LA CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI SOLIDI E IL LORO SMALTIMENTO

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1 Prof. Dott. Pietro Elio Abbaticchio Modulo di C - 19/04/07 LA CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI SOLIDI E IL LORO SMALTIMENTO La produzione crescente di rifiuti da tutte le attività dell uomo ha posto notevoli problemi alla nostra società. I rifiuti sono prodotti da tutte le attività, sia quelle domestiche che quelle produttive, con notevole diversificazione, ovviamente, nella tipologia degli stessi, il che ha portato a trovare soluzioni appropriate per un loro smaltimento con minor impatto possibile sull ambiente. La regolamentazione dello smaltimento di rifiuti da attività produttive in Italia si può considerare iniziata, almeno secondo canoni europei, con il DPR n. 915 del 1982 e con la Delibera del Comitato interministeriale per l applicazione dell articolo 2 dello stesso DPR n. 915/82, che per circa quindici anni hanno regolamentato l attività di smaltimento e/o di recupero di tutte le tipologie di rifiuti nelle diverse discariche previste Infatti il DPR 915/82 distingueva le seguenti categorie di rifiuti: Rifiuti solidi urbani Tutti i rifiuti che provengono dalla raccolta dei rifiuti dai cassonetti utilizzati dai cittadini per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dai nuclei famigliari Rifiuti speciali Tutti i rifiuti prodotti da attività lavorative, sia artigianali che industriali, che a loro volta venivano suddivisi in : Rifiuti speciali assimilabili agli urbani : rifiuti provenienti da attività produttive ma che per composizione merceologica fossero simili agli urbani (ad es plastiche da imballaggi, carte da uffici e altri materiali simili) a patto che la quantità smaltita negli impianti per rifiuti solidi urbani(rsu) non ne stravolgesse la composizione merceologica. Rifiuti speciali non tossico e nocivi e rifiuti speciali tossico-nocivi : Questa è la categoria che provenendo da cicli di attività produttive, a seconda della filiera di provenienza, potevano contenere tenori di sostanze tossiche tali da giustificare le 1

2 migliori soluzioni tecniche per una loro collocazione indolora per l ambiente e per la salute umana La diversificazione tra speciali tossico-nocivi e i non tossico-nocivi era basata sulla concentrazione, espressa in mg/kg ( o ppm), di determinate sostanze considerate tossiche per l uomo e per l ambiente, riportate nell allegato al DPR 915/82. Per ognuna di tali sostanze, in base alla conoscenza delle loro proprietà tossiche, era stato stabilito un valore, detto concentrazione limite (CL), che permetteva di distinguere i rifiuti speciali in non tossico e nocivi quelli per cui le concentrazioni delle sostanze elencate nell Allegato erano inferiori alla concentrazione limite, e tossico-nocivi quelli in cui si rinvenivano concentrazioni, per una o più sostanze, più alte dei valori limite. Inoltre venivano considerati tossico e nocivi anche quei rifiuti in cui i valori riscontrati per le sostanze determinate erano tutti inferiori ai singoli valori limite, ma la sommatoria dei rapporti tra concentrazione di una sostanza contenuta nel rifiuto e il suo valore limite ( S Ci / CLi )risultasse maggiore di 1. Una volta classificato il rifiuto esso poteva essere smaltito in discarica attrezzata per ricevere una particolare tipologia di rifiuto Infatti la Delibera del Comitato Interministeriale del 1984 definiva quattro tipologie di discariche : Discarica di I Categoria A : Per rifiuti solidi urbani(rsu) ed assimilabili Discarica di II Categoria A : Per rifiuti inerti ( materiale da demolizione e simili) Discarica di II Categoria B : Per rifiuti speciali non tossico e nocivi Discarica di II Categoria C : Per rifiuti speciali tossico-nocivi Discariche di III Categoria : Per rifiuti tossico-nocivi di particolare pericolosità per la presenza di sostanze particolarmente pericolose, in quantità superiori a quanto possibile recepire nelle precedenti discariche. Per l accettazione dei rifiuti in ognuna delle discariche suddette doveva effettuarsi una caratterizzazione del rifiuto, ad eccezione dei RSU, onde verificare la possibilità di conferirlo nella discarica apposita. La caratterizzazione del rifiuto consiste in : Verificare la concentrazione di sostanze che, in base al ciclo produttivo di provenienza del rifiuto, potevano presumibilmente essere presenti nel rifiuto stesso e in base ai valori riscontrati definire se si trattasse di rifiuto speciale tossico-nocivo o non tossico e nocivo 2

