Diritto delle Relazioni Industriali

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1 ISSN Diritto delle Relazioni Industriali Pubblicazione Trimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in L. 27/02/2004 n 46) articolo 1, comma 1, DCB (VARESE) Diritto delle Relazioni Industriali Rivista trimestrale già diretta da MARCO BIAGI In questo numero Ricerche Smart working e digitalizzazione del lavoro Interventi Il Jobs Act alla prova di costituzionalità Il lavoro a tempo determinato del dirigente privato e pubblico Licenziamento disciplinare: violazione del principio di immediatezza Relazioni industriali e risorse umane Diritto di sciopero e rappresentatività sindacale: il paradosso dei servizi essenziali Giurisprudenza italiana Incostituzionalità della legge regionale per il personale sanitario in materia di orario e limiti all assunzione a termine Jobs Act e licenziamento per giustificato motivo oggettivo: questioni di legittimità costituzionale Casse previdenziali e accertamento della regolare iscrizione all Albo La titolarità del diritto ad indire l assemblea sindacale retribuita Natura del rapporto tra società di capitali ed amministratore Legislazione, prassi amministrative e contrattazione Lavoro carcerario e lavoro a domicilio Osservatorio di giurisprudenza e politiche comunitarie del lavoro Forme di lavoro flessibili per i lavoratori più giovani e principio di non discriminazione in base all età nel caso Abercrombie Osservatorio internazionale e comparato Quadro internazionale e comparato I pilastri previdenziali a capitalizzazione nelle diverse esperienze del Canada, del Brasile e dell Italia N. 4/XXVII Diritto delle Relazioni Industriali fa parte della International Association of Labour Law Journals

2 DIRITTO DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI Rivista fondata da Luciano Spagnuolo Vigorita e già diretta da Marco Biagi Direzione Tiziano Treu, Mariella Magnani, Michele Tiraboschi (direttore responsabile) Comitato scientifico Gian Guido Balandi, Francesco Basenghi, Mario Biagioli, Andrea Bollani, Roberta Bortone, Alessandro Boscati, Umberto Carabelli, Bruno Caruso, Laura Castelvetri, Giuliano Cazzola, Gian Primo Cella, Maurizio Del Conte, Riccardo Del Punta, Carlo Dell Aringa, Raffaele De Luca Tamajo, Pietro Ichino, Vito Sandro Leccese, Fiorella Lunardon, Arturo Maresca, Luigi Mariucci, Oronzo Mazzotta, Luigi Montuschi, Gaetano Natullo, Luca Nogler, Angelo Pandolfo, Roberto Pedersini, Marcello Pedrazzoli, Giuseppe Pellacani, Adalberto Perulli, Giampiero Proia, Mario Ricciardi, Mario Rusciano, Giuseppe Santoro-Passarelli, Franco Scarpelli, Paolo Sestito, Luciano Spagnuolo Vigorita, Patrizia Tullini, Armando Tursi, Pier Antonio Varesi, Gaetano Zilio Grandi, Carlo Zoli, Lorenzo Zoppoli. Comitato editoriale internazionale Antonio Baylos Grau (Castilla la Mancha), Janice Bellace (Pennsylvania), Jesús Cruz Villalón (Siviglia), Simon Deakin (Cambridge), Anthony Forsyth (Melbourne), Julio Grisolia (Buenos Aires), Thomas Haipeter (Duisburg), Patrice Jalette (Montreal), José João Abrantes (Lisbona), Maarten Keune (Amsterdam), Csilla Kolonnay Lehoczky (Budapest), Lourdes Mella Méndez (Santiago de Compostela), Antonio Ojeda Avilés (Siviglia), Shinya Ouchi (Tokyo), Miguel Rodriguez-Pinêro y Bravo-Ferrer (Madrid), Juan Raso Delgue (Montevideo), Jacques Rojot (Parigi), Malcolm Sargeant (Londra), Manfred Weiss (Francoforte). Redazione Paolo Tomassetti (redattore capo), Luca Calcaterra, Guido Canavesi, Lilli Viviana Casano, Matteo Corti, Emanuele Dagnino, Francesca De Michiel, Maria Del Frate, Michele Faioli, Marco Ferraresi (coordinatore Osservatorio giurisprudenza italiana, coordinatore Pavia), Cristina Inversi, Giuseppe Ludovico, Laura Magni (coordinatore Modena), Pietro Manzella (revisore linguistico), Marco Marzani, Emmanuele Massagli, Giuseppe Mautone, Michele Murgo, Giovanni Battista Panizza, Veronica Papa, Flavia Pasquini, Pierluigi Rausei, Raffaello Santagata, Silvia Spattini. Comitato dei revisori Francesco Basenghi, Vincenzo Bavaro, Stefano Bellomo, Mario Biagioli, Marina Brollo, Umberto Carabelli, Bruno Caruso, Maurizio Del Conte, Riccardo Del Punta, Carlo Dell Aringa, Vincenzo Ferrante, Luigi Fiorillo, Donata Gottardi, Pietro Ichino, Vito Sandro Leccese, Fiorella Lunardon, Arturo Maresca, Oronzo Mazzotta, Luca Nogler, Antonella Occhino, Angelo Pandolfo, Pasquale Passalacqua, Marcello Pedrazzoli, Adalberto Perulli, Giampiero Proia, Giuseppe Santoro-Passarelli, Patrizia Tullini, Armando Tursi, Antonio Vallebona, Pier Antonio Varesi, Gaetano Zilio Grandi, Carlo Zoli, Antonello Zoppoli, Lorenzo Zoppoli. ADAPT Centro Studi Internazionali e Comparati del Dipartimento di Economia Marco Biagi Diritto Economia Ambiente Lavoro Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Viale Berengario, Modena (Italy) Tel ; Fax Indirizzo dri@unimore.it Dipartimento di Studi Giuridici Università degli Studi di Pavia Corso Strada Nuova, Pavia (Italy) Tel ; Fax Indirizzo dri@unipv.it Diritto delle Relazioni Industriali si impegna a procedere alla selezione qualitativa dei materiali pubblicati sulla base di un metodo di valutazione formalizzata e anonima di cui è responsabile il Comitato dei revisori. Tale sistema di valutazione è coordinato dalla direzione che si avvale anche del Comitato scientifico e del Comitato editoriale internazionale. Amministrazione: Casa editrice Dott. A. GIUFFRÈ EDITORE S.p.A., via Busto Arsizio, Milano - tel. 02/ fax 02/ Internet: vendite@giuffre.it Pubblicità: Dott. A. 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Il rinnovo dell abbonamento deve essere effettuato entro il 31 marzo di ciascun anno. I fascicoli non pervenuti all abbonato devono essere reclamati al ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine si spediscono, se disponibili, contro rimessa dell importo. Le comunicazioni in merito a mutamenti di indirizzo vanno indirizzate all Editore. Per ogni effetto l abbonato elegge domicilio presso la Dott. A. Giuffrè Editore SpA - Via Busto Arsizio, Milano. I contributi pubblicati in questa rivista potranno essere riprodotti dall Editore su altre, proprie pubblicazioni, in qualunque forma Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 1 del 4 gennaio 1991 R.O.C. n (già RNS n. 23 vol. 1 foglio 177 del 2/7/1982) Direttore responsabile: Michele Tiraboschi Rivista associata all Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 45% Tipografia «MORI & C. S.r.l.» Varese - Via F. Guicciardini 66

