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1 Introduzione Il grande interesse per l adozione non è di ieri. Il tema dell adozione, e dell adozione internazionale in particolare, è molto vasto. Per comprenderlo in tutta la sua complessità bisogna capire il fenomeno dell abbandono. Solo il 5% dei bambini abbandonati potranno venire adottati. Attraverso un viaggio nel tempo e nello spazio proviamo a esplorare i legami tra i due poli dell abbandono e dell adozione e il modo in cui influenzano la salute del bambino e la sua vita. Nei primi due capitoli, parleremo dell abbandono e dell adozione. Nel terzo diventeremo antropologi per determinare il profilo delle famiglie adottive. I capitoli 4 e 5 descrivono l essenza del processo d adozione dalla valutazione psicosociale fino all ambulatorio del medico. Nei capitoli 6, 7, 8, 9 e 10 vedremo più in dettaglio gli aspetti dell alimentazione, della crescita, delle infezioni, dello sviluppo e delle particolarità etniche del bambino adottato. Il capitolo 11 affronta le sfide quotidiane dell adattamento. Il capitolo 12 è un male necessario in cui si parla dei problemi di sviluppo; non interessa tutti i genitori, ma purtroppo è inevitabile. Poi il tempo passa e viene il momento della scuola dell infanzia, della scuola elementare e del capitolo 13 che risponde ad alcune questioni su questo argomento. Il capitolo 14 parla dell identità del bambino e dell adolescente. E infine, c è un mezzo capitolo che parla del futuro da costruire con il vostro bambino. Questo libro fa appello alla scienza e a un umanità necessaria a occuparsi di bambini e adolescenti in una prospettiva multidisciplinare. È stato ispirato dalle migliaia di bambini che abbiamo incontrato nel corso della nostra carriera. È fatto per i molti genitori che si pongono domande a cui non sanno dare risposta. È stato anche pensato per gli 17

2 operatori sociali, troppo spesso isolati di fronte alle domande e al disagio delle famiglie. Infine, è stato immaginato per noi stessi, per poter condividere ciò in cui crediamo. 18

3 Antropologia dell adozione La società occidentale, sostenuta dalla ricerca scientifica sulla genetica, dà particolare importanza ai legami di sangue. Ma estendere questo principio alle altre culture significherebbe peccare di etnocentrismo. J.V. DE MONLÉON L adozione è un gesto d amore fondato sui valori e sulle credenze di ciascuna cultura. Alcuni antropologi arrivano a dire che si tratta di un gesto il cui valore è esclusivamente culturale. La pratica dell adozione esiste da sempre in moltissime culture. In molte tribù africane, per esempio presso i Maori in Polinesia e tra gli Inuit in Canada, il bambino è un gioiello condiviso da una famiglia allargata. In Africa il bambino già dal momento della sua concezione appartiene alla comunità. In un seminario organizzato da Infanzia e Famiglie, la più grande associazione di adottanti in Francia, i partecipanti rilevavano che la tradizione dell accoglienza, che permette ai figli di circolare da una famiglia all altra, contribuisce a ridurre il numero di bambini abbandonati nella maggior parte dei Paesi africani. Dal punto di vista di un africano, l adozione non è considerata qualcosa di colpevole, anzi: più bambini ci sono, più si è rispettati. La Kafala: una tutela legale Alcuni Paesi ignorano semplicemente la pratica dell adozione, senza peraltro proibirla. È il caso del Ciad e della Mongolia. Invece l Algeria, la Mauritania, il Pakistan, il Marocco e molti altri Stati islamici proibiscono l adozione. Questa proibizione si basa sull interpretazione di due versi del capitolo XXXIII del Corano: «Dio non mette due cuori in un solo uomo [ ] così come non fa diventare figli vostri coloro che avete adottato». C è da dire che la Tunisia e l Indonesia interpretano questi versi diversamente. In ogni caso, nei Paesi musulmani esiste l istituto della Kafala, una forma di tutela legale che pur non riconoscendo il bambino adottato come un figlio, garantisce comunque il suo benessere e il suo diritto di successione. 34