3 Effettuazione di un test di cessione ossia tenere una quantità pesata di rifiuto per un certo tempo a contatto con una quantità definita di soluzione acquosa particolare(diversa a seconda che si trattasse di inerte da inviare in Discarica di II A o di altro da inviare in IIB) e in base alle concentrazioni rinvenute nella soluzione per i metalli contemplati nell allegato al DPR 915/82, si definiva l accettabilità o meno in una discarica. Da tutto ciò appare chiaro che la caratterizzazione sia fisica che chimica del rifiuto sin dal 1982 era essenziale per la definizione dello smaltimento corretto del rifiuto. In seguito con l evolversi della legislazione nazionale, che andava recependo Direttive e Regolamenti CEE, è stato modificato il quadro normativo, la tipologia di discarica e anche la tipologia di caratterizzazione del rifiuto. Oggi, in attesa di chiarimenti su alcuni articoli della Legge quadro ambientale(d.l. 3 aprile 2006) per l avvio in discarica dei rifiuti fa testo la Direttiva del 9 aprile 2002 del Ministero dell Ambiente e della Tutela del territorio, il Decreto 3 agosto 2005 sempre del Ministero dell Ambiente, oltre al Decreto Ministeriale n 186 del 5 aprile La Direttiva del 9 aprile 2002, in particolare, precisa quali sono le caratteristiche da prendere in considerazione per la catalogazione di un rifiuto in speciale non pericoloso (che ha sostituito la dizione di non tossico-nocivo della precedente normativa) e speciale pericoloso ( il vecchio tossico-nocivo). La Direttiva riporta anche un elenco di codici identificativi del rifiuto (CER = Codice europeo del rifiuto) che deve essere attribuito dal produttore sia in base alla filiera di provenienza, ma, almeno per alcune tipologie, anche in base alla presenza di sostanze pericolose in quantità superiori o inferiori al limite Le concentrazioni limite di questa Decisione (che attua la Direttiva 2557/2001 CEE) sono più alte per più sostanze rispetto a quelle riportate dal DPR 915/82. Il Decreto del 3 agosto 2005 recepisce il DL n. 36 del 2003 che a sua volta recepisce un altra Direttiva CEE relativa alle discariche per rifiuti, da cui discendono nuove tipologie di discariche, ma anche una novità in assoluto per quanto riguarda la caratterizzazione degli stessi e la loro ammissione in discarica : il test di cessione è eseguito in acqua e i parametri da determinare non sono più solo i metalli ma anche altri, quali ph, Carbonio organico disciolto (DOC), Cloruri, Solfati, Fluoruri, Fenoli, Cianuri, e la tipologia di discarica che può accettare un certo rifiuto viene determinata anche dai valori riscontrati nell eluato per i vari parametri 3

