Azionamenti dei sistemi meccanici

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1 Azionamenti dei sistemi meccanici Appunti delle Lezioni - rev. 1.1 Paolo Righettini, Roberto Strada Università di Bergamo A.A

2 2 Typeset in L A TEX Proprietà letteraria riservata

3 Indice Prefazione 6 1 La generazione ed il controllo del movimento delle macchine Introduzione Le macchine automatiche Struttura Tipi di azionamento Attuatori pneumatici Attuatori idraulici Attuatori elettrici Attuatori per movimenti rotativi Attuatori per movimenti lineari Tipologia dei comandi degli azionamenti Classificazione dei movimenti Il diagramma delle alzate Caratterizzazione di motore e carico Il problema termico dei motori Convertitori statici Campi di funzionamento caratteristici del carico e del motore Introduzione Il luogo dei carichi Campo di funzionamento dei motori elettrici Accoppiamento motore carico Il rapporto di trasmissione Introduzione Equilibri Moto di regime Comportamento dinamico motore carico Scelta del rapporto di trasmissione e del motore Introduzione Adattamento statico del motore al carico Adattamento dinamico Il motore in corrente continua Introduzione Leggi fondamentali Principio di funzionamento Avvolgimento di rotore Modello elettrico Dissipazioni per effetto Joule Eccitazione parallelo Eccitazione serie

4 4 INDICE 4.5 A magneti permanenti Tipi di magneti permanenti Comportamento dinamico del motore CC Azionamenti elettronici PWM Azionamenti elettronici di potenza I chopper Chopper a più quadranti A due quadranti A quattro quadranti Considerazioni Il Motore passo passo Introduzione Principio di funzionamento Tipologie di motori passo Motore passo a magneti permanenti (PM) Motore passo a riluttanza variabile (VR) Motore passo ibrido (HY) Comportamento meccanico La caratteristica statica La curva di pull-out Comportamento sul singolo passo La curva di pull-in Correzione del modello Curva caratteristica in funzionamento two phases on Il pilotaggio dei motori passo Driver unipolari Driver bipolari Il controllo della corrente Principio di generazione della coppia Oleoidraulica Introduzione L impiego di azionamenti idraulici Principio di funzionamento Fluidi oleoidraulici Il problema termico La generazione dell energia Le pompe volumetriche ideali Le pompe volumetriche reali Tipi di pompe volumetriche Criteri di scelta della pompa Gli accumulatori oleoidraulici Valvole Valvole di controllo della pressione Valvole di regolazione della portata Distributori Attuatori Attuatori ideali Attuatori reali Tipi di motori idraulici Le trasmissioni idrostatiche Trasmissioni idrostatiche a circuito aperto Trasmissioni idrostatiche a circuito chiuso

5 INDICE La tecnica proporzionale Controllo della velocità

6 6 INDICE Prefazione Questa dispensa è la raccolta di una parte degli appunti delle lezioni dell insegnamento Meccanica degli Azionamenti, tenute nell anno accademico 2010/11 dal prof. Paolo Righettini, coadiuvato dal prof. Roberto Strada. Paolo Righettini è Professore presso l Univarsità di Bergamo, si occupa di meccatronica, di sistemi multibody, di sintesi e analisi dinamica di meccanismi complessi, di lubrificazione a gas. Roberto Strada è Professore presso l Università di Bergamo, si occupa di automazione industriale ed in particolare di sistemi di azionamento oleoidraulici controllati. Bergamo, 25 Maggio Gli Autori

7 Capitolo 1 La generazione ed il controllo del movimento delle macchine 1.1 Introduzione In questo corso vengono trattati le problematiche di automatizzazione dell industria manifatturiera in cui si hanno cicli di lavoro discontinui, che ben si discostano da quelle dell industria di processo in cui i cicli di lavoro sono di tipo continuo (si pensi all industria chimica, petrolifera, ecc.). L automatizzazione di un ciclo di produzione è sempre richiesta per la riduzione dei costi di produzione. Tale obiettivo viene raggiunto con il processo di automatizzazione in quanto consente: - aumento della produttività - risparmio di mano d opera - più intensa utilizzazione degli impianti - necessità di garantire l uniformità e l elevata qualità dei prodotti inoltre consente di sostituire l uomo in operazioni disagevoli, nocive. Accanto a questi vantaggi si contrappongono i problemi delle maestranze come la riduzione di manodopera necessaria per la produzione, operazioni di lavoro per l asservimento delle macchine automatiche monotone. Il processo di automatizzazione richiede nella maggior parte dei casi la riprogettazione del prodotto in funzione dei processi di fabbricazione e del sistema automatico di produzione. Nella pratica, la scelta relativa ai mezzi di produzione e alla loro automazione non può dunque essere dissociata dal progetto e dall ottimizzazione dei prodotti da fabbricare. Le industrie manifatturiere realizzano processi a fabbricazione discontinua, i quali sono caratteristici nella produzione di pezzi o di oggetti in serie. La macchina produce a ogni ciclo lo stesso oggetto o lo stesso insieme di pezzi, e può operare singolarmente (macchine utensili, presse a iniezione, presse formatrici,...), oppure nell ambito di un gruppo (macchine di montaggio, di controllo, d imballaggio,...). Ogni macchina ripete lo stesso ciclo, realizzato con una sequenza di movimenti degli attuatori. I segnali, generalmente del tipo tutto o niente (logici), comandano gli attuatori, la maggior parte dei quali ha solo due posizioni funzionali. Le industrie manifatturiere sono rimaste a lungo artigianali, aumentano la propria competitività salendo la scala dei livelli di automazione del processo produttivo, i quali sono nell ordine: - posto di lavoro automatizzato, che aiuta l operaio nello svolgimento delle mansioni più gravose, per esempio le movimentazioni ripetitive o di pezzi pesanti - macchina semi-automatica, sulla quale l operatore deve ancora intervenire a ogni ciclo, per esempio per caricare o scaricare il pezzo -macchina automatica, il cui funzionamento è previsto senza l intervento dell operatore -macchina automatica-flessibile, che può adattarsi a più produzioni

8 8 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE -macchine automatiche interconnesse, che realizzano sullo stesso pezzo diverse lavorazioni -cella flessibile e fabbrica automatica, che sono ulteriori tappe verso un automazione completa e perfettamente integrata. La maggior parte delle industrie manifatturiere è ancora nella fase più bassa del processo di automazione. D altronde l esperienza mostra che per un impresa è pericoloso progredire troppo velocemente: solo un evoluzione graduale permette all impresa di controllare in misura adeguata l efficacia e le conseguenze dell automazione introdotta, consentendo inoltre di far evolvere parallelamente i processi e i prodotti. Spesso c è anche un limite economico che non consente di dilatare troppo il tempo che intercorre fra l investimento e il suo recupero in termini monetari. Nei paesi più sviluppati la possibilità di variare il prodotto in lavorazione è un irrinunciabile esigenza che richiede l uso di automazione non rigida ma flessibile, qual è tutta l automazione di più recente sviluppo. L automazione flessibile di un impianto opera un salto di qualità rispetto a una struttura automatica rigida, e consente di perseguire i seguenti obiettivi: -produrre sulla stessa linea automatizzata più prodotti o sottoprodotti, con un utilizzazione maggiore delle risorse e l estensione delle tecniche di produzione automatica anche a prodotti non di grande serie -personalizzare i prodotti, lavorando anche lotti non numerosi e venendo incontro alle più ampie richieste del cliente -seguire nel tempo l evoluzione di un prodotto, grazie al fatto che la linea di produzione può crescere, svilupparsi e adattarsi a necessità di volta in volta diverse. L ultima proprietà è particolarmente importante, in quanto l evoluzione di un prodotto è fortemente condizionata da esigenze commerciali e di immagine che richiedono una continua ridiscussione e ripresentazione del prodotto stesso. Inoltre anche la variazione dei quantitativi da produrre può richiedere la modifica della linea di produzione, con l aggiunta o la soppressione di stazioni di lavorazione, o la variazione del livello di automazione impiegato. La linea deve pertanto assumere una struttura modulare flessibile. Nel seguito ci occuperemo solo delle problematiche inerenti l automazione flessibile nell industria manifatturiera, per la cui applicazione è richiesto un buon livello culturale e la presenza di personale esperto, la cui formazione necessita di un considerevole impegno in termini economici e di tempo. 1.2 Le macchine automatiche Struttura Normalmente le macchine destinate all automazione rigida realizzano i loro movimenti per mezzo di un albero a camme che ruota con continuità a velocità costante. Gli esempi più conosciuti di questo tipo di macchine sono i torni per troncatura, le macchine per l imbottigliamento, le macchine per cucire industriali, i telai per la tessitura, le macchine per intrecciare o per maglieria. Negli alberi a camme, il diagramma spostamenti-tempi di ogni movimento è interamente stabilito dalla forma delle camme, mentre con gli attuatori è più difficile imporre le accelerazioni e soprattutto le decelerazioni delle masse in movimento adattandole alle esigenze della macchina. Inoltre le camme consentono di coordinare tra loro i movimenti imposti, eliminando ogni tempo di attesa fra un comando e il successivo. Per queste ragioni, le macchine con camme sono più veloci di quelle con attuatori, ma presentano due tipi di problemi: a) richiedono meccanismi complessi per distribuire il movimento in differenti punti della macchina; b) sono rigide, e ciò limita le possibilità di modifica e di adattamento a costi accettabili. Per questi motivi l azionamento con camme è normalmente utilizzato in macchine destinate alla fabbricazione in serie di prodotti tutti identici fra loro e non suscettibili di future evoluzioni. Le moderne macchine per la produzione automatizzata invece sono in genere destinate a produrre i pezzi anche singolarmente o in piccoli lotti, e devono permettere una certa flessibilità per adattarsi a produzioni differenti. Sicuramente più lente delle macchine a camme, quelle ad attuatori rispondono a questi requisiti di adattabilità, versatilità e flessibilità. Infatti ogni macchina automatica flessibile è composta da due parti, una operativa, detta di potenza che comprende gli attuatori e gli elementi funzionali (dispositivi meccanici, utensili,..) che realizzano direttamente la lavorazione automatica e una parte di comando che coordina le azioni della parte di potenza, inviandole gli ordini di comando per il ciclo voluto, e ricevendone tutte le informazioni relative allo stato e alla posizione dei vari elementi. Il

9 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE 9 Tabella 1.1: caratteristiche delle diverse tecnologie di comando degli azionamenti Tipi di comando Criteri Elettrici Elettronici Pneumatici sicurezza di funzionamento degli elementi Insensibilià alle condizioni ambientali Molto sensibile alle condizioni ambientali (polvere, umidità, disturbi, vibrazioni). Lunga durata. tempo di risposta 10 ms 1 ms 1 ms velocità del segnale circa velocità della circa velocità della m/s luce luce distanze superabili praticamente illimitattate praticamente illimi- limitate ingombro piccolo minimo piccolo tipo prevalente di digitale digitale e analogica digitale elaborazione del segnale problema della ricerca nelle macchine della versatilità, per poterle modificare facilmente nella fase di messa a punto e negli sviluppi successivi, e della flessibilità, per poterle adattare a diverse produzioni, è di difficile soluzione nella parte di potenza, più che nella parte di comando. Nella parte di comando, dove la potenza in gioco è molto piccola, i cicli possono essere facilmente modificati in funzione del tipo di produzione. Nelle macchine con camme, invece, la parte di potenza e quella di comando non possono essere scisse, in quanto sia i movimenti sia il programma di ciclo sono realizzati negli stessi elementi meccanici. La separazione fra la parte di potenza e quella di comando rende flessibile l azionamento, ma può creare dei problemi in quanto non è detto che la parte di potenza segua rigidamente gli ordini inviati da quella di comando. Si può ripristinare una certa rigidità nel collegamento, senza perdere in flessibilità, attraverso un corretto uso delle eventuali informazioni di ritorno inviate dalla parte di potenza a quella di comando. La soluzione tecnologica con cui realizzare sia la parte di potenza sia quella di comando, deve essere scelta in modo da ottimizzare la funzionalità della macchina e soddisfare tutte le necessità richieste dal ciclo produttivo. Dal punto di vista tecnologico la parte di potenza può essere del tipo meccanico, elettrico, pneumatico o idraulico. Per quel che concerne le forme di energia degli elementi di comando, normalmente sono di tre tipi elettrica, elettronica o pneumatica, la loro scelta è compiuta sulla base dei seguenti criteri: sicurezza di lavoro degli elementi, sensibilità agli agenti esterni, facilità di manutenzione,tempo di risposta degli elementi, velocità del segnale, istruzione del personale di servizio e di manutenzione. La tabella 1.1 mette a confronto le caratteristiche delle tre tecnologie di comando principalmente utilizzate. La scelta degli azionamenti di una macchina è effettuata entro la gamma delle tecnologie disponibili ed è dettata dalla necessità di unificare le caratteristiche della macchina stessa. Si cerca, nella maggior parte dei casi, di ottenere macchine il più possibile omogenee, seppur suscettibili di evoluzione perché l impiego di numerose tecnologie differenti (idraulica, pneumatica, elettrica elettronica) rende difficoltose le operazioni di messa a punto, regolazione, riparazione, modifica, Questa ricerca di omogeneità, applicata ai gruppi di potenza, conduce a distinguere i seguenti tipi di macchine. Macchine ad azionamento meccanico Un motore elettrico (generalmente asincrono a gabbia) genera il moto rotatorio uniforme dell albero principale della macchina, che viene poi trasformato nei moti richiesti attraverso ingranaggi, camme e leve. La parte di comando (talvolta anch essa di tipo meccanico) provvede ad agganciare o sganciare le parti comandate tramite frizioni, freni, ganci, ecc.. Attualmente questo tipo di macchine sono sempre meno diffuse. Molti azionamenti meccanici vengono tuttavia usati negli altri tipi di macchine, normalmente per svolgere le funzioni meno impegnative dal punto di vista del comando. Macchine ad azionamento pneumatico Nei livelli più bassi dell automazione sono le più numerose. Infatti, gli attuatori pneumatici sono semplici

