Testi presentati all incontro del 15 marzo 2013 da parte degli studenti che hanno partecipato al Viaggio della memoria a Mauthausen-Gusen 2013

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1 Liceo scientifico Marconi, Milano Testi presentati all incontro del 15 marzo 2013 da parte degli studenti che hanno partecipato al Viaggio della memoria a Mauthausen-Gusen 2013 Filippo Fiz, VH La storia del campo Il campo di concentramento di Mauthausen fu costruito nell'agosto del 1938, appena 5 mesi dopo l'"anschluss", cioè l'annessione dell'austria al Reich tedesco. All edificazione del campo furono destinati prigionieri tedeschi, austriaci, cechi e boemi provenienti in gran parte dal Lager di Dachau. La zona di Mauthausen, presso Linz, fu scelta come sede di un campo di concentramento per la sua vicinanza con una cava di granito. Per le SS il campo di concentramento svolgeva due funzioni: serviva all'eliminazione dei nemici politici attraverso la detenzione, le violenze, le uccisioni arbitrarie, cosa che consentiva il mantenimento di un regime di terrore tra gli oppositori del nazismo, al di fuori del campo e, contemporaneamente, era una fonte di profitti, attraverso lo sfruttamento intensivo del lavoro dei deportati. Nell arco di tre anni il numero di prigionieri raggiunse ottomila unità, rappresentate perlopiù dai criminali comuni, Testimoni di Geova e zingari. Nel marzo 1940 giunsero a Mauthausen i primi deportati stranieri, cioè non provenienti dai territori del Reich (polacchi, spagnoli, cechi, ebrei olandesi). In previsione del numero crescente di deportati e dell accrescersi della mortalità, il campo fu dotato di un forno crematorio, a cui se ne aggiungeranno altri due. Sempre nel 1940 viene costruito il lager indipendente di Gusen, a 4 chilometri da Mauthausen. Nel 1941 Mauthausen venne catalogato da Himmler come campo di terzo livello, cioè di massimo rigore, il che significava che in quei luoghi le condizioni di reclusione erano durissime e la mortalità fra le più alte tra tutti i Lager del sistema concentrazionario nazista. Nel 1942 Mauthausen ed i campi satelliti furono riorganizzati. ogni nuovo trasporto inviato nell'area di competenza di Mauthausen arrivava al Lager centrale, dove i prigionieri erano registrati, selezionati e predisposti alle durissime condizioni di disciplina e lavoro del Lager mediante la quarantena. Di conseguenza, Oltre ad assolvere a questa funzione di smistamento, Mauthausen serviva anche come luogo di raccolta ed eliminazione degli inabili (divenuti tali in conseguenza dei trattamenti subiti durante la prigionia e il lavoro forzato) e come centro di annientamento di particolari categorie di nemici del Reich, soprattutto prigionieri di guerra sovietici (eliminati col gas), ebrei olandesi e un consistente numero di intellettuali cecoslovacchi.