4 L adozione in Cina Anche se se ne parla poco, la Cina incoraggia l adozione dei bambini cinesi sia per permettere la trasmissione dei beni, sia per tramandare il culto degli avi. Un antropologa francese, Karina Hinano Guérin, ha studiato la pratica dell adozione in Cina nella famiglia tradizionale. Il suo lavoro ci mostra che la famiglia tradizionale cinese si fonda sul culto degli avi piuttosto che sui legami di sangue poiché la morte non interrompe la linea genealogica, che però si trasmette solo per via maschile. Quindi, una figlia non può ereditare, ma un figlio sì. Le famiglie che non hanno figli maschi allora ricorrono a varie soluzioni per assicurare la sopravvivenza della famiglia. Quelle più ricche accolgono una concubina, ma la rivalità tra mogli e concubine e la pratica dell infanticidio delle figlie femmine fanno sì che trovare una concubina non sia così facile. Consideriamo che in Cina ci sono 108 uomini ogni 100 donne! L altra soluzione è quella di adottare un figlio, per esempio qualcuno che appartiene alla stessa stirpe in linea diretta o acquisita. Ma è proibito adottare un estraneo, quindi per il momento non avremo l occasione di vedere coppie cinesi venire in occidente per adottare bambini bianchi L adozione in India Nella comunità indù dell India, proprio come in Cina, le bambine sono sempre state considerate come un fardello per le famiglie. Tuttavia, sempre di più si assiste in India all adozione di bambine. Dato che vengono abbandonate a migliaia, sono spesso prese in adozione da famiglie indiane in India e anche dalla comunità indiana internazionale, per esempio in Ontario nel Canada. Come osservava Monsignor Rask Kapoor nel corso del seminario di cui parlavamo in precedenza, secondo la concezione indiana importa poco in quale Paese sia allevato un bambino, poiché ogni uomo è cittadino del mondo e ciò che conta è che sia attaccato alla sua famiglia e che cresca nell integrità morale. Come diceva Monsignor Rask Kapoor, «i nostri figli non sono nostri, ma sono figli della vita». Difficile immaginare una riflessione più adatta per iniziare a pensare un antropologia universale dell adozione internazionale. 35

5 UN COWBOY IN QUÉBEC Una volta un uomo di quarant anni, con i capelli castani, tarchiato e sorridente, con un paio di stivali di coccodrillo, una camicia a frange come se fosse appena uscito da un episodio di «Dallas» passeggiava in rue St-Jean in Québec. Lo si vede tirare fuori con orgoglio un album di fotografie e ce ne sono alcune che lo mostrano mentre stringe la mano a Bill Clinton durante una campagna elettorale. Poi si volta a guardare i passanti e con un forte accento del sud degli Stati Uniti dice con emozione: «For the first time in my life, I look as everybody else. Back home, everybody I know is blond, tall and has blue eyes. I always felt like a misfit» («Per la prima volta in vita mia sono come tutti gli altri, mentre invece a casa tutti sono biondi e hanno gli occhi azzurri: mi sono sempre sentito diverso»). Sì, Bob è americano perché è stato adottato da una coppia di origine irlandese che era venuta in Québec nel 1958 per adottare un bambino bianco e cattolico. Poiché la madre biologica non aveva voluto rivelare la sua identità, Bob era venuto almeno per vedere il suo luogo di nascita. Ripartirà emotivamente più maturo. Cuore di cowboy! Demografia dell adozione I genitori del Québec vanno a cercare i loro bambini nel terzo mondo. LA PRESSE CANADIENNE Nel corso degli anni Cinquanta, Sessanta e perfino Settanta, centinaia di bambini canadesi nati da madri nubili, i cosiddetti «bambini del peccato», sono stati adottati negli Stati Uniti, in Portorico, in Venezuela e perfino in Francia. Oggi la disponibilità di bambini per l adozione internazionale nei Paesi d origine dipende dal tasso di natalità, dalla mortalità infantile, dalla contingenza economica, dalle leggi del luogo e dalla disponibilità o meno di genitori adottivi locali. Per contro, la disponibilità di genitori adottivi nei Paesi d arrivo dipende dal calo del tasso di natalità, dalla crescita di quello di infertilità e dalla misura delle difficoltà legali e amministrative legate all adozione che possono essere più o meno semplificate dai vari organismi che regolano il processo d adozione. Ogni anno si portano a termine adozioni internazionali negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna, quasi in 36