10 10 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE da utilizzare, offrono possibilità d impiego molto diverse e permettono una facile evoluzione della macchina. Tuttavia è frequente il caso in cui le macchine con attuatori pneumatici (essenzialmente cilindri) siano dotate anche di qualche motore elettrico, in particolare per generare moti rotativi continui (pompe, mandrini,...). Questo fatto però non complica gli interventi sulla macchina, in quanto tali motori non sono generalmente impiegati all interno del ciclo, né nelle regolazioni. Semplici regolazioni di tipo meccanico possono essere attuate facilmente con frizioni e freni elettromagnetici. Al contrario l introduzione di attuatori idraulici complica considerevolmente la macchina. Per questo motivo, prima di operare un aggiunta del genere vengono prese in considerazione tutte le possibilità offerte dagli azionamenti pneumatici particolari, come i cilindri pneumatici moltiplicatori di forza, i regolatori di velocità oleopneumatici. Macchine ad azionamento idraulico Quando si rende necessario un attuatore idraulico per soddisfare la richiesta di un forte carico o di una precisa regolazione della velocità, è necessario installare sulla macchina un gruppo idraulico (pompa, serbatoio,...), che in tal caso può essere sfruttato per rendere idraulici senza ulteriori investimenti anche gli altri attuatori, beneficiando così dei vantaggi offerti dall idraulica (compattezza, precisione, possibilità di lubrificazione forzata...). Si ottiene in tal modo una macchina ad azionamento idraulico. Le macchine ad azionamento elettrico sono quelle che attualmente riscuotono il maggior favore dei tecnici, anche perché la parte di potenza è omogenea con quella di comando, sono di facile configurazione e comando. 1.3 Tipi di azionamento Normalmente è detto azionamento il sistema costituito dai componenti impiegati per imprimere un movimento pilotato ad un organo meccanico (il carico). L azionamento è in primo luogo caratterizzato dalla natura dell elemento che, in funzione del segnale di comando (la cui potenza è normalmente trascurabile) agisce sul flusso della potenza destinata ad ottenere il moto richiesto: tale elemento in generale è detto Amplificatore di Potenza, e può essere per esempio una valvola pneumatica negli azionamenti pneumatici, un innesto a frizione negli azionamenti meccanici, un convertitore elettronico negli azionamenti elettrici, un cassetto di distribuzione negli azionamenti idraulici. Il segnale di comando può essere di natura differente da quella della grandezza comandata: ad es. in una elettrovalvola idraulica il segnale di comando è elettrico mentre la grandezza pilotata è una portata di olio. Può esservi inoltre necessità di elementi di interfaccia tra la parte di comando e quella di potenza, destinati a mutare la natura, o l intensità, del segnale di comando per adattarla a quella richiesta per poter agire sull amplificatore di potenza. L elemento terminale che utilizza la potenza fornita dall amplificatore per realizzare il movimento richiesto è detto attuatore. Gli attuatori possono essere lineari o rotativi, ed eventualmente occorrono meccanismi capaci di trasformare un moto rotatorio in moto rettilineo o viceversa, per adattarlo alla richiesta del carico. Normalmente gli attuatori lineari sono costituiti da cilindri pneumatici od idraulici, quelli rotativi da motori elettrici o idraulici (idromotori). La distinzione principale riguarda però la possibilità di ottenere una corsa illimitata o meno. Corse illimitate possono aversi con attuatori rotativi, principalmente di tipo elettrico o idraulico: essi possono raggiungere e mantenere stabilmente una condizione di funzionamento di regime, che ne caratterizza il funzionamento. Gli azionamenti possono essere anche classificati in base alla natura dei segnali che si scambiano la parte di comando e quella di potenza. Innanzitutto si distinguono il comando ad anello aperto ed il comando ad anello chiuso: nel primo caso i comandi inviati alla parte di potenza seguono una successione temporale preordinata (comandi temporizzati). Questo sistema può essere adottato quando i margini di incertezza sull effettiva rispondenza del comportamento degli attuatori (in termini di precisione e rapidità) sono tollerabili rispetto alle esigenze di un corretto funzionamento: nel caso in cui questi margini siano molto stretti, l unica possibilità per questo tipo di comando è fornita dagli azionamenti meccanici, per la loro intrinseca rigidezza. Il comando ad anello chiuso richiede invece informazioni di ritorno sull effettivo comportamento della macchina, sulla quale vanno installati appositi sensori che rivelano lo stato raggiunto. Questi sensori possono essere di vario tipo, e spesso emettono segnali di natura differente da quelli della parte di comando, per cui anche sulla linea di ritorno vi potrà essere necessità di elementi di interfacciamento. È ovviamente importante che questi sensori siano pronti e precisi, altrimenti possono indurre in errore la parte di comando. I segnali scambiati tra la parte di comando e quella di potenza possono essere di tipo discontinuo o di tipo continuo. Nel primo caso la parte di comando emette una successione di segnali logici che rappresentano gli stati che la parte di potenza deve via via raggiungere. Nel sistema ad anello aperto,

11 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE 11 tali comandi partono ad intervalli, prefissati in modo da consentire alla parte di potenza il raggiungimento dei successivi obbiettivi posti. Nel sistema ad anello chiuso, il comando è sequenziale, ed ogni comando parte solo quando gli appositi sensori segnalano il raggiungimento dell obbiettivo posto dal comando precedente. Nel caso di comando continuo, la parte di comando emette in continuazione dei segnali di natura sostanzialmente analogica che determinano istante per istante il moto degli attuatori. Se non ci sono sensori che forniscono segnali di ritorno, l anello è aperto e la parte di potenza segue i comandi solo se essi variano con sufficiente lentezza, mentre la precisione è influenzata da tutti le possibili azioni perturbanti (disturbi) che affliggono normalmente le parti dove fluisce la potenza. Se invece ci sono sensori che misurano istante per istante il comportamento degli attuatori, l anello è chiuso, il legame tra la parte di comando e quella di potenza è più stretto in quanto le azioni di comando tengono conto dell effettivo stato del carico: allora, con un adeguato proporzionamento di tutto il sistema, le variazioni del comando possono essere rapide e l effetto dei disturbi può essere ridotto o anche annullato. I sistemi a comando continuo in anello chiuso (sistemi retroazionati) pur essendo i più perfezionati, vengono di norma utilizzati solo dove effettivamente è necessario, in quanto sono i più costosi, i più difficili da mettere a punto ed appesantiscono notevolmente il colloquio tra la parte di potenza e quella di comando Attuatori pneumatici L attuatore pneumatico tipico è il cilindro. Questi attuatori riproducono in modo semplice tutte le azioni normalmente richieste in un ciclo produttivo automatizzato: spingere, tirare, sollevare, posizionare, accoppiare, serrare, punzonare, marcare, piegare, infilare, tagliare, fissare,... Per questi motivi i cilindri pneumatici sono molto diffusi nell industria manifatturiera dove è richiesta un automazione discontinua. Le pressioni utilizzate si aggirano intorno alle 4-6 atmosfere, in quanto a pressioni maggiori la comprimibilità dell aria abbassa troppo il rendimento dell azionamento Attuatori idraulici Più costosi e d impiego più complesso, gli azionamenti idraulici sono necessari nei casi in cui le prestazioni dei cilindri pneumatici non sono sufficienti. Inoltre, potendosi ritenere l olio incomprimibile, gli attuatori idraulici garantiscono movimenti regolari e controllabili con precisione. Per questa caratteristica possono essere impiegati per il posizionamento della testa di un robot, nell avanzamento preciso di un utensile di taglio. L impiego di attuatori idraulici richiede l installazione in ogni macchina di un gruppo costituito da una pompa e da un serbatoio, il cui costo non è trascurabile. Inoltre gli olii utilizzati sono agenti altamente inquinanti e quindi pericolosi per l ambiente. Questi sono i motivi per cui gli attuatori idraulici vengono utilizzati nell automazione industriale solo nei casi in cui gli altri tipi di azionamento non rispondono adeguatamente alle esigenze. Le pressioni dipendono dalla resistenza incontrata nel movimento; si tende a lavorare a pressioni molto elevate ( bar) Attuatori elettrici I motori elettrici vengono utilizzati sia nell automazione, sia nell azionamento degli organi di macchina in molti campi dell industria: - nei movimenti rotatori continui (pompe, mandrini,...), si utilizza il motore singolarmente; - nell automazione, si impiegano il più delle volte motori dotati di freno, così da arrestare rapidamente il movimento a fondo corsa: il freno agisce automaticamente sulla massa in rotazione nel momento in cui il motore viene staccato; - in applicazioni in cui è richiesta una velocità di funzionamento differente rispetto a quella fornita dai motori elettrici a velocità costante, i motori vengono accoppiati a riduttori di velocità disponibili in un ampia gamma di rapporti di trasmissione; - negli azionamenti meccanici, il motore è collegato direttamente alla rete per quel che concerne l alimentazione, mentre al carico è collegato mediante un gruppo freno-frizione o un variatore meccanico di velocità. Negli azionamenti elettrici si usano invece motori elettrici di vario tipo (a c.a., a c.c., passo, ecc.) comandati da appositi convertitori elettronici. La Tabella 2 mette a confronto le caratteristiche dei tre tipi di attuatori. Un ulteriore suddivisione degli attuatori può essere compiuta in base al tipo di movimento generato, ossia rotativo o lineare.

12 12 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE Figura 1.1: Campo d impiego dei vari tipi di attuatori in funzione della precisione Attuatori per movimenti rotativi I movimenti rotativi richiesti sulle macchine automatiche possono essere sia continui sia discontinui. Movimenti rotativi continui sono movimenti rotativi continuativi per tutto il tempo che la macchina è in funzione; è questo il caso delle pompe per vuoto, delle pompe di raffreddamento, dei nastri trasportatori, di certi mandrini per foratura, lucidatura o bobinatura. Per limitare il consumo di energia, nei movimenti rotativi continui vengono utilizzati soprattutto motori elettrici. Questi infatti hanno un rendimento elevato, pari circa a 0,9, e utilizzano direttamente l energia elettrica. Al contrario, i motori rotativi idraulici hanno un rendimento medio (da 0,4 a 0,6), e soprattutto utilizzano un energia ottenuta a partire dall energia elettrica, con un rendimento di trasformazione compreso fra 0,3 e 0,4. Movimenti rotativi discontinui Questi movimenti vengono in genere effettuati all interno del ciclo della macchina: in ogni ciclo vengono attivati, e quindi arrestati. Alcuni di questi movimenti rotativi devono avere due sensi di marcia, dei quali uno assicura il movimento di andata e l altro quello di ritorno. Per tali funzioni si utilizzano di preferenza: - motori idraulici, per coppie elevate erogate a bassa velocità; - motori elettrici con freno di arresto, in tutti gli altri casi. Figura 1.2: Campo d impiego dei vari tipi di attuatori in funzione del carico massimo

13 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE Attuatori per movimenti lineari La tecnica di azionamento per i movimenti lineari è scelta sulla base delle prestazioni volute. Questa scelta può essere schematizzata nel seguente modo: cilindri pneumatici: è la tecnologia più semplice da utilizzare sulle macchine, soprattutto per movimenti lineari; cilindri idraulici, nei seguenti casi particolari, forze elevate (presse,...); regolazione della velocità (avanzamento di taglio,...); posizionamento lungo la corsa; motori elettrici con trasformazione meccanica dei movimenti (vite-madrevite, pignone cremagliera,...). Rispetto ai motori elettrici, i cilindri presentano il prezioso vantaggio di arrestarsi a fine corsa senza richiedere il distacco dell alimentazione. Non è quindi necessario intervenire sull elemento di comando del cilindro. Gli attuatori lineari rappresentano una parte cospicua degli attuatori utilizzati nei sistemi automatici flessibili. Nell ottica di realizzare un sistema automatico flessibile, l attuatore lineare va considerato alla stregua di un componente modulare del quale è importante non tanto la sua realizzazione tecnologica, quanto le prestazioni ottenibili. Per quanto riguarda la realizzazione costruttiva, ricordiamo i seguenti tipi: Attuatori elettromeccanici: sono costituiti da un motore elettrico che aziona una catena cinematica di trasformazione del moto da rotatorio a lineare (sistema vite-madrevite, o rocchetto e dentiera). Fornito di un sistema di misurazione degli spostamenti, può essere un dispositivo estremamente preciso. Trova applicazione dove è richiesta un elevata precisione, dove la cadenza di lavoro è bassa, dove si hanno problemi di pulizia, dove la durata non è un fattore critico. Attuatori pneumatici: sono utilizzati in applicazioni ad alta cadenza di lavoro, dove è richiesto un comportamento digitale, o dove la precisione di posizionamento non è critica. La lunga durata e il costo contenuto sono altre caratteristiche di questi dispositivi. Attuatori oleodinamici: sono usati dove i carichi sono elevati, dove sono richieste elevate precisioni di posizionamento o movimenti molto lenti. Figura 1.3: Campo d impiego dei vari tipi di attuatori in funzione della cadenza di lavoro La definizione del campo d impiego va riferita sia al costo, sia soprattutto alle prestazioni. Con riferimento alle figure 1.2, 1.1 e 1.3, le aree racchiuse indicano i campi in cui è conveniente l uso dei vari tipi di attuatori. Gli attuatori pneumatici occupano una zona a basso costo, con carichi di lavoro contenuti o medi, bassa precisione di posizionamento e ampia fascia di variabilità della cadenza di lavoro. Gli attuatori oleodinamici hanno un alto costo, sono idonei per carichi elevati, e sono caratterizzati da media precisione e bassa cadenza di lavoro. I sistemi elettromeccanici occupano un posto intermedio per quel che concerne il costo, con una buona precisione e una bassa cadenza di lavoro. I sistemi meccanici per l automazione rigida, infine, comportano i costi più elevati, ma hanno una buona precisione e un alta cadenza di lavoro.

14 14 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE 1.4 Tipologia dei comandi degli azionamenti Come possono essere comandati gli azionamenti. Gli azionamenti elettronici sono comandati per mezzo di un segnale di tensione compreso fra 0 e 10 Volt se l azionamento presenta solo un verso di funzionamento, oppure fra ±10 Volt se l azionamento è bidirezionale. Utilizzando un segnale analogico per il comando dell azionamento è possibile far variare il suo comportamento con continuità. Comando manuale di velocità: il riferimento di velocità è regolabile manualmente dall operatore per mezzo di opportuni sistemi. Per i variatori meccanici di velocità si utilizza un apposito organo di comando, una manopola o una leva che modifica la posizione relativa di alcune parti che costituiscono il sistema; questo è l unico modo per agire su questi tipi di azionamenti. Per i variatori elettronici di velocità il comando manuale consiste in un potenziometro che permette di variare il segnale di riferimento fornito all azionamento, proporzionale alla velocità desiderata. Comando automatico di velocità ad anello aperto: il riferimento di velocità è generato da una parte di comando elettronica, generalmente basata su un microprocessore, come un PLC o un personal computer. L interfacciamento della parte digitale verso il segnale analogico di comando è affidata ad un convertitore DAC. Il numero di livelli che il segnale analogico può assumere in seguito alla conversione da digitale a analogica dipende dalle caratteristiche del DAC. I DAC in commercio possono avere risoluzioni di 256 (8 bit), 1024 (10 bit), 4096 (12 bit) punti. Lo scarto fra la velocità impostata e quella effettiva dipende dalle caratteristiche del carico e dell azionamento. Comando automatico di velocità ad anello chiuso: In questo caso il sistema deve essere equipaggiato con un trasduttore in grado produrre un segnale proporzionale alla velocità di rotazione del motore. Generalmente viene utilizzata una dinamo-tachimetrica. L anello di retroazione e il circuito di regolazione (filtro PID) fanno parte dell azionamento elettronico stesso. Comando automatico di posizione ad anello aperto: Questo tipo di comando viene ottenuto con dei motori passo passo e relativo azionamento elettronico. I comandi da impartire al motore passo devono essere cadenzati in quanto ad ogni comando corrisponde generalmente la rotazione di un passo del motore. Generalmente si utilizzano sistemi a microprocessore per generare le sequenza di comando. L effettiva posizione desiderata (numero di passi comandati) è garantita se il motore non ha perso il passo. Comando automatico di posizione ad anello chiuso: In questa configurazione il sistema deve essere dotato di un trasduttore in grado di segnalare la posizione attuale. Nelle versioni più semplici il motore viene spento quando si è in prossimità della posizione desiderata. In altri casi al sistema viene fatta seguire esattamente la traiettoria desiderata istante per istante. In questo caso il segnale applicato al sistema complessivo non è di velocità ma di posizione, questi sistemi vengono quindi chiamati azionamento elettronici di posizionamento o azionamento elettronici per comando d asse e sono caratterizzati da tempi di risposta ridotti. In queste applicazioni la condizione di regime con velocità costante praticamente non esiste, i motori che vengono utilizzati sono catalogati in funzione della massima coppia invece delle potenza, in quanto è questo parametro che deve essere disponibile in tutto il campo di funzionamento. 1.5 Classificazione dei movimenti Nel seguito indicheremo con movente quella parte del sistema che impone il moto, mentre con cedente quella parte del sistema che viene mossa dal movente e per il quale sono assegnate le specifiche di progetto. I movimenti che le varie parti di una macchina automatica possono avere sono di tipo uniforme o periodico, in cui tale termine è riferito alla velocità del movente. In particolare il movimento risulta periodico nel movimento solo se il moto è alternativo. Si possono avere moti intermittenti o moti continuativi a seconda che si abbiano o no moti di arresto. Si possono distinguere ulteriormente in moti alternativi e in moti progressivi se al termine del periodo di movimento il cedente assuma oppure no la posizione iniziale. I moti progressivi possono a loro volta suddividersi in unidirezionali o a passo di pellegrino a seconda che il vettore velocità mantenga costante il verso oppure no.