2 Dal 1943 arrivarono a Mauthausen gli italiani, per la maggior parte resistenti e antifascisti. Fino al febbraio 1945 si ebbe una ventina di trasporti, per un totale di deportati che, allo stato attuale delle ricerche, è stimato in circa persone. A partire dal maggio del 1944 arrivarono anche grandi quantità di ebrei ungheresi e polacchi. Per loro le possibilità di sopravvivere alle condizioni di vita imposte erano le più scarse. Verso la fine del 1944 i nazisti iniziarono l evacuazione dei Lager orientali e di Auschwitz, facendo affluire i superstiti delle marce della morte su Mauthausen. I più deboli vennero eliminati, gli altri smistati nei campi secondari. Nell aprile 1945 una serie di trattative con la Croce Rossa permise la liberazione di alcune centinaia di detenuti, soprattutto francesi. Ma fra il 20 e il 28 aprile vennero eliminate nella camera a gas del campo principale diverse centinaia di prigionieri, tra cui molti italiani Il 29 aprile la camera a gas venne parzialmente smantellata. Il 5 maggio 1945 il Lager di Mauthausen venne raggiunto da due autoblindo alleate e il Comitato internazionale di resistenza, sorto clandestinamente, si impadronì del campo, liberandolo con le armi strappate ai nazisti. Si trovavano nel campo principale, in quel momento, circa 20 mila prigionieri, quasi tutti al limite della sopravvivenza. Più del 10 per cento morì nel mese successivo alla liberazione. I campi satellite Il primo campo satellite fu quello di Gusen, costruito nel E il primo di 56 sottocampi distribuiti in tutta l area industriale adiacente a Vienna e nella regione dell alta Austria centrale. La loro funzione principale era quella di impegnare i prigionieri in attività produttiva di tipo bellico e nella costruzione di infrastrutture. A partire dal 1943 i prigionieri furono costretti a scavare enormi gallerie per consentire la salvaguardia della produzione industriale dalle incursioni aeree alleate, per cui si implementò soprattutto il lager di Gusen e si costruirono i grandi Campi-satellite di Ebensee e di Melk. La costruzione di queste gallerie fu effettuata senza riguardo per la salute e la vita dei prigionieri e causò una notevole quantità di vittime. Alla metà della guerra, il Campo principale di Mauthausen fungeva quindi sempre di più come centrale amministrativa dal quale venivano smistati i prigionieri ritenuti abili al lavoro verso i Campi-satellite; allo stesso tempo qui venivano riportati i prigionieri malati e non più idonei al lavoro, e lasciati morire. Degli oltre prigionieri detenuti nel Sistema concentrazionario di Mauthausen nel marzo del 1945, più di si trovavano nei Campi-satellite. Il sistema concentrazionario Mauthausen divenne uno dei più terribili Lager nazisti. I prigionieri dovettero fare fronte a condizioni di detenzione inumane e lavorare come schiavi nelle cave. L obiettivo del campo era l annientamento dei prigionieri. Essi erano destinati a morire, ma la morte avveniva a rilento fra fame, violenze, impiccagioni, fucilazioni, torture, punture di spilli, scariche di corrente elettrica, iniezioni al cuore, gas. Alcuni deportati furono semplicemente bagnati e lasciati gelare fino alla morte nel rigido inverno austriaco. All arrivo al campo i deportati venivano smistati: gli anziani, i bambini, gli inabili al lavoro venivano sterminati, principalmente con il gas. I prigionieri entravano in quella che pareva una doccia, la porta veniva chiusa e un addetto versava il gas zyclon B nei contenitori e li chiudeva. Nel

3 giro di 30 minuti tutti i prigionieri erano morti. In questa piccola stanza furono gassati anche 80 prigionieri per volta. Chi invece era ritenuto abile al lavoro veniva spogliato di tutto quanto possedeva e, dopo aver passato la depilazione totale, la rasatura della testa e la disinfezione, riceveva i vestiti, composti da una divisa a righe in juta. Poi i prigionieri venivano smistati tra le 39 baracche, che venivano chiamate blocchi e 14 tende, che in tutto ospitavano mila prigionieri. Fuori dalle mura erano stati eretti dai prigionieri il palazzo della Kommandantur, costruito interamente in granito della cava, case per ufficiali e loro famiglie, capannoni per la truppa, garage per le SS, una tenuta agricola perfettamente autonoma. Una città di 95 costruzioni fra baracche, edifici in