L offensiva giudiziaria antipartigiana nell Italia repubblicana ( )

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1 Michela Ponzani L offensiva giudiziaria antipartigiana nell Italia repubblicana ( ) Prefazione di Mario G. Rossi ARACNE

2 Copyright MMVIII ARACNE editrice S.r.l. via Raffaele Garofalo, 133 A/B Roma (06) ISBN I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: ottobre 2008

3 Indice Prefazione di Mario G. Rossi... 7 Premessa Capitolo I Riconoscimenti partigiani e leggi di amnistia Capitolo II Gli effetti giurisprudenziali e sociali del DPR 22 giugno 1946, n Capitolo III L ANPI e Comitati di Solidarietà democratica. L azione di difesa legale nei giudizi a carico di partigiani Capitolo IV Solidarietà democratica e la difesa dei diritti costituzionali Capitolo V La legge di amnistia del CapitoloVI. La contestazione della legittimità della Resistenza nel decennale della Liberazione Capitolo VII. Il decimo anniversario della Costituzione

4 6 Indice Capitolo VIII Il mancato riconoscimento del fatto politico nelle azioni di guerra partigiane. Il DPR 11 luglio 1959, n Capitolo IX Il secondo Risorgimento nazionale. L affermazione del paradigma retorico celebrativo della Resistenza Indice dei nomi... 99

5 Prefazione Il denso e documentato lavoro di Michela Ponzani affronta un insieme di questioni centrali per la comprensione del rapporto tra Resistenza e democrazia nell Italia repubblicana, attorno alle quali si è sviluppato negli ultimi decenni il dibattito storiografico e più ancora, in forme spesso apodittiche e ripetitive, quello mediatico. Ripercorrere il quindicennio successivo alla Resistenza lungo il filo conduttore del mancato riconoscimento del ruolo e dei diritti dei protagonisti della lotta di liberazione, e poi dell offensiva antipartigiana in sede politica e soprattutto giudiziaria, consente al lettore di misurare tutta l inconsistenza e la faziosità di ricostruzioni storiche condotte ai giorni nostri al di fuori di ogni contestualizzazione degli eventi e di ogni documentazione attendibile, col fine di delegittimare la guerra partigiana e il suo ruolo nella costruzione dell identità nazionale dell Italia democratica. Si scopre così che il «triangolo della morte» e tanti altri casi di violenze e di rappresaglie legate alla guerra civile e alle sue ripercussioni nell immediato dopoguerra non sono venuti alla luce, dopo un silenzio pluridecennale, col Sangue dei vinti e altri apporti della letteratura antiresistenziale di questi anni, ma costituiscono l oggetto privilegiato di una sistematica campagna giudiziaria scatenata contro le forze partigiane già l indomani della fine della guerra, contribuendo in larga misura ad offuscare nel senso comune diffuso il ricordo delle atrocità naziste e delle responsabilità dei repubblichini. Invece di ricostruzioni a tinte forti, affidate alla memorialistica delle vittime delle violenze e delle stragi e alle cronache della stampa, si ritrova in questo saggio un impressionante casistica, tratta dagli archivi, dai documenti ufficiali, dagli atti processuali, degli arresti e dei processi ai partigiani, con il loro contorno di montature, violenze, confessioni estorte, testimonianze interessate, condanne punitive, seguite spesso, dopo lunghi periodi di detenzione, dalla derubricazione dei reati e dalle assoluzioni. Le galere repubblicane si riempiono dei combattenti della guerra partigiana, che vanno ad affiancarsi agli antifasci- 7

