In memoria di Amedeo che amava parlare in seuese

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3 In memoria di Amedeo che amava parlare in seuese

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6 Domus de Janas Mancarìas La Parlata di Seui Paolo Pillonca ISBN Prima edizione Luglio 2006 Realizzazione editoriale Domus de Janas Via Monte Bianco Su Planu Selargius Tel Fax Foto di copertina Archivio Domus de Janas Archivio Sergio Bonifanti Archivio Famiglia Melis Realizzazione grafica: Supporti Visivi Stampa e allestimento Grafiche Ghiani Monastir (CA)

7 LINGUA VIVA, LINGUA POETICA Il lessico delle popolazioni avvezze da secoli a lavorare all aria aperta presenta caratteristiche inconfondibili che gli derivano soprattutto dall osservazione attenta della natura e dei suoi fenomeni: il tempo nelle varie stagioni dell anno, gli animali selvatici della terra e dell aria, quelli allevati per latte, carne e miele, gli alberi spontanei e le piante coltivate, gli arbusti, le erbe, la vita degli uomini nel lavoro, nei momenti spensierati della festa e nelle ore buie della tristezza. È un lessico di grande rigore nella definizione degli oggetti ma anche ricchissimo di similitudini, metafore, espressioni idiomatiche di grande interesse e notevole fascino. Lingua viva, lingua poetica. Ci siamo avviati alla ricerca di questo patrimonio inestimabile, nella convinzione profonda che la conoscenza della lingua sia un operazione indispensabile alla presa di coscienza di ciascuno, del suo essere e dei valori di riferimento che ne guidano il percorso terreno come hanno guidato l esistenza degli antenati comunitari. Un idea del genere vale soprattutto per le parole che meglio raccontano la vita della comunità nel suo andare attraverso il tempo: queste parole etniche hanno uno spazio molto più ampio rispetto a quelle di meno intenso sentire: abba, àbbila, armidda, bentu, beranu, canali, casu, celu, cuaddu, erriu, festa, fogu, funtana, giustìssia, ierru, ìligi, luna, mina, murva, pani, sinnu, terra, etc. Ci rendiamo perfettamente conto che il repertorio lessicale presente in Mancarìas è lungi dall essere esaustivo. Si tratta di oltre settemilasettecento parole - e abbiamo evitato di dare conto degli italianismi di più recente assunzione - ma siamo certi che ce ne sono sfuggite moltissime altre. Perciò, ringraziando di cuore chi ha contribuito alla ricerca, invitiamo la comunità seuese intera a collaborare all aggiornamento del repertorio: senza l aiuto di tutti sarà molto difficile il completamento dell opera. La lingua non è solamente un elenco di parole. Ma per conoscere

8 meglio noi stessi è indispensabile sapere come si esprimevano i nostri progenitori lontani e come, sul loro esempio, si sono espressi e si esprimono i nostri contemporanei. La lingua è lo specchio delle nostre esistenze, dei nostri valori e disvalori, delle nostre speranze e delle nostre disillusioni. È la nostra vita, di ieri, di oggi e di domani. Paolo Pillonca

9 MANCARÌAS

10 8 PAOLO PILLONCA Tabula Gratulatoria Il repertorio di Mancarìas è anche frutto delle conversazioni tenute negli anni con cittadini seuesi di arti e mestieri diversi, maschi e femmine, sugli argomenti più svariati della vita comunitaria. Mi è gradito ricordare, fra coloro che non ci sono più, i nomi di Peppino Anedda, Angelina e Assunta Aresu, Benito e Demetrio Ballicu, Peppino Boi, Enea Carboni, Raimondo Carta Arremundicu, Raimondo Carta Mundicheddu, Giuannicu Congera, Benigno Deplano, Efisio Deplano Zero, Cristina Desogus, Francesco Dessì il centenario e suo figlio Peppino, Giovanni Gaviano Suchedda, Efisio Meloni, Enea Moi, Giovanni Moi Colla e Orazio Moi Buchineddu, Peppino e Salvatore Muggironi, Antonio, Paolo, Peppino e Pietro Mura, Giovanna, Giovanni e Maria Pes. Tra i viventi ringrazio in particolare Antonio e Gianna Anedda, Ignazio Aresu, Mercede, Salvatore e Teresina Cannas, Vitalia Carboni, Angelo Caredda, Ines Caredda, Antonio Carta, Francesco Cocco, Antonio e Umberto Congera, Efisio Desogus Montangia, Giampaolo Desogus, Gianni Dessì, Maria Levanti, Mariano Lobina, Mariangela Loi, Ignazio Marci e gli altri ragazzi del Museo, Piero Meloni, Luigi Moi Colla, Maria Moi vedova Gaviano, Amelia e Luisa Murgia, Marcella Pilia, Efisio Sabeddu e Totore Usai. A tutti quelli di casa mia esprimo sincera gratitudine per l aiuto costante e la grande pazienza.

11 Mancarìas. La parlata di Seui 9 NOTA ALL EDIZIONE Nel compilare questo repertorio lessicale abbiamo tenuto presenti soprattutto le giovani generazioni e il castigo inflitto loro, sulla spinta di un globalismo senza discernimento, da molte famiglie: la privazione della lingua materna. Si tratta di una fascia di popolazione che rischia di veder svanire lo straordinario patrimonio ereditato dagli antenati a causa di una falsa convinzione di parte dei loro genitori, secondo cui conoscere la lingua parlata nella propria terra per millenni sia, come minimo, una perdita di tempo. Abbiamo, dunque, dato molto spazio agli esempi, sia nelle frasi di senso reale e di uso comune sia nelle espressioni immaginifiche: similitudini, metafore, locuzioni avverbiali, proverbi. Dove abbiamo potuto, abbiamo fornito anche indicazioni di fonetica sintattica soprattutto per ciò che si riferisce a certi nessi consonantici. Ma abbiamo guardato più al grafema che al fonema e non ci siamo avventurati nel campo minato delle etimologie: un campo da sempre teatro di dispute accese, con torme di contendenti spesso in netto disaccordo fra loro. Abbiamo segnalato con la dieresi l esatta scansione delle parole, per rendere meglio la differenza tra lingua sarda e lingua italiana nella divisione in sillabe, in prosa come in poesia.

12 10 PAOLO PILLONCA PRINCIPALI ABBREVIAZIONI agg. - aggettivo art. det. - articolo determinativo art. indet. - articolo indeterminativo avv. - avverbio compl. - complemento cong. - congiunzione dev. - deverbale dim. - dimostrativo est. - estensione escl. - esclamazione fig. - figurato ind. - indefinito inf. - infinito intrans. - intransitivo ir. - ironico it. - italiano loc. avv. - locuzione avverbiale met. - metafora, metaforico n. pr. di pers. - nome proprio di persona part. pass. - participio passato poss. - possessivo pr. - pronome pr. pers. - pronome personale prep. - preposizione prep. impr. - preposizione impropria pres. ind. - presente indicativo pron. - pronuncia rif. - riferimento, riferito s. f. - sostantivo femminile s. m. - sostantivo maschile trans. - transitivo v. - verbo