15 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE 15 Figura 1.4: Tipi di movimentazione: a) alternativo continuativo b) alternativo intermittente c) continuativo unidirezionale d) intermittente unidirezionale e) continuativo a passo di pellegrino f) intermittente a passo di pellegrino Il diagramma delle alzate Il diagramma delle alzate rappresenta il movimento del cedente in funzione del tempo. Il tipo di movimento richiesto al cedente è nella maggior parte dei casi la specifica di progetto richiesta, in funzione di essa si sceglierà il tipo di azionamento più idoneo. Nel caso in cui sia interessati solamente alla distanza fra il punto iniziale e finale del movimento, esistono infinite leggi di moto che sono in grado di realizzare lo spostamento richiesto. Con il termine legge di moto si intende la funzione accelerazione del movimento dal punto iniziale al punto finale. Fra tutte queste leggi di moto viene scelta quella più facile da realizzare dall azionamento o la più adatta al tipo di carico da muovere. In particolare è possibile evidenziare che brusche variazioni di accelerazioni possono provocare degli urti indesiderati da parte del carico. Si osservi che una volta fissata la forma della legge di moto (accelerazione) l alzata che si vuole realizzare può essere ottenuta moltiplicando per un opportuno valore (fattore di scala) la legge di moto iniziale, che per semplicità può essere stata calcolata per produrre un alzata unitaria. Figura 1.5: Tipi di leggi di moto Per comprendere l importanza della profilatura della legge di moto si pensi ad esempio alla movimentazione di sistemi flessibili in cui brusche variazioni di accelerazione, che si traducono in brusche variazioni di forze d inerzia, possono innescare delle vibrazioni indesiderate. Nella maggior parte dei casi si utilizzano delle leggi di moto ad accelerazione costante od accelerazione costante tagliata, che portano a profili di velocità composti da segmenti di retta. Per ridurre gli effetti dovuti alle brusche variazioni di accelerazione, è possibile raccordare le leggi di moto citate come mostrato in figura 1.5.

16 16 CAPITOLO 1. LA GENERAZIONE ED IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO DELLE MACCHINE Generazione di energia Accumulo di energia Trasporto dell energia Perdite per trafilamenti, rotture tubazioni, ecc.. Costi dell energia Tabella 1.2: caratteristiche della parte di potenza degli azionamenti Tipo di energia Pneumatica Idraulica Elettrica impianti di compressione stazionari Centraline fisse o talvolta mo- o mobili selezionabili a bili, azionate da motori elettri- seconda della pressione e della ci ed eccezionalmente a combu- portata, e azionati da motori stione interna (gruppi elettroci elettrici o a combustione. L aria geni). Gruppi motore-pompa esiste in quantità illimitata Possibilità di accumulazione in grandi volumi. L aria compressa può essere trasportata (bombole). Limitata a causa delle perdite di pressione. Perdita di energia, ma nessuna conseguenza negativa: I aria compressa si disperde nell atmosfera. Alto in confronto all energia elettrica GenerazioneFacilmente ottenibili. Alte di movimenti velocità (1.5 m/s) e alte accelerazioni lineari GenerazioneMotori ad aria compressa differenti di movimenti tipi costruttivi, velocità di rotazione fino a giri/min rotativi e oltre; facile commutazione del Forza coppia e Possibilità di regolazione della velocità Impiego senso di rotazione. Alto costo di esercizio cattivo rendimento. Forza di spinta a seconda della pressione e della grandezza dei cilindri. Nessun consumo di energia nell utilizzazione da fermo; piccole potenze; consumo di energia con corse a vuoto. Semplice ma imprecisa; mediante portata (valvola di strozzamento o valvola a scarico rapido); regolazione carente nel campo delle basse velocità. si possono ottenere buoni risultati con poche nozioni preliminari. Semplicità nella costruzione e messa in esercizio di sistemi in anello aperto. selezionabili a seconda della pressione e della portata richieste. L accumulazione può avvenire solo limitatamente ed è economica solo per piccole quantità Limitata a causa delle perdite di pressione. Perdita di energia e notevole inquinamento dell ambiente circostante da parte del fluido idraulico (pericolo di infortuni, incendi). Alto in confronto all energia elettrica Facilmente ottenibili mediante cilindri, e buone possibilità di regolazione nel campo delle basse velocità. Motori oleodinamici di diversi tipi costruttivi, con campo delle velocità di rotazione inferiore rispetto ai motori ad aria compressa; tuttavia migliore possibilità di regolazione alle velocità più basse. Elevata. Consumo continuo di energia nella generazione di forze di bloccaggio. Elevata potenza. Possibilità di una regolazione precisa nel campo delle basse velocità. più difficile della pneumatica, essendo in gioco alte pressioni e linee più complesse; alle alte pressioni si hanno problemi per la sicurezza d esercizio; problemi di tenuta. Normalmente è generata in luoghi la cui posizione geografica è condizionata da fattori energetici primari (acqua, carbone, energia atomica, ecc.), ed è ricevuta mediante linee di trasmissione. L accumulazione è molto difficile e costosa; per lo più viene immagazzinata un piccole quantità (accumulatori e batterie) Facilmente trasportabile fino a distanze considerevoli. Praticamente nessuna perdita di energia (pericolo di folgorazioni mortali in caso di alta tensione). Costi energetici molto bassi Solo per brevi corse, mediante motori lineari. Rendimento ottimale. Scarso rendimento a causa degli elementi meccanici necessari per convertire la coppia in forza; non sovraccaricabile. Buona Sono necessarie conoscenze specialistiche; pericolo di corti circuiti.

17 Capitolo 2 Caratterizzazione di motore e carico 2.1 Il problema termico dei motori Durante il funzionamento tutti i motori dissipano potenza sotto forma di calore in quanto gli avvolgimenti in essi presenti sono interessati dal passaggio di corrente. Tale potenza (W d ), proporzionale al quadrato della corrente, durante il transitorio termico in parte determina un aumento di temperatura del motore e in parte viene asportata dall ambiente circostante, mentre quando si è raggiunto il regime termico viene completamente ceduta all esterno. Indicando con θ(t) la differenza di temperatura fra la parte del motore sede di avvolgimenti elettrici (e parti magnetiche) e ambiente all istante t, con C th la capacità termica del motore e con R th la resistenza termica del motore, si può scrivere l equazione differenziale che rappresenta la conservazione dell energia per unità di tempo C th dθ/dt + θ/r th = W d (2.1) nella quale il termine C th dθ/dt rappresenta l energia immagazzinata nell unità di tempo e il termine θ/r th l energia ceduta all ambiente nella medesima unità di tempo. Nel caso di funzionamento con coppia e velocità costanti, la soluzione dell equazione differenziale 2.1 è dove θ i è la sovratemperatura iniziale del motore, è la sovratemperatura di regime (indipendente da θ i ) e θ(t) θ i = (θ r θ i )(1 e t/τ th ) (2.2) θ r = R th W d (2.3) τ th = R th C th (2.4) è la costante di tempo termica del motore. Normalmente il valore di τ th viene fornito dal costruttore del motore. Come si vede dalla figura 2.1 la costante di tempo τ th è un indice della rapidità con cui si esaurisce il transitorio termico. La sovratemperatura massima ammessa θ max è funzione della qualità del materiale isolante degli avvolgimenti elettrici, presenti nel motore, individuata dalla classe di isolamento: per la classe di isolamento B si ha un limite di +80 C, per la classe F (quella più comunemente adottata) si ha un limite di +100 C, per la classe H il limite sale a +120 C; altri limiti di temperatura possono essere imposti dalla presenza di eventuali magneti permanenti. Queste sovratemperature si riferiscono ad una temperatura esterna uguale a 40 C (o minore). Questi limiti determinano il valore della potenza nominale del motore: essa corrisponde ad una potenza dissipata W d tale da fargli raggiungere, a regime termico, una sovratemperatura θ r pari a quella massima consentita dagli avvolgimenti. La potenza nominale del motore dipende quindi da due fattori, dalla temperatura esterna e dalla resistenza termica del motore. Se la temperatura ambiente, per qualche motivo, è superiore ai 40 C, la potenza nominale del motore deve essere ridotta in proporzione, come indicato in figura 2.2. Detta W n la potenza nominale e η il rendimento corrispondente, essendo W n /η la potenza entrante nel motore e quindi W d = (1/η 1)W n la potenza perduta, si ha W n = ηθ max (1 η)r th (2.5)

18 18 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO θ θ max τ th t t Figura 2.1: Risposta termica del motore a potenza dissipata costante. 110 potenza % C potenza % m Figura 2.2: Effetto della temperatura dell aria esterna sulla potenza nominale. Figura 2.3: Effetto dell altitudine sulla potenza nominale. A pari classe di isolamento e a pari rendimento, la potenza nominale diminuisce al crescere di R th. R th dipende dalle caratteristiche del fluido refrigerante, ossia siccome questo normalmente è aria, dalla sua densità, che varia con la quota: come mostra la figura 2.3, per questo motivo la potenza nominale, al di sopra dei 1000 m di quota, decresce con l altitudine (a meno che il fenomeno non venga compensato da una contemporanea diminuzione della temperatura esterna). R th dipende dalle caratteristiche costruttive del motore, in particolare dalla zona dove si produce il calore (nello statore o nel rotore) e dalla presenza di alettature sulla superficie (diminuisce R th in quanto aumenta la superficie di scambio). R th dipende dal tipo di ventilazione, forzata o naturale (R th diminuisce quando aumenta il coefficiente di scambio termico); la ventilazione forzata può essere ottenuta con una palettatura solidale col rotore nei motori autoventilati, oppure con un ventilatore esterno (ventilazione assistita); nei motori a velocità variabile si preferisce il ventilatore esterno, poichè l autoventilazione perde efficacia al diminuire della velocità stessa. La ventilazione forzata può essere interna, in cui il calore viene ceduto all aria che attraversa l interno del motore e viene continuamente rinnovata, oppure esterna (o a mantello), in cui il calore viene ceduto all aria circostante dalla superficie esterna del motore chiuso. Il tipo di ventilazione possibile, e quindi la sua efficacia, dipende soprattutto dal grado di protezione che si vuol dare al motore stesso, definito dalla sigla IP seguita da due cifre: la prima si riferisce alla protezione contro il contatto e alla penetrazione di corpi solidi, la seconda alla protezione contro l acqua. Le protezioni usuali sono riportate in tabella 2.1: le più diffuse sono la IP23 (forma aperta, eventualmente protetta, usata spesso per motori in C.C. a ventilazione forzata), la IP44 (forma chiusa, usata di solito per motori asincroni autoventilati) e la IP55 (motori a tenuta stagna). Per applicazioni speciali si hanno motori antideflagranti, antiscintilla, o tropicalizzati contro le muffe. Al migliorare del grado di protezione corrisponde una maggior difficoltà di ventilazione e quindi una diminuzione della potenza nominale del motore. La determinazione della taglia del motore viene fatta imponendo che la temperatura massima raggiunta durante il funzionamento non superi il valore θ max consentito; pertanto, almeno in linea di principio, bisogna risolvere l equazione 2.1 introducendo a secondo membro l espressione della potenza dissipata W d (t) in relazione al movimento previsto. Tuttavia, se il motore funziona sempre allo stesso valore di coppia e velocità per un tempo sufficientemente maggiore di τ th, viene raggiunto l equilibrio termico (servizio continuo) ed il motore viene scelto, senza necessità di risolvere la 2.1, in modo che la sua potenza nominale (o la sua coppia nominale)

19 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO 19 Denominazione del motore Gradi di protezione I cifra: protezione contro II cifra: protezione contro l acqua contatti accidentali corpi solidi IP 21 stillicidio gocce d ac- Protetto IP 22 dita della mano corpi di diametro > 12 mm qua in caduta verticale gocce d acqua: caduta incliata di 15 gradi IP 23 gocce d acqua: caduta inclinata di 60 gradi Chiuso IP 44 utensili, fili corpi di acqua spruzzata da di qualsiasi direzione IP 45 diametro > 1 diametro > getto di manichetta, mm 1mm esposizione intemperie Chiuso IP 54 totale polvere di acqua spruzzata da qualsiasi direzione IP 55 talco getto di manichetta, esposizione intemperie Tabella 2.1: Tabella riassuntiva dei gradi di protezione. superi quella richiesta dal carico. Se il motore è pilotato da una variabile di comando y, le curve caratteristiche sono variabili con continuità, e per ciascuna di esse ci sarà una condizione limite per il servizio continuo, rappresentata da una linea nel piano C m, ω m. In tal caso, più che alla potenza o alla coppia nominale (che corrispondono ad un determinato valore di y), ci si deve riferire alla coppia continuativa limite, ossia bisogna che il punto di coordinate C m, ω m rappresentativo delle condizioni di funzionamento sia all interno della zona S1 delimitata dalla curva limite (ovviamente diversa a seconda del tipo di ventilazione previsto). Peraltro molti carichi, tipicamente le macchine utensili, esigono coppie (e velocità) variabili nel tempo, richiedendo frequenti avviamenti ed arresti. L andamento temporale della potenza richiesta viene detto ciclo di carico, ed è indispensabile per la definizione del tipo di servizio richiesto dal motore. Nella rappresentazione del ciclo di carico, oltre alla potenza, si possono usare altre grandezze significative come la coppia motrice, la corrente assorbita dal motore o la velocità. La conoscenza del ciclo di carico è necessaria per la determinazione della taglia del motore da impiegare nell applicazione. Si hanno due casi fondamentali in funzione del tempo di ciclo t c rispetto a τ th : t c τ th Nel primo caso la durata del ciclo è decisamente minore di τ th, per cui la temperatura del motore si assesta attorno ad un valore medio θ m in quanto, per l elevata capacità termica, il motore non è in grado di seguire le veloci oscillazioni della potenza dissipata, e quindi le filtra. Tale valor medio, corrispondendo alla potenza dissipata media (proporzionale al quadrato della corrente e quindi, come s è visto, a Cm) 2, corrisponde al valore quadratico medio C mq della coppia erogata, valutabile con la Cqm 2 2 Cmi t i = (2.6) ti dove i t i rappresentano gli intervalli di tempo relativi ai vari valori C mi assunti dalla coppia C m nel periodo. La determinazione della taglia del motore viene fatta imponendo che C mq sia all interno della zona S1 delimitata dalla curva limite. Nel caso che anche la velocità ω m vari sensibilmente durante il ciclo, si farà corrispondere all ordinata C mq una ascissa pari al valor medio della velocità angolare. t c τ th

20 20 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO Se la durata del ciclo è confrontabile con τ th, la temperatura del motore varia ciclicamente, sia pure senza raggiungere il valore di regime. In tal caso non resta che risolvere l equazione 2.1. Sovente purtroppo i costruttori o non si preoccupano di fornire i valori di R th e C th o, all estremo opposto, fanno riferimento a modelli più sofisticati di quello qui adottato (ad es. modelli in cui viene distinta la temperatura del rotore da quella dello statore); per una grossolana valutazione di R th, supposto che R th non vari con la velocità del motore, si può utilizzare indirettamente la 2.5. Ad esempio, per un motore della potenza nominale di W n = 0.4KW, rendimento nominale η = 0.8 e classe di isolamento F (θ max = 100 C), si ottiene R th = / = 1W/C. Più semplice è la valutazione diretta di C th, essendo C th = C sp M dove M è la massa del motore e C sp il suo calore specifico, mediamente pari a C sp 450 J kgc (ferro + rame). Ad esempio, se il motore prima considerato ha una massa M = 4 kg, si ha C th = = 1800J/C. Di conseguenza, per la 2.4, la costante di tempo termica vale τ th = = 1800 s = 30 min. Se τ th è dato dal costruttore, il suo valore può servire per determinare R th tramite la 2.4, al posto della meno affidabile 2.5. Se si ammette che gli avviamenti e le eventuali frenature elettriche non influenzino sensibilmente l andamento della temperatura nel ciclo di lavoro, si può evitare il calcolo di R th e di C th : difatti per la 2.3 si ha W dn = θ max /R th e, potendosi supporre che con semplici passaggi la 2.1 si trasforma nella W d W dn = C2 Cn 2, τ th d (θ/θ max ) dt + θ θ max = C2 C 2 n (2.7) in cui θ max rappresenta la massima temperatura ammissibile per il motore. In ogni caso la soluzione della 2.1, e la corrispondente scelta del motore, può essere demandata al costruttore del motore medesimo, pur di specificargli chiaramente il tipo di servizio che il motore è chiamato a svolgere. Allo scopo norme internazionali e nazionali distinguono diverse condizioni di servizio standard. Tali condizioni (servizio continuo, di durata limitata, intermittente, ininterrotto) sono individuate dalla lettera S seguita da un numero e possono essere raggruppate nel modo seguente. S1 Servizio continuo: il motore funziona sempre allo stesso valore di potenza per un periodo di tempo molto lungo e sufficiente perché venga raggiunto l equilibrio termico. La temperatura di regime deve non essere superiore a quella massima ammessa in relazione alle condizioni ambientali di lavoro. È questo tipo di servizio che consente di definire il valore limite della coppia continuativa e, in corrispondenza di una determinata velocità base, il valore della coppia nominale. Sovente il costruttore fornisce una curva limite nel piano C m,ω m che racchiude il campo di funzionamento S1. S2 Servizio di durata limitata: funzionamento a carico costante per un periodo di tempo t a inferiore a quello richiesto per raggiungere l equilibrio termico, seguito da un tempo di riposo (cioè con motore non