3 1216 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA 5. Rappresentanza e rappresentatività 5.1. Cass., sez. un., 6 giugno 2017, n (in Boll. ADAPT, 2017, n. 42). Rappresentanza - Rappresentatività - Titolarità dei diritti sindacali - Diritto di assemblea - Contrattazione collettiva. Con riferimento alla rappresentanza sindacale unitaria (RSU) costituita ai sensi dell accordo interconfederale 20 dicembre 1993, una data associazione sindacale, malgrado la sua presenza all interno della RSU, può anche singolarmente indire l assemblea prevista dall art. 20 della l. n. 300/1970, ma entro i limiti e le condizioni previste dell autonomia collettiva. Non tutti i diritti attribuiti dalla legge alla rappresentanza sindacale aziendale (RSA) costituita ai sensi dell art. 19 della l. n. 300/1970 sono stati attratti e si sono disgregati all interno della RSU. La conclusione non muta neppure alla luce del TU sulla rappresentanza 10 gennaio 2014, nonostante l esplicito richiamo al principio di maggioranza, il quale deve ritenersi compatibile con la concorrente legittimazione anche singola a richiedere l assemblea, nella misura in cui la stessa sia desumibile dal volere dell autonomia collettiva Cass. 26 ottobre 2017, n (in Boll. ADAPT, 2017, n. 42). Rappresentanza - Rappresentatività - Titolarità dei diritti sindacali - Diritto di assemblea - Contrattazione collettiva. Con riferimento alla rappresentanza sindacale unitaria (RSU) costituita ai sensi dell accordo interconfederale 20 dicembre 1993, una data associazione sindacale, malgrado la sua presenza all interno della RSU, può anche singolarmente indire l assemblea prevista dall art. 20 della l. n. 300/1970, ma entro i limiti e le condizioni previste dell autonomia collettiva. Non tutti i diritti attribuiti dalla legge alla rappresentanza sindacale aziendale (RSA) costituita ai sensi dell art. 19 della l. n. 300/1970 sono stati attratti e si sono disgregati all interno della RSU. La conclusione non muta neppure alla luce del TU sulla rappresentanza 10 gennaio 2014, nonostante l esplicito richiamo al principio di maggioranza, il quale deve ritenersi compatibile con la concorrente legittimazione anche singola a richiedere l assemblea, nella misura in cui la stessa sia desumibile dal volere dell autonomia collettiva.