13 Mancarìas. La parlata di Seui 11 A A, preposizione. A. Introduce vari complementi. Contrariamente a quanto avviene in italiano accompagna sia il compl. di termine sia il compl. oggetto: apu mandau una lìtera a Franciscu (ho inviato una lettera a Francesco), apu idu a Cristolu (ho visto Cristoforo). Si unisce a diversi altri complementi. Moto a luogo (mai quello di stato in luogo, sempre annunciato dalla prep. in, senza eccezioni): andu a su monti (vado in campagna), soi in domu (sono a casa). Tempo determinato: a is tres de merì (alla tre del pomeriggio). Vantaggio o svantaggio: su decotu e armidda giuat a is (pr. ir) gangas (il decotto di timo giova alla gola), su fumu nocit a is prumonis (il fumo nuoce ai polmoni). Pena: fut istétïu cundennau a ses annus de presoni, ma nd at fatu tres feti (era stato condannato a sei anni di carcere ma ne ha scontato soltanto tre). Mezzo o strumento: s at untu is crapitas a ogliu seu (si è ingrassato le scarpe con il sego). Apre centinaia di locuzioni avverbiali. Ne forniamo svariati esempi, senza tuttavia pretendere di darne un elenco completo anche perché la lingua viva, giorno per giorno, ne registra sempre di efficacemente nuove. A abbovadura, in stato confusionale permanente: cussu assùcunu dd at fatu a a. (quello spavento l ha come frastornato). Vedi abbovai. A abbumbadura, con segni di gonfiore. Pïeru s est fatu a a. (Piero è diventato così grasso da sembrare gonfio). Vedi abbumbài(si). A acallelladura, in prostrazione: candu tirat bentu basciu mi pigat a a. (quando soffia il vento del sud cado in prostrazione). Vedi acallellài(si) e callella. A acrichiddadura, con una serie di brividi: chi m acaglienturu mi fait a a. (se ho la febbre mi vengono i brividi). Vedi acaglienturài(si) e acrichiddài(si). A acrobïadura, in unione a mo di alleanza. Ginu s est fatu a a. cun Mariu (Gino si è alleato con Mario). Vedi acrobïài(si). A acronnotadura, in stato di insensibilità: Lüisu s est fatu a a. (Luigi è caduto in uno stato di insensibilità). Vedi

14 12 PAOLO PILLONCA acronnotàisi e acronnotu. A addramäinadura, con sintomi di svenimento: at torrau a biri su chi dd iat bocìu su cüaddu e dd est pigau a a. (ha rivisto l uccisore del suo cavallo e stava per avere uno svenimento). Vedi addramainàisi. A afinigadura, in via di assottigliarsi, in dimagrimento: Billoi s est fatu a a. (Salvatore è dimagrito a vista d occhio). Vedi afinigai(si). A afortïadura, con segni di rafforzamento: mi parit ca cussa mëigina mi facat coment e a a. (ho l impressione che quel farmaco mi restituisca le forze). Vedi afortïai(si). A afracadura, come segnato dalla fiamma del fuoco: cussa abbardenti s est fata a a. (quell acquavite si è inacidita per eccesso di fiamma). Vedi afracài(si). A agrungiadura, con effetto di acidità di stomaco: segundu su tempus sa tratalia e angioni mi pigat a a. (a seconda della stagione le interiora di agnello mi provocano acidità di stomaco). A allatïadura, a temperatura tiepida (lett. di latte): comenti nde dd as tirada e su spidu, sa petza s est fata a a. (appena l hai tolta dallo spiedo, la carne si è intiepidita). Vedi allatïài(si). A allupadura, con sintomi di soffocamento: chi fait calori meda mi pigat a a. (se fa molto caldo mi manca il respiro). Vedi allupai(si). A amachïadura, alla follia: Ginu cussa picioca dda oliat a a. e at fatu e totu finas a cantu nc est arrennéscïu (Gino desiderava quella ragazza alla follia e ha fatto di tutto per riuscirci). Usata anche un altra variante: a s amachiada. Vedi amachiai(si). A amurvonadura, come in un inselvatichimento (lett. alla maniera dei mufloni): certa oi e certa crasi, Pìlimu s est fatu a a. e imoi non saludat prus a nemus (litiga oggi, litiga domani, Priamo si è inselvatichito ed ora non saluta più nessuno). Vedi amurvonàisi. A apuntorgiadura, con imbastitura: sa camisa si dd at cumposta a a. (la camicia gliel ha imbastita in piena regola). Vedi apuntorgiai. A arestadura, sulla via dell inselvatichimento: sa tanca e Linu est fendusì a a. (il terreno di Lino si va inselvatichendo). A assachitadura, a scossoni: cussu cüaddu tenit unu passu legiu, dònnia orta chi ddu setzu mi fait a a. (quel cavallo ha un brutto passo, tutte le volte che lo monto mi scuote). Vedi assachitai. A atontïadura, in stato di scarsa percezione: a dis ddi pigat a a. (ci sono giorni in cui avverte sintomi di deconcentrazione). Vedi atontïai(si). A atzopïadura, come se ci fosse una zoppia: cun cussu

15 Mancarìas. La parlata di Seui 13 dolori a sa croga mi pigat a a. (quel dolore all anca mi fa camminare come se fossi zoppo). Vedi atzopïai(si). A avilidura, in uno stato di prostrazione: Pìlimu si fait a a. (Priamo si riduce in uno stato costante di depressione). Vedi aviliri(si). A balla sola, con una sola pallottola: su sirboni dd at isparau a b. s. (ha sparato il cinghiale a palla). Gergale dei cacciatori. Per est. entra nel gergo della politica a definire la scelta di una sola preferenza: apu votau a b. s. (ho assegnato soltanto una preferenza). A ballu, a ballo: Lüisu at postu una cantzoni a b. (Luigi ha scritto una canzone a ballo). La loc. si può sviluppare poi variamente nei dettagli: a b. lestru (a ballo svelto), a b. sérïu (a ballo composto), a ballu e schina (a ballo di schiena, ossia di portamento eretto), a ballu e tres (a ballo a tre), etc. Vedi baddai. A bangius (pr. bangiur) de inu, con impacchi di vino, in una sorta di maledizione: ancu ti torrint a b. de i. (che ti facciano rinvenire con impacchi di vino). Vedi abbangiai. A bàntidu, a vanto: totus ddu portant a b. (tutti lo elogiano). Vedi bantai/ antai. A baratu, a basso prezzo: cussa mobbìlïa dd apu pigada a b. (quei mobili li ho presi a basso prezzo). A befa, a mo di beffa, nettamente, senza confronto e con umiliazione dell avversario: dd at fatu a b. (l ha ridicolizzato). Vedi befai. A bellu, lentamente: andendu a b. ses seguru ca erribbas (procedendo con lentezza sei sicuro di arrivare). Pian piano, con loc. reiterata: a b. a b. at otentu su chi oliat (pian piano ha avuto quanto voleva). A bentu, con il vento: fragat a b. (puzza da lontano), est pudéscïu a b. (il suo lezzo arriva con il vento). A bentu eretu, con il vento a favore (in senso met. e reale): fut andendu a b. e. ma de fatu est istétïu malafortunau (inizialmente andava bene, ma in seguito è stato sfortunato). A bentu e soli, con lo scirocco: ti crastu a bentu e soli (ti eviro in tempo di scirocco), minaccia metaforica ma comunque significativa. A bia a bia, a turno, una volta per uno: non ti oglias feti tui in festa, de imoi in susu feus a b. a b. (non pretendere di essere sempre tu a far festa, d ora in poi faremo una volta per uno). A bïagis (pr. biagir) d óbïa, a ruota continua: Lüisu ndi fait betiri sa linna a b. d ó. (Luigi fa trasportare la legna a ruota continua, tanto da far incrociare senza sosta i vari trasportatori). Vedi adobïai, atobïai e obïai. A bogadu-