21 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO 21 più alimentato) sufficiente per riportare il motore alla temperatura ambiente; va precisato il tempo di funzionamento a carico (ad es. S2:30 min). In questo caso, e in tutti i casi seguenti, la coppia può temporaneamente superare il valore limite continuativo senza che la temperatura faccia in tempo a raggiungere valori pericolosi. Dalla 2.1 risulta infatti che θ/θ max raggiunge l unità quando C = C n 1 e t a /τ th ovvero quando è richiesta la coppia costante C per il tempo t a. Per sovraccarichi particolarmente brevi (sovraccarichi impulsivi, rapidi transitori di avviamento od arresto, ecc.) il limite non è più di tipo termico, ma elettrico: in generale i costruttori danno anche una curva limite di massimo sovraccarico nel piano C m,ω m che racchiude tutti i possibili punti di funzionamento anche istantaneo. S3 Servizio intermittente periodico: funzionamento secondo una serie di cicli identici, ognuno comprendente un determinato tempo di funzionamento a carico costante e un tempo di riposo. Il servizio S3 si può definire mediante il rapporto tra il tempo t a di funzionamento a carico ed il tempo di ciclo t c (ad es. S3:25%); sovente il costruttore fornisce delle curve limite nel piano C m,ω m che racchiudono i campi di funzionamento S corrispondenti ad una serie standard di rapporti d intermittenza (15%, 25%, 40%, 60%) se manca l indicazione del valore di t c si assuma t c = 10min). Al servizio S3 ci si può però riferire solo in assenza di fasi di avviamento o di frenatura elettrica tali da produrre un importante sovraccarico termico aggiuntivo: dalla 2.1 si ottiene facilmente che θ/θ max raggiunge l unità quando C = C n (1 e t a /τ th ) ovvero quando viene richiesta la coppia costante C per il tempo di azionamento t a, corrispondente al tempo di funzionamento a carico.

22 22 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO S4 Servizio intermittente periodico con avviamenti che influenzano il riscaldamento. Funzionamento secondo una serie di cicli identici, ciascuno comprendente un tempo considerevole di avviamento, uno di funzionamento a carico costante e uno di riposo. S5 Servizio intermittente periodico con avviamenti e frenature che influenzano il riscaldamento. Funzionamento come S 4, più frenatura che viene eseguita con mezzi elettrici (frenatura controcorrente, frenatura rigenerativa, frenatura a c.c., ecc.).

23 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO 23 S6 Servizio ininterrotto periodico con carico intermittente: funzionamento secondo una serie di cicli identici, ciascuno comprendente un tempo di funzionamento a carico costante e un tempo di funzionamento a vuoto; non esiste tempo di riposo. Va specificato come per S3 (ad es. S6:40 S7 Servizio ininterrotto periodico con avviamenti e frenature elettriche che influenzano il funzionamento della macchina: come S5, ma senza tempo di riposo (ad es. S7:25%, 800 avv./h, frenatura ipersincrona). S8 Servizio ininterrotto con cambiamento periodico della velocità: va definito dai valori delle velocità di rotazione e dagli intervalli di tempo durante i quali esse agiscono (ad es. S8: 3000 g/min x 10 min g/min x 15 min). Per i servizi S4, S5, S7, S8 è indispensabile conoscere il momento d inerzia del carico ridotto all asse del motore J r. Se durante il funzionamento effettivo al motore vengono richieste prestazioni superiori a quelle previste in sede di scelta, la temperatura può crescere oltre il valore θ max accettabile, con pericolo di danneggiamento del

24 24 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO motore (il motore brucia ); a tale scopo vengono previsti dei dispositivi di sicurezza sulla linea di alimentazione, che realizzano una specie di immagine termica del motore e che intervengono quando la temperatura tenta di superare il limite previsto (si tratta normalmente di interruttori automatici con sganciatore bimetallico e costante di tempo termica simile a quella del motore). La massima sicurezza si ha ovviamente solo con sonde termiche inserite stabilmente negli avvolgimenti del motore. In ogni caso vanno previsti dei limitatori di massima corrente contro i sovraccarichi istantanei. 2.2 Convertitori statici I convertitori statici oggi generalmente utilizzati, realizzati con valvole di potenza a semiconduttore, sono interessati dalla circolazione di correnti spesso molto elevate e quindi presentano il problema dello smaltimento termico in modo analogo a quanto avviene nei motori. I dispositivi a semiconduttore presentano una inerzia termica e quindi una costante di tempo molto più bassa di quella del motore (dell ordine del decimo di secondo) per cui il raggiungimento della condizione di regime termico avviene assai rapidamente. D altra parte la resistenza termica di questi componenti e la potenza da dissipare possono essere tali che in un brevissimo periodo di tempo si possono raggiungere temperature in grado di bruciarli. Si adottano accorgimenti costruttivi quali l impiego di basamenti di alluminio con superficie alettata (dissipatori termici) come piano di fissaggio dei transistori e tiristori e la presenza di ventole di circolazione dell aria che accelerano l evacuazione del calore raccolto sui dissipatori. Ciò consente di aumentare l inerzia termica dei convertitori dando loro una certa capacità di sovraccarico. Solitamente i costruttori dei convertitori riportano nei cataloghi la corrente massima erogabile per breve periodo (sovraccarico istantaneo), tipicamente nei transitori meccanici di accelerazione e decelerazione. Nel dimensionamento del convertitore si fa riferimento ad un valore continuativo I n della corrente erogabile, cioè quella erogabile per tempo illimitato senza possibilità di sovraccarico. Nei convertitori a transistori l equilibrio termico si deve raggiungere ad una temperatura inferiore alla temperatura di giunzione (pari a T max = +85 C). 1.5C n C n, I n t 0 t Figura 2.4: Corrente erogabile dal convertitore in funzione del tempo. In ogni convertitore statico un opportuno sistema di protezioni assicura che non si verifichino condizioni operative tali da danneggiare in modo irreparabile i semiconduttori di potenza, che sono gli elementi più vulnerabili e costosi di tutto il circuito; si hanno due tipi di protezione, una contro la massima corrente assorbita, l altra contro il sovraccarico. La protezione contro il sovraccarico controlla le correnti superiori a quella nominale I n del convertitore, ed è realizzata da un dispositivo di sorveglianza che, integrando nel tempo il quadrato della corrente, dà una immagine termica del convertitore ed interviene nell istante t o in cui tale integrale supera un limite prefissato (fig. 2.4). La protezione di massima corrente interviene per una corrente limite I lim che può essere compresa tra 1.2I n, e 2I n, a seconda delle caratteristiche del convertitore. Essa riveste un ruolo particolarmente rilevante in quanto la sua modalità di intervento condiziona il funzionamento dell intero azionamento (il valore di I determina ovviamente quello della coppia motrice C m ): in alcuni tipi la protezione di massima corrente interviene in modo da limitare al valore prestabilito la corrente che può erogare il convertitore, più spesso la protezione interviene interrompendo l erogazione di corrente al motore.

25 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO 25 C r C = cost T, V W = cost ω = cost ω r Figura 2.5: Limiti dei campi di funzionamento. Figura 2.6: Aspo avvolgitore con T = cost, V = cost. 2.3 Campi di funzionamento caratteristici del carico e del motore Introduzione In questa sezione viene analizzato in che modo il tipo di movimentazione richiesto al carico e la sua curva caratteristica di coppia nel piano C r, ω r vengono utilizzate per ottenere un diagramma detto luogo dei carichi che rappresenta tutti i punti di possibile funzionamento del carico. Questo passo si rende specialmente necessario quando il carico deve funzionare in condizioni di volta in volta diverse come ad esempio accade per i sistemi di posizionamento ai quali sono richiesti frequenti cicli di funzionamento caratterizzati da transitori di avviamento e di frenatura. Successivamente verranno presentati i campi di funzionamento dei motori più comunemente utilizzati, come il motore asincrono e i servomotori (C.C. e motori brushless) Il luogo dei carichi Il luogo dei carichi è l insieme delle condizioni di possibile funzionamento a regime in cui è previsto che il carico possa trovarsi. Il luogo dei carichi è rappresentato quindi nel piano C r, ω r da un area delimitata da linee, che in generale potranno avere un andamento diverso da quello delle curve caratteristiche. Tali linee possono essere del tipo a velocità costante (una per la velocità minima, l altra per la velocità massima), del tipo a coppia costante, del tipo a coppia crescente con la velocità, o del tipo a potenza costante (fig. 2.5). A titolo di esempio, si consideri un argano costituito da un tamburo su cui si avvolge una fune, all estremo della quale è appeso un carico. Un motore collegato all asse del tamburo deve vincere una coppia resistente che è indipendente dalla velocità di avvolgimento: il luogo dei carichi sarà delimitato dalla retta a coppia costante corrispondente al massimo carico previsto (regolazione a coppia costante). Si consideri invece il caso di un aspo svolgitore (fig. 2.6): il materiale in avvolgimento deve essere mantenuto ad una certa tensione costante con una velocità di trasporto costante, indipendentemente dal fatto che l aspo sia pieno o vuoto. Detto r il raggio (variabile) di avvolgimento, la coppia sarà proporzionale ad r mentre la velocità angolare sarà inversamente proporzionale ad r. Di conseguenza anche la potenza (pari al prodotto della tensione per la velocità di trasporto, o della coppia per la velocità angolare) è costante e quindi il luogo dei carichi è delimitato da un iperbole a potenza costante. E da notare comunque che occorrendo partire da velocità nulla (dove a rigore la coppia dovrebbe diventare infinita) le regolazioni a potenza costante sono quasi sempre delle regolazioni miste (dalla velocità nulla ad una velocità base che richiede coppia costante, e da questa alla velocità massima si richiede potenza costante). A fianco del luogo dei carichi va considerato anche un luogo dei sovraccarichi, rappresentativo di condizioni di carico possibili, ma di durata limitata: tale luogo è costituito da due parti, quella relativa ai carichi statici e quella relativa ai carichi dinamici: i primi si hanno in condizioni di funzionamento particolari, al di fuori di quelle previste per il normale funzionamento, i secondi corrispondono a fasi di accelerazione o frenatura, nelle quali si deve tener conto delle azioni di inerzia, l intensità delle quali peraltro non dipende dal solo momento d inerzia J r del carico, ma anche da quello del motore. I luoghi dei sovraccarichi dipendono dalla durata prevista, in funzione della quale variano con continuità partendo dal luogo dei carichi, di durata teoricamente illimitata, a quello dei cosiddetti carichi impulsivi di durata limitatissima (ed es. 0.2 s).

26 26 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO W C W ω C W C W ω b C ω Figura 2.7: Limitazione a coppia costante e potenza costante. La determinazione del luogo dei carichi e dei sovraccarichi definisce le prestazioni richieste all azionamento; questa definizione va fatta sempre in modo da non appesantire inutilmente tali richieste. Bisogna infatti tener presente che nella regolazione a coppia costante tutta la potenza installata viene richiesta esclusivamente alla velocità massima, mentre nella regolazione a potenza costante il dimensionamento va fatto per la coppia massima, che però serve solo quando si è al di sotto della velocità base (fig. 2.7 ). Se non ci si trova in uno di questi due casi semplici, occorre esaminare almeno la possibilità di dividere il luogo dei carichi in due parti contigue, una a coppia costante e una a potenza costante, in modo da facilitare la scelta del tipo di azionamento più opportuno. Se anche ciò non fosse possibile, bisognerà esaminare il caso di coprire tutta la richiesta utilizzando due motori diversi. Infine va considerata l eventualità di estendere le condizioni di funzionamento agli altri quadranti del piano C r, ω r, soprattutto è importante evidenziare se il passaggio dall uno all altro deve avvenire con continuità o meno Campo di funzionamento dei motori elettrici Anche per il motore elettrico si può definire un campo di funzionamento nel piano C m, ω m, delimitato da linee rappresentative dei vari vincoli di tipo elettrico, meccanico e termico cui il motore (e l eventuale convertitore che lo alimenta) è soggetto. Tale campo va diviso in quello di funzionamento continuativo (S1), in un eventuale campo di servizio intermittente (S3) e in un campo limite che determina anche i massimi sovraccarichi dinamici istantaneamente ammissibili. Dal punto di vista delle sollecitazioni meccaniche il motore viene dimensionato in modo da mantenere un ampio margine di sicurezza in tutto il campo di lavoro: va però controllato che il carico radiale esercitato da ruote dentate o pulegge sull albero del motore non superi i valori massimi previsti dal costruttore. Spesso esiste anche una velocità minima ω min di buon funzionamento del motore che determina, assieme alla velocità massima ω max, il rapporto di variazione R = ω max /ω min (2.8) dell azionamento, inteso come variatore elettrico di velocità. Tuttavia criteri per determinare la ω min non sono ancora ben codificati; inoltre quasi sempre tale ω min dipende più dal convertitore che dal motore in sè. Allo stesso modo dipende sostanzialmente dal convertitore la possibilità di estendere il campo di funzionamento del motore agli altri quadranti del piano C m, ω m. In fig. 2.8 è rappresentato il campo di lavoro di un servomotore C.C. a magneti permanenti, alimentato per mezzo di un alimentatore statico, che presenta le seguenti limitazioni: - esiste una velocità angolare massima ω max ammissibile in relazione al dimensionamento degli organi meccanici, con particolare riguardo ai cuscinetti ed al collettore; un limite analogo è dovuto alla massima tensione di alimentazione applicabile; di solito ω max è compresa tra i 1000 e i 3000 g/min; - esiste una corrente massima ammissibile da parte del convertitore, che limita la coppia massima; il suo valore è imposto dal convertitore, e per motivi economici è solitamente variabile da 2 a 4 volte la corrente nominale, a seconda che il convertitore sia a transistori i tristori; il motore, sia dal punto di vista della resistenza meccanica

27 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO 27 C m limite convertitore C m limite convertitore limite commutatore limite commutatore S 3 S 3 S 1 S 1 ω m ω b ω max Figura 2.8: Campo di funzionamento motore C.C. a magneti permanenti. Figura 2.9: Campo di funzionamento motore C.C. a campo avvolto. (di solito, come già detto, ampiamente sufficiente), che dal punto di vista termico, di per sè potrebbe sopportare carichi anche maggiori, sia pur per brevissimo tempo, ma va considerato anche il pericolo di smagnetizzazione; - esiste una curva C m (ω m ) limite dovuta alla presenza del collettore, che in pratica limita la potenza massima erogabile (si tratta quindi di una specie di iperbole); essa è dovuta all esistenza di una corrente massima commutabile, in relazione ad una durata delle spazzole superiore alle 4000 h. Tale curva si riferisce ad un servizio dinamico di durata limitata a 0,2 s; per durate maggiori (servizio continuativo S1, o intermittente S3) spesso si utilizza una iperbole più bassa, destinando la zona compresa fra le due curve ai soli moti transitori. - esiste una corrente massima ammissibile per il servizio continuativo S1, alla quale corrisponde una coppia pressochè costante (la coppia nominale) fino alla velocità base, oltre la quale essa diminuisce per i già citati problemi di commutazione al collettore ; quindi, almeno fino alla velocità base, si può fare una regolazione a coppia costante; si tenga però presente che in caso di prolungato funzionamento da fermo (> 5min) è ammesso solo il 50% della coppia nominale; - esistono correnti (e quindi coppie) massime ammissibili per il servizio intermittente S3 corrispondenti a rapporti di intermittenza normalizzati (per periodo del ciclo di 10 min). Naturalmente queste curve limiti sono riferite ad una certa modalità di raffreddamento, che, dato il tipo di applicazioni previste per questi motori, deve essere indipendendente dalla velocità (l autoventilazione è quindi assai rara). D altra parte, se il limite d impiego del motore è principalmente dovuto al collettore, la ventilazione forzata è praticamente inutile. I motori a C.C. a campo avvolto, presentano, rispetto a quelli a magnete permanente, alcune interessanti differenze, dovute principalmente alla presenza di opportuni dispositivi (poli ausiliari, avvolgimenti compensatori) atti a favorire una buona commutazione; in pratica la curva limite di commutazione si innalza, sicchè con un buon sistema di ventilazione la coppia disponibile nel servizio continuativo (S1) resta praticamente costante fino ad una velocità massima ω b (fig.2.9): si può allora fare la regolazione a coppia costante per tutto il campo di funzionamento, tenendo però presente che, per effetto della curva limite di commutazione, le risorse di coppia per i transitori dinamici diminuiscono con la velocità. L innalzamento della curva limite di commutazione consente eventualmente un notevole aumento della velocità massima (si può arrivare normalmente fino ai 6000 g/min) anche se ovviamente alle velocità più alte (ω > ω b in fig. 2.9) la coppia continuativa disponibile decresce e si deve necessariamente passare ad una regolazione del tipo a potenza costante. In questa zona può convenire allora fare il controllo sulla corrente di eccitazione: la limitazione della corrente d armatura I a comporta infatti un ampio campo di regolazione a potenza costante a partire dalla velocità ω b in cui può essere applicato il pieno valore della tensione d armatura V a.