4 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA 1217 La titolarità del diritto ad indire l assemblea sindacale retribuita ex articolo 20, legge n. 300/1970 Sommario: 1. Introduzione. 2. Decostruzione della tesi della corrispondenza tra natura della RSU e titolarità del diritto di indizione dell assemblea sindacale. 3. Titolarità individuale e rappresentatività. 4. Democrazia sindacale, principio maggioritario e diritto d assemblea. 5. L obiter dictum: le ore di assemblea da convocare collegialmente, a maggioranza. 5. Prima (dubbia) applicazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite. 1. Con sentenza 6 giugno 2017, n , la Corte suprema di cassazione ha formulato a Sezioni Unite il principio di diritto in forza del quale una data associazione sindacale, malgrado la sua presenza all interno della Rappresentanza sindacale unitaria (RSU) costituita ai sensi dell accordo interconfederale 20 dicembre 1993 e del TU sulla rappresentanza 10 gennaio 2014, può anche singolarmente indire l assemblea prevista dall art. 20 della l. 20 maggio 1970, n. 300 (cd. Statuto dei diritti dei lavoratori), ma nel rispetto dei limiti e delle condizioni stabilite dall autonomia collettiva. Ciò sul presupposto che, per volere espresso dalle parti sociali nei predetti accordi interconfederali, non tutti i diritti attribuiti alla Rappresentanza sindacale aziendale (RSA) costituita ai sensi dell art. 19 dello Statuto, sono stati attratti e si sono disgregati all interno della RSU. Le conclusioni della Suprema Corte fanno leva sulla previsione contenuta nell accordo del 1993 e trasposta sic et simpliciter nel TU del 2014, a norma della quale è fatto salvo in favore delle organizzazioni aderenti alle associazioni sindacali stipulanti il CCNL applicato nell unità produttiva, da intendersi alla luce della riformulazione del criterio selettivo disposta dalla Corte costituzionale con sentenza 23 luglio 2013, n. 231 (infra, 3), il «diritto ad indire, singolarmente o congiuntamente l assemblea dei lavoratori durante l orario di lavoro, per 3 delle 10 ore annue retribuite, spettanti a ciascun lavoratore ex art. 20, l. n. 300/1970» (cfr. punto 4, quinto comma, accordo interconfederale 20 dicembre 1993, e sezione seconda, parte seconda, punto 4, quinto comma, TU sulla rappresentanza 10 gennaio 2014). Sebbene sia rimasto sottotraccia, il corollario del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite è che le restanti sette ore di assemblea devono essere convocate a maggioranza dalla RSU (infra, 5). Sicché a dispetto dei primi commenti a caldo comparsi sugli organi di stampa (cfr. R. DE LUCA TAMAJO, La Cassazione dimentica la collegialità delle Rsu, in Il Sole 24 Ore, 10 giugno 2017, 15), la pronuncia conferma e legittima, dotandola di un maggior tasso di certezza ed esigibilità, l interpretazione invalsa nella prassi delle relazioni industriali, per cui il diritto ad indire l assemblea ha una struttura complessa, essendo la relativa titolarità riconosciuta per una quota di ore in capo

5 1218 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA alla RSU, complessivamente intesa, e per un altra ai componenti espressione delle organizzazioni sindacali stipulanti il Ccnl applicato nell unità produttiva. La sentenza contribuisce così a sciogliere il nodo del se il singolo componente della rappresentanza sindacale unitaria possa o meno convocare l assemblea, offrendo una risposta articolata, tesa alla valorizzazione dell autonomia collettiva, il cui precipitato dottrinale sta nella decostruzione della tesi della corrispondenza tra natura dell organismo (collegiale o plurisoggettiva) e titolarità del diritto di indizione. In altre parole, la questione della natura della rappresentanza sindacale unitaria viene scissa da quella della titolarità del diritto ad indire l assemblea retribuita ex art. 20 dello Statuto. Titolarità che non deriva dalla configurazione della RSU come organismo collegiale, bensì dall esistenza di una specifica previsione dell autonomia collettiva intesa a ripartirla, secondo un preciso criterio, tra il singolo componente (titolarità individuale) e l organismo di rappresentanza collegialmente inteso (titolarità collettiva). Ne discende il carattere antisindacale della condotta aziendale consistente nel diniego ad indire l assemblea richiesta da una sola organizzazione firmataria del Ccnl nel caso di specie: la Fiom-Cgil senza la delibera a maggioranza della RSU, purché la predetta richiesta non ecceda i limiti delle tre ore stabilite dagli accordi interconfederali e non sia avanzata da un componente espressione di una organizzazione sindacale che non soddisfi il criterio selettivo della stipula del CCNL applicato nell unità produttiva, reinterpretato ai sensi della sopraccitata sentenza della Corte costituzionale. 2. Delle questioni sono state investite le Sezioni Unite in funzione compositiva dei due diversi indirizzi giurisprudenziali consolidatisi in materia. Orientamenti in realtà solo apparentemente contradditori, perché se riletti alla luce della diversa configurazione dei fatti in causa, svelano una coerenza di fondo col principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte. ci si riferisce, in particolare, alla sentenza 26 febbraio 2002, n. 2855, con cui la Cassazione ebbe modo di affermare la natura collegiale delle RSU, chiamate a deliberare a maggioranza e in piena autonomia sulle scelte di politica sindacale e di esercizio dei relativi diritti nell ambito dell unità produttiva, negando in quella circostanza che le sue singole componenti potessero esercitare autonomamente il potere di indire l assemblea (cfr. Cass. n. 2855/2002, in RIDL, 2002, n. 3, II, 504 ss., con nota di V. FERRANTE, Collegialità della r.s.u. e principio di maggioranza, e, conformemente, Cass. 20 aprile 2002, n. 5765, in MGL, 2002, 753 ss., con nota di F. BASENGHI; Cass. 10 gennaio 2005, n. 269, in RIDL, 2005, n. 4, II, 806 ss., con nota di F. FOCARETA, L esercizio dei diritti sindacali tra dimensione collegiale delle rappresentanze sindacali unitarie e prerogative delle singole componenti). Le Sezioni Unite intervengono sul punto ricordando come quell arresto si riferisse a un caso di specie del tutto diverso da quello affrontato dalla sentenza in commento, il