16 14 PAOLO PILLONCA ra, ad estrazione: is crabus ddus sanaus totus a b. (i caproni li castreremo tutti ad estrazione, ossia con l asportazione dei testicoli). Vedi bogai/ ogai. A bogi balandera, a voce alta, senza remore: ddu narat a b. b. (lo dice senza peli sulla lingua). A bogi bascia, a bassa voce: cuss ómini füeddat sempir a b. b. e de su chi narat non si nde ddi cumprendit bell e nudda (quell uomo parla sempre a bassa voce e non si capisce quasi nulla di ciò che dice). Esiste, è ovvio, anche la loc. opposta: a bogi arta (a voce alta). A bogis, a urla: po dónnïa caduméntzïa si pesat a b. (per ogni sciocchezza si mette ad urlare). Per queste ultime tre locuzioni vedi aboginai. A boladura, mediante lancio: sa linna mi nce dd at fata a b. (la legna me l ha data lanciandomela da lontano). A bólidu, in un attimo, al volo, subito: ddu facu a b. (lo faccio subito). Vedi bolai. A bonu, da bravo: su pipìu fait a b. (il bambino si comporta bene). Naturalmente esiste la loc. di significato contrario: a malu. A bonu coru, di buon cuore, volentieri: ddu facu a b. c. (lo faccio volentieri). A bonu mannu, ma - gari: a b. m. chi mi lamànt a trabbagliai! (magari mi chiamassero a lavorare!). A bortas, talvolta: a b. ddu fait, a b. nou (talvolta lo fa, altre volte no), a b. non ponit menti (qualche volta non ubbidisce). A bratzetu, a braccetto: non bessu ónnïa dì a b. cun tui (non esco tutti i giorni a braccetto con te). A brìnchidus, a salti: su lépuri andat a b. (la lepre procede a salti). Vedi brincai. A brodu, a brodo, a beffe, con netta superiorità: chi dd atòbïat, Linu ddu fait a b. (se lo incontra, Lino lo surclasserà). A bruncu, direttamente dalla bottiglia o dal barilotto (lett. con il muso): su inu mi pragit a ddu bufai e sa cubedda a b. (il vino mi piace berlo direttamente dal barilotto). Vedi abruncai. A bruncu furrïau, storcendo il muso: no dd apu fatu nudda ma est a b. f. (non gli ho fatto niente ma mi storce il muso). Vedi furrïai. A buciconis, a cazzotti: a Efisïu non bolit a ddi nai nudda ca si movit a b. contras a chini e chi siat (non bisogna contraddire Efisio perché si scaglia a cazzotti contro chiunque). A buconi prenu/a buconi mannu: con la bocca piena, a grandi bocconi: Linu est unu scortesu, chistïonat a b. p. (Lino è un maleducato, parla avendo la bocca piena), non papis a b. m. che-i su cani, papa coment e is cristïanus

17 Mancarìas. La parlata di Seui 15 (non mangiare a bocca piena come un cane, mangia come i cristiani). A buddiu, mediante bollitura: custa petza mi dda cou a b. (questa carne me la lesserò). Vedi buddiri. A bufadura, liscio, senza aggiunte (detto del latte o del cappuccino che si beve senza bagnarci dei biscotti o altro): deu su lati e craba nce ddu calu a b. (il latte di capra lo mando giù liscio). Vedi bufai. A busciaca rbùida, a tasche vuote: ndi enit sempir a b. r. (arriva sempre a tasche vuote). Vedi irbüidai. A cada sa metadi, metà ciascuno: eus cassau unu sirboni e dd eur dividìu a c. sa m. (abbiamo cacciato un cinghiale e ce lo siamo diviso a metà ciascuno). A cadena, a catena: Linu est furïosu, bolit acapïau a c. (Lino è fuori di sé, andrebbe legato con una catena). Vedi incadenai. A cadunu, uno per ciascuno: feus a c. (facciamo uno per ciascuno). A caglientura, con la febbre: soi a c. (sono con la febbre), ddi bastat unu entigeddu e nudda e ddi pigat inderetura a c. (gli è sufficiente un venticello da niente e subito gli viene la febbre). Vedi acaglienturai(si). A caladura, in via di decadenza: Pìlimu est fendusì a c. (Priamo si avvia al declino). Vedi calai. A calamadura, in via di appassimento: sa mela s est fata a c. (le mele sembrano appassite). Vedi calamàisi. A calori e fogu, al tepore del fuoco: mi setzu a c. e f. (mi siedo accanto al camino). A caminus faddius, per strade sbagliate: cun Lüisu fustis cichendunosì a c. f. (io e Luigi ci cercavamo a vicenda ma su strade sbagliate), detto di quando due si cercano ma percorrono strade diverse. Vedi caminai e faddiri. A cantzonadura, a presa in giro: a Ginu ddu pigant a c. (Gino viene continuamente deriso). Vedi cantzonai. A cantzonedda, a cantilena, noiosamente: ddu narat a c. (lo ripete fino alla noia). A caragolu, in una morsa da fabbro: dd at istrintu a c. (l ha stresso in una morsa ferrea). A carighedda, con voce nasale: fait erriri ca chistïonat a c. (fa ridere perché parla con voce nasale). Vedi càriga. A carrùmbulus, a capitomboli: at irliscinau e nc est calau a c. in su caminu (è scivolato ed è precipitato a capitomboli lungo la strada). Vedi carrumbulai. A caru, a caro prezzo: custa mi dda pagas a c. (questa me la paghi a caro prezzo), in senso reale e/o fig. Il contr. di a baratu. A càschidus, a sbadigli: su pipìu fut a c. longus, tandu nce dd apu crocau (il bambino sbadigliava a lungo, allora l ho messo a

18 16 PAOLO PILLONCA letto). Vedi cascai. A càstïu, sotto controllo: ddu portant a c. is carabbineris (i carabinieri lo tengono sotto controllo). Vedi castïai. A cherpu, a dispetto (lett. per farlo crepare): si ddu facu a c. (glielo faccio a dispetto). Vedi cherpai. A chïetu, in stato di calma: Linu non s abarrat mai a c. (Lino non resta mai tranquillo). Vedi achïetàisi. A chistïoni, a colloquio: fustis de di ora a c. (eravamo da tempo a colloquio). Vedi chistïonai. A cöidu, presto: cras andaus, ma depeus mòviri a c. (domani andremo, ma dobbiamo partire presto). Vedi cöidai. A cöidura, a mo di cottura: sa ciligìa dd at fatu a c. (la brina l ha come bruciato). Vedi còiri. A colletu, per il collo: dd at pigau a c. e dd at iscutu una surra (l ha preso per il collo e gli ha dato una sussa). A comodidadi, con comodo: pressi no ndi tengiu, mi dd apu a fàiri a c. (non ho fretta, lo farò con comodo). A cómpuru, mediante acquisto: cussa omu dd at pigada a c. (quella casa l ha acquistata). Vedi comporai. A corpu, di colpo, improvvisamente: pariat ca oliat abarrai ma una dì totu a c. at determinau de si nd andai (sembrava volesse restare ma un giorno tutto d un tratto ha deciso di andarsene). A corpus, a colpi, con percosse: dd at pigau a c. de scova (l ha preso a colpi di scopa). A corti, a più miti consigli (lett. alla mandra): pariat unu abbetïosu ma de fatu giai est torrau a c. (sembrava un testardo, ma poi è tornato a più miti consigli). L immagine nasce dalla osservazione degli animali che spesso non tornano alla mandra per la mungitura ma poi finiscono con il ritornarvi spontaneamente. Vedi incortigliai. A coru, a cuore: si dda pigat a c. e nci patit (se la prende a cuore e ne soffre). A coru fridu, a cuore freddo, con un brutto presentimento: Teresa ndi fut a c. f. (Teresa sentiva che non sarebbe andata bene). A crabistu, con la cavezza: a su cüaddu no dd iat postu mancu frenu, ddu portàt a c. (al cavallo non aveva nemmeno messo la briglia, lo conduceva tenendolo per la cavezza). Ma l uso di questa loc. a Seui è particolare: riguarda soprattutto la sfera della met. e si riferisce a persone testarde e poco intelligenti: no andat mancu a c. (non va nemmeno se gli metti una cavezza). Nei casi più difficili, secondo il giudizio popolare, è necessario ricorrere ad una trazione duplice: Antoni olit portau a dòpïu c. (Antonio andrebbe tirato con due cavezze). Ma in certe