6 Svezia e in Canada di cui quasi solo in Québec. Tra vent anni i bambini adottati abitanti negli Stati Uniti saranno e altrettanti saranno i genitori adottivi. D altra parte, in Inghilterra e in Germania ci sono poche centinaia di casi di adozione internazionale all anno. Mentre invece cominciano a verificarsi casi di adozione internazionale tra Paesi asiatici, per esempio in Malesia con bambini provenienti dalla Thailandia. In America del nord, le adozioni sono realizzate soprattutto in Cina, in Corea, in Russia, in India, a Haiti, in Romania, in Guatemala, in Vietnam, in Colombia e in una cinquantina di altri Paesi. In Europa occidentale, a questi Paesi si aggiungono anche il Madagascar, l Etiopia, il Brasile e alcuni Paesi dell Oceania. Mentre la Francia preferisce adottare maschi (più del 50% dei casi), in Canada tre quarti degli adottati sono femmine. La metà dei bambini ha meno di un anno e un quarto ne ha più di due. In effetti, la tendenza ad adottare bambini più grandi è in crescita in tutta l America del nord. Etica dell adozione Ricordati che tuo figlio non è tuo figlio, ma il figlio del suo tempo. ATTRIBUITO A CONFUCIO Prendere la decisione di adottare un bambino non è uno scherzo. I migliori genitori ve lo confermeranno: non si tratta di un gesto ordinario fatto per stare al passo con l ultima moda. Adottare significa decidere di accogliere un bambino con l intenzione di fondare una famiglia, non come soluzione di ripiego o di emergenza. Qualche volta, le ragioni che hanno portato alla decisione si perdono tra i documenti di immigrazione, il certificato di salute, il contratto con l agenzia o l organizzazione che gestisce il processo d adozione. Queste ragioni, però sono la base fondamentale per garantire la riuscita dell impresa. In questi ultimi anni in Québec e altrove una serie di cambiamenti legali e organizzativi hanno reso un po più facile l adozione internazionale. Così molte coppie non fertili o non tradizionali hanno avuto l opportunità di accedere all adozione. Adottare in piena guerra civile in America centrale, o negli anni successivi alla partenza dell ultimo elicottero da Saigon, richiedeva una volontà di ferro e una grande maturità da 37

7 parte degli adottanti. Oggi le procedure sono orchestrate su larga scala e di conseguenza i genitori che vogliono adottare, nonostante le loro attese legittime e le loro reali sofferenze, non si prendono sempre il tempo per riflettere bene sul significato del gesto che stanno per compiere. Ciò non significa che siano meno qualificati o competenti, però è facile che si comportino come dei consumatori che esaminano attentamente la merce prima dell acquisto. Spesso le considerazioni finanziarie prendono il sopravvento su tutto il resto. L adozione è un processo collettivo i cui aspetti amministrativi, legali, medici e psicosociali non sono lì semplicemente per fare imbestialire gli adottanti, ma per mediare tra le attese degli uni e le esigenze degli altri. I genitori adottanti sono le figure chiave di uno scenario molto complesso, ma il loro sincero desiderio di un bambino, per quanto normale e legittimo, non potrà essere il solo fattore da considerare nel momento in cui decidono per l adozione. È proprio per la poca importanza generalmente accordata alla riflessione sui valori che sottendono il gesto dell adozione che i futuri genitori vanno spesso incontro a frustrazioni inutili. Parleremo adesso di alcuni valori fondamentali che genitori, operatori professionali e sociali devono condividere per collaborare in armonia. Proteggere l interesse del più debole: il bambino In primo luogo, il bambino ha il diritto di stare con i suoi genitori biologici e nel suo Paese d origine. Quindi, si dovrebbe fare l impossibile per tenere il bambino nel suo ambiente e con la sua famiglia biologica perché possa essere allevato nella sua lingua e cultura. Quel che è successo recentemente negli Stati Uniti: il caso di un adozione internazionale di due gemelli da parte di due famiglie concorrenti, una negli Stati Uniti e l altra in Inghilterra, non avrebbe mai potuto verificarsi se gli americani si fossero attenuti a questo principio. Evidentemente nel Paese dello zio Sam i trattati internazionali cedono il passo a interessi a torto considerati superiori. Quando un bambino si trova in una situazione di abbandono, ricordiamo che è nel suo interesse (l interesse del più debole) trovargli una famiglia permanente, preferibilmente nel suo Paese d origine e successivamente nella comunità internazionale. In questa maniera, il 38