4 Le discariche previste dal Decreto 3 agosto 2005 sono le seguenti: Discarica per rifiuti inerti (elencati in Tabella 1 del Decreto) Discarica per rifiuti non pericolosi (possibile in suddivisioni di sottodiscariche, se le autorità territorialmente competenti lo consentono) Discariche per rifiuti pericolosi Infine il DM n. 186/06 riprende e corregge in alcune parti il precedente D.M. del 2 febbraio 1998 che riguardava la individuazione dei rifiuti non pericolosi che possono essere riutilizzati o nello stesso ciclo produttivo o anche all esterno, ma anche in questo caso si devono effettuare delle analisi chimiche per la verifica di alcuni parametri, variabili caso per caso, in quanto il riutilizzo dei rifiuti non deve in alcun modo compromettere né la qualità del prodotto ottenibile né produrre danni all ambiente. Per molti dei rifiuti riutilizzabili, oltre le analisi particolari sul tal quale su accennate, è previsto un test di cessione in acqua, che con il DM del 2 febbraio 1998 era reso complesso dal fatto che doveva essere ripetuto in intervalli di tempo crescenti, e i risultati dei singoli valori ottenuti da ogni test dovevano essere sommati e il valore risultante doveva essere inferiore a quello riportato in una tabella dell Allegato 3 allo stesso DM, mentre il nuovo DM n. 186 del 2006 ha modificato le modalità di esecuzione del test di cessione, richiedendo solo la verifica dei valori ottenuti dopo un tempo di contatto di ventiquattro ore, il che rende non solo meno oneroso il costo analitico, ma anche più possibile le attività di recupero. Credo che da quanto detto possa comprendersi come l analisi del rifiuto sia non solo necessaria ma indispensabile al fine di una corretta gestione dei rifiuti stessi. PRELIEVO ED ANALISI CHIMICHE DEI RIFIUTI La caratterizzazione dei rifiuti è stata in un primo momento eseguita secondo metodi sperimentati dall Istituto di ricerca sulle acque del CNR sui fanghi di depurazione delle acque reflue Infatti il Quaderno 64 dell IRSA-CNR riporta sia una metodologia di prelievo rappresentativo del rifiuto che le metodologie per la determinazione di componenti sia inorganici che organici Nel frattempo si sono messi a punto metodi che potessero meglio adattarsi alle tipologie complesse e varie dei rifiuti industriali. 4

5 In effetti la legislazione attuale in materia di discariche per rifiuti riporta per il campionamento o il metodo IRSA CNR o quello UNI 10802, mentre per le determinazioni dei componenti i rifiuti rimanda a Metodiche ufficiali riconosciute valide o su scala nazionale(vedi i metodi IRSA per i fanghi) o su scala Internazionale(EPA, ASTM, ISO) Per il prelievo la UNI 10802(Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi: Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli elusati) definisce le modalità di prelievo a seconda dei casi che si possono presentare e descrive in modo particolareggiato le precauzioni da prendere per ottenere, in buona sostanza, un campione quanto più rappresentativo possibile, dell intera massa di rifiuto da smaltire Il campionamento può essere effettuato da parte di personale esperto e, in genere, viene richiesto dalle discariche un verbale di prelevamento con una descrizione minima delle operazioni di prelievo e del la metodologia utilizzata. Il prelevatore non facente parte della struttura produttiva, prima di procedere al campionamento, deve acquisire informazioni circa la natura del rifiuto,onde prevenire eventuali pericoli derivanti da presenza di sostanze particolarmente reattive con l aria( sostanze infiammabili, o piroforiche ) o prendere precauzioni nel caso di rifiuto aggressivo ( molto acido o molto basico ) o ancora possibilità di formazione di sostanze gassose particolarmente tossiche(cianuri, solfuri, fosfuri, etc) I contenitori in cui conservare il campione da sottoporre ad analisi devono essere in materiale idoneo a seconda della natura del rifiuto. Contenitori di plastica in polietilene, ad es., vanno bene per rifiuti non aggressivi, ma, nel caso di rifiuti particolarmente acidi o fortemente basici, è consigliabile l uso o di contenitori in vetro o in teflon. Per rifiuti non aggressivi si può utilizzare anche un semplice sacchetto in polietilene pesante. In ogni caso deve essere assicurata la tenuta ermetica di tutti i contenitori. I sistemi di campionatura dipendono dalla consistenza del rifiuto stoccato oltre che dal contenitore In genere si opera prelevando da diversi punti e a diverse profondità più lotti di campioni che, in un secondo momento, possono essere messi insieme, ridotti come massa e costituire un unico campione Nel caso che dai diversi punti dello stoccaggio il campione prelevato risulta molto diverso, bisogna fare attenzione alle masse dei diversi lotti, in quanto per ottenere un campione medio si deve poter mescolare quantità di campioni proporzionali alle masse dei diversi lotti e poi mescolarli adeguatamente e procedere infine ad una nuova quartazione, in modo da ridurre la massa di materiale da portare in laboratorio, senza che questo comprometta la sua rappresentatività. 5