6 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA 1219 quale ricavava il diniego del diritto della singola organizzazione (Slai-Cobas) ad indire l assemblea non già dal carattere collegiale della RSU, quanto dal fatto che la predetta organizzazione non fosse firmataria di alcun contratto collettivo applicato nell unità produttiva. Correttamente, dunque, la Suprema Corte giunge alla conclusione che la sentenza n. 2855/2002, cit., pur affermando la natura collegiale delle RSU, in realtà sfiorava, ma non affrontava direttamente, il cuore del problema, a differenza invece dei due successivi arresti (Cass. 1 febbraio 2005, n. 1892, in RIDL, 2005, n. 3, II, 549, con nota di R. ROMEI, La rappresentatività frammentata, e Cass. 7 luglio 2014, n ) nei quali le società ricorrenti eccepivano come dall art. 20 dello Statuto e dai principi in materia di rappresentanza sindacale risultasse che l assemblea non potesse giammai essere indetta dal singolo rappresentante sindacale unitario. Tesi, questa, respinta dalle Sezioni Lavoro, le quali riconosceranno invece il diverso principio di diritto secondo cui l autonomia contrattuale collettiva può prevedere organismi di rappresentanza sindacale in azienda quali le RSU diversi rispetto alle RSA potendo alle prime assegnare prerogative sindacali quale il diritto di indire l assemblea sindacale non necessariamente identiche a quelle statutarie. Chiarito questo presupposto, l analisi delle Sezioni Unite prende le mosse dalla constatazione che il tenore letterale dell art. 20 è chiaramente nel senso che l indizione dell assemblea può avvenire singolarmente o congiuntamente da parte della RSA (collegialmente intesa). Dunque nella originaria ottica statutaria «la legittimazione a chiedere l assemblea è sicuramente (anche) della singola rappresentanza», sebbene le singole RSA ben avrebbero potuto scegliere di esercitarla in forma coordinata, cioè congiuntamente. La Suprema Corte trasferisce questo impianto interpretativo al modello unitario di rappresentanza, constatando che il combinato disposto dell art. 20 dello Statuto e del punto 5, primo comma, dell accordo interconfederale del 1993 in forza del quale le «r.s.u. subentrano alle r.s.a. ed ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e nell esercizio delle funzioni ad essi spettanti per effetto di disposizioni di legge» non fa emergere alcun aggancio letterale per ritenere che da tale subentro discenda un mutamento della legittimazione ad indire l assemblea che la legge espressamente prevede come non necessariamente congiunta. Con la conseguenza che la legittimazione congiunta ad indire l assemblea, portato ineluttabile del predetto subentro e della natura elettiva della RSU, è da ritenersi compatibile con il permanere della legittimazione (anche) singola che resta delineata all interno dell art. 20 dello Statuto. La questione, dunque, non risiede nella natura collegiale della RSU alla stregua della sua composizione, durata e rinnovo, bensì nella verifica del se, accanto alle competenze proprie dell organismo unitario di rappresentanza, «persistano prerogative proprie delle sue singole componenti, in quanto tali esercitabili anche singolarmente e non necessariamente congiuntamente». Da

7 1220 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA qui la decostruzione della tesi della corrispondenza tra natura collegiale dell organismo di rappresentanza e configurabilità del diritto ad indire l assemblea in capo alla RSU collegialmente intesa; ovvero, all opposto, della corrispondenza tra natura plurisoggettiva dell organismo di rappresentanza e configurabilità del diritto ad indire l assemblea in capo al singolo componente della RSU (per una ricostruzione del problema, vedi F. SANTINI, Modalità di costituzione e di funzionamento delle RSU, in F. CARINCI (a cura di), Il Testo Unico sulla rappresentanza 10 gennaio 2014, ADAPT University Press, 2014, 71-76). In questo senso, le Sezioni Unite ritengono dirimente il quinto comma del punto 4 dell accordo interconfederale del dicembre 1993, laddove fa salvo, in favore delle organizzazioni aderenti alle associazioni sindacali stipulanti il CCNL applicato nell unità produttiva, il «diritto ad indire, singolarmente o congiuntamente l assemblea dei lavoratori durante l orario di lavoro, per 3 delle 10 ore annue retribuite, spettanti a ciascun lavoratore ex art. 20, l. n. 300/1970». Tale disposizione, secondo l ordine di idee avanzato dalla suprema Corte di Cassazione, attesta chiaramente la volontà dell autonomia collettiva, da cui discende la istituzione della rappresentanza sindacale unitaria, di mantenere una quota di agibilità del diritto ad indire l assemblea in capo alle organizzazioni aderenti alle associazioni sindacali stipulanti il CCNL applicato nell unità produttiva, così da smentire l ipotesi ricostruttiva per cui «le prerogative delle singole r.s.a. si sarebbero tutte confuse e dissolte all interno del principio di maggioranza che regge le r.s.u.». Ferma restando la natura collegiale della RSU, dunque, desumibile dalla composizione e dalle prerogative ad essa attribuite dalla legge e dalla contrattazione collettiva, nulla osta a che la stessa autonomia collettiva garantita ai sensi dell art. 39 Cost. scelga di riservare quote di diritti in capo alle singole organizzazioni sindacali secondo determinati criteri selettivi, nel rispetto dell art. 17 dello Statuto e dell esistenza di una effettiva rappresentatività. Concretizzatasi nell accordo interconfederale del dicembre 1993 e confermata nel TU sulla rappresentanza del gennaio 2014, quella scelta è in tanto ragionevole, ad avviso della Corte, in quanto si comprende che la logica unitaria posta a monte dell accordo «poteva comportare un arretramento di spazi di specifica agibilità sindacale per quelle associazioni che essendo stipulanti il c.c.n.l. applicato nell unità produttiva e, in quanto tali, già munite del diritto di costituire r.s.a. e, conseguentemente, di indire singolarmente l assemblea ai sensi del combinato disposto dell art. 20, comma 2, e dell art. 19, comma 1, lett. b avrebbero potuto nutrire più d una remora rispetto al subentro delle r.s.u.; remore superate una volta assicurata la salvaguardia di già acquisite condizioni di miglior favore di origine sia negoziale che legislativa». Le Sezioni Unite chiariscono insomma che i livelli e le forme di tutela del pluralismo sindacale offerti dal modello di rappresentanza statutario restano inal-