19 Mancarìas. La parlata di Seui 17 situazioni non c è nulla da fare: no andat mancu a dòpïu c. (non va nemmeno se gli metti due cavezze). A cracaporcedda, come maialetti nell àrula: non mi pragit a abarrai in custu logu strintu, anìa seus totus a c. (non mi piace restare in questo luogo angusto, dove stiamo tutti come maialetti nell àrula). Vedi cracai. A crai, a chiave: sa pobidda ddi serrat totu a c. (la moglie gli chiude tutto a chiave). Vedi cràiri. A crisadura, con una sensazione di ribrezzo: a su figau cru ddi facu a c. (quando vedo del fegato crudo provo come una sensazione di ribrezzo). Vedi crisai. A crobecu, come coperchio: cussa su sposu si ddu ponit a c. (quella lì il fidanzato lo usa come un coperchio), ossia come schermo ad altre relazioni segrete. Vedi crobecai. A cróculu, a gorgoglìo: s abba de cussa funtana ndi essit a c. (l acqua di quella fontana esce gorgogliando). Vedi crocolai. A cropus, a colpi: dd at pigau a c. (l ha preso a colpi). A cüaddeddu, a cavalluccio (come quando si sistema un bambino sulle spalle di un adulto con le gambe pendenti in avanti, ai lati del collo di chi lo trasporta): su pipìu si olit sempir a c. (il bambino ama stare a cavalluccio). A cüaddu a cavallo: po sètziri a c. non depis tìmiri ca su cüaddu si nd acatat e timit cussu puru (per montare a cavallo non devi aver paura perché il cavallo se ne accorge e si spaventa a sua volta). A cüaddu nfrenau, con il cavallo imbrigliato, ossia in pompa magna: Boricu est sempir a c. n. (Salvatore è come se montasse sempre un cavallo imbrigliato), espressione idiomatica, a scherno di chi si dà arie. Vedi infrenai. A cùcuru, a misura piena: m at donau unu mou e trigu a c. (mi ha dato uno starello di grano a misura colma). La loc. indica anche il trasporto di pesi sulla testa: sa linna e allùiri nde dd apu etìa a c. (la legna per avviare il fuoco l ho trasportata sulla testa). Vedi acucurai. A cucuruscaglius, a capriole: Cristolu fut gioghendu a c. cun is cumpangeddus de scola (Cristoforo giocava a fare le capriole con i suoi compagnetti di scuola). A culu abertu/obertu, entusiasticamente, con il culo aperto: candu est erribbau cussu càdumu totus furint a c. o. ma defatu giai ddus at iscaddaus (quando è arrivato quel deficiente erano tutti entusiasti ma subito dopo lui li ha scottati). La loc. ha sempre una venatura di scherno. Vedi obèrriri/abèrriri. A cul i ogu, con la coda dell occhio: dd apu idu

20 18 PAOLO PILLONCA a c. i o (l ho visto con la coda dell occhio). A culu in campu, con il culo nudo: dd apu idu eu a c. n c. (l ho visto io senza mutande). A culu in segus, in retromarcia (lett. con il culo all indietro): est torrau a c. n s. (è tornato in retromarcia). A cumonargiu, come socio di ovile: dd apu tentu ses annus a c. (l ho avuto per sei anni come socio di ovile). A cumoni, in sòccida: portu is crabas de Lüisu a c. (bado alle capre di Luigi in soccida). A cumpangiu, come compagno di lavoro: seus a c. cun Antoni (con Antonio siamo compagni di lavoro). Vedi acumpangiai. A de dì, di giorno: is sirbonis non bessint a d. d. (di giorno i cinghiali non si fanno vedere). A de nanti, davanti: fut a d. n. miu e non m at bidu (era davanti a me e non mi ha visto). A de noti, di notte: a d. n. essit sa stria (di notte esce il barbagianni). A deretu, bene, a regola d arte: no ndi fait manc una a d. (non ne fa neppure una buona). A dinari, con soldi in palio: giogant a cartas a d. (giocano a carte per soldi). A disfida, in competizione: Franciscu e Linu funt a d. (Francesco e Lino sono in competizione). Vedi disfidai. A disigliu, con desiderio: fui a d. de ti torrai a biri (ero desideroso di rivederti), ddu tenia a d. (lo desideravo). Vedi disigliai. A disisperu, disperatamente: candu ddu-i pensu mi pigat a d. (quando ci penso mi dispero). Vedi disisperai/ disisperàisi. A disparti, separatamente: Ada bivit paris cun su pobiddu ma coginant a d. (Ada vive insieme con il marito ma cucinano separatamente). A dispùta, in competizione: Linu est sempir a d. cun Antoni (Lino è in competizione con Antonio). A donnïora, a tutte le ore, di continuo: est a d. chescendusì (si lamenta di continuo), Ninu bufat a d. (Luigi beve troppo). A dràbbulu, a peso morto: mi nce dd at iscutu a d. (me lo ha lanciato a peso morto). Vedi drabbulai/addrabbulai. A duritu, piuttosto tardi: candu apu móvïu fut giai a d. (quando sono partito era già piuttosto tardi). A duru, fuori tempo: candu seus erribbaus fut a d. (quando siamo arrivati era tardi), po annestai est a d. (per gli innesti siamo fuori tempo). Vedi addurai. A errisu, a riso, a scherno: a Umbertu ddu pigant a e. (Umberto non viene mai preso sul serio). Vedi erriri. A facis (pr. facir) de proi, a confronto diretto: ti ogu a f. de p. ( ti sottopongo al confronto diretto). A feli, con attacco di rabbia: candu ddu-i