28 28 CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO C n ventilazione assistita autoventilati Zona Utile di Progetto f n ω n sovraccarico massimo coppia continuativa f ω Figura 2.10: Campo di funzionamento motore asincrono. Per la loro maggior velocità i motori a campo avvolto richiedono di solito un riduttore di velocità incorporato. A pari potenza i servomotori a campo avvolto sono più piccoli, hanno meno inerzia meccanica e termica di quelli normali, ma necessitano di una ventilazione forzata. I motori brushless, non avendo commutazione meccanica, hanno il vantaggio di non avere le corrispondenti limitazioni, e consentono quindi una regolazione a coppia costante fino alla velocità massima. Per i motori a corrente alternata collegati direttamente alla rete, la curva caratteristica è unica ed il campo di funzionamento del motore coincide con essa. Su tale curva il punto di funzionamento nominale divide la parte dove è consentito il funzionamento continuativo S1 e quella utilizzabile solo in modo intermittente o nei transitori di avviamento. Per ottenere un campo di lavoro vero e proprio bisogna impiegare un dispositivo capace di variare a comando il rapporto di trasmissione τ. Con un variatore meccanico continuo il rapporto di trasmissione può essere fatto variare con continuità durante il funzionamento da un valor minimo τ min ad un valor massimo τ max, dove il rapporto R v = τ max /τ min è una caratteristica del tipo di variatore adottato. Si ha così un motovariatore, il cui campo di lavoro per sua natura dovrebbe essere del tipo a potenza costante: in pratica però il variatore meccanico può introdurre limitazioni aggiuntive che impediscono di utilizzare la piena potenza del motore a tutte le velocità. Con un variatore meccanico a gradini (ossia un cambio di marce) il rapporto di trasmissione può assumere solo una serie limitata di valori, scelti in modo da approssimare al meglio il comportamento di un variatore continuo. Assumendo come criterio quello di contenere al massimo il valore dello scarto percentuale la migliore approssimazione si ha disponendo i vari τ in progressione geometrica. Nel caso di motori asincroni alimentati da un convertitore elettronico, si ha un comportamento analogo a quello dei motori in C.C.; ad esempio in fig è rappresentato il campo di lavoro di un motore asincrono alimentato da un convertitore (inverter) che lo alimenta a frequenza variabile, con una tensione proporzionale ad f fino alla frequenza nominale f n di funzionamento del motore (50 Hz), e successivamente con tensione costante. La curva limite è determinata sostanzialmente dalle protezioni del convertitore, dimensionato per fornire al massimo una corrente pari ad 1.5 I n ; ne segue un valore di coppia costante finchè è costante il rapporto V a /f, decrescente al crescere di f quando V a è divenuta costante. Analogo andamento ha la coppia continuativa (S1) che, essendo proporzionale a V a /f, consente una regolazione a coppia costante fino alla velocità nominale (corrispondente ai 50 Hz) e una regolazione a potenza costante fino ad una velocità più che doppia.

29 Capitolo 3 Accoppiamento motore carico 3.1 Il rapporto di trasmissione Introduzione In questa sezione vengono inizialmente presentate le equazioni che rappresentano l equilibrio dinamico di un sistema motore-riduttore-carico. Successivamente viene considerata l influenza del rapporto di trasmissione τ del riduttore sulla velocità di funzionamento del carico (condizioni di regime) e sull accelerazione del carico (condizioni di funzionamento in transitorio). Per la scelta del corretto azionamento è necessario evidenziare per il sistema l influenza dei due moti citati, infatti in talune movimentazioni la condizione di regime è quella che si verifica per la maggior parte del tempo, mentre in altre la condizione di transitorio è prevalente su quella di regime Equilibri Non sempre è possibile collegare direttamente il motore al carico: nel caso più frequente tra i due viene introdotto un riduttore di velocità, destinato ad adattare le esigenze del motore a quelle del carico e viceversa. In un riduttore si definisce rapporto di trasmissione il rapporto τ = ω 2 /ω 1 tra la velocità ω 2 dell albero di uscita e la velocità ω 1 dell albero di entrata. Ovviamente il riduttore di velocità è tale solo se l albero 1 è più veloce dell albero 2, ossia se è τ < 1, altrimenti è un surmoltiplicatore di velocità. In tutti i casi si possono determinare due relazioni matematiche che vincolano tra loro le velocità angolari ω 1, ω 2 e le coppie C 1, C 2 in entrata e in uscita, e consentono quindi di associare a tutte le possibili condizioni di ingresso (C 1, ω 1 ) le corrispondenti condizioni di uscita (C 2, ω 2 ), e viceversa. Tali relazioni in buona sostanza esprimono l equilibrio dinamico degli alberi di ingresso e di uscita. Nel caso di un riduttore ideale una di tali relazioni è data dalla costanza del rapporto di trasmissione, l altra dalla conservazione della potenza trasmessa: ossia ω 2 /ω 1 = τ (3.1) C 2 ω 2 = C 1 ω 1 (3.2) ω 2 = ω 1 τ (3.3) C 2 = C 1 /τ (3.4) Nel passaggio dall albero di entrata a quello di uscita la riduzione della velocità viene compensata con una uguale moltiplica della coppia; pertanto nei riduttori di velocità l albero lento viene realizzato con dimensioni maggiori dell albero veloce. Se il riduttore è collegato a monte con un motore avente, nel piano C 1, ω 1, una curva caratteristica C m (ω m ) e a valle con un carico avente, nel piano C 2, ω 2, una curva caratteristica C r (ω r ), ci si potrà ricondurre al caso di accoppiamento diretto del motore con il carico riportando la C m (ω m ) dal piano C 1, ω 1 al piano C 2, ω 2, ridotta secondo le 3.3, 3.4: ad ogni punto della C m (ω m ) corrisponderà un punto C m (ω r ) ottenuto moltiplicando le ascisse della C m (ω m ) per τ e dividendo le corrispondenti ordinate per τ. Similmente ci si può ricondurre al caso

30 30 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO C r C m C r C m τ 7 τ ω r ω r Figura 3.1: Curva di carico accoppiata ad un motore generatore di velocità per mezzo del rapporto di trasmissione τ. Figura 3.2: Curva di carico accoppiata ad un motore generatore di coppia per mezzo del rapporto di trasmissione τ. di accoppiamento diretto riportando la C r (ω r ) dal piano C 2, ω 2 al piano C 1, ω 1, ottenendo una curva C r (ω m ) ridotta secondo le 3.3, 3.4. Il punto di funzionamento a regime sarà dato, nel piano C 2, ω 2, dall intersezione della C m(ω r ) con la C r (ω r ); lo stesso punto sarà dato, nel piano C 1, ω 1 dall intersezione della C m (ω m ) con la C r(ω m ). Anche il transitorio meccanico può essere studiato riconducendosi al caso di accoppiamento diretto, pur di sostituire ai momenti di inerzia reali J i momenti d inerzia ridotti J : questa riduzione avviene secondo il quadrato del rapporto di trasmissione, essendo il momento d inerzia dato dal rapporto fra la coppia d inerzia e l accelerazione angolare. Più sinteticamente si può dire che mentre la riduzione delle coppie viene fatta conservando la potenza, la riduzione dei momenti di inerzia viene fatta conservando l energia cinetica. Ciò posto, l equazione di equilibrio dinamico ridotta all albero motore 1, diviene: mentre la stessa equazione, ridotta all albero condotto 2, diviene C m τc r = (J m + τ 2 J r )dω m /dt (3.5) C m /τ C r = (J m /τ 2 + J r )dω r /dt (3.6) Per illustrare l effetto del rapporto di trasmissione τ, consideriamo la 3.6, dapprima a regime poi in transitorio Moto di regime In questo sezione supporremo di trovarci in una condizione di regime, ossia per dω r /dt = 0. In fig.3.1 è rappresentata una generica curva caratteristica del carico C r (ω r ), e le curve caratteristiche del motore C m(ω r ), ridotte all asse del carico in corrispondenza di diversi valori di τ, nel caso in cui il motore sia un generatore ideale di velocità, con curva caratteristica perfettamente verticale. In questo caso la velocità ω m del motore è fissa, mentre a seconda del valore di τ nel piano C r, ω r la C m(ω r ) è data da una serie di curve verticali corrispondenti ai vari valori ω r = τω m. Si vede allora che la velocità di regime si abbassa al diminuire di τ ed aumenta all aumentare di τ (almeno finché la coppia massima ridotta supera quella richiesta dal carico: dopo non c è più condizione di regime). In questo caso un cambio di marce può evidentemente essere utilizzato per modificare la velocità del carico. Così non accade invece nel caso rappresentato in fig. 3.2, dove la C r (ω r ) è uguale a quella del caso precedente, ma il motore è un generatore ideale di coppia, con curva caratteristica perfettamente orizzontale. In questo caso infatti al variare di τ varia (in modo inverso) la coppia C m, per cui la velocità di regime si innalza al diminuire di τ e si abbassa all aumentare di τ (almeno finchè la velocità del motore non supera il suo massimo: dopo non c è più condizione di regime). In questo caso un cambio di marce serve per modificare conseguentemente il valore della coppia disponibile, ma agisce sulla velocità di regime in senso opposto alle aspettative. Nel caso

31 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO 31 C r C m C r 7 τ ω r C m 7 τ ω r Figura 3.3: Curva di carico accoppiata ad un motore generatore di potenza per mezzo del rapporto di trasmissione τ. Figura 3.4: Curva di carico accoppiata ad un motore generatore generico per mezzo del rapporto di trasmissione τ. rappresentato in fig. 3.3, il motore è un generatore ideale di potenza (le scale sono logaritmiche), con curva caratteristica inclinata di 45. In questo caso ai variare di τ la curva caratteristica C m (ω r ) trasla su se stessa, e di conseguenza la velocità di regime ω r non varia (varia solo la ω m ): in questo caso un cambio di marce sarebbe perfettamente inutile. In fig. 3.4 il motore ha una curva caratteristica complessa, approssimativamente suddivisa in una zona a coppia costante, una a potenza costante ed una a velocità costante: al diminuire di τ la velocità ω r di regime dapprima aumenta, poi raggiunge un massimo ed infine diminuisce: il massimo della velocità si ha nella condizione in cui il motore eroga la massima potenza. In generale dunque la massima velocità del carico si ottiene con quel rapporto di trasmissione τ che fa lavorare il motore nelle condizioni di potenza massima. 3.2 Comportamento dinamico motore carico In questa parte supponiamo che l utilizzatore, meccanismi o sistemi meccanici, siano stati progettati in modo che il movimento voluto o il loro funzionamento sia ottenuto attingendo il moto da un sistema con velocità di rotazione costante. Se si parte da questa posizione, ω = cost, per l angolo di rotazione risulta α = ωt, inoltre la velocità di rotazione è legata al periodo T del sistema ω = 2π T, per cui l angolo di rotazione α del sistema varia fra 0 e 2π all interno del periodo. Nelle effettive condizioni di funzionamento il motore è soggetto a carichi variabili, per cui la sua velocità varia istante per istante secondo l equilibrio energetico W = de/dt (3.7) in cui E rappresenta l energia cinetica di tutte le parti in movimento, W somma delle potenze motrici, resistenti, passive. La derivata dell energia cinetica rispetto al tempo rappresenta la potenza delle forze d inerzia. Per una trattazione analitica del problema la 3.7 viene scritta ridotta all albero motore (solitamente fra motore e carico viene interposto un riduttore di velocità). In generale risulta W = M ω in cui il momento ridotto M risulta espresso da una funzione del tipo M = M(α, ω) e l inerzia ridotta J che compare nell espressione dell energia cinetica una funzione dell angolo di rotazione dell albero J = J(α). Ricordando che dα dt = ω è possibile ricondurre la 3.7 del secondo ordine in α(t) in una nel primo ordine in ω(α) M = de/dα (3.8) che può essere risolta per tentativi appoggiandosi alla periodicità di 2π della soluzione in ω. Si deve cercare una soluzione tale per cui ω(2π) = ω(0). Ottenuta la funzione ω(α) il periodo T risulta dalla T = 2π dα/ω a 0 cui corrisponde una velocità media pari a ω m = 2π T.