muratura e grandi tende. L alimentazione giornaliera di un deportato consisteva: al mattino una tazza di surrogato di caffè nero senza zucchero a pranzo un litro scarso di minestra molto acquosa con rape da foraggio e qualche rara patata. Qualche volta c era un minuscolo pezzetto di carne alla sera un prigioniero abile al lavoro riceveva un pezzo di pane grigio di segala e farina di patate di circa 200 grammi, un piccolo pezzo di salsiccia e 20 grammi di margarina. Questa alimentazione garantiva circa 700 calorie giornaliere, contro una media di necessarie per uomini sottoposti ad un lavoro gravoso e prolungato, La media di vita dei prigionieri era di circa cinque mesi, sempre che le malattie o le uccisioni da parte delle SS non ne anticipassero la morte. Alla liberazione del lager non pochi erano gli uomini adulti che pesavano meno di 28 kg. Alcune zone erano destinate a trattamenti particolarmente feroci. Si ricordano: il blocco della morte, dove i prigionieri venivano lasciati senza cibo né acqua e torturati giorno e notte. i 186 gradini che componevano la scalinata della cava, dove avvennero orribili carneficine il muro del pianto, dove venivano incatenati i prigionieri che di notte subivano l'assalto di cani addestrati le camere di tortura la fossa comune, dove sono stati scoperti circa cadaveri. Una parte del lager non era chiusa dal muraglione, ma da un doppio reticolato con corrente ad alta tensione. Su quei reticolati ogni giorno si vedevano corpi di deportati suicidi, individui che non resistevano alla penosa vita del lager, ma anche corpi di prigionieri che erano stati obbligati a correre contro i reticolati dalle SS solo per divertimento. A Mathausen furono circa 50 i medici delle SS che svolsero esperimenti scientifici sui prigionieri, sia malati che sani. Chi aveva la sfortuna di sopravvivere veniva barbaramente eliminato con una puntura al cuore. Il dottor Hermann Richter, con operazioni dolorosissime, nell autunno 1942 assassinò circa 300 prigionieri. Tra i principali esperimenti si ricordano le castrazioni, le infestazioni di pidocchi, la privazione di ossigeno, la resistenza al congelamento prolungato ed altri. I numeri Si calcola che siano passati per il lager di Mauthausen circa 200 mila deportati, di cui ne morirono oltre 123 mila. Come emerge dalla tavola, nel corso del tempo le condizioni di vita sono peggiorate e il numero di vittime ha registrato un aumento esponenziale.

4 In totale in Europa si contavano 153 campi di concentramento sottocampi. Si suddividevano in categorie a seconda delle funzioni (campi di lavoro, di concentramento, di transito, di prigionia, di sterminio). I campi di sterminio erano sei, tutti in Polonia: Auschwitz-Birkenau Belzec Chelmno Majdanek Sobibor Treblinka. In totale nei campi di concentramento furono sterminati ebrei, che rappresentavano circa i due terzi della popolazione ebraica totale in Europa, più oltre 4 milioni di altri tipi di prigionieri. Esperienza personale Tutti noi eravamo in possesso di un alto numero di informazioni sull Olocausto e sui campi di concentramento e, dunque, eravamo convinti di sapere ciò a cui ci saremmo trovati di fronte. E invece si è rivelata un esperienza sconvolgente, una delle più forti che abbiamo vissuto. Non appena si entra si viene colpiti da un atmosfera di silenzio assordante. Il luogo è deserto, ma nello stesso tempo è ricco di vita perché le migliaia di vite umane sacrificate sono presenti ovunque, nella cava, sulla scala della morte, nelle baracche, nelle camere a gas. Davanti ai forni crematori molti di noi hanno addirittura avuto l impressione di sentire l odore dei corpi bruciati. Nessuno aveva il coraggio di parlare, per rispetto, ma i sentimenti che si leggevano sui volti di tutti erano rabbia, sgomento, vergogna, orrore. E soprattutto, c era una sola domanda da porsi. Perché? Come è potuto succedere che migliaia di uomini normali siano stati trasformati in feroci assassini che hanno accettato senza discutere gli ordini finalizzati alla soluzione finale di un intero popolo. E come è possibile che i governi e intere popolazioni fossero al corrente di quanto stava succedendo e non abbiamo fatto niente? Non ci può essere una risposta sensata, e la totale spersonalizzazione dei carnefici è ben rappresentata dalla frase che una SS