LO SCAVO ARCHEOLOGICO DEI DEPOSITI DI V-XI SECOLO DELL OSPEDALE DI SANTA MARIA DELLA SCALA: PER LA STORIA DELLA CITTÀ DI SIENA NELL ALTOMEDIOEVO

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1 LO SCAVO ARCHEOLOGICO DEI DEPOSITI DI V-XI SECOLO DELL OSPEDALE DI SANTA MARIA DELLA SCALA: PER LA STORIA DELLA CITTÀ DI SIENA NELL ALTOMEDIOEVO di FEDERICO CANTINI Lo scavo delle stratigrafie archeologiche sulle quali si erge l Ospedale di Santa Maria della Scala, posto sul versante meridionale della collina sulla cui sommità sorge il duomo di Siena, iniziato nel luglio del 1998 per rispondere alla necessità di documentare i depositi che sarebbero stati distrutti dai lavori del cantiere di restauro del complesso architettonico, ha dato la possibilità di ricostruire i processi di trasformazione che hanno sostanzialmente modificato, tra tardoantico ed altomedioevo, il tessuto insediativo di questa parte di Siena, che le fonti scritte lasciavano sostanzialmente in ombra (cfr. BROGINI ). L indagine, diretta dal Prof. Riccardo Francovich e dal Prof. Daniele Manacorda, e coordinata dalla Prof.ssa Alessandra Molinari e dal Prof. Emanuele Papi, ha al momento interessato 44 ambienti dell ospedale (Fig. 1). I RISULTATI DELLA RICERCA: UNA BREVE SINTESI I processi che portarono alla formazione del tessuto urbano medievale sono stati analizzati sia dal punto di vista insediativo, che da quello economico, mediante lo studio dei reperti ceramici, cercando di confrontare i dati emersi dal nostro scavo con quelli già elaborati per altre città toscane. Si è così cercato, illustrando il caso senese, di offrire un nuovo contributo al dibattito sulla formazione della città altomedievale in Italia (cfr. GELICHI 2002). Tra la seconda metà del IV e la seconda metà del V secolo d.c. Siena sembra godere ancora di una certa vitalità: si continuano ad aprire grandi cantieri per la costruzione di edifici monumentali, come quello termale a cui appartiene la struttura biabsidata emersa dallo scavo (Fig. 2), e, grazie all iniziativa di un rappresentante dell élite aristocratica della città, ci si adopera per realizzare nuove scuole e ristrutturare gli impianti idrici, come ricordano le fonti epigrafiche (cfr. CIL VI, 1973). Il tessuto urbano è inoltre sempre definito da abitazioni in buona muratura, che del resto, in quest epoca, sembrano caratterizzare ancora gran parte delle città italiane (cfr. BROGIOLO, GELICHI 1998, pp ). Anche l analisi dei manufatti ceramici che circolavano a Siena in questo periodo mostra una città che rimane aperta ai commerci mediterranei: sono infatti ancora attestate, sebbene in modeste percentuali, anfore (l africana II, la Keay LII e quella di Empoli) e vasellame africano (H. 67, L. 42, H. 61B, L. 9a), che affiancano alcune produzioni locali di vasi per la mensa verniciati o ingobbiati di rosso, ormai quantitativamente dominanti, che, probabilmente, vanno anche a supplire, con forme aperte di piccole dimensioni, alla mancanza di questo tipo di oggetti tra i recipienti importati. Quanto emerso per Siena trova dei confronti stretti nelle altre realtà urbane toscane, dove, tra la fine del IV e il V secolo d.c., il degrado delle strutture pubbliche e l abbandono di alcune insulae non sembrano sintomi di una totale crisi, ma piuttosto di una trasformazione della città, che si frammenta e si concentra lungo gli assi viari principali o presso le porte (cfr. CIAMPOLTRINI 1994, p. 630). Continua a funzionare l impianto fognario, si ristrutturano le mura (per Firenze cfr. MIRANDOLA 1999, p. 65; per Lucca CIAMPOLTRINI, NOTINI 1990, pp ) e grazie ad iniziative di grandi personaggi privati si continua, ancora nel IV secolo d.c., a realizzare grandi opere pubbliche, spesso proprio delle terme, come attestato a Volterra (cfr. ALBERTI 1999, pp ) e a Roselle (cfr. RIZZITELLI 1999, p. 109). La situazione inizia a cambiare tra la fine del V e la prima metà del VI secolo d.c.: a Siena, le stratigrafie archeologiche indagate mostrano una città coperta da livelli di macerie e tagliata da grandi fosse riempite con i materiali di risulta delle attività di spoliazione degli edifici romani (Tav. 126). La