6 8 Prefazione sti detenuti anche da più di trent anni per aver combattuto il fascismo (come quelli ancora imprigionati per i fatti di Palazzo d Accursio del 1920), mentre i fascisti continuano a uscire in forza di amnistie, attenuanti, riduzioni di pena. Il contesto storico, esplicitamente richiamato o solo accennato, fornisce al lettore un primo nucleo di motivazioni degli eventi descritti: sono i prodromi e gli sviluppi della Guerra fredda a mutare il quadro di riferimento e le scelte politiche che regolano le vicende del dopoguerra, della ricostruzione, dell impianto della democrazia repubblicana; è il rifiuto dell Italia moderata e complice del fascismo, con in prima fila l istituzione ecclesiastica, di accettare il carattere rivoluzionario della Resistenza, cioè la sua spinta verso un rinnovamento profondo anche rispetto al prefascismo, che toglie spazio all Italia partigiana e ne persegue di fatto l emarginazione; sono le ambigue coperture fornite dagli Alleati, dalle gerarchie ecclesiastiche, dagli apparati dello Stato alle organizzazioni neofasciste a preparare il terreno a un potenziale recupero di quadri e militanti del regime nel fronte unico anticomunista, conservatore e filoatlantico, che si appresta a subentrare all alleanza ciellenistica. Un contesto profondamente diverso, ad esempio, da quello in cui si svolge la parallela vicenda della Francia postbellica, pur anch essa condizionata dai meccanismi della guerra fredda. E, rispetto alla Francia, spicca nel caso italiano, al di là delle chiusure ideologiche, delle finalità politiche, delle complicità e delle nostalgie filofasciste, la persistente continuità degli apparati e degli ordinamenti militari, giudiziari, burocratici, che è alla base del mancato riconoscimento della guerra di liberazione e dei suoi protagonisti, e quindi della mancata legittimazione delle azioni partigiane, di fatto equiparate a reati comuni e solo ambiguamente coperte dallo strumento dell amnistia. Per questa via sarebbero passate tutte le interpretazioni restrittive dei provvedimenti varati a tutela dei partigiani combattenti e di quanti si fossero resi responsabili di reati nella lotta contro il fascismo; sarebbe passata la limitazione soltanto al periodo bellico, e con non poche eccezioni, dei reati coperti dall amnistia; e sarebbe addirittura passata un applicazione della stessa amnistia sempre più favorevole ai collaborazionisti e ai quadri e ai militari di Salò, con tutte le distorsioni e gli eccessi, persino grotteschi, che sia la giurisprudenza che una

7 Prefazione 9 storiografia ormai consolidata hanno abbondantemente messo in risalto. Per contro, in particolare dopo il 1948, si doveva sviluppare una sistematica opera di repressione antipartigiana da parte della magistratura, con migliaia di arresti e di condanne, che avrebbero coinvolto intere formazioni soprattutto delle zone, come appunto il «triangolo della morte» in Emilia, dove la guerra civile e i suoi strascichi postbellici avevano registrato le punte di maggiore asprezza. Così, in forza dei nuovi orientamenti politici subentrati alla crisi dei governi di unità antifascista, dell azione della magistratura e della campagna scatenata dalla grande stampa e dagli altri strumenti mediatici, dalla radio ai cinegiornali, si assiste ad un paradossale ribaltamento della realtà, per cui i combattenti della Resistenza e gli oppositori del fascismo, ai quali si deve la liberazione dal regime e il riscatto dalla guerra condotta a fianco dell alleato nazista, vengono accusati di aver provocato la rovina della patria, difesa invece fino alla fine dai combattenti di Salò. Il tema della «morte della patria», agitato strumentalmente decenni più tardi per delegittimare il fondamento antifascista della democrazia repubblicana e contestare che l Italia postfascista potesse riconoscersi nell eredità e nei valori della Resistenza, era già ben presente nei primi anni del dopoguerra, prima di diventare una pietra miliare dell anti antifascismo e della campagna bipartisan per la ricomposizione di una memoria condivisa come fondamento necessario dell identità nazionale. Così come, sotto la coltre dell ipocrisia ufficiale e del riconoscimento formale della democrazia antifascista, si sarebbe mantenuto il filo conduttore di un ambigua equidistanza, che ha consentito ai giorni nostri a un presidente del Consiglio in carica di disertare sistematicamente e ostentatamente per cinque anni le manifestazioni ufficiali per il 25 Aprile. Sul versante opposto di questa sotterranea erosione del ruolo della Resistenza e dell attacco portato apertamente al contributo militare e agli stessi diritti costituzionali dei partigiani si colloca l attività di Solidarietà democratica, alla quale concorrono associazioni, gruppi di cittadini, professionisti, studiosi e personalità di primo piano della politica e dell intellettualità di sinistra, come Terracini, Basso, Calamandrei. Colpisce la capacità di coinvolgimento e di mobilitazione dell associazione, che va al di là del lavoro di difesa legale dei partigiani e degli antifascisti, per sollecitare la risposta politica dell opinione pub-