21 Mancarìas. La parlata di Seui 19 pensu mi pigat a f. (quando ci penso mi viene la rabbia). A fichidura, ficcandosi in mezzo senza invito: Antoni si nci fait a f. (Antonio si intromette senza invito).vedi fichìri(si). A fidu, a credito: chini non podit pagai inderetura cómporat a f. (chi non può pagare all istante acquista a credito). Vedi comporai. A filu eretu, secondo logica (lett. a filo dritto): est raridadi chi Pìlimu andit a f. e. (è raro che Priamo segua una logica). La loc. si usa spesso in senso antifrastico: giai seus a f. e. (andiamo proprio bene). A fini, finemente: de custu ndi chistïonaus a f. (questo lo approfondiremo). Reiterata, la loc. (a f. a f.) vale: con estrema finezza. Vedi afinigai. A fissadura, in una sorta di fissazione o manìa: a Gisepu ddi pigat a f. (Giuseppe è in uno stato maniacale). Vedi fissàisi. A fitas, a fette: at pigau su estiri e sa coïa e dd at segau a f. (ha preso il suo abito da sposa e l ha tagliato a fette). Vedi afitai. A fogu anintru, con il fuoco in bocca (l abitudine di fumare nottetempo il sigaro con il fuoco in bocca era uno stratagemma attribuito ai soldati sardi della prima guerra mondiale per non segnalare la propria presenza ai nemici attraverso la luce del fuoco esterno, più tardi divenne un abitudine anche diurna): Dàrïu fumat su zigarru a f. a. (Dario fuma il sigaro rovesciato). A fogu fatu, con il fuoco acceso: candu si nd est pesau Antoni su babbu fut giai a f. f. (quando Antonio si è alzato dal letto il padre aveva già acceso il fuoco). A fogu fridu, con un fuoco semispento: seis a f. f. (avete il fuoco semispento). Vedi sfridai. A fogu irmortu/studau, con il fuoco spento: no abarru mancu in beranu a f. r./s. (neppure in primavera rimango con il fuoco spento). Vedi irmòrriri e istudai. A foras, fuori: fut fendu su càdumu e nce dd apu ogau a f. (stava facendo il cretino e l ho cacciato fuori). A forti, con forza, a voce alta: ddu possu nai a f. (posso dirlo a voce alta), poderaddu a f. (tienilo stretto). Vedi afortïai. A fràndigu, attraverso lusinghe: totu a f. est arrennèscïa a otènniri totu su chi oliat (a forza di lusinghe è riuscita ad ottenere tutto ciò che voleva). Vedi frandigai. A frenu strintu, a briglia stretta: sa pobidda ddu poderat a f. s. ma candu ddu fidat pagu pagu cussu si fuit (la moglie lo tiene a briglia stretta ma appena lo lascia libero lui se la svigna). Vedi strìngiri/istrìngiri. A fridu, a fred-

22 20 PAOLO PILLONCA do, a posteriori: no arrennesciu a iscùdiri a nemus a f. (a freddo non riesco a picchiare nessuno). Vedi sfridai. A frigadura, a massaggio: sa mëigina mi dda depu fàiri a f. in is cambas (il farmaco me lo devo spalmare e massaggiare sulle gambe). Vedi frigai. A friscura, quando farà più fresco: a f. andaus a betiri s abba (sul far della sera andremo a portare l acqua). Vedi friscurai. A frori, in pessime condizioni: giai ses a f. (sei proprio ben messo), espressione antifrastica. Vedi froriri/infroriri. A frorigius, con ornamenti: at fatu unu bàtili e cüaddu a f. (ha confezionato un sottosella da cavallo con ornamenti). Vedi frorigiai. A füeddus, a parole: nd eus tratau a f. e su füeddu balit finas e de prus de su scritu (ne abbiamo trattato a parole e la parola vale anche più della scrittura). Vedi füeddai. A füidura, come se fuggisse: est sempir impressìu, fait is cosas a f. (va sempre di fretta, fa le cose come se stesse fuggendo). Vedi füiri. A fulïadura, in tanta abbondanza di q.sa da poterne perfino buttar via: de trigu ndi tenit a f. (di grano ne possiede tanto da poterne buttare via). Vedi fulïai. A fundu, vicino, a poca distanza: Antoni at bidu un arèi e murvas: ddas portàt a f. (Antonio ha visto un branco di mufle: le aveva a poca distanza). A fundu a susu, sottosopra: dd at furrïau sa omu a f. a s. (gli ha messo la casa sottosopra). Talvolta la loc. è ellittica della prep. iniziale. A funi, alla fune: su molenti ddu portu a f. (l asino lo tengo alla fune), cussu no andat mancu a f. (quello non va nemmeno se lo tiri con la fune). Vedi afunai. A funi curtza/a funi longa, a fune corta/ a fune lunga: su cüaddu curridori olit tentu sempir a f. c. (il cavallo da corsa va sempre tenuto a fune corta), su oi omau ddu podis poderai a f. l. puru (il bue domato lo puoi tenere anche a fune lunga). A fura, di nascosto, furtivamente: ddu est andau a f. (ci è andato di nascosto). Vedi furai. A furadura, come se si trattasse di un furto: mi nde dd at lïau a furadura (me l ha preso e non me l ha restituito). A fura prana, con un furto senza uso di armi: is crabas si nde ddas at lïadas a f. p. (le capre gliele ha portate via senza usare le armi). A furrïotus, a giri disordinati: Ninu est andendu a f. e non si cumprendit e ita iat a bòlliri. (Nino vaga disordinatamente e non si capisce che cosa voglia). Vedi furrïotai. A fùrrïu, tutt intorno: no ddu iat nemus a f. (tutt intorno non c era nessu-

23 Mancarìas. La parlata di Seui 21 no). Vedi furrïai. A ganamala, con nausea: candu ddu biu mi pigat a g. (quando lo vedo mi viene la nausea). Agòa/(a coa), più tardi, alla fine, indietro (nella pronuncia si è persa la divisione originaria a coa): custu ddu bïeus a. (questo lo vedremo dopo), non t abarris a. (non restare indietro). A giogu, alla leggera, come fosse un gioco: piciocheddu, non ti pighis a g. sa scola (ragazzino, non prendere la scuola alla leggera). Vedi giogai. A grai, faticosamente: a fàiri cussu dd at a bènniri a g. (riuscire in quell impresa gli costerà fatica), est sulendu a g. (respira a fatica). Vedi ingraïai. A gropas, in groppa: setzidì a g. (monta in groppa). A gùrulus, a urla: candu chelegunu ddu scronnat si pesat a g. (quando qualcuno lo contrasta si mette a urlare). Vedi gurulai/ urulai. A illargu, lontano: cichendu perdimentu nc est infertu a i. meda (cercando il suo bestiame rubato è arrivato molto lontano). Vedi illargai. A illùinus, a capogiri: a bortas, candu abarru prus de una dì chene papai, mi pigat a i. (talvolta, quando rimango a digiuno per più di un giorno, ho i capogiri). Vedi illüinai. A imburdugu, in maniera grossolana: fait totu a i. (esegue tutto grossolanamente). Vedi imburdugai. A impari, insieme: su trabbagliu ddu feus a i. (il lavoro lo faremo insieme). A imperradura, a cavalcioni: s est postu in su muru a i. (si è messo a cavalcioni sul muro). Vedi imperrai. A impestadura, in forma epidemica: sa droga s est ispandèssïa a i. (la droga si è diffusa epidemicamente). Vedi impestai. A incadumadura, in una sindrome depressiva, da persona rimbambita: Linu s est fatu a i. (Linu sta vivendo una sorta di rimbambimento). Vedi incadumàisi. A incirdinadura, ad irrigidimento: su frïus at fatu a i. su lentzoru spartu (il freddo ha come irrigidito il lenzuolo steso). A inciupidura, ad assorbimento: fut de di ora chene próiri e-i s abba chi at betau sa terra nce dd at fata totu a i. (da tempo non pioveva e la pioggia caduta è stata assorbita tutta dalla terra). Vedi inciupiri. A indebbilitadura, come un indebolimento: su calori e s istadi mi pigat a i. (il caldo estivo mi debilita). A infrusadura, con intromissione sgradita: nd at paricius chi si nci faint a i. in dónnïa logu (c è molta gente che si infila dovunque senza invito). Vedi infrusai(si) A ingìrïu, tutt intorno: ddu iat canis a i. (tutt intorno c erano dei cani). Vedi ingirïai. A ingringhillitadura, ad