disse a Primo Levi, il quale gli chiese perché. «Hier ist kein warum», (qui non c è nessun perché) fu la risposta. E interessante l analisi del processo a Gerusalemme ad Eichmann, che peraltro rappresenta il prototipo del regime. Il burocrate nazista sembrava non rendersi conto minimamente di ciò che aveva fatto. Egli non riusciva a capire perché mai gli ebrei si accanissero così tanto nei suoi confronti: non aveva mai ucciso nessun essere umano, interessandosi sempre delle emigrazioni e dei trasporti; non aveva mai dimostrato nel suo lavoro alcun disprezzo per gli ebrei; aveva aiutato spesso il popolo ebraico, togliendo dalle liste delle deportazioni alcuni personaggi famosi. Eichmann aveva certamente una grande ammirazione per Hitler ma non ne apprezzava né il pensiero né l'ideologia e, comunque, egli non aveva fatto altro che obbedire agli ordini, emanati direttamente da Hitler o scaturenti indirettamente dalle leggi razziali che il Führer aveva promulgato in Germania.

5 E proprio questo il punto. La legge stessa aveva trasformato i tedeschi in assassini: assassini legalizzati. Ci si trovava di fronte ad un'azione organizzata dallo Stato, ad un'azione commessa dai singoli cittadini che obbedivano alla legge. Rispettare gli ordini e la legge rappresentava per Eichmann, e per tanti altri come lui, un atto di alto valore sociale che secondo la legge tedesca non doveva essere punito bensì premiato. Ponendo una distanza tra la forma e il contenuto delle sue azioni Eichmann disse addirittura di aver sempre vissuto secondo i principi dell'etica kantiana, non comprendendo però che l'etica di Kant si fonda soprattutto sulla facoltà di giudizio dell'uomo, facoltà che esclude la cieca ubbidienza. Nel suo famoso libro La banalità del male la giornalista Hannah Arendt sottolinea che il totalitarismo non solo aveva uniformato gli individui, sottraendo loro la soggettività, ma li aveva soprattutto deformati, riducendoli a meri uomini-cosa, senza pensiero e senza giudizio critico, subordinati agli ordini e alle logiche del Reich. Eichmann si presentava infatti come un individuo senza qualità, che parlava con cliché, il più delle volte senza senso. Egli si presentava privo di un pensiero individuale. Eichmann quindi non aveva minimamente coscienza di sé e non era più in grado di distinguere il bene dal male. Seguiva un senso del dovere legato all'esecuzione del comando e del lavoro che il regime gli aveva assegnato, ma questo senso del dovere era del tutto amorale, privo di contenuti. L'uccisione morale prima che fisica, avviata nei ghetti e nei campi di concentramento e conclusasi nei campi di sterminio, aveva reso i perseguitati uomini-cosa, analogamente agli uomini-cosa persecutori, riducendoli ad esseri senza identità soggettiva e senza alcun pensiero critico riflessivo. L'identità, sia negli oppressori sia negli oppressi, era dunque totalmente scomparsa. Sotto questo profilo, l'uomo del totalitarismo si disconosceva o veniva disconosicuto dagli altri come persona. Veniva uccisa così la dignità nel suo duplice aspetto, fisico e spirituale. L importanza del ricordo Nel 2000 in Italia è stata promulgata una legge che ha introdotto il Giorno della Memoria il 27 gennaio, con questa finalità: Data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Lo scopo della legge è quello di rompere il silenzio che stava tentando di cancellare la memoria dell orrore della Shoah, silenzio che poteva essere ancora più pericoloso del negazionismo. I superstiti sono sempre meno e fra pochi anni nessuno sarà più in grado di raccontare la propria esperienza personale. Per questo è importante non dimenticare. Le testimonianze dei sopravvissuti, i racconti, i documenti e la storia devono essere le fonti utili non solo per il presente, ma anche per le generazioni future che, a loro volta avranno il compito di tramandare un orrore storico imperdonabile, affinchè non si ripeta mai più. Ciò che angosciava Primo Levi era proprio la paura che le generazioni successive avrebbero dimenticato, e fu quella paura, unita all incapacità di superare l orrore dei ricordi, ad indurlo al suicidio. Lo scrittore si buttò dalla tromba delle scale l 11 aprile Il suo monito, però, è ben presente nei suoi libri e nella celebre poesia introduttiva al testo più famoso Se questo è un uomo.