coincidenza cronologica tra questi forti segni di crisi e gli anni della guerra greco-gotica lascia supporre che i primi siano una diretta conseguenza degli eventi bellici che attraversarono l Italia nella prima metà del VI secolo d.c. Il materiale ceramico che circola in città rimane comunque legato al mondo antico: giungono ancora alcune anfore africane (spatheia) o di provenienza orientale (Keay LIII) (cfr. MILANESE 1991, p. 372) e continuano ad essere attestate le sigillate tunisine, che oltre alle scodelle (H. 84, H. 87B) ed alle coppe (H. 94 e 99), comprendono anche i vasi a listello (H. 91B), subito imitati dalla produzione locale ingobbiata di rosso. Con la tecnica dell ingobbiatura si arriva ora a realizzare un vero e proprio corredo domestico, che comprende coppe, scodelle e brocche, vasi a listello e piattelli da toilette. Per quanto riguarda la cucina iniziano a farsi preponderanti i prodotti foggiati con argille grossolane, probabilmente di ambito locale o regionale, con olle, spesso con orlo a fascia, casseruole, tegami, colini, vasi ad orlo decorato e coperchi con presa a disco. Non sono invece ancora documentati i testi. Per l illuminazione si utilizzano ancora lucerne africane (i tipi VIII DI e XAIa), ritrovate comunque in modestissime quantità nello scavo, ed alcune loro imitazioni in argilla depurata. La crisi del tessuto urbano di questa parte della città non sembra chiudersi tra la seconda metà del VI e l inizio del VII secolo d.c., quando la struttura absidata, che faceva da ingresso alle terme, diventa oggetto di pesanti spoliazioni ed i piani di calpestio tardo-antichi iniziano ad essere coperti da spessi strati di terra scura, fenomeno quest ultimo già documentato in ambito urbano toscano dal III al VI secolo d.c. (cfr. CIAMPOLTRINI, NOTINI 1990, pp ; FAVILLA 1999, p. 49; ALBERTI 1999, pp ; RIZZITELLI 1999, p. 110). Se il quadro insediativo risulta abbastanza desolante, il materiale ceramico rinvenuto mostra invece come ancora non si siano interrotti del tutto i traffici con le officine del nord Africa, dalle quali provengono, seppur in quantità limitatissime, i vasi a listello Hayes 91C e le grandi scodelle Hayes 104C e 104B. Alla crisi delle importazioni, non dovette corrispondere quella della domanda, se proprio ora si assiste all esplosione delle produzioni di ceramiche locali: quelle ingobbiate ampliano il repertorio delle forme foggiate, che comprendono scodelle, coppe, brocche, vasi a listello e bacili; iniziano proprio adesso ad essere attestate quelle decorate con colature di ingobbio rosso che compaiono su brocche, grandi recipienti con orlo estroflesso e vasi a listello; infine, il vasellame da cucina foggiato con impasto grossolano viene caratterizzandosi per un campionario di forme molto articolato, che oltre alle olle, alle casseruole e ai coperchi, comprende ora anche i testi. Una tendenza diametralmente opposta riguarda invece i prodotti verniciati, che dopo l inizio del VII secolo d.c. vanno probabilmente considerati residui. Il quadro offerto dallo studio dei reperti ceramici, che mostra corredi da mensa e da cucina molto ricchi e di buona qualità, sembra difficilmente conciliabile con quanto i dati stratigrafici ci inducono a pensare sul paesaggio di questa parte della città. In realtà questa contraddizione è solo apparente e può essere spiegata se si tiene conto del fatto che questo versante della collina, ormai privo di strutture residenziali, inizia, proprio partire dalla seconda metà del VI secolo d.c., a diventare la grande discarica di un abitato che doveva essere ancora vitale, ma che però si trovava probabilmente altrove. Per quanto riguarda la sua localizzazione, è plausibile pensare che si estendesse in una zona posta più in alto rispetto alla discarica, zona che potrebbe essere identificata, anche in base a quanto lasciano supporre le fonti scritte di poco posteriori, peraltro molto povere di dati, con il 303