8 processo di adozione è subordinato alle necessità del bambino perché verranno presi in considerazione i suoi bisogni intellettuali, morali, affettivi e fisici oltre che la sua età, il suo stato di salute, il suo carattere il suo ambiente di provenienza. In questo modo ci si assicura di trovare una famiglia per un bambino, non un bambino per una famiglia. Oggi questo principio è riconosciuto da tutti, anche se non è sempre applicato. È a partire da questo principio che in molti Paesi sono state scritte le leggi che garantiscono la protezione dell infanzia. In concreto, questo significa che i desideri e le convinzioni dei genitori adottanti, per quanto sinceri e ben intenzionati, saranno sempre subordinati ai bisogni del bambino abbandonato. Nell ambito dell adozione internazionale sarebbe facile scordarsi di questo principio e ricorrere a pratiche poco etiche. Per esempio: non sarebbe forse nell interesse del bambino vivere in un Paese più ricco? Oppure con dei genitori agiati e con un alto livello di istruzione, che potranno offrigli dei privilegi impossibili ai genitori biologici? Queste ragioni sono spesso state fatte valere dai genitori adottanti per persuadere i genitori biologici. Di conseguenza si sono verificate delle circostanze deprecabili, per esempio l ordinazione di bambini «su misura» in Guatemala, oppure i circuiti di rivenditori di bambini in Romania, e altri scandali di questo tipo che hanno contribuito a dare una cattiva reputazione all adozione internazionale. BAMBINI SENZA DOCUMENTI E BAMBINI CON DOCUMENTI FALSI Da molti giorni in un orfanotrofio della Cambogia, una volontaria di un organizzazione per l adozione attende certi documenti per completare il dossier di alcuni bambini destinati a delle famiglie in Québec. D improvviso un adottante dalle maniere piuttosto colonialiste si presenta bellicosamente all orfanotrofio brandendo vari documenti firmati e timbrati «lo stesso giorno», dice lui. Incuriosita, la volontaria si avvicina e dice: «Sono certificati di affidamento?» «Sì,» risponde l uomo. «Ma gli uffici sono tutti chiusi oggi!» Allora l uomo replica in modo altero: «Signora, non si può essere ingenui e accettare di aspettare qui per giorni e giorni, come fate voi. È già tanto se qui riescono a stampare qualche centinaio di biglietti verdi e delle promesse di garanzia per l immigrazione in Occidente! Poco importa che sia legale; in ogni modo questo bambino vivrà molto meglio nella civiltà che in questo fottuto Paese». 39