8 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA 1221 terati nel passaggio al sistema della RSU. Sistema nell ambito del quale l autonomia collettiva, nell esercizio della libertà di azione e contrattazione che le deriva dall art. 39 Cost., dispone delle modalità di fruizione di diritti e prerogative di derivazione legale, prevedendo nondimeno condizioni di miglior favore in capo a quelle organizzazioni sindacali che, in assenza del modello unitario di rappresentanza aziendale, neppure avrebbero potuto avvalersi e fruire di quei diritti e di quelle prerogative, in quanto sprovviste del requisito di rappresentatività necessario ai fini dello stesso diritto di costituire RSA. 3. È in ragione di questa considerazione che deve leggersi la scelta, controversa ma condivisibile per i motivi che si esporranno di seguito, di interpretare il criterio selettivo della stipula/firma del Ccnl e non anche di accordi di altro ambito alla luce di una lettura costituzionalmente orientata della disposizione contrattuale che adotta in via analogica i criteri interpretativi forniti dalla Consulta nella sentenza 23 luglio 2013, n. 231 (cfr. i contributi raccolti in F. CARINCI (a cura di), Legge o contrattazione? Una risposta sulla rappresentanza sindacale a Corte costituzionale n. 231/2013. IX edizione del seminario di Bertinoro-Bologna, ADAPT University Press, 2014, parte III; M. MAGNA- NI, Le rappresentanze sindacali in azienda tra contrattazione collettiva e giustizia costituzionale. Prime riflessioni a partire da Corte costituzionale n. 231/2013, Working Paper ADAPT, 2013, n. 135; A. MARESCA, Prime osservazioni sul nuovo articolo 19 Stat. Lav.: connessioni e sconnessioni sistemiche, in AA.VV., La RSA dopo la sentenza della Corte costituzionale 23 luglio 2013, n. 231, ADAPT University Press, 2013, 1-48; B. CARUSO, La corte costituzionale tra Don Abbondio e Il passero solitario: il sistema di rappresentanza sindacale dopo la sent. n. 231/13, in RIDL, 2013, n. 4, I, 901 ss.; F. CA- RINCI, Il buio oltre la siepe: Corte costituzionale 23 luglio 2013, n. 231, in q. Rivista, 2013, n. 4, 899 ss.; G. SANTORO-PASSARELLI, La partecipazione alle trattative come criterio di misurazione della rappresentatività sindacale e l applicazione dell articolo 28 dello Statuto dei lavoratori (nota a C. cost. n. 231/2013, cit.), ivi, 1143 ss.; R. DEL PUNTA, L art. 19 Statuto dei lavoratori davanti alla Consulta: una pronuncia condivisibile ma interlocutoria, in LD, 2013, n. 4, 527 ss.; V. LECCESE, Partecipazione alle trattative, tutela del dissenso e art. 19 dello Statuto dei lavoratori, ivi, 539 ss.). Criteri, come noto, tesi a valorizzare l effettività dell azione e della forza rappresentativa sindacale (sull elaborazione giurisprudenziale relativa al criterio dell effettività della rappresentatività sindacale antecedente alla sentenza della Corte costituzionale, vedi, tra gli altri, gli scritti raccolti in F. MODUGNO (a cura di), Effettività vs. diritto costituzionale positivo? Il singolare caso della sentenza Fiom/Fiat nell affaire Pomigliano d Arco, in GI, 2012, n. 6, 1453 ss., nonché V. BAVARO, Rappresentanza e rappresentatività sindacale nella evoluzione delle relazioni industriali, in DLM, 2012, n. 1, 31 ss.; A. TURSI, L articolo 19 dello Statuto, oggi, in q. Rivista, 2012, n. 2, 439 ss.; sulle pro-