2 piano di Santa Maria o con Castelvecchio. La presenza di abitazioni sul piano di Santa Maria è stata del resto confermata anche dal rinvenimento, nel corso della campagna di scavo realizzata nel 1988 sul fronte dell ospedale, dei resti di un edificio con pareti in terra su zoccolo in muratura databile tra il VI e il VII secolo d.c. (cfr. DE LUCA 1991, pp ). La marginalità dell area occupata dal complesso architettonico dell ospedale sembra confermata anche nella prima metà del VII secolo d.c., quando grandi quantità di macerie, alternate a spessi riporti di terra scura, vanno a coprire le aree urbanizzate in età romana, dove compaiono anche le prime sepolture, raggruppate tra le rovine del grande edificio termale di età tardoantica (Fig. 3). Anche la comparsa di inumazioni in area urbana, spesso associate proprio a strutture termali ormai abbandonate, trova numerosi confronti in area toscana: a Firenze (cfr. MIRANDOLA 1999, pp ), a Lucca (cfr. CIAMPOLTRINI, NOTINI 1990, p. 571), a Fiesole (cfr. FAVILLA 1999, p. 49), a Volterra (cfr. AL- BERTI 1999, p. 79), ad Arezzo (cfr. NEGRELLI 1999, p. 110) ed a Luni (cfr. BANDINI 1999, p. 19). Terminato l uso del piccolo cimitero, sull area posta sopra il fosso di S. Ansano si torna a costruire: utilizzando materiali di recupero legati da argilla è realizzato un lungo muro, che va a recingere, e forse difendere, la parte della collina posta più a monte, dove sono impiantate alcune strutture in legno, che, in un caso, si appoggiano a ciò che rimane delle terme (Fig. 4). Per quanto riguarda i commerci, si interrompono i rapporti con il nordafrica e sembra ormai al termine la produzione di vasellame verniciato. Il panorama delle forme da mensa è ora dominato dai prodotti locali ingobbiati, decorati con colature o acromi. Le forme ingobbiate comprendono scodelle, brocche, vasi a listello, con un gran numero di varianti negli orli, bacili e bottiglie. Le colature rosse registrano ora e nel periodo successivo il picco delle attestazioni, con un campionario di oggetti molto articolato, composto da brocche, coppe, grandi contenitori con orlo estroflesso, vasi a listello, bacili e catini. Anche le acrome depurate sono ben attestate con coppe, brocche, orcioli e vasi a listello, bacili con orlo introflesso e rare scodelle. Il vasellame da cucina in acroma grossolana rimane invece sostanzialmente molto simile a quello del periodo precedente, anche se si fanno via via sempre più numerose le varianti degli orli dei recipienti. Tra i reperti ceramici è interessante poi notare il rinvenimento di una fuseruola, a testimoniare forse l introduzione, o quantomeno la presenza, in città di attività legate alla tessitura. Anche per la prima metà del VII secolo, quindi, il quadro economico elaborato in base ai dati della ceramica mostra una città dove, sebbene siano ormai interrotte le importazioni di merci da lunga distanza, circola ancora vasellame di buona qualità, con una varietà funzionale che difficilmente può essere attribuita ad un tipo di abitato fatto di capanne e ruderi, quale è quello emerso dallo scavo. Il passaggio al pieno altomedioevo inizia poi a farsi evidente tra la seconda metà VII e l VIII secolo d.c., quando il lungo muro che delimitava a sud le aree a monte del fosso di S. Ansano crolla. Questo evento non sembra però interrompere la frequentazione di questa zona della città dove sono costruite alcune strutture in tecnica mista, associando pali in legno e lacerti di mura antiche (Fig. 5). Al loro abbandono segue la costruzione di una nuova struttura in legno, che risfrutta i ruderi della semiabside nord-occidentale delle terme ancora non completamente spoliate, e quella di un nuovo muro a secco che ricalca, spostandosi poco più a valle, la posizione di quello costruito nel periodo precedente, dal quale probabilmente eredita anche la funzione di difesa (Fig. 6). Il quadro emerso per questa parte di Siena non sembra invece offrire nessuna traccia degli edifici in buona muratura, che proprio tra VII e VIII secolo d.c. iniziano a ricomparire nelle città italiane su committenza dei rappresentanti del potere regio, ai quali si affiancano, dalla fine del VII secolo d.c., il vescovo e i privati (cfr. BROGIOLO, GELICHI 1998, pp ). Il materiale ceramico associato alle stratigrafie di questo periodo mostra l assenza del vasellame verniciato, mentre quello ingobbiato, ancora