24 22 PAOLO PILLONCA attrazione forte: su giogu e sa murra mi pigat a i. (il gioco della morra mi attrae molto). Vedi ingringhillitai. A ingurtidura, ad inghiottimento senza masticazione: papendu, Antoni nci fait totu a i. (mangiando, Antonio inghiotte tutto senza masticare). A innanti, prima: a i. pensa e de fatu füedda (prima pensa e poi parla). A intzérrïus, a urla: candu at bidu cussu cani s est pesau a i. (quando ha visto quel cane ha reagito a urla). Vedi intzerrïai. A intzùnfïus, con singhiozzi sordi: Lina prangìat a i. (Lina piangeva con singhiozzi sordi). Vedi intzunfïai. A ira, a dirotto: est pröendu a i. (piove a dirotto). A is (pr. ir) becesas, in tarda età: si nd est iscidau a i. b. (si è svegliato in tarda età). A irbentugliadura, con sventolìo: in s istadi sa camisa si dda ponit a i. (d estate la camicia la usa come sventolatore).vedi irbentugliai. A irdassadura, quasi senza più filo (detto delle lame di coltelli, pugnali, cesoie, roncole, etc.): cudda càvana s est fata a i. (quella roncola ha perso il filo della sua lama). Vedi irdassai. A irderrigadura, all altezza dei reni: Sarbadori at iscutu una perda a Linu e dd at fertu a i. (Salvatore ha lanciato una pietra a Lino colpendolo nella zona renale). Più spesso, con dolore in quella sede: chi marru meda mi pigat a i. (quando zappo a lungo sento dolore ai reni). Vedi irderrigai. A irmesadura, a quota dimezzata: est unu malu pagadori, dónnïa orta chi ddi fais unu prétzïu ti ddu rmenguat a i. (è uno che non ama pagare, ogni volta che gli fai un prezzo te lo riduce fino a dimezzarlo). Vedi irmengüai e irmesai. A irmurradura, dritto sul muso: dd at iscutu unu corpu a i. (gli ha dato un colpo dritto sul muso). Vedi irmurrai e murru. A iscarescidura, in oblio: de mei ti ndi ses fatu a i. (mi hai messo nel dimenticatoio). Vedi scarèsciri/ iscarèsciri/ schèsciri. A ischina ereta, con la schiena dritta: Franciscu fut a i. e (Francesco era un uomo dalla schiena dritta). A iscimingiadura, con capogiri: fatu fatu mi pigat a i. (ogni tanto mi viene la labirintite). Vedi iscimingiai. A isciorbeddadura: con un colpo in fronte, quasi si volesse scervellare il rivale: dd at iscutu una perda a i. (gli ha lanciato una pietra sulla fronte).vedi sciorbeddai/isciorbeddai. A iscràmïus, con voce lamentosa e leggermente gridata: totu in-d-una su pipìu s est pesau a i. (all improvviso il bambino si è messo a gridare con voce

25 Mancarìas. La parlata di Seui 23 lamentosa). Vedi scramïai/iscramïai. A iscjrebinadura, fuori cottura: calandedda cussa petza a buddìu ca si fait a i. (togli quella pentola dal fuoco altrimenti si scuoce). Vedi scjrebinai/iscjrebinai. A iscroca, a scrocco: in bidda nci ndi tenïaus unu chi andàt a i. (in paese ce n era uno che andava a scrocco). Vedi scrocai/iscrocai. A iscurìu, al buio, con l oscurità: Gisepu essit prus a iscurìu chi no a lugi (Giuseppe esce più spesso al buio che alla luce). A iscusi, segretamente, di nascosto: bandus no ndi etat, Franciscu: fait totu a i. e fait beni (Francesco non dà bandi pubblici, agisce di nascosto e fa bene). A iscutas, ad intervalli, nei ritagli di tempo: ddu facu totu a i. (lo faccio nei ritagli di tempo). Spesso la loc. si reitera: a i. a i. Vedi scùdiri/iscùdiri. A isfregiu, a sfregio: su babbu si dd at fattu a i. (il padre gliel ha fatto a sfregio). Vedi sfregiai/isfregiai. A ispàinu, in ordine sparso: lassat totu a i. (lascia tutto in ordine sparso).vedi ispäinai. A ispantu, a meraviglia: ddu portant a i. (su di lui si narrano meraviglie). Vedi spantai/ispantai. A isparessidura, per improvvisa sparizione: Linu s est fatu a i. (Lino è come scomparso).vedi isparèssiri. A ispàssïu, a spasso, in ozio: est sempir a i. (è sempre in ozio).vedi spassïai/ispassïai. A ispeddiu, da impazzire (lett. da non star più nella pelle): est una cosa chi mi pigat a i. (è una cosa che desidero all impazzata). Vedi ispeddïai e peddi. A isperdìssïu, con spese senza controllo: sa omu non bolit ghiada a i. (la casa non deve essere governata con spese folli). Vedi sperdissïai/isperdissïai. A ispissuleddus, a pizzicotti: a su pipìu ddi pragit a basai a i. (al bambino piace baciare a pizzicotti). Vedi spissulai/ispissulai. A ispremidura, mediante spremitura: su limoni mi ddu facu a i. (dal limone mi faccio spremute). Vedi sprémiri/isprémiri. A is ses e mesu, alle sei e mezza. Vedi a mesudì. A isterrimenta, come strame: dd apu postu fenu a i. e s ebba igui ddu istat beni meda (le ho messo del fieno come strame e lì la cavalla starà molto bene). Vedi stèrriri/istèrriri. A istógumu arvolotau, con lo stomaco in subbuglio: po mori e àiri bufau abbardenti ageda soi abarrau una dì intrea a i. a. (per aver bevuto acquavite acida sono rimasto un giorno intero con lo stomaco in disordine). Frequenti anche altre due locuzioni: a istògumu prenu (a stomaco pieno) e a istògumu

26 24 PAOLO PILLONCA rbùidu (a stomaco vuoto). A istóntunus, barcollando: fut imbriagu e andàt a i. (era ubriaco e barcollava). Vedi stontonai/istontonai. A istragu, a fatica: a fàiri totu custu in-d-una dì m at a bènniri a i.(fare tutto questo in una sola giornata mi costerà fatica), dd apu fatu, ma a i. (l ho fatto, ma a fatica). Vedi stragai/istragai. A istrancanadura, con uno strappo violento: sa porta dd at oberta a i. (ha aperto la porta con uno strappo deciso). Vedi strancanai/istrancanai. A istrossa, con subitanea violenza: est pröendu a i. (sta diluviando). Vedi strossai/istrossai. A istrùmbulu, con il pungolo: fais che-i cuddu chi giogàt sa sposa a i. (fai come quello che utilizzava il pungolo per giocare con la fidanzata).vedi strumbulai/istrumbulai. A istrumpas, nella lotta sarda tradizionale (istrumpa è un gioco in cui si combatte fra due e la vittoria va a chi riesce ad atterrare il rivale afferrandolo con le braccia e dandogli sgambetti): dd at bintu a i. (l ha battuto nella lotta sarda). Vedi strumpai/istrumpai. A istruncadura, per la via più corta: nci soi calau a i. (ho fatto la discesa attraverso una scorciatoia). Ma la loc. ha anche una vena sottile di negatività, come di azione mal eseguita. Vedi struncai/istruncai. A istrupïadura, a sangue: dd at iscutu a i. (l ha picchiato a sangue) Vedi strupïai/istrupïai. A istùrrudus sighius, a starnuti continui: m est pigau a i. s. e non podia arrennèsciri a fàiri nudda (mi è venuto un attacco di starnuti continui e non riuscivo a fare nulla). Vedi sturrudai/isturrudai. A làcana, al confine: fustis a l. de su e Gàiru (ci trovavamo al confine con il territorio di Gairo). La loc. si utilizza anche in senso fig. A l. e su prantu, de su disisperu (al limite del pianto, della disperazione). Vedi illacanai. A ladus (pr. ladur) de frutu, con partecipazione alla resa: apu pàscïu is crabas de Antoni a l. de f. (ho tenuto al pascolo le capre di Antonio in compartecipazione alla resa). Si tratta di un altra forma di accordo pastorale, rispetto a su cumoni: il proprietario aveva diritto a una parte ridotta della produzione del gregge in latte, lana e carne ma conservava per intero la proprietà del bestiame. Vedi illadarai. A lampalugi, attraverso bagliori: dd apu idu a l. (l ho visto come in un bagliore). Vedi lampai e lùgiri. A lampus e tronus, con lampi e tuoni: totu nd-una s àiri s est an nü ilada e at