8 10 Prefazione blica democratica nel Parlamento e nel paese. Ma ancor più colpisce il carattere difensivo e puramente garantista delle sue richieste, che, pur nella loro essenzialità, non riescono a superare il muro del rifiuto politico e del formalismo giuridico. Così, ancora nella seconda legislatura repubblicana, i provvedimenti legislativi presentati si limitavano alla concessione di amnistia e indulto per i reati commessi durante la guerra di liberazione e per quelli politici successivi, ma, a parte alcuni riconoscimenti, non solo non si ottenne una sanatoria generale per i partigiani già incarcerati, ma si assistette ancora per anni a uno stillicidio di condanne, anche per gli stessi episodi, compresi nuovamente i delitti del «triangolo della morte», per i quali erano stati imbastiti i processi del dopoguerra. Tanto che persino dopo la vicenda Tambroni, pur nel nuovo clima di mobilitazione antifascista che si diffondeva nel paese, si tornò a sollecitare una nuova e generalizzata amnistia, che chiudesse definitivamente venti anni di persecuzioni contro i partigiani e di misconoscimento della Resistenza. Il quadro contenuto in queste pagine, oltre a richiamare all attenzione vicende importanti e condizionanti della fase di impianto e di costruzione della democrazia repubblicana, sollecita una riflessione più ampia sui vuoti di memoria, reali o strumentali, che caratterizzano sempre più largamente l opinione corrente nel nostro paese. La storia come ricostruzione documentata di eventi e disciplina di forte ispirazione civile appare sempre più confinata in una posizione marginale, sommersa dal fragore mediatico e dalle strumentalizzazioni dettate dal dibattito politico. La storia del fascismo e quella della Resistenza, per ragioni facilmente comprensibili, sono fra le più esposte a un processo di riscrittura sostanzialmente estraneo allo statuto della disciplina. È merito non secondario di questo saggio aver riproposto problematiche cancellate dalla memoria o distorte dalle polemiche dell oggi su un solido fondamento di ricerca, aspetto probabilmente irrilevante per le contrapposizioni ideologiche, ma che è premessa ineliminabile di qualsiasi progresso della conoscenza storica. Mario G. Rossi

9 Premessa Nell ambito degli studi storici sulla Resistenza italiana la ricerca degli ultimi decenni 1 ha soffermato sempre più la sua attenzione sul tema del mancato riconoscimento giuridico della guerra di liberazione e dei suoi protagonisti nell Italia postbellica. Il dibattito sull eredità storica e morale della guerra partigiana, diretta conseguenza della crisi politica e culturale attraversata dal paese fin dai primi anni Novanta, si è in particolare soffermato sugli effetti della giustizia penale 2 e dei modelli legislativi, relativi ai riconoscimenti morali ed economici pro patrioti 3, del secondo dopoguerra. Attraverso un attento esame dei procedimenti penali intentati dall autorità giudiziaria ordinaria dopo la liberazione, per fatti commessi da partigiani sia durante la lotta di liberazione che nel periodo insurrezionale, è stato possibile comprendere, secondo nuovi modelli interpretativi, i mutamenti avvenuti nel processo di transizione dalla dittatura alla democrazia, nell ottica della continuità dello Stato. Secondo le più recenti interpretazioni storiografiche, infatti, «i processi contro i partigiani dopo il 1945 [sarebbero] una prova indicativa della forza re- 1 Vedi le ormai note pubblicazioni di A.M. POLITI, Una fonte sui processi contro i partigiani: gli archivi degli avvocati difensori, in «Rivista di storia contemporanea», n. 2, 1990, pp ; A.M. POLITI, L. ALESSANDRINI, I partigiani emiliani dalla liberazione ai processi del dopoguerra, in Guerra, Resistenza, dopoguerra. Storiografia e polemiche recenti, Istituto Storico Provinciale di Bologna, Bologna 1991, pp ; ID., Nuove fonti sui processi contro i partigiani Contesto storico e organizzazione della difesa, in «Italia contemporanea», n. 178, 1990, pp Cfr. G. NEPPI MODONA, Il problema della continuità dell amministrazione della giustizia dopo la caduta del fascismo, in Giustizia penale e guerra di liberazione, a cura di G. Neppi Modona, Franco Angeli, Milano 1984, pp ; G. NEPPI MODONA, La giustizia in Italia tra fascismo e democrazia, in La grande cesura. La memoria della guerra e della Resistenza nella vita europea del dopoguerra, a cura di G. Miccoli, G. Neppi Modona, P. Pombeni, Il Mulino, Bologna 2001, pp Cfr. P. DOGLIANI, La memoria della guerra nell associazionismo post resistenziale, ivi, pp Vedi anche P. DOGLIANI, Associazionismo resistenziale nel primo decennio della Repubblica: politiche ed insediamenti di una memoria, in «Memoria e Ricerca», n. 10,