ben attestato almeno per la seconda metà del VII secolo d.c., inizia a presentare un campionario di forme più ridotto, fatto di poche scodelle, un tipo di brocca e quattro varianti del vaso a listello. Questa tendenza non sembra invece caratterizzare la produzione di manufatti decorati con colature rosse, che si arricchisce morfologicamente con l introduzione del coperchio e del bicchiere. Quest ultima forma compare ora, insieme a scodelle, orcioli, brocche, coperchi e bacili con orlo introflesso, anche tra i prodotti foggiati con impasti depurati. Tra i recipienti per la cucina è invece introdotto il catino-coperchio con presa esterna a listello, che va ad aggiungersi ad un corredo ancora ricco di forme e composto da tegami, casseruole, vasi a listello, testi, coperchi, fornetti-coperchio ed olle. L impressione che continua a prevalere sul rapporto tipo di insediamento-tipi ceramici attestati rimane sempre quella di un forte contrasto. Questa contraddizione scompare solo con il passaggio al IX secolo, quando al riaffiorare di tecniche costruttive che fanno uso della pietra e della calce sembra collegarsi anche il riemergere, sempre in modestissime quantità, di ceramiche di un certo pregio : le brocche in vetrina pesante decorate con petali applicati. Queste ultime, terminata la produzione di prodotti fini rivestiti di ingobbio, vanno a costituire, insieme a rari bicchieri e brocche acrome, o raramente decorate con bande rosse, il corredo per la mensa, mentre nella dispensa sono presenti orcioli, imbuti, vasi con listello quasi atrofizzato, catini e bacili, sempre acromi. Si assiste poi ad una netta riduzione del repertorio morfologico dei prodotti grossolani da cucina tra i quali compaiono ora solo catini-coperchio, casseruole, testi ed olle. Dal punto di vista insediativo, questo nuovo periodo inizia con il crollo del lungo muro che attraversava la terrazza posta sopra il fosso di S. Ansano. Sui livelli di macerie si succedono alcune costruzioni in legno, l ultima delle quali è costituita da una capanna di forma ovaleggiante, con tetto in materiale deperibile (Fig. 7). L abbandono di queste strutture è segnato dallo scarico di altri livelli di terra scura, sui quali si torna a costruire nuovi edifici in muratura di buona fattura: si tratta di due muri realizzati con pietre e mattoni romani legati da buona calce, che però al momento rimangono di difficile interpretazione. La presenza di edifici in muratura non sembra comunque accompagnata dalla scomparsa dell edilizia in legno, che continua ad essere utilizzata tra X e XI secolo nell area 6000, dove è impiantata una capanna di forma rettangolare (Fig. 8). Una nuova fase insediativa è poi segnata dalla realizzazione di una grande costruzione in conci di calcare ed arenaria, sommariamente squadrati, disposti in corsi orizzontali e legati da malta, che si colloca, con andamento estovest, a ridosso del fosso di S. Ansano. I materiali ceramici rinvenuti nelle stratigrafie di questo periodo mostrano pochi tipi realizzati in acroma depurata (brocche, catini e bacili) e grossolana (testi ed olle). Il paesaggio del secolo successivo sarà infine caratterizzato dalla presenza di una serie di ambienti ipogei, probabilmente le stesse celleae ricordate nei documenti a partire dall inizio dell XI secolo, che costelleranno tutto il versante collinare, prima dell avvento del cantiere che darà vita alle prime strutture del complesso ospedaliero di Santa Maria della Scala. LA CITTÀ E LA CAMPAGNA: SIENA E MONTARREN- TI NELL ALTOMEDIOEVO Per una più chiara definizione della città di Siena nell altomedioevo cercheremo ora di mettere a confronto i dati emersi dallo scavo dell Ospedale di Santa Maria con quelli ricavati 304

3 Fig. 1 Pianta dell Ospedale di Santa Maria della Scala (Siena). Fig. 2 Strutture in uso tra seconda metà IV-seconda metà secolo V d.c. Fig. 3 Sepolture all interno dell ingresso absidato delle terme (prima metà VII secolo d.c.). 305

4 Fig. 4 Il primo muro di recinzione e le strutture in legno che si appoggiano alle rovine tardoantiche. Fig. 5 Strutture in tecnica mista (seconda metà VII-VIII secolo d.c.). Fig. 6 Il secondo muro di recinzione della terrazza (seconda metà VII-VIII secolo d.c.). Fig. 7 Capanna ovoidale di IX secolo d.c. 306