32 32 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO Se le variazioni di ω sono percentualmente piccole è possibile linearizzare la 3.8 intorno alla velocità di funzionamento ω c, che può essere determinata per via numerica risolvendo l equazione 2π M(α, ω 0 c )dα = 0 in quanto nel moto periodico la variazione dell energia nel periodo è nulla. In ogni caso si dovrà controllare che l oscillazione della velocià avvenga in un intorno della soluzione. Istante per istante la velocità angolare può essere espressa dalla relazione ω = ω c + ω che sostituito nella 3.8 porta alla da cui trascurando i termini in ω 2 si ottiene M(α, ω) = M(α, ω c ) + dm dω ω = 1 d ω=ω c 2 dα [J(ω c + ω) 2 ] = M c (α) + K(α) ω = 1 d 2 dα [J(ω c + ω) 2 ] M c (α) + K(α) ω = 1 dj 2 ω2 c dα + ω d c dα (J ω) ω c d dα (J ω) K(α) ω = M c(α) C(α) (3.9) in cui 1 2 ω2 c dj dα = C(α) rappresenta il momento ridotte delle forze d inerzia del sistema che ruota con velocità costante. Il coefficiente K(α) che compare nelle relazioni precedenti rappresenta la pendenza della curva caratteristica dei momenti ridotti (motore e resistente) nel punto medio di funzionamento, il suo valore risulta < 0 per una posizione di moto stabile. Dall integrazione della 3.9 (equazione differenziale a coefficienti costanti del primo ordine) è possibile ricavare la variazione di velocià ω. Un ulteriore approssimazione è possibile quando le variazioni di K e di J sono piccole rispetto ai valori medi K m e J m, la 3.9 diviene d ω J m ω c dα K m ω = M c (α) C(α) (3.10) In tale equazione (equazione differenziale lineare del primo ordine) si osserva che al secondo membro si trovano i termini responsabili della variazione di velocià, mentre al primo membro si trovano i parametri in grado di limitare le variazioni di ω. In particolare esse possono essere limitate o agendo sul parametro K m, che rappresenta la pendenza della curva caratteristica, o sull inerzia del sistema, rappresentata dal parametro J m, aggiungendo un volano. L influenza dei parametri dipende dalla frequenza della forzante, rappresentata come già detto dal secondo membro della Sviluppando in serie di Fourier la forzante, essa sarà composta dalla somma di funzioni armoniche con pulsazioni ω m, 2ω m, 3ω m,... ecc.. Se l armonica con il maggior contenuto energetico (la principale) ha pulsazione inferiore alla pulsazione di taglio λ = K/J, la variazione di ω è limitata soltanto dalla pendenza del motore, in caso contrario le oscillazioni vengono contrastate principalmente dall inerzia del sistema (che comprende il volano) In base a queste considerazioni si osserva che l aggiunta di un volano per limitare le variazioni di velocità risulta sicuramente efficace solo se la sua inerzia è tale da abbassare la pulsazione di taglio λ del sistema carico + motore al di sotto della pulsazione più bassa delle armoniche che compongono la forzante, ovvero ω m. Il volano risulta perciò efficace se J m > K m ω m In talune applicazioni il valore dell inerzia del volano che soddisfa la precedente relazione è troppo elevato, per cui le variazioni di velocità vengono contrastate solo dal motore, la cui azione risulta tanto più efficace quanto più è elevata la pendenza della curva caratteristica (nei limite della massima coppia fornibile del motore). In questo caso la scelta della taglia del motore dovrà tener conto delle oscillazioni di coppia che deve contrastare, responsabili del suo surriscaldamento. 3.3 Scelta del rapporto di trasmissione e del motore Introduzione Il confronto fra il luogo dei carichi e il campo di funzionamento dei motori permette l adeguata scelta del motore e del rapporto di trasmissione. Particolare attenzione viene riservata ai servomotori i quali non presentano una

33 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO 33 C 2 C 2 ω 2 ω 2 Figura 3.5: massima Motore con taglio in potenza uguale alla Figura 3.6: Motore con potenza alla massima velocità di funzionamento minore della potenza massima velocità di regime costante. Durante i transitori di avviamento e di frenatura a questi motori vengono richieste coppie che sono 3-5 volte la coppia nominale a cui corrispondono correnti che sono 3-5 volte quella nominale. Il riscaldamento del motore è proporzionale alla corrente che in esso fluisce, quindi si rende necessario una verifica particolare per questi tipi di motori. I passi principali che devono essere compiuti per la verifica di questi azionamenti sono: a) Verifica in condizioni di regime, b) verifica in condizioni di accelerazione c) verifica della coppia quadratica media Adattamento statico del motore al carico Come già detto, normalmente tra motore e carico è previsto un riduttore di velocità. Il funzionamento può allora essere studiato a monte del riduttore, nel piano C 1, ω 1, o a valle del riduttore, nel piano C 2, ω 2. Quando si passa dal piano C 1, ω 1 al piano C 2, ω 2 o viceversa, le curve limiti che racchiudono il campo di funzionamento del motore o il luogo dei carichi subiscono lo stesso tipo di trasformazioni illustrate per le curve caratteristiche: nei diagrammi in scala logaritmica esse traslano nella direzione a 45 della quantità corrispondente al valore del rapporto τ. Questa affermazione va corretta in parte, a causa delle perdite di potenza nel riduttore, che qui peraltro viene ritenuto di rendimento elevato. Il riduttore raggiunge l obiettivo di adattare staticamente il motore al carico se lo si progetta con quel valore di τ per cui il campo di funzionamento del motore, riportato nel piano del carico, ricopre completamente, ma senza eccedere, il luogo dei carichi previsto (un adattamento di tipo dinamico, fatto cioè tenendo conto anche dei moti transitori, verrà studiato in seguito). Questo obiettivo può essere raggiunto se il campo di variazione R = ω m,max /ω m,min del motore è maggiore di quello richiesto dal carico: un semplice riduttore di velocità infatti non modifica il valore di R. Nelle normali applicazioni questa condizione è soddisfatta perchè si assume un valore di ω m, min molto basso, anche se per la verità il funzionamento del motore alle velocità più basse non risulta sempre perfettamente regolare. Se invece il valore di R fosse insoddisfacente bisognerebbe introdurre un variatore meccanico di velocità o un cambio di marce in modo da allargare opportunamente il campo di lavoro del motore. Naturalmente, poichè il riduttore è un componente passivo (cioè non può aumentare la potenza in gioco) è indispensabile scegliere un motore la cui potenza massima superi, o perlomeno sia uguale, alla potenza massima richiesta dal carico, che spesso, ma non sempre, corrisponde alla condizione di velocità massima ω r,max del carico. Fatta la scelta del motore, si fa traslare il campo di funzionamento del motore lungo rette inclinate di 45 fino a ricoprire il meglio possibile il luogo dei carichi richiesto. L entità della traslazione determina il rapporto di trasmissione τ del riduttore. Le condizioni a cui deve soddisfare il rapporto di trasmissione τ sono riassunte nei seguenti punti: - Evidentemente se ω m,max è la velocità massima che il motore può fornire, ed ω r,max la velocità massima prevista per il carico, il rapporto di trasmissione dovrà valere almeno τ p = ω r,max /ω m,max (3.11) - Ragioni evidenti di economicità portano alla scelta di un motore avente il minimo surplus di potenza: il rapporto di trasmissione τ va quindi scelto in modo da far corrispondere alla potenza massima del motore

34 34 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO C 2 ω ω t ω 2 Figura 3.7: Motore con taglio in potenza minore della potenza massima a partire dal taglio in coppia Figura 3.8: Legge di moto ad accelerazione costante la potenza massima richiesta dal carico; se il motore fornisce la potenza massima in corrispondenza alla sua velocità massima (motore del tipo a coppia costante), si potrà fare τ = τ p. Lo stesso vale quando il campo di funzionamento del motore termina con un tratto a potenza costante (motore del tipo a potenza costante, fig. 3.5): in tal caso, pur essendoci una certa libertà di scelta di τ (che potrebbe essere maggiore di τ p ), si fa ancora τ = τ p, sia perché è preferibile conservare un margine di coppia (da impiegare nei moti transitori per il passaggio rapido da una condizione di regime ad un altra) piuttosto che un margine di velocità, sia perchè in questo modo viene meglio ricoperto il campo di funzionamento alle velocità più basse. Se invece il motore fornisce la sua potenza massima solo fino ad una velocità ω m,b2 inferiore ad ω m,max, si dovrà fare (fig. 3.6) τ = ω r,max /ω m,b2 > τ p (3.12) Si può quindi avere un esubero di coppia e/o un esubero di velocità: in altri casi (campo di funzionamento del motore limitato alla massima velocità del motore da potenza < della potenza massima) si dovrà addirittura scegliere un motore di potenza esuberante perchè (fig. 3.7), se la potenza massima del motore si limita ad uguagliare la potenza massima richiesta dal carico, non esiste alcun valore di τ che consente il completo ricoprimento del luogo dei carichi. La regola fondamentale da osservare per evitare esuberi di coppia, velocità e potenza è quella di scegliere preliminarmente un tipo di motore il cui campo di lavoro abbia, almeno approssimativamente, la stessa forma del luogo dei carichi: un motore del tipo a coppia costante se il luogo dei carichi è a coppia costante, un motore del tipo a potenza costante se il luogo dei carichi è a potenza costante. Non rispettando questa regola si ottengono soluzioni caratterizzate da un costo eccessivo del motore, del convertitore e del riduttore. Poichè però non si ha mai una esatta corrispondenza di forma tra campo di lavoro del motore e luogo dei carichi, il motore dovrà in generale avere una potenza massima superiore a quella richiesta dal carico. Per determinarla in modo corretto, si tenga presente che normalmente tutti i motori di una medesima famiglia hanno campi funzionamento che differiscono tra loro solo per un fattore moltiplicativo della coppia C m : si passa quindi da un motore avente una determinata taglia al motore di un altra taglia con una semplice traslazione del suo campo di lavoro lungo l asse delle ordinate (scala logaritmica). Di conseguenza per la scelta del motore e del riduttore si può partire da un campo di funzionamento adimensionale del motore (in cui cioè le ordinate sono date in rapporto alla coppia nominale) e lo si sposta nel piano logaritmico in direzione qualunque fino a ricoprire al meglio il luogo dei carichi: il rapporto di trasmissione si ottiene quindi dal confronto delle ascisse, mentre da confronto delle ordinate si individua la taglia del motore Adattamento dinamico Finora s è considerato il caso in cui al motore viene chiesto di poter lavorare in tante diverse condizioni di regime; il moto transitorio da un regime ad un altro è supposto garantito dall esistenza di un certo surplus di coppia motrice in fase di accelerazione, e dalla coppia resistente in caso di decelerazione. Considerando invece ora il caso in cui le condizioni più gravose sono dovute ai transitori, supponiamo per semplicità che il carico resistente sia fornito da una coppia C r costante, in un campo di velocità che va da 0 ad ω r,max. Per la scelta

35 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO 35 del motore bisogna considerare allora anche il carico dinamico dovuto alle inerzie in gioco, che dipende anche dalla legge di moto utilizzata nei transitori. Un caso elementare è quello del posizionamento, in cui il carico deve fare una certa corsa (rappresentata mediante l angolo θ di cui complessivamente ruota l albero del carico) nel tempo assegnato t 0. Si può supporre che la legge di moto consista in un primo tratto ad accelerazione costante positiva, in un secondo tratto di moto uniforme, e di un terzo tratto ad accelerazione costante negativa (fig. 3.8). Ovviamente bisogna prima di tutto scegliere i valori dell accelerazione e della velocità tenendo presente che l area sottesa dal tratto positivo del diagramma delle accelerazioni è uguale a quella sottesa dal tratto negativo (alla fine ω r deve ritornare a zero) e che l area sottesa dal diagramma delle velocità è fissata, in quanto è proporzionale alla corsa totale da compiere nel tempo previsto. Un aumento del tratto a velocità costante abbassa la velocità massima ma aumenta le accelerazioni, mentre una diminuzione di tale tratto provoca l effetto inverso. Il punto da considerare è quello al termine del tratto positivo di accelerazione, dove si hanno contemporaneamente la massima velocità e la massima accelerazione. Qui si ha la massima punta di potenza richiesta per accelerare il carico, J r ω r dω r /dt, il cui valore viene ridotto al minimo facendo si che il tempo corrispondente al tratto di velocità costante sia pari ad un terzo del totale. In tal modo la velocità massima raggiunta dal carico è pari ad 1,5 volte il suo valor medio. Gli altri due terzi del tempo di movimento vanno distribuiti fra la fase di accelerazione e quella di frenatura in proporzione inversa ai valori di coppia disponibili per tali operazioni. La soluzione ottimale è quella detta 1/3, 1/3, 1/3, ossia quella in cui le tre fasi di accelerazione, moto uniforme e frenatura hanno uguale durata. Questa soluzione è facile da ottenersi anche in assenza di dispositivi di frenatura elettrica, in quanto la coppia resistente può supplire in tutto o in parte le possibili carenze del motore in fase di frenatura. La corrispondente accelerazione massima vale 4, 5θ 0 /t 0 2. In casi meno semplici bisognerà fare diversi tentativi per determinare i valori più opportuni della velocità massima e dell accelerazione massima richiesta dal carico. E evidente che il tipo di motore più adatto a fornire leggi di moto con importati valori dell accelerazione è comunque un motore a coppia costante: nel seguito ci riferiremo quindi solo a motori di questo genere, che hanno un campo di lavoro a coppia costante, dalla velocità 0 alla velocità massima ω b. Per la scelta della taglia del motore bisogna osservare che esso è caratterizzato, oltre che dalla coppia C m, anche dal suo momento di inerzia J m. Si possono avere due casi: nel primo si suppone che tale momento d inerzia, ridotto all asse del carico, sia decisamente minore di J r, e pertanto possa, in prima approssimazione, essere trascurato; questo avviene se il rapporto di trasmissione del riduttore è maggiore di τ opt = J m /J r. Conviene allora scegliere il rapporto di trasmissione τ del riduttore pari a τ p = ω r,max /ω b (3.13) dove ω b è la velocità massima del motore (nel campo a coppia costante), mentre la coppia richiesta al motore dovrà essere presa almeno uguale a C m [(J m /τ 2 p + J r )dω r /dt + C r ]τ p (3.14) dove dω r /dt è la massima accelerazione prevista. Per la scelta del motore, nella 3.14 si può trascurare in prima approssimazione l inerzia del motore: aggiungendo alla coppia resistente Cr solo il carico dinamico J r dω r /dt, si ottiene il luogo dei sovraccarichi che il campo di funzionamento del motore deve coprire. Scelto il motore con un certo margine di abbondanza, e quindi noto J m, si può verificare il reale rispetto della Naturalmente, al crescere di J m /τ 2 p, questa soluzione diventa sempre meno valida, in quanto porta alla scelta di un motore troppo sovrabbondante rispetto all effettiva richiesta. Occorre allora esaminare il secondo caso, assumendo per τ il valore ottimale τ opt che, come s è visto nel paragrafo da luogo al massimo rapporto tra l accelerazione impressa al carico e la coppia motrice. Questo però non è sempre possibile, in quanto ovviamente, per poter coprire tutto il campo delle velocità previste per il carico, deve risultare τ opt ω b ω r,max (3.15) Ammesso di poter fare τ = τ opt, risulta C m / J m = C r / J r + 2 J r dω r /dt (3.16) il che consente di scegliere il motore con il più adatto potere accelerante. Scelto il motore, si deve poi verificare la validità della 3.15: questo, con motori normali, non accade spesso, a meno che l inerzia del carico non sia molto piccola.

36 36 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO F P t a W E, E 2 Figura 3.9: Diagramma E-F Si osservi inoltre che la realizzazione di servomotori con inerzia particolarmente ridotta, se da un lato aumenta significativamente l accelerazione ottenibile (quando τ τ opt ), dall altro abbassa il valore di τ opt, rendendo contemporaneamente più difficile la copertura di tutto il campo di velocità previsto per il carico. Le crescenti esigenze nel campo dell automazione (comando d assi, robotica, ecc. ) hanno portato alla realizzazione di servomotori di inerzia piuttosto ridotta, con valori di ω b per i quali è possibile far si che τ opt ω b ω r,max ; in questi casi è allora possibile scegliere un riduttore con τ = τ opt, o perlomeno con un τ abbastanza vicino a τ opt. La 3.15 può anche essere scritta nella forma Jm ω b J r ω r,max (3.17) e mostra chiaramente che la riduzione del momento d inerzia di un motore è vantaggiosa solo se si evita di abbassare il termine E m = J m ω b, ossia se si riesce a conservare il valore dell energia cinetica massima imprimibile al rotore del motore (= E m 2 /2). In particolare attualmente sono molto promettenti i motori brushless, che hanno un comportamento simile a quello dei motori in C.C. ma, non avendo il collettore, non hanno la corrispondente tipica limitazione dei motori in C.C., per cui per essi il campo di lavoro a coppia costante arriva fino alla velocità massima (ossia è ω b = ω m,max ), e di conseguenza è facile soddisfare la 3.17 anche per piccoli valori di J m. Le 3.16 e 3.17 mostrano che le grandezze più idonee a caratterizzare un servomotore per controllo d asse, sono F m = C m / J m ed E m = Jm ω b, mentre le richieste del carico sono rappresentate dalle grandezze F r = J r dω r /dt ed E r = J r ω r,max. Emerge allora che per una oculata scelta del motore occorrerebbe predisporre un piano F, E nel quale i vari motori sono rappresentati da punti di coordinate F m, E m, e le richieste del carico sono rappresentate da punti di coordinate F r, E r. Il motore più adatto è quello le cui caratteristiche superano di poco la richiesta, deve essere cioè F m 2F r e E m E r (in presenza di una certa coppia resistente C r bisognerà far si che risulti F m 2F r + C r / J r ). Se tale piano è in scala logaritmica, le rette a 45 rappresentano le potenze massime W = F E, ossia la potenza fornita dal motore W m,n = C m ω b e quella assorbita dal carico W r,max = J r dω r /dtω r. Invece le rette a +45 rappresentano i tempi d avviamento t a = E/F, ossia il tempo t a,m = J m ω b /C m che il motore impiegherebbe a vuoto per raggiungere la sua velocità nominale ed il tempo t a,r = ω r,max /(dω r /dt) richiesto dal carico per raggiungere la sua velocità massima (fig. 3.9). Lo scarso significato fisico delle grandezze F ed E, nonchè l infelicità delle unità di misura con cui tali grandezze debbono essere espresse, porta alla loro sostituzione con grandezze pari al loro quadrato, il che nel piano logaritmico corrisponde semplicemente ad una variazione delle scale: il quadrato di F ha il significato di tasso di crescita P della potenza W in avviamento (ossia è la sua derivata rispetto al tempo), mentre il quadrato di E rappresenta l energia cinetica (a parte il fattore 1/2).