27 Mancarìas. La parlata di Seui 25 cumentzau a l. e t., de fatu at pròpïu meda, oras e oras (all improvviso il cielo si è fatto nu vo loso ed è iniziata una serie di tuoni e fulmini, poi è piovuto molto, ore ed ore). Vedi lampai e tronai. A läuneddas, con il solo accompagnamento di läuneddas: at sonau unu ballu a l. (ha eseguito un ballo con le launeddas). A lestru, in fretta: is cosas fatas a l. arresurtant mali fatas (le cose fatte in fretta risultano fatte male). Vedi, sotto, a sa lestra. A lìmpïu, di netto: cun s arrasoïa si nd at segau unu idu a l. (con il coltello a serramanico si è tagliato di netto un dito). Vedi illimpïai. A loba, a coppia, con parto gemellare: ocannu in beranu paricias crabas funt angiadas a l. (quest anno in primavera molte capre hanno avuto parti gemellari). Vedi lobai. A lugi, alla luce del sole: sa cosa olit fata a l., po essìri eni (per risultare al meglio, una cosa va fatta nelle ore di luce). A lugi fata, ad alba compiuta: sa cantzoni e Benignu e Tarichi narat ca un ómini bîat prus a iscurìu che a l. f. (la canzone di Benigno Deplano dice che un uomo vedeva meglio di notte che ad alba compiuta). A lugi irmorta, a luce spenta: si nd est pesau a l. i. e ddus at at fatus a tìmiri (si è alzato dal letto a luce spenta e li ha fatti spaventare). Ovviamente, si utilizza spesso anche la loc. a lugi alluta (con la luce accesa).vedi allùiri e irmòrriri. A lugori, a lume di luna: no iscìu chi po cassai a sirboni andit meglius a l. (non so se la caccia al cinghiale riesca meglio al chiarore lunare). A lùmburus, a rotoli: su pipìu est a l. in su fenu (il bambino si rotola sul fieno). Vedi lumburai/illumburai. A luna noa, con la luna nuova: custu olit fatu a l. n. (questo va fatto con la luna nuova). È intuitivo che esista anche la loc. a luna ecia (a luna vecchia). A luna prena, con la luna piena: a l. p. non si depit segai linna e nimancu oddiri erbas (a luna piena non si può tagliare legna e neppure raccogliere erbe). A magliadura, come a colpi di maglio: dd at iscutu a m. (l ha picchiato come se avesse avuto in mano un maglio). Vedi magliai. A malagana, di malavoglia: dd iat cumentzau a m., cussu trabbagliu, e immoi no ddu discinit prusu (l aveva iniziato di malavoglia, quel lavoro, e adesso non riesce più a concluderlo). A malu, da persona cattiva: su pipìu est fendu a m. (il bambino si comporta male). A malu etu, per il verso sbagliato: non dda pighis a m. e. (non pren-

28 26 PAOLO PILLONCA derla male). A malus (pron. malur) màssïus, malvolentieri, masticando amaro (vedi màssïu): ddu fait totu a m. m. (fa tutto malvolentieri). Vedi massïai. A mancu mali, con danni limitati: s annada dda creia finas e peus, imoi possu nai ca arresurtat a m. m. (l annata la prevedevo anche peggiore, ora posso dire che limiterò i danni). A manuda, con le mani: Arremundu fut bonu a ténniri sa trota a m. (Raimondo riusciva a pescare le trote con le mani). A manu in muru, tentoni: fut mesu tzurpu, andàt a m. in m. (era semicieco, camminava tastando il muro con le mani). A manu lìmpïa, con le mani pulite: chini olit abarrat sempir a m. l. (chi vuole rimane sempre con le mani pulite). A manu pigada, mano nella mano: fut passillendu in su stradoni cun su pipiu a m. p. (passeggiava per la strada con il bimbo per mano). Vedi pigai. A manus artzadas, con le mani in alto: Eraldo fut a m. a. ma dd ant isparau äici etotu (Eraldo aveva le mani in alto ma gli hanno sparato contro ugualmente). Vedi artzai/artzïai. A manus fridas, con le mani fredde: finas e in s istadi Lina est a m. f. (anche d estate Lina ha le mani fredde). A manus in buciaca, con le mani in tasca: est sempir a m. i. b., si bit ca tenit pa gu cosa e fàiri (è sempre con le mani in tasca, evidentemente ha poche cose da fare). A manus prenas, a piene mani: de cerésïa si nd at boddìu a m. p. (ha raccolto ciliegie a piene mani). Vedi préniri. A manus rbùidas, a mani vuote: nd est torrau a m. r. (è ritornato a mani vuote). Vedi irbüidai. A manus scapas, a mani libere: no mi pragit a intrai in domus aglienas a m. s. (non mi piace entrare nelle case degli altri senza portare nulla in dono). Vedi scapai/iscapai. A manus strintas, con le mani strette: Gisepu est a m. s. (Giuseppe è un avarone). Vedi strìngiri/istrìngiri. A maroglia, per forza: dd at dépiu fàiri a m. (l ha dovuto fare suo malgrado). A martinica, a mercato nero: s est erricau bendendu su casu a m. (si è arricchito vendendo il formaggio a mercato nero). A medas annus, a molti anni, esclamazione rituale d augurio nei compleanni, con le varianti a cent annus (a cent anni) e a atrus annus (pron. annur) meglius (ad altri anni ancora meglio). A mengianeddu, di primo mattino: a m. si trabbagliat meglius (di primo mattino si lavora meglio). A mengianu, di matti-