5 Fig. 8 Il muro in pietra e la capanna rettangolare di X-XI secolo. dall indagine del sito incastellato di Montarrenti (cfr. CANTINI 2003), posto a sud-ovest di Siena, per capire cosa differenziasse il modello insediativo urbano da quello rurale nella Toscana meridionale tra la seconda metà del VII e l XI secolo d.c. Come premessa va sottolineato il diverso tipo di indagine archeologica realizzata nei due siti: infatti mentre a Siena i depositi, specie per l epoca che ci interessa più da vicino, sono stati fino ad oggi esplorati in piccola percentuale e all interno di un area abbastanza ristretta e concentrata della città, la sua parte occidentale, Montarrenti è stato invece investigato attraverso l apertura di quattro aree di scavo dislocate in diversi punti della superficie occupata dal villaggio. Relativamente a quest ultimo, lo scavo ha permesso di ricostruire la formazione, tra seconda metà VII e VIII secolo d.c., di un primo villaggio accentrato e fortificato, composto da piccole capanne di forma rettangolare o ovaleggiante, con copertura in materiale deperibile e piano di calpestio in argilla, difese da due palizzate lignee poste a recingere la parte alta e bassa del rilievo. Se a Montarrenti non compaiono ancora strutture in muratura, queste sono invece documentate a Siena, dove la loro presenza va probabilmente collegata anche alla grande disponibilità di materiale da costruzione costituito dagli edifici romani abbandonati. La pietra, unita con argilla a frammenti di laterizi, non è comunque utilizzata nelle strutture di tipo abitativo, che continuano ad essere in legno, a volte addossate alle rovine degli edifici romani, ma è impiegata nella costruzione di un muro, forse di difesa, posto lungo il versante collinare, poco sopra il fosso di Sant Ansano. La parzialità dell area indagata, rispetto alla superficie occupata dalla città, non permette però di escludere con assoluta certezza la presenza di strutture in muratura poste in altre zone di Siena. Il quadro insediativo che emerge per questo periodo dallo scavo dell Ospedale è tuttavia abbastanza desolante: siamo in presenza di una città, o meglio di una parte di essa, dove il paesaggio è fatto di grandi scarichi di terra scura, rovine e baracche di legno, difese forse da un muro mal costruito. Se questa ricostruzione fosse applicabile a tutto il tessuto urbano potremmo pensare che tra seconda metà VII e VIII secolo d.c. il villaggio di legno di Montarrenti fosse quasi più organizzato e strutturato della città di Siena. Questo confronto cambia esito se si prende in considerazione il panorama delle forme ceramiche che circolavano nei due abitati. A Montarrenti compaiono infatti solo oggetti acromi, foggiati con impasti fini o grossolani, mentre in città sono attestate anche stoviglie decorate con colature o ingobbio rosso, almeno fino alla seconda metà del VII secolo d.c. Il paragone tra i due contesti risulta a favore di quello urbano anche se si assumono come variabili il numero e la varietà funzionale delle forme ceramiche documentate. Queste differenze possono essere spiegate in due modi differenti: ipotizzando che la domanda di vasellame posta dagli abitanti del villaggio rurale fosse meno articolata rispetto a quella avanzata dalla città, oppure immaginando che fosse la stessa offerta di manufatti ceramici diretta al contado ad essere più povera rispetto a quella diretta al centro urbano. Sicuramente dovevano essere più numerose le officine che vendevano i loro prodotti sul mercato urbano rispetto a quelle che si aprivano al contado, visto la maggiore quantità di impasti attestati in città, anche solo relativamente alle acrome depurate (8 contro 5) e grossolane (14 contro 6). Inoltre alcuni di questi ateliers dovevano avere sede dentro la stessa Siena, come dimostrano i frammenti ceramici stracotti e gressificati rinvenuti nello scavo. Una certa differenza tra Siena e Montarrenti emerge anche se si prende in considerazione la qualità dei prodotti ceramici usati: infatti, relativamente alle