37 Capitolo 4 Il motore in corrente continua 4.1 Introduzione Lo scopo di questa dispensa è quello di mettere in rilievo i principi fondamentali di funzionamento dei motori DC con particolare interesse alle caratteristiche che li rendono adatti per tutte le applicazioni richiedenti il controllo del movimento (posizionatori). Per questo tipo di utilizzo ai motori DC viene imposta tensione e corrente di alimentazione per mezzo di azionamenti elettronici di potenza. Verrà presentata una breve descrizione di questi sistemi per evidenziarne le caratteristiche e la loro influenza sulle effettive prestazioni del sistema complessivo. Verrà presentato un modello elettrico e meccanico del sistema motore e azionamento, mettendo in evidenza la relazione fra questo modello e le caratteristiche del carico che il sistema deve movimentare. 4.2 Leggi fondamentali Durante il funzionamento di un motore elettrico avviene contemporaneamente la conversione di energia elettrica in meccanica e la trasformazione inversa. i F i F B B Figura 4.1: Leggi fondamentali per il funzionamento dei motori Il bilancio energetico di tale trasformazione, con riferimento alla figura 4.1, può essere dedotto dalle seguenti leggi: se un conduttore di lunghezza l si muove in un campo magnetico, descritto dal flusso magnetico B, con velocità v si genera una forza elettro motrice e e = Blv (4.1)

38 38 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA Se un conduttore percorso da corrente i viene posto in un campo magnetico, descritto dal flusso magnetico B, è soggetto ad una forza F = Bli. (4.2) Per generare coppia all albero del motore si deve quindi creare un campo magnetico in cui disporre uno o più conduttori percorsi da corrente. Per raggiungere tale scopo si utilizzano due avvolgimenti, in uno dei quali viene imposta la corrente di alimentazione per generare il campo magnetico di intensità desiderata, mentre nell altro viene imposta una tensione di alimentazione, da cui dipende il valore della corrente che ne percorre gli avvolgimenti. In alcuni casi viene imposta la corrente anche in questo secondo avvolgimento. L avvolgimento in cui viene imposta la tensione di alimentazione è detto avvolgimento di armatura, solitamente è l avvolgimento rotorico, ed in esso circola la corrente che interagisce con il flusso magnetico B, responsabile della generazione della coppia. L avvolgimento in cui si impone la circolazione della corrente per la generazione del campo magnetico viene detto avvolgimento di campo, o avvolgimento statorico. 4.3 Principio di funzionamento collettore avvolgimento di campo spazzola F spira θ F B Figura 4.2: Motore DC Elementare In un motore DC viene imposta una corrente all avvolgimento di campo per creare il flusso di campo magnetico all interno della macchina. Per ottenere coppia sul rotore della macchina è necessario rendere solidale con il rotore una o più spire percorse da corrente. Queste spire costituiscono l avvolgimento rotorico e vengono connesse con l alimentazione esterna per mezzo di un collettore a lamelle. Il collettore ha un certo numero di coppie di lamelle, disposte in senso assiale, fra di loro elettricamente isolate, su cui strisciano le spazzole e a cui sono collegate gli avvolgimenti del rotore. La continuità elettrica fra alimentazione e spire del rotore collegate al collettore è garantita da contatti striscianti detti spazzole (realizzate nella maggior parte dei casi in grafite). L alimentazione applicata dall esterno è una tensione continua, da cui deriva il nome dato a questo tipo di macchine. Se l avvolgimento rotorico è costituito da una sola spira (vedi figura 4.2) la coppia applicata al rotore dipende dalla proiezione della forza F applicata all avvolgimento sulla perpendicolare al piano passante per l asse del rotore, che lo contiene, ha quindi andamento sinusoidale ed è massima per θ = 0, nulla per θ = 90. In quest ultima posizione il motore non è in grado di funzionare, per generare coppia un sistema ad una sola spira come quello descritto deve spostarsi da questa posizione. Quando il rotore è ruotato per più di 90 gradi, il verso della tensione di alimentazione applicata alla spira viene invertito per la nuova posizione relativa fra collettore e spazzole, il verso delle forze applicate alla spira si inverte. Questo permette di generare una coppia motrice sempre nello stesso verso e quindi di far ruotare il rotore in continuazione. La tensione applicata sull avvolgimento di armatura è quindi alternata, spazzole e

39 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA 39 collettore funzionano da inverter, convertono la tensione continua in alternata, quando il flusso di energia va dal motore verso il carico, da rettificatore, convertono la tensione da alternata in continua, in caso contrario. L inversione della polarità di alimentazione della spira di armatura deve avvenire quando la corrente che fluisce in essa è nulla, in caso contrario l energia residua presente nella spira viene dissipata bruscamente sotto forma di scintillio fra spazzole e collettore. L istante in cui la corrente si annulla dipende dai parametri elettrici della spira (induttanza e resistenza) e dal valore della forza contro-elettro motrice (f.c.e.m) Avvolgimento di rotore Nel rotore vengono poste più spire a costituire l avvolgimento di armatura, esse possono essere avvolte sul rotore e collegate ai segmenti del collettore in vario modo, un esempio di questi (lap-winding) è riportato in figura 4.3 a). espansioni polari spira collettore i a spazzola V a Figura 4.3: a) Schematizzazione rotore, b) Schematizzazione della connessione delle spire. In questo tipo di schematizzazione supponiamo che i due rami che costituiscono la spira, sezionati nella figura, siano sfasati fra di loro di 180 gradi, ovvero la spira appartenga ad un piano passante per l asse del rotore come precedentemente illustrato. È possibile rilevare che in metà dei rami delle spire degli avvolgimenti la corrente fluisce in un senso, nell altra metà nel verso opposto. In particolare i conduttori con la croce identificano quelli che sono percorsi da corrente che entra nel piano del disegno, mentre quelli con il pallino sono percorsi da corrente che esce dal piano del foglio. Per alimentare gli avvolgimenti del rotore in questo modo, si ricorre ad un collegamento fra le varie spire come quello rappresentato in figura 4.3 b). In questa figura si osserva che, in funzione della posizione spazzole/collettore, ci sono due circuiti costituiti dalle spire collegate in serie, percorse da corrente di verso opposto, a seconda che si parta dalla spira a fino al punto b in senso antiorario oppure in senso orario. In questa posizione la spira a è ortogonale al campo (f.c.e.m nulla), viene quindi chiusa in corto circuito in modo che la corrente che in essa fluisce possa annullarsi, per poi cambiare verso nella successiva commutazione. L energia immagazzinata dall induttanza della spira viene dissipata sulla resistenza complessiva della spira. Il tempo in cui la corrente all interno della spira si annulla dipende dai valori di induttanza e di resistenza della spira stessa. Se la f.c.e.m non è nulla, le spire che stanno per commutare (sono cortocircuitate su sè stesse) sono soggette ad una corrente di corto circuito che produce calore, coppia frenante e scintillio fra spazzole e collettore. Per ridurre queste perdite di energia la commutazione delle spire avviene in una zona neutra, ovvero in una zona in cui il flusso di campo magnetico è nullo. Le zone in cui il flusso esiste vengono dette zone polari. Si osservi nella figura 4.3 che la zona neutra è quella in cui il rotore sporge dalle espansioni polari.

40 40 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA 4.4 Modello elettrico In questo paragrafo viene discusso il modello elettrico del motore, mettendo in evidenza come le caratteristiche fisiche del motore e le grandezze di comando del motore, tensioni e correnti, influenzano la velocità del rotore e la coppia prodotta. i a L a i c L c V a R c V c V i L c R c L a R a R a Figura 4.4: Modello elettrico motore in corrente continua, a) eccitazione parallelo, b) eccitazione serie. Con riferimento alla figura 4.4 per l avvolgimento di armatura e per quello di campo si possono scrivere le equazioni V a = i a R a + L a di a dt + V cem (4.3) di c V c = i c R c + L c (4.4) dt in cui V cem è la f.c.e.m.. Il valore di quest ultima e della coppia erogata viene determinata per mezzo della 4.1 e della 4.2. V cem è proporzionale alle dimensioni degli avvolgimenti, alla velocità di rotazione del rotore e al campo magnetico, quindi all intensità della corrente di campo i c : V cem = K Φ ωi c Questo legame lineare fra V cem e i c dipende inoltre dal materiale ferromagnetico utilizzato per la realizzazione del motore ed è verificato per quei valori di corrente che non fanno saturare il circuito ferromagnetico. La coppia prodotta al rotore sarà proporzionale alle dimensioni degli avvolgimenti, alla corrente di armatura i a che li attraversa e al campo magnetico, quindi all intensità della corrente di campo: C = K Φ i a i c In condizioni di regime, le relazioni precedenti costituiscono un sistema lineare dal quale è possibile ricavare la velocità ω di funzionamento del motore ω = V a R a i a K Φ i c. Dalle ultime due relazioni si determina il legame fra la coppia prodotta dal motore e la sua velocità di rotazione C = V ak Φ i c R a K Φ 2 2 i c ω R a Da tale relazione si osserva che la velocità di rotazione di un motore in corrente continua può essere controllata agendo su V a mantenendo costante i c, oppure agendo su i c mantenendo costante V a. Questi tipi di motori possono essere inoltre controllati in coppia imponendo la corrente i a che circola nell avvolgimento di armatura, mantenendo costante la tensione di armatura V a e la corrente di campo i c. In questo caso la velocità di rotazione dipende dalla curva caratteristica del carico applicato al motore. La costante K Φ utilizzata nelle precedenti relazioni per la determinazione della forza contro elettro motrice e della coppia deve essere espressa nelle stesse unità di misura fondamentali, che per il S.I. sono Kgm2 q. In 2 V particolare nel sistema di misura S.I. la K Φ può essere espressa in Arad/s per determinare la V cem e in Nm A per 2 determinare la coppia prodotta dal motore.

41 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA Dissipazioni per effetto Joule Le perdite per effetto Joule si verificano sull avvolgimento di armatura e su quello di campo, e sono rispettivamente pari a a P j a = Rai a 2 e P j c = R c i c 2. Il calore prodotto deve essere dissipato verso l esterno in modo che l isolamento degli avvolgimenti non si deteriori al punto da mettere in cortocircuito gli avvolgimenti stessi. Gli avvolgimenti nelle condizioni più critiche sono ovviamente quelli di rotore per i quali lo scambio termico con l ambiente esterno risulta più difficile. Per ridurre il pericolo di deterioramento degli isolanti si devono limitare le correnti ad un opportuno valore, in relazione al ciclo di funzionamento del motore. La potenza nominale del motore è vincolata alla sua capicità di dissipare energia verso l esterno, in particolare è quella potenza che il motore è in grado di fornire in modo continuativo senza che i suoi avvolgimenti raggiungano temperature non tollerabili dall isolamento. La massima temperatura ammessa dagli avvolgimenti è indicata dalla classe di isolamento Eccitazione parallelo Nel motore in corrente continua ad eccitazione parallelo, gli avvolgimenti di campo e di armatura vengono alimentati da due distinti generatori. È quindi possibile comandare in modo indipendente la corrente che genera il campo all interno del motore e la tensione e/o la corrente degli avvolgimenti di armatura. Sono i tipi di motori in corrente continua più diffusi in quanto permettono di regolare in modo efficace la velocità di funzionamento. Per essi vale il modello elettrico rappresentato in figura 4.4 e le relazioni che legano tensioni, correnti e coppia erogata descritte nel paragrafo 4.4. Come descritto il legame fra coppia prodotta dal motore e la sua velocità di rotazione è rappresentato dalla relazione C = V ak Φ i c K Φ 2 2 i c ω R a R a mentre le curve caratteristiche che ne derivano sono rappresentate nel piano coppia-ω nella figura 4.5.a. Dalla relazione precedente si osserva che la pendenza delle curve caratteristiche dipende dalla relazione K Φ 2 i c 2 R a e che quindi può essere variata agendo sulla corrente di campo i c, mentre la posizione può essere cambiata agendo sulla tensione di alimentazione V a, indirettamente quindi su i a = V a /R a. Agendo sui parametri elettrici citati, è possibile ottenere curve caratteristiche di elevata pendenza, in modo che il motore si comporti come un generatore ideale di velocità. In questo caso la velocità di funzionamento sotto carico si discosta poco dalla velocità di funzionamento a vuoto. Questi tipi di motori hanno avuto grande diffusione per la facilità con cui è possibile cambiare la velocità di rotazione agendo sulla tensione di armatura. C C V a i c R a V a ω ω Figura 4.5: Curve caratteristiche: a) eccitazione parallelo, b) eccitazione serie. Nel caso in cui si regoli la velocità di rotazione agendo sulla tensione di armatura, la corrente di campo viene mantenuta costante e pari al valore massimo ammissibile. La tensione di armatura V a viene variata

42 42 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA per ottenere punti di funzionamento con velocità diverse. Dalla figura si osserva che la posizione della curva caratteristica dipende, nelle ipotesi fatte, dalla tensione di armatura, e che quindi è possibile imporre al motore un punto di funzionamento a vuoto alla velocità desiderata (ω 0 ). L effettiva velocità ω di funzionamento dipende dalla curva caratteristica del carico applicato, in quanto la curva caratteristica del motore non è perfettamente verticale. La sua pendenza, che dipende dai parametri K Φ, R a e dalla corrente di campo i c, per i valori massimi di quest ultima, è molto elevata, questo permette di ottenere un buon campo di regolazione della velocità in quanto, per piccole variazioni di velocità si hanno elevate variazioni di coppia che sono in grado di mantenere il carico in prossimità della velocità impostata. La velocità del motore può essere variata cambiando la corrente di campo, in questo caso, per bassi valori di i c, il punto di funzionamento a vuoto imposto è più sensibile alle variazioni di coppia per la minor pendenza della curva caratteristica. Per questo tipo di eccitazione la corrente di campo i c è molto più piccola della corrente di armatura i a, quindi la maggior parte delle perdite di energia per effetto Joule si hanno sull avvolgimento di armatura Eccitazione serie In questo caso gli avvolgimenti di campo e di armatura sono collegati in serie e perciò attraversati dalla medesima corrente i a, come illustrato nella figura 4.4.b. Valgono le relazioni 4.3 e 4.4 in cui si sostituisce i a ad i c. Analogamente a quanto visto nel paragrafo precedente è possibile ottenere le relazioni ω = V a R a i a K Φ i a C = K Φ i 2 a dalle quali si ottiene il legame fra la coppia generata e la velocità di rotazione C = K Φ V 2 a (ωk Φ + R a ) 2 le curve caratteristiche risultanti sono rappresentate nella figura 4.5.b. Dalla relazione precedente si osserva che la coppia prodotta è massima allo spunto (a velocità nulla), e la sua intensità può essere regolata agendo sulla resistenza complessiva del circuito. In particolare agendo sulla tensione di armatura le curve caratteristiche di alzano, aumentando la resistenza del circuito le curve traslano verso sinistra. Questo tipo di regolazione è stato utilizzato sui tram elettrici in cui la coppia allo spunto viene abbassata, per ottenere partenza dolci, per mezzo di un reostato. A sistema avviato la resistenza inserita alla partenza viene via via tolta per ridurre le perdite per effetto joule. Questi motori possono raggiungere velocità elevate solo con carichi molto bassi, non sono adatti per il funzionamento a vuoto in quanto può essere raggiunta la velocità di fuga, mentre sono adatti ad essere accoppiati con utilizzatori la cui coppia resistente cresce con la velocità, come ad esempio i mandrini per macchine utensili. 4.5 A magneti permanenti Per i motori ad eccitazione parallelo è possibile fissare la pendenza delle curve caratteristiche utilizzando dei magneti permanenti per le generazione della denstià di flusso magnetico all interno del motore. In una macchina di questo tipo l avvolgimento di campo scompare, quindi la regolazione del punto di funzionamento del motore viene fatta agendo sulla tensione di armatura V a o sulla corrente di armatura i a. Variando uno di questi due parametri le curve caratteristiche traslano parallelamente lungo l asse delle ascisse nel piano coppia-ω. L utilizzo di magneti permanenti permette di ottenere motori più piccoli e leggeri, caratteristiche particolarmente richieste per motori di piccola e media potenza. Inoltre si elimina la necessità di realizzare un alimentazione per il circuito di campo. L assenza di questo circuito riduce il surriscaldamento del motore. I magneti permanenti presentano nel piano campo magnetico H, densità di flusso magnetico B un ciclo di isteresi. Come ben noto, materiali di questo tipo sono in grado di generare una densità di flusso magnetico