6 Altro ruolo fondamentale è l etichettatura del contenitore che deve portare notizie utili all identificazione del rifiuto campionato. ANALISI DA EFFETTUARE SUL RIFIUTO Per l accettazione in discarica del rifiuto bisogna determinare i seguenti parametri : ph(su estratto acquoso) Fornisce indicazioni su eventuale presenza di acidi o basi in quantità tali da poter determinare un indice di pericolosità Si tenga presente che le sostanze corrosive classificate con indice di rischio R35 e 34 sono rispettivamente quelle o molto acide o molto basiche e per l individuazione dei limiti >1 % e > 5%, risultanti dalla Direttiva 2557/2001 bisogna, una volta riscontrato un ph o molto acido o molto basico, individuare la concentrazione della sostanza che determina questa caratteristica per verificare l eventuale superamento del limite della sostanza particolare. Punto di infiammabilità Il punto di infiammabilità rappresenta la temperatura a cui un materiale può formare una quantità di vapori di sostanze volatili tale che, a contatto con una fiamma, diano luogo ad una fiammata, ma questa è una caratteristica particolare dei liquidi infiammabili; per i solidi è difficile che si possa verificare questo tipo di infiammabilità, a meno che non siano impregnati di solventi a tal punto da risultare positivi al test in questione. Un altro modo di verificare la infiammabilità di un solido è quello previsto dal Metodo A.10 riportato da Direttiva della commissione del 25 aprile 1984(G.U.C.E, L 251 del 19 settembre 1984) che prevede la formazione di una striscia di materiale di circa 25 cm e di verificare se, una volta innescata la combustione ad una estremità di detta striscia, la propagazione della combustione a tutto il materiale avvenga in un tempo minore di 45 secondi e in tal caso si definisce facilmente infiammabile il rifiuto, o non facilmente infiammabile nel caso di tempi più lunghi Un altro parametro è quello della piroforicità, ossia possibilità che il rifiuto esposto all aria dia reazioni talmente esotermiche da portare all accensione altri materiali che vengano a contatto o che sviluppi, sempre a contatto con aria o con acqua, quantità di gas tossici o infiammabili. Residuo secco a 100 e a 600 C Si tratta di verificare con il primo residuo se il contenuto di solido sia superiore al 25%, in quanto un solido con contenuto in acqua maggiore del 75% non è accettabile. 6