29 Mancarìas. La parlata di Seui 27 na: a m. depu fàiri atra cosa (di mattina devo fare altro). A menti, a memoria: Linu scit a menti totu is targas de idda (Lino conosce a memoria tutti i numeri di targa delle auto del paese). A menti frisca, a mente fresca: a lìgiri e iscriri meglius a si ddu-i pònniri a m. f. (è meglio mettersi a leggere e scrivere a mente fresca). A merì, di sera: a m. in s istadi no arrennesciu a fàiri nudda (nei pomeriggi estivi non riesco a far nulla). A mericeddu, sul far della sera: a m. si ndi podit chistïonai (se ne può parlare sul tardi). A mesapari, metà per uno, a mezzadria: sa ingia dda trabbagliu a m. (la vigna la lavoro a mezzadria). A mesa stérrïa, con la tavola imbandita: Lina est sempir a m. s. (Lina ha sempre la tavola imbandita), per dire della generosità nell offrire il cibo. Vedi stèrriri/istèrriri. A messadura, come se si mietesse: ania passat cussu fait totu a m. (dovunque passi, quello lì falcia tutto alla cieca). Vedi messai. A mesu càrriga, a mezzo carico, in senso reale e traslato: su trenu est a m. c. (il treno è semicarico), apu idu a Linu, fut a m. c. (ho visto Lino, era mezzo brillo). Vedi carrigai. A mesudì (a mezzogiorno): a m. scapu (a mezzogiorno sospendo il lavoro). Questa loc. avv. ha anche spazio nel gergo dell eros, per indicare uno stato di erezione continua: cuddu piciocu est sempir a m. (quel ragazzo soffre di priapismo). La condizione contraria si esprime attraverso un altra metafora oraria: a is ses e mesu, alle sei e mezza, ossia con il coso perpetuamente fiacco e rivolto all ingiù. A mesu éntiri, a stomaco semivuoto: candu fui piticu deu cun is fradis (pron. fradir) mius fustis sempir a m. è. (quando ero piccolo io e i miei fratelli avevamo sempre lo stomaco semivuoto). A mesu tèmpera, a tempra media, sui due versanti del reale e dell immaginario: su ferru est a m. t. (il ferro è semitemprato), oi Fulanu mi parit a m. t. (oggi Fulano mi sembra brillo). Vedi temperai. A mindighingiu, in misura ridottissima: còmporat totu a m. (compra tutto in misura minima). Vedi mìndigu. A mirada trota, di traverso (lett. con lo sguardo storto, torvo): cuddu càdumu si càstïat sempir a m. t. (quello scimunito guarda sempre tutti di traverso). Vedi mirai. A morrungius, a forza di proteste: est a donnïora a m. (protesta di continuo). Vedi morrungiai. A mulloni, sottosopra: at lassau is camisas a m. (ha lasciato le camicie una sopra l altra). Vedi

30 28 PAOLO PILLONCA amullonai. A muntoni, in disordine, a mucchio: tenit is pannus totu a m. (ha tutti i panni ammucchiati). Vedi amuntonai. A nàdidu, a nuoto: a beciu mannu, candu biviat in Casteddu, Demétrïu si faiat a n. su tretu de Su Pöetu a Sa sedda e su dïàulu (da vecchio, quando viveva a Cagliari, Demetrio andava a nuoto dal Poetto alla Sella del diavolo). Vedi nadai. A nomi-nomi, penzoloni, per est. in ordine sparso: ponedda in su logu sû sa cosa, no dda lessis a n.-n. (rimetti ogni cosa al suo posto, non lasciarle di qua e di là). A nómini, per fama: ddu portant a n. (è diventato famoso). Vedi nomenai e nomenada. A nómini atentu, con nome e cognome, senza possibilità di equivoco: dd at cicau a n. a. (l ha citato con nome e cognome). A noti intrea, per tutta la notte: abarru scidu a n. i. (rimango sveglio per tutta la notte). A nû mortu, a nodo fisso (lett. morto): dd at fatu un acàpïu a n. m. (lo ha legato a nodo fisso). Vedi mòrriri. A nuis, a nuvole in gruppi numerosi: cussus ndi enint sempir a. n. (quelli arrivano sempre in comitiva). Vedi annüilàisi. A ogu, a occhio: Istévini fut bonu a intzertai a o. su pesu e unu pegus de uli (Stefano era capace di indovinare a occhio il peso di un capo vaccino). A ogu miu, secondo il mio modo di vedere: non tenia metru e dd apu medìu a o. m. (non avevo metro e l ho misurato secondo il mio occhio). A ogus (pr. ogur) lepi-lepi, ad occhi semichiusi: crocanci su pipìu ca est a o. l.-l. (metti a letto il bambino, ha gli occhi semichiusi). A ogus obertus, a occhi aperti: cun cussu depis éssiri sempir a o. o. (con quello devi stare sempre a occhi aperti). Vedi obèrriri/ abèrriri. A ogus serraus, a occhi chiusi: cussu dd ia a pòdiri fàiri a o. s. puru (quello lo potrei fare anche a occhi chiusi). Vedi serrai. A òpera bista, con il conforto della prova: su inari ti ddu ongiu a ò. b. (ti darò i soldi quando mi fornirai la prova di ciò che dici). A ora giusta, al momento giusto: si dd apu a nai a o. g. (glielo dirò al momento giusto). A origa, a orecchio: Efis non connosciat sa mùsica, sonàt a o. ma nemus at mai sonau is läuneddas comenti ddas sonàt cussu (Efisio non conosceva la musica, suonava a orecchio, ma nessuno ha mai suonato le launeddas come lui). A origa parada, molto attentamente, con l orecchio vigile: dd apu ascurtau a o. p. (l ho ascoltato con grande attenzione). A orrogadura, in

31 Mancarìas. La parlata di Seui 29 modo caotico: Antoni fait totu a o. (Antonio fa tutto senza discernimento). Vedi orrogai. A orrosàrïu, a mo di rosario: narat sempir is pròpïus cosas, a o. (dice sempre le stesse cose, a cantilena). Vedi orrosarïai. A orrostu, arrosto: cöeus cudd orrogu e petza a o. (cuoceremo arrosto quel pezzo di carne). Vedi cöiri e orrostiri. A pagu a pagu, a poco a poco: feddu a p. a p. (fallo per gradi). A pala, in braccio: pigaddu a p. su pipìu, ca est fadïau (prendilo in braccio, il bambino, perché è stanco). A pala e ciociòi, a spalle (detto dei bambini che gli adulti maschi prendono a spalle sorreggendoli per le gambe e facendo stringere le braccia del bambino intorno al collo di chi lo trasporta): su pipìu si olit pigau a p. e c. (il bambino gradisce essere trasportato a spalle). A palas, alle spalle: chistionat feti a p., non tenit su brontu e nai is cosas in càrigas (parla soltanto alle spalle, non ha il coraggio di dire le cose in faccia). A palas (pron. palar) de camisa, con la sola camicia: non bessas a p. de c. ca est fendu frius (non uscire di casa in camicia perché fa freddo). A pampas, carponi: ancora su pipiu andat a p. (il bambino procede ancora carponi). A papadura, a mo di mangiata, come se volesse mangiarlo/a: nce dd at fatu a p. (lo ha trattato come se avesse voluto mangiarlo). Vedi papai. A parti, da parte, per conto proprio: s iat postu a p. unu bellu pagu e inari po si comporai sa omu (aveva messo da parte un bel po di soldi per comprarsi la casa). A parte, eccetto: is oras in prus mi ddas pagant a parti (le ore in eccedenza me le pagano a parte). A parti mala, al rovescio, detto di chi si infila male un paio di calze o una maglietta: s at postu sa maglia a p. m. (si è messo la maglia dalla parte sbagliata). A passìu, senza meta: tenit is pegus a p. (lascia vagare il bestiame a piacimento). A passu, a passo d uomo: a bortas cumbenit a andai a p. (talvolta conviene andare a passo d uomo). A passu mesurau, a passo lento: andat a p. m. che-i su oi omau (va a passo lento, come il bue domato). Vedi mesurai e mediri. A passus crispus, a passi svelti: fut arrïolau po su bestïàmini e andàt a p. c. (era preoccupato per il bestiame e andava a passi svelti). Vedi incrispai. A passu lestru, a passo svelto, di fretta, ad andatura sostenuta: d apu idu custu mengianu movendu a su monti a p. l. (l ho visto stamattina mentre andava di fretta verso la campagna). A passu tor-

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