10 12 Premessa sidua rimasta ai fascisti e ai funzionari collaborazionisti all interno dell amministrazione statale» 4. Nicola Tranfaglia notava del resto come tali giudizi avessero influito in senso conservatore, fin dall immediato secondo dopoguerra, sia sull assetto sia sull evoluzione della società italiana. Non solo a causa della permanenza «di una legislazione ordinaria emanata in buona parte durante la vicenda ventennale dell autoritarismo fascista ma anche di una magistratura che, soprattutto a livello di Consiglieri di Corte d appello e di Cassazione» aveva «percorso tutta o gran parte della sua carriera all interno dell esperienza dittatoriale» 5. Si consideri inoltre che attraverso l esame delle tipologie e delle soggettività dei singoli partigiani imputati è stato possibile approfondire alcuni aspetti della storia della Resistenza ed inquadrare meglio le azioni legate al contesto bellico della guerra di liberazione. Il materiale processuale relativo agli ex volontari della libertà ha infatti consentito di tracciare dei profili di massima dei partigiani in modo da delinearne alcune tipologie, utili per inquadrare storicamente il fenomeno resistenziale. Si sono così potute comprendere meglio le scelte del partigianato smobilitato, come quella di coloro che, non riuscendo a percepire nell insurrezione e nella smobilitazione la fine della guerra, continuarono a comportarsi secondo la logica del conflitto, infliggendo la morte al nemico politico o di classe, ben oltre la fine ufficiale delle ostilità 6. I processi illustrano anche per quali motivazioni psicologiche e materiali, molti ex patrioti non riuscirono ad inserirsi e ad adeguarsi alla vita civile, rifiutando di lasciare le armi per tornare a confrontarsi con 4 L. KLINKHAMMER, Le strategie tedesche di occupazione e la popolazione civile, in Guerra, guerra di liberazione, guerra civile, a cura di M. Legnani, F. Vendramini, Franco Angeli, Milano 1990, p N. TRANFAGLIA, La magistratura nell Italia repubblicana. Alcune riflessioni, in I giudici dalla Resistenza allo Stato democratico, Atti del convegno dell Istituto storico della Resistenza di Cuneo e Provincia, 26 ottobre 1985, L Artistica, Savigliano 1986, p Nel triangolo Bologna, Modena, Reggio Emilia gli omicidi perseguiti furono complessivamente 242, di cui 57 compiuti dopo il 31 luglio 1945, termine ultimo per la concessione dell amnistia per i reati politici; rispettivamente nel Bolognese 104 e 24, nel Modenese 114 e 26, nel Reggiano 24 e 7, cui vanno aggiunte 7 vittime di incerta data. Cfr. A. M. POLITI, L. ALESSANDRINI, I partigiani emiliani dalla Liberazione ai processi del dopoguerra, in Guerra, Resistenza e dopoguerra cit., pp

11 Premessa 13 una realtà considerata amaramente deludente. È noto infatti che all origine della ripresa di forme di lotta violenta, soprattutto nelle regioni del Nord, nel periodo post insurrezionale, vi fosse stata una profonda esasperazione, dovuta alla lentezza e all inefficacia della giustizia ordinaria nell epurazione contro i criminali fascisti, per cui gli ex patrioti avevano deciso di infliggere per conto proprio una punizione esemplare al nemico, con il prelievo di prigionieri collaborazionisti dalle carceri e loro successiva eliminazione 7. 7 In Emilia Romagna i casi più cruenti avvengono a Ferrara il 10 giugno 1945, dove sono uccisi 17 detenuti accusati di collaborazionismo mentre a Carpi, il 15 giugno 1945 sono uccisi 14 di questi detenuti. L episodio destinato ad avere maggiori conseguenze giudiziarie fu, tuttavia, l eccidio delle carceri di Schio del 7 luglio 1945, nel quale rimasero uccisi 54 detenuti per collaborazionismo. In particolare per quest ultimo episodio cfr. S. MORGAN, Rappresaglie dopo la Resistenza. L eccidio di Schio tra guerra civile e guerra fredda, Mondadori, Milano 2002.

12 14 Premessa

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