allegato 1, suballegato 1, non sono (più) rifiuti e, con le destinazioni ivi eventualmente previste, possono essere liberamente commercializzati ed utilizzati. Emissioni in atmosfera Ai sensi dell art. 1, comma 3, lett. b), del d.m. 5/2/1998, le emissioni in atmosfera prodotte dalle attività di recupero disciplinate da detto d.m. per quanto dallo stesso non previsto, devono essere conformi alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, norma peraltro e- spressamente abrogata dall art. 280 del d.lgs. 152/2006, del quale si veda pertanto ora il titolo I della parte quinta. Alle emissioni derivanti dalle attività di recupero di materia esercitate in regime semplificato, pertanto, si applicano: comunque le disposizioni del titolo I della parte quinta del d.lgs. 152/2006 e relativi allegati, nonché i valori limite e le prescrizioni previsti dall allegato 1, suballegato 2, del d.m. 5 febbraio Ancor più rigorose sono (o possono in concreto risultare) le condizioni di emissione previste per i recuperi dei rifiuti come combustibili o altre fonti per produrre energia (all. 2, suballegato 2 e 3). Campionamento ed analisi Il campionamento dei rifiuti ai fini della caratterizzazione chimico-fisica diretta alla verifica della sussi-

5 stenza dei requisiti qualitativi necessari per il loro recupero secondo la norma tecnica di volta in volta applicata deve essere eseguito sul rifiuto tal quale ed in modo da ottenere un campione rappresentativo secondo le norme UNI ( Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati ). Le analisi sui campioni ottenuti devono essere effettuate secondo metodiche standardizzate o riconosciute valide a livello nazionale, comunitario o internazionale. In particolare, il campionamento e le determinazioni analitiche del combustibile derivato dai rifiuti (CDR) devono essere condotti in conformità alla norma UNI Il produttore dei rifiuti deve aver cura di eseguire il campionamento e le analisi almeno in occasione del primo conferimento all impianto di recupero e, successivamente, ogni 24 mesi e, comunque, ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di produzione. Il titolare dell impianto di recupero è tenuto a verificare la conformità del rifiuto conferito alle prescrizioni ed alle condizioni di esercizio stabilite per la specifica attività svolta. Test di cessione Per tutti i recuperi tramite utilizzo dei rifiuti (tal quali) come materiali per rilevati, sottofondi stradali e simili è sempre presctto il test di cessione per la verifica del rispetto dei limiti di cui all allegato 3 al d.m. 5 febbraio Il campionamento per il test di cessione deve essere eseguito in conformità alla norma UNI in precedenza richiamata e la prova deve essere condotta secondo la metodica analitica prevista dalla norma UNI EN La durata del test, originariamente prevista in 16 giorni, è ora di 24 ore; la frequenza minima prescritta del controllo, invece, era biennale ed è divenuta annuale: «Il test di cessione è effettuato almeno ad o- gni inizio di attività e, successivamente, ogni 12 mesi salvo diverse prescrizioni dell autorità competente e, comunque, ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di recupero».

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