9 La volontaria rossa di collera risponde: «Signore, compiango questo bambino, se questo è il modo in cui Lei intende trattare i suoi connazionali e se questo è quel che Lei pensa del suo Paese d origine». È il bambino ad avere diritto a una famiglia, non il contrario Non parliamo di diritto, ma di privilegio di accogliere un bambino. Questa idea spesso urta profondamente i futuri genitori che si sentono discriminati rispetto ai genitori biologici. Nel loro dolore e nel loro desiderio di fondare una famiglia, talvolta reclamano un bambino come se fosse un loro diritto. Ma nel processo di adozione bisogna soprattutto tenere conto dei diritti, dei bisogni e degli interessi dei bambini, considerando allo stesso tempo anche le responsabilità dei genitori adottivi e di quelli biologici. Adottare, come amare, tende a essere un atto egoista e altruista allo stesso tempo poiché proviene sia dal desiderio di avere un bambino, che da quello di poter donare a un bambino. Sono quindi necessarie delle precauzioni perché il desiderio di avere un figlio non si trasformi nella ricerca di un bambino a tutti i costi, con tutte le conseguenze patologiche che questo comporta. In America latina sono stati praticati dei parti cesarei forzati sulle madri per poter garantire la fornitura di bestie umane ai loro parenti adottivi. Una filiazione ottenuta con la forza è insensata: è già la cronaca di una piccola morte annunciata. Il diritto del bambino a conoscere le sue origini La conoscenza delle proprie origini e, idealmente, l amore per esse sono elementi indispensabili per costruire un identità positiva basata sulla stima di sé. Il bambino ha il diritto di conoscere il suo Paese, la sua cultura e la sua storia per quanto doloroso ciò possa rivelarsi. La ricerca delle origini non ha lo stesso significato per tutti. Alcuni sentono il bisogno di imbarcarsi in questa ricerca molto presto e con grande intensità. Altri no, per paura di cosa potranno trovare, oppure solo perché non attribuiscono alla questione nessuna importanza. Questo bisogno di sapere viene troppo spesso interpretato dai genitori adottivi come un segno del loro fallimento. Cominciano allora a pensare di non essere stati capaci di sanare le infelicità passate e di stare per perdere la relazione privilegiata che hanno con il loro 40

10 bambino. Altri genitori si preoccupano che la ricerca delle proprie origini possa causare maggiori sofferenze. E infine, molti genitori adottivi non si rendono conto di dover fare un lavoro su se stessi, cioè sulla propria capacità di accogliere il bambino con tutto il suo passato e le conseguenze che esso comporta. Rispettare profondamente il diritto del bambino a conoscere le proprie origini da parte dei genitori adottivi può voler dire considerare i genitori biologici come facenti parte della propria famiglia. Non è comunque possibile eliminare questi fantasmi dalla vita del bambino: ignorare quella parte della sua storia significherebbe tagliare le sue radici e amputare la sua identità. Alcuni genitori eludono la questione credendo che non pensarci farà scomparire la cosa e risparmierà molta sofferenza a loro e al bambino. LA MEMORIA SCRITTA SULLA PELLE In occasione del colloquio preparatorio per l incontro con la madre biologica, Nathalie, 29 anni, spiega i suoi motivi all assistente sociale. Dice: «Non è che io voglia stabilire una relazione affettiva con la mia madre biologica, voglio semplicemente comprendere la mia storia. Vorrei comprendere la ragione di certi sogni, o meglio, incubi. Fin da quando ero piccola, sogno che sono da sola sulla scalinata della scuola, o sulle scale della chiesa, oppure all entrata di un negozio e aspetto. Non so chi o che cosa io aspetti, e perché, ma in ogni modo nessuno viene mai a prendermi». La settimana seguente ha luogo l incontro. Una donna nervosa e febbrile, che dimostra molto di più dei suoi 47 anni, entra, si siede e si mette a parlare molto in fretta con fiotti di parole che salgono dal profondo e che premono, nel tentativo di spiegare e di giustificare: «Vedi, Silvie, io avrei voluto tenerti, ma avevo solo 18 anni e poi non avevo lavoro e abitavo in campagna. Allora ti ho affidata all opera della Misericordia, ma venivo a vederti tutte le domeniche. La suora del nido lasciava che ti cullassi e ti baciassi e poi ti promettevo sempre di venire il giorno dopo. Ma dopo tre mesi non avevo più soldi e poi quando sono tornata qualche settimana più tardi, tu eri stata adottata. Allora ho pianto e pianto, perdonami, perdonami». Sotto choc e senza parole, Nathalie si mette a guardare alternativamente la sua madre biologica e l assistente sociale dicendo: «Ma non è possibile, avevo solo tre mesi solo tre mesi». L assistente la guarda e le dice con dolcezza: «Sì, Nathalie, è possibile». 41

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