7 Il residuo a 600 dà informazioni sulla matrice del rifiuto stesso, n quanto se vi è molta parte organica si avrà una forte differenza tra residuo a 100 e a 600, altrimenti sarà piccola la perdita a 600 C. Carbonio organico totale(toc) La determinazione consiste in un trattamento ossidativo della sostanza organica attiva, intendendo con questo termine tutta la sostanza organica derivante da rifiuti organici, con esclusione dei rifiuti contenenti materie plastiche, e determinazione del carbonio organico dalla quantità di biossido di carbonio( o anidride carbonica) sviluppatasi. La determinazione di questo parametro è prevista per verificare l accettabilità di un rifiuto pericoloso in una discarica per rifiuti non pericolosi, ma anche per l accettabilità in una discarica per rifiuti pericolosi, in quanto nel primo caso il valore da non superare è il 5%, per il secondo caso è 6 % Oli minerali Gli oli minerali sono prodotti da un processo di distillazione frazionata del petrolio e sono costituiti principalmente da idrocarburi, ossia composti del carbonio e idrogeno, e non dovrebbero costituire un indice di pericolosità, ma, poiché in essi potrebbero essere contenuti dei composti ad alta tossicità,quali ad es. gli idrocarburi policiclici aromatici(ipa) sospetti di essere cancerogeni, si è data rilevanza al contenuto in oli minerali di un rifiuto, tanto da applicare il limite dello 0,1 %, applicabile alle sostanze molto tossiche(contrassegnate con +T), per la classificazione del rifiuto in pericoloso o non pericoloso. Metalli L allegato del DPR 915/82 riporta un elenco di metalli detti pesanti per gli effetti tossici riconosciuti per quasi tutti i loro composti Arsenico Antimonio, Berillio, Cadmio, Cromo esavalente,mercurio Piombo, Rame, Selenio,Tallio e Tellurio fanno parte dell elenco, ma attualmente si è riconosciuta anche la pericolosità di altri metalli e loro composti, quali il cromo trivalente, il Nichel e il Bario, prima non considerati La quantità totale dei singoli metalli elencati determina la classificazione del rifiuto in pericoloso o non pericoloso, così come la sommatoria dei rapporti delle singole concentrazioni su i valori limite per ciascuno di essi( Ci / Cli). La concentrazione degli stessi metalli nel test di cessione (eluato) sono, inoltre, determinanti per l individuazione della discarica idonea ad accettare una certa tipologia di rifiuto: i valori limite nell eluato per questi, in effetti, varia in conseguenza del tipo di discarica in cui devono essere smaltiti. 7

8 Nell eluato, inoltre, si determinano anche altri parametri, quali il carbonio organico disciolto(doc), i cloruri, solfati, fluoruri, cianuri, fenoli, e per ognuno di essi vi è un limite diverso a seconda della tipologia di discarica in cui può essere ammesso il rifiuto. Altri parametri da misurare sono le concentrazioni dei composti organici di vario tipo quali : Composti organo alogenati Solventi aromatici Solventi clorurati Prodotti a base di catrame Composti biocidi e sostanze fitofarmaceutiche Composti farmaceutici Amianto IPA Policlorodifenili, Policlorotrifenili e loro miscele Diossine e furani Metalli carbonili Sostanze chimiche non identificate Cianuri Fenoli TECNICHE ANALITICHE PER LA CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI Le tecniche di analisi utilizzabili sono le seguenti Per i metalli, sia sul tal quale che nell eluato la spettrofotometria per assorbimento atomico (AAS) con varie tecniche applicative, quali la fiamma, il fornetto di grafite o lo sviluppatore di idruri La spettrofotometria di emissione con sorgente al plasma (ICP) Tutte le tecniche su citate hanno applicabilità diverse in quanto la sensibilità per i vari elementi è diversa anche di qualche ordine di grandezza. Pertanto, a seconda del limite di rivelabilità desiderato si può operare con una o l altra delle tecniche. 8