acrome depurate, in città il vasellame mal cotto, che ha come indicatore la presenza dell anima grigia in frattura, è pari al 7,8% del totale della stessa classe, mentre a Montarrenti raggiunge il 62,9%. Ciò significa che a Siena circolava vasellame fine ed acromo di miglior fattura rispetto a quello diffuso nel contado. Un dato che accomuna i due siti è invece quello relativo alle correnti di approvvigionamento dei manufatti ceramici che sembrano essere state locali o al massimo regionali (ulteriori verifiche in questo senso verranno dalle analisi archeometriche degli impasti, tutt ora in corso.) In questa direzione va anche l attestazione in città, sebbene in percentuali modestissime (4,5%), di vasellame per la cucina realizzato a mano, che comprende casseruole, coperchi e testi, la cui presenza può essere collegata ad una produzione domestica di ceramica in ambito urbano, o magari alla vendita sul mercato cittadino di prodotti foggiati in area rurale. Il quadro muta tra la seconda metà dell VIII e il IX secolo d.c., quando a livello insediativo i due contesti presi in esame si caratterizzano per la coesistenza di strutture in muratura e in legno: a Montarrenti, che assume ora i caratteri di un centro curtense, fa il suo primo ingresso l uso della malta, impiegata per realizzare un muro di cinta che va a racchiudere la sommità della collina, dove è costruito un grande magazzino in legno; a Siena, nel IX secolo d.c., si torna a realizzare strutture che prevedono l uso della pietra, dei laterizi e di un legante a base di calce, che convivono con capanne in materiale deperibile. Per quanto riguarda i manufatti ceramici, a Montarrenti si assiste ora ad un incremento delle varietà morfologicofunzionali del vasellame, che probabilmente riflette la maggiore complessità socio-economica del nuovo centro curtense: tra i prodotti per la mensa e la dispensa sono attestati bacili, orcioli, grandi brocche e bottiglie, mentre per la cucina sono documentate olle, casseruole, coperchi, e catini. Un campionario simile, relativamente ai prodotti acromi, inizia a circolare anche in città: si tratta di catini-coperchio, casseruole, testi ed olle per la cucina e bicchieri, brocche, orcioli, imbuti e vasi con listello per la mensa e dispensa. 307

6 Anche il numero degli impasti con i quali è foggiato il vasellame acromo nei due siti si avvicina: 6 tipi depurati e 8 grossolani a Siena, 6 per entrambe le classi a Montarrenti. È interessante notare poi come proprio tra seconda metà VIII e IX secolo d.c. siano documentate nei due contesti alcune forme ceramiche identiche: si tratta di alcuni testi con pareti estroflesse ed orlo appuntito, alcune olle con orlo estroflesso e superiormente piatto, delle grandi brocche trilobate ed in particolare dei bacili con orlo introflesso. Potrebbe trattarsi di vasellame che veniva venduto sia sul mercato cittadino che rurale, oppure comprato nella stessa Siena dagli abitanti della campagna. Del resto è dalla fine del IX secolo d.c. che anche i documenti storici iniziano ad attestare con maggior frequenza la presenza di un mercato urbano, che affianca la fiera cittadina o che, in mancanza di questa, si afferma come principale punto di smercio nel territorio. Il corredo ceramico della città è comunque sempre più ricco di quello del centro curtense: a Siena sono infatti attestate anche alcune brocche in vetrina pesante, con decorazione a petali applicati, o decorate con bande rosse. Non sembra invece cambiare rispetto al periodo precedente il quadro relativo alle tecniche di lavorazione della ceramica: a Montarrenti tutti gli oggetti sono foggiati a tornio veloce, mentre a Siena compare anche una piccola percentuale di vasi in ceramica grossolana realizzati a mano (3,6%) e a tornio lento (6,4%). Nei due siti si mantiene poi la differenza tra le attestazioni dell anima grigia, difetto di cottura che a Siena compare nel 21,9% dei manufatti acromi depurati e a Montarrenti nel 73%, a dimostrare come in città ed in campagna circolassero ancora manufatti di differente qualità. Un nuovo cambiamento nelle tipologie insediative e nella cultura materiale che caratterizza i due siti