6 Martina Gobetti, VA Campi di lavoro, Gusen e Mauthausen, milioni di morti tra oppositori politici e poi anche ebrei, pochi sopravvissuti. Poche ma profonde testimonianze trasmesseci attraverso i salvati stessi e i loro figli, che si sono fatti portatori di una parte importante della storia, della memoria verso i posteri e le future generazioni. Innumerevoli caduti non invano, ma con la consapevolezza che il loro sacrificio sarà fondamento di una nuova parte di storia dove la memoria sarà fonte di conoscenza. Tornare da una battaglia tra atrocità, sfruttamento e ingiustizia, prendere coscienza delle proprie esperienze e dare loro voce, questo è il duro compito dei sopravvissuti; affrontare la realtà di tutti i giorni sapendo di aver fatto parte di un qualcosa di umanamente inconcepibile, essere visti con occhi diversi da chi non c'era e non comprende la malvagità che si celava dietro quell'apparente azione innocua. Ma chi l'ha vissuta capisce, ricorda e racconta. Il ritorno è tanto difficile quanto affrontare la morte stessa: la mentalità cambia, si trasforma e rimane segnata da marchi indelebili. I veri uomini sono quelli che hanno vissuto, lottato, sofferto, sebbene non fossero considerati come tali: erano bestie da soma che quando "smettevano di funzionare" venivano fatte fuori, e poi viste come persone che danneggiavano l'umanità e per questo sterminate. Primo Levi dice: Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi. Perciò l esortazione di Primo Levi, deportato e poi sopravvissuto, è quella di testimoniare, ascoltare, imprimere e poi tramandare quello che egli, come tanti, troppi altri suoi simili, ha vissuto, e di fare tutto ciò con convinzione e con il fermo proposito che non venga ripetuto né dimenticato il terribile e inutile sopruso di cui sono state vittime uomini e donne innocenti. Potrà sembrare banale quello che Levi esorta nella sua poesia. Ancora più banale o già sentito potrà essere classificato il mio voler ribadire il concetto. Ma se ancora oggi, dopo quello che è stato, abitiamo in un mondo dove qualcuno vive ancora nel pregiudizio e nella fobia della razza, o di quella che viene chiamata diversità, forse poi tanto banale non è. In conclusione penso che sia fondamentale conservare il ricordo di questa esperienza e trasmetterlo alle generazioni future per fare in modo che gli errori del passato non si possano ripetere mai più. Ma soprattutto penso che vadano fermate sul nascere tutte quelle manifestazioni che negano l'esistenza dell'olocausto e che non fanno altro che perpetuare, nei confronti dei sopravvissuti, una continua violenza gratuita e senza alcun fondamento razionale, mentre bisognerebbe fare in modo che le loro testimonianze diventino un monito ed un ricordo indelebile nei nostri cuori.