9 Ad es. la spettrofotometria in assorbimento atomico con fiamma come eccitatore degli spettri atomici degli elementi è idonea per concentrazioni dell ordine dei ppm(mg/l) mentre con la tecnica che utilizza come eccitatore il fornetto di grafite si giunge ai ppb (ug/l) Con l ICP per molti elementi si ha sensibilità pari o migliore del fornetto, mentre per altri elementi è minore, anche se si è sviluppata la tecnica che associa il sistema ICP ad un rivelatore di massa, molto più sensibile per tutti gli elementi, ma i costi per queste tipologie di strumentazioni,ovviamente, sono altissimi e non sono alla portata di tutti i laboratori. Vi è da sottolineare che alcuni metalli sono da determinare con tecniche che prevedono si la determinazione in assorbimento atomico, ma facendo sviluppare con dispositivi appositi dei composti volatili(idruri) di alcuni metalli(as,hg,sb,se) Per tutte le tecniche strumentali si deve ovviamente preparare prima un estratto dei metalli dal campione esaminato e dalla concentrazione rilevata nell estratto risalire al contenuto nel campione Il solido, in genere, viene sottoposto ad attacco acido in ambiente ossidante(hno3+hclo4) fino a completa dissoluzione dei metalli ed eliminazione di matrice organica. Se ad es. si è operato su 1 g. di campione e il volume finale della soluzione è 100 ml, quando si rivela la concentrazione in tale soluzione di 4 mg/l, vuol dire che nei 100 ml vi è la decima parte, ossia 0,4 mg derivanti da 1 g. di campione e allora nel campione viè una concentrazione pari a 0,4mg/g, ossia 400 mg/kg (o ppm). Per i componenti organici(solventi, Fenoli,IPA,Policlorodifenili e altri) la tecnica analitica utilizzata per più parametri è la Gas Cromatografia(GC) o, in alternativa, la Cromatografia liquida al alta pressione(hplc) In questo caso le analisi strumentali sono precedute da una estrazione con opportuno solvente, variabile a seconda della classe di composto da determinare, eventuale purificazione dell estratto, onde semplificare l identificazione e la quantificazione degli analiti presenti nell estratto e iniezione di una aliquota(in genere molto piccola) della soluzione nella colonna cromatografica. Nella colonna cromatografica avviene la separazione dei componenti presenti nell estratto, favorita da variazioni di temperatura e da un flusso appropriato di gas inerte che trasporta i singoli componenti al rivelatore posto in uscita dalla colonna stessa in tempi diversi, e il rivelatore opera sia l identificazione qualitativa che quantitativa dei vari componenti. 9

10 Esistono diversi rivelatori ognuno con specifiche particolarità di rivelazione per vari composti organici. I più utilizzati sono : Il rivelatore a ionizzazione di fiamma(fid) che ha buona sensibilità per idrocarburi aromatici, per acidi organici, fenoli, e altri Il rivelatore a cattura elettronica(ecd) molto sensibile ai solventi e composti alogenati Il rivelatore per composti azotati e fosforiti(npd) per lo più utilizzato per i pesticidi azotati e fosforici, ma per questi, con minor sensibilità, comunque, può essere utilizzato anche il FID Il rivelatore di massa(m) che si avvale, come principio, della possibilità di frammentare in un campo magnetico le molecole organiche e dalle masse caratteristiche dei frammenti che le singole molecole organiche possono generare, risalire all identificazione e quantificazione dei componenti organici di una miscela. Per gli altri parametri previsti ad es. nella caratterizzazione degli eluati, si possono adottare le metodiche analitiche previste dai metodi ufficiali per l analisi delle acque, quale il Manuale delle analisi acque del 2003 edito a cura dell APAT-IRSA-CNR 10

11 AMIANTO Per i materiali contenenti amianto è previsto che in discarica per non pericolosi possano essere conferiti senza alcuna caratterizzazione i materiali in cementoamianto in lastre, ma non quelli friabili o ridotti in povere. Per questi è possibile portarli in discarica dopo trattamenti di inertizzazione che li rendano compatibili con la discarica e, pertanto, bisogna verificarne le caratteristiche e prima di ogni altra cosa il tenore in amianto. In altri materiali in cui è ipotizzabile la presenza di fibre di amianto o anche nei test di cessione previsti per i rifiuti da sottoporre a procedure di riutilizzo si deve determinare la quantità di fibre libere Le tecniche analitiche utilizzabili sono : La diffrazione per Raggi X(DRX) La spettrofotometria ad infrarosso con trasformata di Fourier(IR-TF). La microscopia elettronica a scansione(sem) La diffrazione a raggi X prevede la preparazione di un campione di polvere da disporre su un supporto che viene sottoposto ad indagine in un diffrattometro a raggi X Pertanto si deve operare una macinazione spinta di un campione rappresentativo di rifiuto, ovviamente in un sistema chiuso, idoneo all ottenimento di una polvere che, successivamente, mediante un dispositivo particolare, viene spruzzata su un filtro di argento e il preparato viene sottoposto all esame diffrattometrico, ossia viene investito da una radiazione X monocromatica con anolo di incidenza variabile, in quanto il portacampione è solidale con un goniometro rotante, in modo da evidenziare fenomeni di diffrazione dei raggi X correlabili alla presenza di sostanze cristalline e si avrà uno spettro di diffrazione da cui emergono dei picchi ad angoli diversi correlabili a strutture cristalline diverse. L identificazione di picchi caratteristici per ciascuna sostanza porta al riconoscimento della specie cristallina e l area di uno dei picchi, previa opportuna calibrazione, permette la determinazione quantitativa della specie cristallina. Il limite di concentrazione per la tecnica a raggi X è del 1% L analisi per IR-TF comporta anch essa una comminuzione accurata del campione e in più, poiché si deve preparare una pasticca con bromuro di potassio(kbr) vi è il problema della miscelazione accurata della polvere con il sale, onde ottenere un preparato che,irradiato con una radiazione infrarossa ecciti lo spettro infrarosso dell amianto. In questo caso si perviene all identificazione del composto di interesse in base all interpretazione di uno spettrogramma in cui in ascisse viene riportata la frequenza 11