9 1222 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA nunce successive, vedi P. TOSI, Avventure della rappresentatività sindacale «effettiva» dopo Corte costituzionale 231/2013 (nota a Trib. Busto Arsizio 30 luglio 2014 e a Trib. Roma 23 settembre 2014), in Nuovo Notiziario Giuridico, 2014, n. 2, 423 ss., e M.T. CROTTI, L articolo 19 dello Statuto dei lavoratori: il difficile rapporto fra partecipazione alle trattative e rappresentatività nella prima giurisprudenza di merito (nota a Trib. Roma 16 settembre 2014 e altre), in q. Rivista, 2015, n. 2, ). La questione della rappresentatività riveste centrale importanza poiché impatta sulla configurazione o meno della condotta antisindacale dell azienda che neghi il diritto ad indire tre delle dieci ore di assemblea alla singola componente della RSU espressione dell organizzazione sindacale stipulante/firmataria il CCNL o anche solo partecipante alle relative trattative. Essendo d altro canto pacifico che non dovrebbe integrare la condotta antisindacale il diniego all indizione dell assemblea al singolo componente della RSU espressione di una organizzazione sindacale non rappresentativa ai sensi del criterio selettivo adottato dall autonomia collettiva. In questo senso devono leggersi gli orientamenti veicolati dalle associazioni di rappresentanza datoriale in cui viene reso esplicito che alle organizzazioni sindacali aderenti a un CCNL quindi né firmatarie, né stipulanti, né partecipanti alla relativa trattativa non deve essere concesso il diritto ad indire l assemblea per tre delle dieci ore che il TU sulla rappresentanza riserva ai componenti della RSU espressione delle parti sindacali stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro. È il caso questo della circolare Federmeccanica del 20 ottobre 2017, diffusa all indomani dell adesione della Fismic e dell Ugl Metalmeccanici al CCNL Federmeccanica-Assisistal, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil del 26 novembre In alternativa a quanto prospettato dalle Sezioni Unite si potrebbe argomentare che il diritto in questione abbia natura contrattuale, posto che la legittimazione dell organizzazione sindacale a indire assemblee retribuite per 3 delle 10 ore garantite dall art. 20 della l. n. 300/1970 non deriva da una disposizione statutaria, ma è assegnata e riservata dall autonomia collettiva alle organizzazioni sindacali stipulanti o firmatarie il CCNL applicato nell unità produttiva. In ossequio ad alcune recenti interpretazioni della giurisprudenza di merito (cfr. ad esempio Trib. Venezia decreto 29 febbraio 2016, n. 1461, in Boll. ADAPT, 2016, n. 27) si potrebbe sostenere cioè che, quando la specifica prerogativa sindacale discende dal contratto collettivo, la parola firmatarie significa firmatarie (si parafrasa l espressione di A. VALLEBONA, Magia per le r.s.a. Fiom-Cgil: «firmatarie» significa «non firmatarie» (nota a Trib. Bologna 27 marzo 2012), in MGL, 2012, n. 5, 344 ss.), non potendosi interpretare questo termine in senso materiale (F. LUNARDON, La sentenza 23 luglio 2013 n. 231 della Corte costituzionale e la riscrittura in senso «materiale» dell art. 19 St. lav., in Nuovo Notiziario Giuridico, 2013, n. 2, 340 ss.).

10 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA 1223 Di tale avviso è anche chi ha osservato che nulla autorizza ad interpretare il criterio pattizio sui soggetti riservatari alla luce del nuovo art. 19, «trattandosi di previsioni che corrispondono a due situazioni, e a due valutazioni, che stanno come si suol dire su piani diversi. Il nuovo art. 19 serve al sindacato che voglia costituire una propria RSA; la clausola di riserva serve al sindacato che aderisca al diverso sistema RSU. In definitiva, su questo punto, l interpretazione dell AI 1993, condotta dalle Sezioni Unite sulla base di una lettura costituzionalmente orientata della norma pattizia, non rispetta i canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt ss. c.c.» (P. BEL- LOCCHI, L assemblea sindacale retribuita e la collegialità imperfetta della rappresentanza sindacale unitaria (nota a Cass., sez. un., n /2017, cit.), in MGL, 2017, n. 10, 647). Si consideri peraltro che, a differenza di quanto avvenuto nella vertenza Fiat che ha animato il contenzioso giudiziario sull art. 19 dello Statuto (A. BOL- LANI, L articolo 19 dello Statuto dei lavoratori alla prova del caso Fiat: può la Corte costituzionale sostituirsi al legislatore? (nota a Trib. Modena ord. 4 giugno 2012), in q. Rivista, 2012, n. 3, 830 ss.; B. CARUSO, Fiom v. Fiat: hard cases davanti alla Consulta (a proposito dell art. 19 dello Statuto) (nota a Trib. Modena ord. 4 giugno 2012, cit., e a Trib. Vercelli 25 settembre 2012), in RIDL, 2012, n. 4, II, 1029 ss.; V. LECCESE, Non solo diritti sindacali: il problema di costituzionalità dell articolo 19, legge n. 300/1970, e l estromissione del sindacato scomodo dai tavoli negoziali previsti dalla legge (nota a Trib. Modena ord. 4 giugno 2012, cit.), in q. Rivista, 2012, n. 3, 821 ss.; A. VALLEBONA, Ostinazione per le r.s.a. Fiom-Cgil: ora viene riproposta una questione di costituzionalità già rigettata (nota a Trib. Modena ord. 4 giugno 2012, cit.), in MGL, 2012, n. 7, 524 ss.), il diniego dell azienda a dare seguito alla richiesta sindacale nel caso di specie della Fiom-Cgil di indire l assemblea retribuita non costituirebbe, in senso assoluto, motivo di disconoscimento della rappresentatività della predetta organizzazione, la quale comunque resterebbe libera di proporre l indizione dell assemblea, in forma congiunta, per il tramite del proprio delegato eletto nella RSU, o finanche di costituire una propria RSA titolare diretta dei diritti di cui al titolo III dello Statuto dei lavoratori. Il comportamento aziendale, si potrebbe dire, non inficerebbe la ratio legis dello Statuto dei lavoratori quale legge di sostegno e promozione del sindacato maggiormente rappresentativo nei luoghi di lavoro (cfr. V. BAVARO, La razionalità pratica dell art. 19 St. lav. e la democrazia industriale, Working Paper CSDLE Massimo D Antona IT, 2013, n. 184, 4). Ma questa lettura alternativa a quella proposta dalle Sezioni Unite risulterebbe paradossale sul piano del rapporto tra legge e contrattazione collettiva e rischiosa su quello della prassi delle relazioni industriali. Paradossale perché a prescindere dalla violazione dei principi derivanti dagli artt. 3 e 39 Cost. sulla