7 Matteo Sacchi, VD Arrivando a Gusen non ci si aspetterebbe mai di essere nell aera di un ex campo di concentramento. Dai vetri del pullman si vedono case, ma non cupe e grigie villette a schiera, si vedono villette famigliari con scivoli e altalene nel cortile, case belle e colorate che in verità sono state costruire per coprire le macchie dei milioni di delitti compiuti proprio in quella zona. La cosa che fa più riflettere è proprio il fatto che dove giocano i bambini sullo scivolo o su un altalena, non molti anni fa si consumò una strage senza precedenti. Quei bambini giocano sulle ossa di migliaia di persone che hanno vissuto gli ultimi mesi della loro vita in condizioni disumane. È davvero sorprendente guardare le immagini custodite nel memorial di Gusen, proprio dove avevamo visto quello scivolo rosso c era una baracca piena di persone che senza averne colpa erano costrette a condurre una vita di stenti, trascinando oltre al peso delle pietre e dei lavori forzati, il peso di una colpa che non avevano. Anzi il peso più ingente da portarsi dietro era quello di non avere colpa, di dovere assecondare e essere piegati alle convinzioni di qualcuno che li riteneva inferiori. In effetti il fine della costruzione delle villette è stato raggiunto in pieno, passando per la strada nessuno penserebbe alle atrocità della Shoah, ma magari penserebbe a quanto sarebbe bello possedere una villa come quelle, grande, ospitale e colorata. Per l appunto l obiettivo di chi ha venduto quei terreni e costruito quelle case era proprio quello di cancellare il passato. E il passato sarebbe stato cancellato senza alcun problema se un gruppo di sopravvissuti non avesse strappato dalle mani dell oblio quell ultimo fazzoletto di terra rimasto, quel forno dove tra le fiamme si erano spente moltissime persone, troppe perché quest ultima fiamma di ricordo andasse perduta. Così ora, nell area del forno crematorio sorge un memoriale di quello che fu un luogo di morte per tante persone, un piccolo tempio dove vengono custodite le foto e i documenti che ritraggono con precisione quello che era Gusen ai tempi dell olocausto. Purtroppo molto è lasciato all immaginazione ma quello che è certo è il ruolo che assume la memoria in questi casi; moltissime persone provano a farci credere che non sia successo niente, che sono tutte bugie e che i lager non sono mai esistiti ma la nostra generazione ha il privilegio di poter udire ancora le testimonianze in prima persona di coloro che hanno subito infamie e torture all interno dei campi di sterminio e quando si spegneranno questi fari nel buio del passato, toccherà a noi tenere viva la memoria, perché non si ripetano più cose del genere e perché passando per una strada austriaca come tante altre non si vedano solo belle case, ma ancora le impronte di una devastazione umana.

8 Davide Fagnani, VH Quando con il pullman arrivi alle porte del campo di Mauthausen ti rendi conto che sei davanti ad un qualcosa che va oltre la concezione umana, quelle mura alte 4 metri che nascondevano ciò che accadeva dentro, ma è proprio quando entri che una sensazione di vuoto ti trafigge dentro e capisci che quello che raccontano, che tu non riuscivi a credere vero da quanto crudele fosse, in realtà è davvero accaduto, e ripensi a chi quelle sensazioni le ha vissute davvero,in quel periodo difficilissimo e a chi non è riuscito mai ad uscirne senza rivedere i propri genitori, la propria moglie o i propri figli,strappato dalla propria casa e dai propri cari, come è accaduto ad un mio familiare. Ed è proprio questa l esperienza personale che vorrei portare,quella del mio bisnonno, il padre di mio nonno materno. All epoca lavorava presso le industrie Caproni, industria meccaniche che produceva fra l altro componenti per aerei, era il 1943 quando fu prelevato durante uno dei tanti rastrellamenti e trasferito al campo di Mauthausen. Dai racconti che mi sono stati riportati fu prelevato dal reparto presso cui lavorava insieme ad altri colleghi, probabilmente tradito da connazionali che lavoravano per l allora governo fascista, che erano a conoscenza delle sue idee e della