12 della radiazione che ha prodotto il picco e in ordinata l intensità dello stesso picco, da cui risalire alla quantità, sempre per opportuna calibrazione con degli standard. Il limite di rivelabilità è identico alla DRX Con il SEM vi è sempre come prima fase una preparazione del campione in polvere, che, in seguito, viene portata su un filtro in policarbonato, fissata con un trattamento di metallizzazione su un supporto ed esaminata con microscopio elettronico a scansione, capace di riconoscere le fibre di amianto e di quantizzarle. Il limite in questo caso è inferiore all 1%. In ogni caso le determinazioni sono rese complesse dalla necessità di ridurre in polvere i campioni senza danneggiare molto le fibre, altrimenti si rischia di non identificarle, e dal fatto che il campione portato all analisi è di ridotte dimensioni. QUESITI Per le sostanze molto tossiche (T+) il limite previsto nei rifiuti non pericolosi è di mg/kg Per le sostanze cancerogene di categoria 1 e 2 il limite è di mg/kg Un rifiuto presenta concentrazione di sostanza con rischio R34 pari a3.500 e R 35 pari a 750 mg/kg. Quale classificazione le date? Non Pericolosa Pericolosa Per i composti organici alogenati quale tecnica analitica è più indicata : GC con FID GC con ECD CG con NPD 12

13 La determinazione del mercurio viene effettuata per Spettrofotometria in assorbimento atomico con : Fiamma Fornetto Sviluppatore di idruri 1 g. di rifiuto è stato sottoposto ad attacco acido per la determinazione dei metalli e portato a Volume finale di 50 ml. Se nella soluzione ho trovato 15 mg/l di un elemento il cui valore limite è 1000 mg/kg, il rifiuto è da considerarsi Pericoloso Non pericoloso LA NUOVA DIRETTIVA CEE PER LA IDENTIFICAZIONE DELLA PERICOLOSITA DEI RIFIUTI In base alla nuova Direttiva, riportata nella Decisione del Ministero dell Ambiente del 2002 i rifiuti devono considerarsi pericolosi quando presentano una o più delle seguenti caratteristiche: Punto di infiammabilità C < 55 Presenza in esso di una o più sostanze molto tossiche(+t) in concentrazione > 0,1 % tossiche(t) > 3,0 nocive (X) >25 corrosive(r35) > 1 corrosive(r34) > 5 irritanti(r41) >10 irritanti(r36,37,38) >20 cancerogena(cat1,2) > 0,1 cancerogena(cat.3) > 1 tossica per ciclo riprod.(cat1,2,r60,61)> 0,5 (Cat.3,R62,63) > 5 mutagena cat. 1,2(R46) > 0,1 2 3 (R40) > 1 13

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