11 1224 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA base di quanto statuito dalla Corte costituzionale, se da un lato tende a valorizzare la natura contrattuale del diritto di cui al punto 4, quinto comma, dell accordo interconfederale sulle RSU, dall altro svilisce la dimensione ordinamentale della fonte pattizia che lo regola, accogliendo un interpretazione restrittiva della tecnica normativa in forza della quale a poter fruire di un dato diritto sarebbero legittimate soltanto le parti stipulanti del contratto collettivo, dovendosi escludere quelle che, a prescindere dalla sottoscrizione, abbiano comunque contribuito a consolidare l equilibrio contrattuale da cui scaturiscono tanto il diritto in questione, quanto la tecnica di individuazione del relativo campo di applicazione soggettivo, vale a dire la riserva in favore delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto (cfr. M. TIRABOSCHI, L articolo 19 dello Statuto dopo l intervento della consulta, in GLav, 2013, 30, 12-13). Rischiosa perché in coerenza con l impianto argomentativo che la sottende, essa dovrebbe comportare il venir meno dell obbligo per le organizzazioni sindacali non firmatarie (letteralmente) del CCNL (e per i lavoratori che rappresentano) ma partecipanti alla trattativa di adempiere tutta una serie di oneri derivanti dall appartenenza a un sistema contrattuale, tra cui, a titolo di esempio, può essere annoverato l obbligo di contribuzione alla bilateralità. 4. È indubbia peraltro verso la tenuta della ricostruzione prospettata dalle Sezioni Unite in ordine al principio democratico, necessariamente maggioritario, che deve connotare i profili organizzativi e decisionali di un organismo di rappresentanza unitario quale è la RSU. Essa infatti non pregiudica il criterio maggioritario implicitamente evocato dal punto 6, terzo comma, dell accordo interconfederale del 1993 (che stabilisce la decadenza della RSU in caso di dimissioni e conseguenti sostituzioni dei relativi componenti in numero non superiore al 50% degli stessi) e dal punto 7 del medesimo accordo (in forza del quale le decisioni relative a materie di competenza delle RSU sono assunte dalle stesse in base ai criteri previsti da intese definite dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti l accordo). Per cui «ben possono un organismo elettivo come la r.s.u. e il principio di maggioranza convivere con limitate prerogative di singole componenti dell organismo medesimo». Questa conclusione non muta neppure a fronte dell inserimento nel TU sulla rappresentanza 10 gennaio 2014 (cfr. parte seconda, sezione seconda, punto 7) dell inciso a maggioranza nella disposizione in cui le parti riproducono, con questa specifica, la formula dell accordo interconfederale del 1993 (punto 7) disponendo: «Le decisioni relative a materie di competenza delle r.s.u. sono assunte dalle stesse, a maggioranza, [ ]» (corsivo dell A., ndr). E ciò in quanto essa non nega affatto che le RSU funzionino secondo il principio di maggioranza: nega soltanto che questo principio sia incompatibile con la concorrente legittimazione (anche) singola a richiedere l assemblea, deducibile dal volere delle parti sociali espresso nell accordo del 1993 e confermato proprio con il TU sulla rappresentanza del 2014.

12 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA 1225 Meno condivisibile appare invece la riflessione svolta dalla Corte, in dialettica con la dottrina, per cui «Il principio di maggioranza è sicuramente proprio di quello democratico nel momento decisionale, ma è estraneo al momento del mero esercizio di diritti che non importino decisioni vincolanti nei confronti di altri». E ciò sul presupposto che il richiamo al principio di maggioranza o di democrazia sindacale vale a dimostrare che laddove «si parli di (mere) assemblee, vale a dire di momenti di confronto che precedono e preparano quelli decisionali propriamente detti, la tutela delle voci singole (ed eventualmente dissenzienti) è irrinunciabile». Qui le Sezioni Unite sembrano confondere il piano dello svolgimento dell assemblea, rispetto al quale il confronto democratico è connaturato alla funzione dell istituto, da quello dell esercizio del diritto di indizione, lasciando potenzialmente intendere che dal riconoscimento della titolarità anche soggettiva del diritto in questione possa discendere la libertà di un uso dell assemblea strumentale al perseguimento di interessi sindacali individuali e non collegiali, vale a dire non funzionali alla tutela dell interesse collettivo dei lavoratori impiegati nell unità produttiva (o comunque di aree della stessa) a prescindere dall affiliazione sindacale. Ma affermando ciò si finirebbe per snaturare non solo e non tanto la ratio sottesa al passaggio dalla RSA alla RSU, quanto la stessa funzione dell assemblea sindacale in un sistema unitario di rappresentanza nei luoghi di lavoro. Coerentemente a tale ultima (errata) interpretazione, peraltro, gli avverbi singolarmente e congiuntamente utilizzati dalle parti sociali nella disposizione richiamata supra, sarebbero da riferirsi non già alla titolarità del diritto di indizione, bensì alla portata organizzativa e gestionale dell assemblea, la quale diventerebbe, per tre ore, un istituto ad uso delle singole organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell art. 19 dello Statuto da esercitare discrezionalmente quanto a contenuti e lavoratori convocati. Il ché però destrutturerebbe l intero impianto argomentativo che sottende il principio di diritto formulato dalla Corte. 5. Rappresenta un obiter dictum della sentenza la questione del riconoscimento in capo alla Rsu collegialmente intesa del diritto ad indire l assemblea retribuita per le restanti sette delle dieci ore riconosciute dall art. 20 dello Statuto. Questa conclusione, tuttavia, può pacificamente trarsi se si considerano due ordini di motivi strettamente interconnessi. In primo luogo si deve considerare che la tesi che sottende il principio di diritto in discussione ruota attorno all interpretazione della disposizione di natura pattizia che riconosce il diritto ad indire anche singolarmente l assemblea dei lavoratori durante l orario di lavoro per tre delle dieci ore annue retribuite, spettanti a ciascun lavoratore ai sensi dell art. 20 dello Statuto. Questo non può che significare, sul piano dell interpretazione sistematica e teleologica di quella disposizione, che le restanti sette ore debbano essere indette collegial-