sua attività di antifascista. Aveva 48 anni, da quel giorno non si seppe praticamente più nulla, la certezza della sua morte avvenuta al campo fu confermata da un amico che riuscì a sopravvivere agli orrori del lager e al ritorno ne diede la triste notizia alla moglie, informandola del fatto che morì nelle camere a gas. Il suo nome compare oggi su una delle steli presenti in Piazza Mercanti dove sono riportati i nomi dei deportati cittadini, così come è ricordato nel campo, a loro dedicato, all interno del cimitero Maggiore di Milano. Pur non avendo vissuto così da vicino una vicenda così drammatica si può immaginare l angoscia e il senso di impotenza dei famigliari per un evento così tragico che, nel caso specifico non solo ha privato un figlio di 13 anni (mio nonno) della figura paterna, ma ha tolto alla famiglia quella che allora rappresentava la forma di sostentamento. Credo che ciò non si possa e non si debba mai dimenticare, perché le ferite più profonde si possono anche chiudere ma il segno che lasciano resta comunque indelebile. Il compito che abbiamo noi oggi è proprio quello di fare in modo che nessuna famiglia sopporti ancora una simile ingiustizia,un simile orrore, vedere il proprio caro partire su un pullman e non tornare più, ucciso da altri uomini, da stenti, fame freddo, buttati nelle camere a gas dopo una serie di umiliazioni, di torture, e poi buttati nei forni crematori come fossero sacchi d immondizia di cui liberarsi. Non permettiamo che ci venga messa in testa l idea che le persone siano diverse, che esistano razze superiori, quello che è accaduto all interno di quei luoghi è qualcosa che non va mai dimenticato, non restiamo in silenzio a guardare quando ancora oggi sentiamo parlare del diverso e sentiamo commenti a stampo nazisti, non stiamo a guardare scene di razzismo, continuiamo a combattere perché tutto questo non si ripeta mai più, non permettiamo che il mondo si macchi nuovamente di una simile vergogna.

9 Ranin Elshedy, VE Sul pullman, davanti ai miei amici e ai signori che hanno viaggiato con noi, non ho avuto il coraggio di fare un discorso in cui esprimevo i sentimenti che ho provato andando a Mauthausen; dopo aver visto le baracche, i forni crematori, la camera a gas e molte altre cose, e aver sentito in che condizioni vivevano i deportati, mi chiesi semplicemente Ma perché l uomo fa questo, perchè si devono massacrare degli uomini senza alcun motivo, dove trovano il coraggio per fare questo?. A Mauthausen ho provato delle forti emozioni. Le emozioni e i sentimenti della visita al campo di Mauthausen non sono dimenticabili. Si avverte la presenza e la memoria per tutte le persone che, passando di lì, hanno perso la vita o hanno rischiato di perderla. Ma la memoria si allarga a tutti i deportati, a tutti coloro che hanno subito la stessa sorte nei diversi campi di sterminio nazisti. La memoria e il ricordo servono a noi oggi per cercare di costruire una società più giusta, equa, in grado di accogliere tutti, senza che vi siano distinzioni di razze, di etnie, di religioni, di culture. E stata un esperienza particolare che mi ha toccato nel profondo non si può descrivere a parole. Il campo oggi non è come uno se lo immagina, un posto tetro triste e spoglio. infatti si trova su una collina circondato da prati, fattorie e paesini allegri in puro stile austriaco, un piccolo paesaggio di campagna insomma che quasi nasconde o comunque mitiga un posto con una storia tanto orribile. E un contrasto che spiazza un pò a mio parere,ma la visione della camera a gas dei 2 forni crematori delle tristi lapidi all'entrata e della scala della morte sono li a ricordare l'orrore che deve esser stato soffrire e morire la dentro! Ognuno vive la visita in maniera diversa, una visita in un cui migliaia di persone hanno sofferto a causa di un ideale malato e disumano! Sicuramente un esperienza che ha cambiato il mio modo di vedere la vita e che da la forza di credere in un domani migliore e di disprezzare le persone malate di odio che ancora oggi sollecitano al razzismo e all'odio tra i popoli.

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