si avrà poi tra X e XI secolo d.c. In questo periodo si assiste al primo incastellamento di Montarrenti, dove, nella parte alta del villaggio, è ricostruita la cinta muraria, che va a racchiudere grandi capanne in legno, di pianta rettangolare, con battuti e focolare interno, mentre sui versanti compaiono, accanto a capanne, edifici in tecnica mista con elevato ligneo su base in pietra. Anche a Siena, tra X e XI secolo d.c., sono documentate le prime capanne rettangolari in legno ed una grande struttura in conci di calcare ed arenaria, sommariamente squadrati, di difficile interpretazione. Anche il panorama delle forme ceramiche dei due insediamenti tende a coincidere sempre di più, caratterizzandosi per un impoverimento della varietà morfologica e della quantità numerica dei tipi attestati: a Montarrenti la ceramica da mensa e dispensa comprende brocche, boccali e orcioli, mentre quella da cucina include testi fatti ora anche a mano, tegami ed olle; a Siena tra le poche forme realizzate in acroma depurata compaiono brocche, catini e bacili, e tra quelle foggiate con impasti grossolani, testi ed olle. Relativamente al numero degli impasti, mentre in città esso rimane quasi invariato (9 grossolani e 6 depurati), a Montarrenti si riduce a tre tipi differenti per ciascuna classe, confermando una chiusura dell economia del nostro villaggio rurale, dove proprio ora iniziano a comparire anche i primi prodotti da cucina fatti a mano, molto probabilmente in loco. In entrambi i siti poi diminuisce la percentuale di prodotti fini con anima grigia che a Siena si riattesta sul 7,8%, mentre a Montarrenti scende fino al 37%. Questo dato indica, da un lato, un miglioramento delle tecniche di produzione dei manufatti ceramici che poi sarà caratteristico del XII secolo d.c., dall altro, una persistente differenza di qualità tra i prodotti che circolano nella campagna e quelli in uso in città, dove continuano ad essere attestati anche frammenti stracotti, appartenenti a scarti di produzione. In sintesi, quel che risulta da questo confronto è una sostanziale differenza tra la città e la campagna che si manifesta, al momento, più sulla base delle tipologie ceramiche in uso nei due contesti che non dal punto di vista delle forme insediative, caratterizzate sempre da strutture abitative in legno o tecnica mista, almeno fino al IX secolo d.c., quando in ambito urbano compaiono i primi edifici in pietra. Quest ultima, associata all impiego della calce, sembra comunque utilizzata fin dalla seconda metà dell VIII- IX secolo d.c. anche in area rurale per la realizzazione di strutture difensive. Diverso invece è il quadro offerto dallo studio dei materiali ceramici, che, fino al X-XI secolo d.c., mostrano sempre un repertorio di classi e forme più ricco per Siena rispetto a Montarrenti. Visto che la maggior parte dei reperti provengono dai dark layers, viene da chiedersi se essi siano associabili ad un diverso tipo di abitato, più articolato e complesso di quello individuato nello scavo, che poteva caratterizzare nel corso dell altomedioevo aree limitrofe a quelle dell Ospedale. APPENDICE Desidero qui ringraziare coloro che hanno lavorato a questo scavo e allo studio dei materiali, fornendomi i dati per elaborare questo testo: Maddalena Belli, Iacopo Bruttini, Stefano Camporeale, Francesca Corradini, Luisa Dallai, Francesca Grassi, Arianna Luna, Lorenzo Marasco, Laura Motta, Alessandra Pais, Silvia Pallecchi, Antonio Pizzo e Chiara Saffioti. BIBLIOGRAFIA ALBERTI A. 1999, Volterra, in E. ABELA et al., Archeologia urbana in Toscana. La città altomedievale, Mantova, pp BANDINI F. 1999, Luni, in E. ABELA et al., Archeologia urbana in Toscana. La città altomedievale, Mantova, pp BROGINI P , Lo sviluppo urbanistico di Siena fino all età precomunale, Tesi di laurea in Storia, discussa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell Università degli Studi di Siena (relatore Prof. Duccio Balestracci). BROGIOLO G.P., GELICHI S. 1998, La città nell altomedioevo italiano. Archeologia e storia, Bari. CIAMPOLTRINI G. 1994, Città frammentate e città-fortezza. 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