13 1226 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA mente, a maggioranza, dalla RSU complessivamente intesa (sembra concordare P. BELLOCCHI, op. cit., 646, per la quale la clausola di riserva di cui al quinto comma del punto 4 dell accordo interconfederale del dicembre 1993 si presta ad essere utilizzata anche in proiezione inversa, cioè per confermare «il principio del trasferimento delle rimanenti sette ore di assemblea retribuita all organismo unitario e non ai singoli componenti»). In secondo luogo si può osservare che le stesse Sezioni Unite, nel disattendere l ulteriore mezzo della denuncia riferito alla mancata analisi da parte della Corte di Appello del problema del superamento o meno del monte ore di assemblea anche in ordine al limite delle tre ore affermano testualmente che questo fatto «avrebbe avuto efficacia dirimente della controversia, a prescindere da ogni ulteriore considerazione sulla legittimazione a richiedere l assemblea». 6. Il primo banco di prova del principio di diritto formulato dalle Sezioni Unite è stata la sentenza della Cassazione del 26 ottobre 2017, n L arresto conferma una pronuncia della Corte d Appello di Roma, la quale dichiarava antisindacale la condotta del datore di lavoro consistita nell aver negato allo Snater Regionale del Lazio la convocazione dell assemblea dei lavoratori. Sebbene la Sezione Lavoro sembri avere applicato in modo corretto il principio di diritto formulato dalle Sezioni Unite, l impressione è che l esito del processo sarebbe potuto essere diverso laddove l impianto difensivo non fosse stato costruito attorno alla tesi della collegialità della RSU, bensì sulla mancanza del requisito della rappresentatività del sindacato ricorrente, ovvero sull eventuale superamento del monte ore di assemblea convocabile dai singoli componenti, secondo quanto disposto dal punto 5, primo comma, dell accordo interconfederale del dicembre Con unico motivo, infatti, l azienda lamentava violazione e falsa applicazione del predetto accordo e degli artt. 19 e 20 della l. n. 300/1970 per avere la sentenza impugnata statuito il diritto della sola componente sindacale di una RSU (vale a dire, nel caso di specie, della componente espressione dello Snater Regionale del Lazio) di indire un assemblea, nonostante ad avviso della convenuta «il carattere collegiale della r.s.u. medesima deponga per la soluzione contraria, considerato che il diritto di indire un assemblea è un diritto non individuale, ma collettivo, in quanto tale estraneo alle facoltà della singola componente». Ancora, nella logica statutaria sosteneva la difesa di parte aziendale «ogni r.s.a. è dotata di una propria soggettività destinata, in ipotesi di unificazione delle singole r.s.a. in un organismo che le inglobi, a dissolversi in quella del nuovo organismo; pertanto [ ] il punto focale è valutare se la creazione d un nuovo organismo rappresentativo come le r.s.u. implichi la perdita di soggettività delle sigle che lo compongono o se, viceversa, le stesse conservino intatta la propria soggettività, tenendo conto altresì del fatto che, ai

14 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA ITALIANA 1227 sensi dell art. 20, il diritto di indire l assemblea non si configura come un diritto individuale, ma collettivo, che spetta non al singolo, ma alla r.s.a.». Dinnanzi a una simile eccezione, e alla luce del principio di diritto formulato dalle Sezioni Unite, la Cassazione difficilmente avrebbe potuto ritenere il ricorso fondato. È noto infatti che le preclusioni nel rito del lavoro «impongono ad entrambe le parti del processo di esporre nel primo scritto di primo grado tutte le rispettive domande, eccezioni, produzioni e richieste di prova. In tal modo il thema decidendum viene individuato in forma esauriente e chiara sulla base del solo atto introduttivo della lite» (C. PISANI, Le preclusioni nel rito del lavoro, in 25 gennaio 2012, 5). Orbene avendo la difesa eccepito esclusivamente la questione della collegialità della RSU, a giustificazione del diniego dell azienda ad indire l assemblea proposta dal singolo componente dell organismo di rappresentanza, la Cassazione è stata portata ad esprimersi solo su questo aspetto, applicando al caso di specie la tesi della non corrispondenza tra natura (collegiale o plurisoggettiva) dell organismo e titolarità (collettiva o singola) del diritto ad indire l assemblea. Paolo Tomassetti Ricercatore ADAPT

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