43 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA 43 B r B B 1 H c H H Figura 4.6: a) ciclo di isteresi magneti, b) curva di demagnetizzazione di alcuni magneti impiegati in motori CC: 1) Alnico, 2) Ferritici, 3) Terre rare cobalto, 4) Ne-Fe B r anche quando non sono immersi un un campo magnetico H. Questo valore della densità di flusso viene detta induzione magnetica residua. Per questi materiali esiste tuttavia un valore del campo magnetico H tale per cui l induzione magnetica residua B r si annulla, il valore del campo H c a cui questo fenomeno si verifica è detto forza magnetica coercitiva. Le caratteristiche di diversi materiali ferromagnetici sono evidenziate da cicli di isteresi diversi. In figura 4.6 è riportato il ciclo di isteresi nel secondo quadrante per vari materiali, questa parte del ciclo di isteresi viene detta curva di demagnetizzazione. All interno di un motore CC i magneti permanenti vengono fatti lavorare nel secondo o nel quarto quadrante, ovvero in quei quadranti in cui l intensità del campo magnetico e la densità di flusso hanno segni fra di loro opposti. Per questi motori la coppia e la forza contro elettro motrice prodotte sono rispettivamente legate alla corrente I a e alla velocità ω di rotazione del motore dalle relazioni C = K t I a (4.5) e V cem = K v ω (4.6) in cui K t è detta costante di coppia misurata in Nm/A e K v costante di velocità misurata in rad/s. Utilizzando queste unità di misura le due costanti hanno il medesimo valore numerico. Nel seguito si supporrà questa condizione, per cui si indicherà generalmente una costante K. Tipicamente la costante di velocità viene fornita V dal costruttore in 1000g/1. Le caratteristiche di un motore a magneti permanenti, individuate della costante di coppia K t e della costante della forza contro elettro motrice K v, sono strettamente legate alla densità di flusso magnetico generato all interno della macchina dai magneti permanenti, una variazione delle loro caratteristiche durante il funzionamento del motore implica una variazione delle caratteristiche del motore stesso. Per evitare questo problema il costruttore del motore fissa (traferro, lunghezza del circuito magnetico) il punto di lavoro a vuoto dei magneti all interno del ciclo di isteresi del secondo quadrante con un processo detto stabilizzazione. Questo procedimento fissa il legame H B lungo una retta (recoli line) all interno del ciclo di isteresi. In questo modo durante il funzionamento del motore il campo magnetico generato dagli avvolgimenti di armatura, sposta il punto di lavoro dei magneti lungo la recoil line. In particolare ad un estremità del magnete il punto di lavoro si sposta in una direzione, all altra estermità del magnete il punto di lavoro si sposta nella direzione opposta. Globalmente, durante il funzionamento il punto di lavoro fissato rimane nella medesima posizione. Si verifica demagnetizzazione quando il punto di lavoro, spostandosi sulla recoil line, raggiunge la curva di demagnetizzazione. Gli effetti della demagnetizzazione dei magneti dovuta alla corrente di armatura è ridotta limitandola ad un valore massimo ammissibile, e costruendo percorsi magnetici che guidano il flusso di campo magnetico generato dai magneti verso il rotore, ed evitano che i magneti stessi siano interessati dal campo magnetico generato dal rotore. I magneti dei motori CC possono subire alterazioni anche in seguito al loro surriscaldamento. L eventuale demagnetizzazione, che implica una diminuzione di K v, può essere determinata verificando la massima velocità di rotazione del motore a vuoto. V

44 44 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA Tipi di magneti permanenti Nella figura 4.6.b sono riportate e curve di demagnetizzazione dei magneti tipicamente utilizzati nei motori, nel seguito viene riportata una breve descrizione. Magneti Alnico Questi magneti sono costituiti principalmente da alluminio, nickel, e cobalto. Il nome Alnico deriva dai simboli (Al, Ni, Co) degli elementi principali che li costituiscono, sono ampiamente diffusi in diversi campi. Presentano un elevata densità di flusso magnetico residuo ma hanno una bassa forza coercitiva, quindi per evitare che la vicinanza di due poli opposti possa indebolire il flusso prodotto, devono essere magnetizzati longitudinalmente. Magneti Ferritici Hanno densità di flusso magnetico residua minore rispetto agli Alnico, ma hanno un elevata forza coercitiva, che può raggiungere i 3000 Oe. Questi magneti non contengono metalli nobili o duri, il loro componente principale è l ossido di ferro e pertanto sono di basso costo. Inoltre le loro caratteristiche possono essere rese omogenee usando tecniche ceramiche. Presentano bassa densità ed elevata fragilità. Per la loro elevata forza coercitiva possono essere magnetizzati trasversalmente. Magneti al cobalto terre-rare Questi tipi di magneti hanno circa lo stesso valore di densità di flusso magnetico residua dei magneti Alnico, e forza coercitiva tre o quattro volte maggiore di quella dei magneti ferritici. Questo permette di ottenere motori più leggeri e di elevate caratteristiche. Sono prodotti due tipi di magneti al cobalto e terre rare, ReCo 5 e Re 2 Co 17. Quest ultimo permette di ottenere motori con caratteristiche migliori rispetto al primo. Sono magneti molto costosi in quanto contengono somario e cobalto come elementi alle terre rare, elementi molto costosi. Magneti Neodio Ferro Questi magneti hanno ottime caratteristiche e pertanto sono stati utilizzati in applicazioni industriali. Sono molto costosi. 4.6 Comportamento dinamico del motore CC In questo paragrafo viene analizzato il comportamento nel dominio delle frequenze di un motore CC. Trasformando secondo Laplace le relazioni (con condizioni iniziali nulle) si ottiene Dalla prima relazione si ricava V a (s) = R a I a (s) + K v ω(s) + L a I a (s)s C(s) = K t I a (s) = J m ω(s)s + C r (s) I a (s) = V a K v ω R a (1 + sτ e ) dove τ e = R a /L a è la costante di tempo elettrica del circuito di armatura. Dalla seconda relazione si ottiene ω = C C r J m s Le relazioni precedenti possono essere rappresentate per mezzo di uno schema a blocchi rappresentato in figura 4.7. Da questo diagramma si può ottenere la risposta del motore come variazione di velocità ω ad un gradino di tensione di alimentazione V a ed ad un gradino di coppia resistente C r. Nel primo caso (per C r = 0) si ottiene ω(s) V a (s) = K K 2 + (R a + sl)j m s = 1/K (4.7) 1 + (1 + sτ e )sτ m

45 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA 45 C r V a + 1 R a (1+sτ e ) I a C K + 1 sj m ω V cem K Figura 4.7: Schema a blocchi del motore CC ad anello aperto. in cui τ m = J mr a K 2 è la costante di tempo meccanica del motore. Nel secondo (per V a = 0) risulta ω(s) C r (s) = (1 + sτ e )R a K 2 + (R a + sl)j m s = (1 + sτ a)r a /K 2 (4.8) 1 + (1 + sτ e )sτ m Il denominatore di queste relazioni presenta due soluzioni (due poli) alle pulsazioni s 1,2 = τ m ± τm 2 4τ e τ m = 1 τ m 4τ e ± 2τ e τ m 2τ e 4τe 2 τ m Le soluzioni risultano complesse coniugate se τ e > 1 4 τ m, in questo caso la funzione di trasferimento 4.7 può essere scritta nella forma ω(s) V a (s) = ωn/k 2 s 2 + 2sξω n + ωn 2 in cui ω n = 1/ τ e τ m è detta pulsazione naturale e individua la pulsazione propria del sistema, mentre ξ = 1 2 τm /τ e è detto fattore di smorzamento. Quindi ω n individua la larghezza di banda del motore, mentre ξ rappresenta il termine che limita il picco di risonanza (infatti nella relazione precedente per s = ȷω n il modulo della funzione di trasferimento risulta 1/2ξ il guadagno in continua). In termini di risposta al gradino, il tempo di salita (per raggiungere il 90% del regime) è inversamente proporzionale a ω n, la sovraelongazione è inversamente proporzionale a ξ, mentre il tempo di assestamento della risposta intorno al valore di regime è inversamente proporzionale alla parte reale dei poli pari a 1/τ e (il transitorio si esaurisce tanto più velocemente quanto più è piccola la τ e ). La pulsazione ω n risulta tanto più elevata quanto più è bassa la costante di tempo meccanica del sistema, quindi le prestazioni dinamiche del motore (larghezza di banda) aumentano al diminuire dell inerzia J m e all aumentare della costante K del motore. Un motore soggetto a continui cicli di funzionamento, con rapide variazioni di velocità trova vantaggio ad avere una bassa costante di tempo meccanica, in quanto le stesse accelerazioni possono essere ottenute con minor corrente di armatura, e quindi minor surriscaldamento del motore: ciò comporta l utilizzo di un motore di minor taglia. Se le soluzioni sono reali (τ e < 1 4 τ m), risultano in ogni caso negative, quindi il motore converge verso il regime senza oscillazioni. Si osservi che per τ e 0 il denominatore citato diventa del primo ordine in s, per cui anche in questo caso si raggiunge la situazione di regime senza sovraelongazioni, mentre la τ m rappresenta il tempo in cui il sistema raggiunge il 66% del regime. Quando il motore viene collegato al carico la costante di tempo meccanica deve essere calcolata tenendo conto dell inerzia ridotta del carico τ m = (J m+j c τ 2 )R a K. In particolare se si sceglie il rapporto di trasmissione 2 che rende massime le accelerazioni (τ opt = J m /J c ) la costante di tempo viene raddoppiata. Nella tabella 4.1 sono riportate le caratteristiche di alcuni motori CC. Nella colonna radici è riportata una R per indicare poli reali, una C per indicare poli complessi, nella colonna 1 polo viene riportata la pulsazione del primo polo per soluzioni reali o la pulsazione ω n per soluzione complesse, nell ultima colonna il polo della

46 46 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA Motor Type M o [Nm] M max [Nm] Max Vel. [g/1 ] Motori CC AEG - serie TT20 e TT29 P n K Ra La J m [Kw] [Ω] [mh] Kgcm A R C R A R C R A R C R A R C R A C C C A C B C C C A C B C τ e [ms] τ m [ms] ξ radici 1 polo 1/τ m Tabella 4.1: Vari tipi di motori CC funzione di trasferimento in cui si è trascurata la τ e. Dai dati presentati si osserva che l approssimazione del sistema con il solo polo 1/τ m risulta attendibile quando τ m τ e e quando τ m τ e. In generale la costante di tempo elettrica è paragonabile con quella meccanica per i servomotori, negli altri casi è trascurabile. Nella figura 4.8 sono riportate le risposte al gradino di tensione di alimentazione V a per tre motori estratti dalla citata tabella. In condizioni di stazionarietà la risposta al gradino dei disturbi citati può essere determinata ricorrendo al teorema del valore finale, per cui la risposta a transitorio esaurito può essere determinata ponendo s = 0 nelle 4.7, 4.8 ω = 1 K V a ω = R a K 2 C r Da tali relazioni si osserva che al crescere della costante K del motore diminuisce la sensibilità della velocità ω alle variazioni di tensione di alimentazione, mentre diminuisce la sensibilià ai disturbi di coppia provenienti dal carico. Infatti un aumento di K implica un aumento della pendenza della curva caratteristica del motore.

47 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA 47 ωk Va b c a t Figura 4.8: Risposta al gradino di tre motori: a) TT2950-1A b) TT2950-1C c) TT2952-1A

48 48 CAPITOLO 4. IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA

49 Capitolo 5 Azionamenti elettronici PWM 5.1 Azionamenti elettronici di potenza I motori in corrente continua vengono tipicamente utilizzati per imporre al carico dei cicli di lavoro, nei quali può essere fermo, funzionare a velocità costante, accelerare o decelerare per portarsi ad una nuova veloctità. Questo funzionamento del motore è tipico nelle applicazioni in cui è richiesto il controllo di posizione. Per raggiungere la citata flessibilità, il motore viene pilotato per mezzo di un azionamento elettronico di potenza, il driver, il quale è in grado di trasferire energia dalla rete elettrica verso il motore secondo un comando imposto dall esterno (ad esempio da parte del controllore). Controllando il trasferimento dell energia si è in grado di imporre al motore la velocità di rotazione desiderata. Esistono vari tipi di driver per motori in corrente continua, qui vedremo i chopper. Per introdurre il funzionamento dei chopper si consideri il circuito di figura 5.1 in cui per mezzo della resistenza R si vuole regolare la temperatura di in ambiente disponendo di una sorgente a tensione costante V. Se la resistenza viene collegata direttamente all alimentazione, l enerigia prodotta dal resistore è pari a V 2 /R. Se è maggiore di quella dissipata dall ambiente che si vuole riscaldare si verifica un aumento di temperatura. Com.gate V V r R V r T a) b) Figura 5.1: a) schematizzazione di un chopper b) seguenza di comando di gate e tensione applicata alla resistenza Una possibile soluzione consiste nel collegare la resistenza all alimentazione in modo discontinuo utilizzando ad esempio un GTO. Il collegamento discontinuo può essere realizzato comandando in conduzione oppure no il GTO. La somma del tempo t on in cui la resistenza è alimentata e del tempo t off in cui la resistenza è scollegata dall alimentazione è detto periodo T, mentre il rapporto fra il tempo in cui il tristore è in conduzione e il periodo T viene detto duty cycle k, per la sua definizione 0 k 1. Il valore medio sul periodo T della tensione applicata alla resistenza è V m = V t on + 0t off T = V k

50 50 CAPITOLO 5. AZIONAMENTI ELETTRONICI PWM per cui, tenendo fisso il periodo T e variando k si è in grado di imporre sul resistore una tensione media minore di V. L energia dissipata sul resistore e impiegata per riscaldare l ambiente in questo caso è E = (V k)2 R per cui variando il duty cycle k si cambia l energia trasmessa dal resistore all ambiente e si è quindi in grado di controllare la temperatura. Si sceglie un valore di k tale che l energia dissipata sul resistore eguagli quella persa dall ambiente verso l esterno. La tecnica illustrata è detta PWM (Pulse Width Modulation) in quanto la regolazione avviene modificando la lunghezza del periodo t on rispetto al periodo T. La frequenza F = 1/T è un indice delle escursioni di temperatura all interno dell ambiente. Infatti per basse frequenze di funzionamento si alternano intervalli di tempo (t on ) in cui la temperatura cresce, e intervalli (t off ) in cui la temperatura scende, il tutto attorno al valore medio desiderato. L ampiezza dell escursione di temperatura dipende ovviamente anche dalla capacità termica dell ambiente. L ampiezza dell oscillazione di temperatura è inversamente proporzionale alla frequenza di funzionamento F del tristore. La massima frequenza di funzionamento dipende dalle caratteristiche del circuito che deve essere alimentato e dalla tecnologia con cui è realizzato la valvola elettronica di potenza (in questo caso il GTO) con cui si parzializza il flusso di energia verso l utilizzatore I chopper Questi dispositivi sono convertitori DC-DC, generano una tensione continua da una sorgente di tensione continua. Sono dotati di valvole elettroniche di potenza che permettono di trasferire, secondo le esigenze, l energia dalla sorgente all utilizzatore. Le valvole elettroniche possono essere di vario tipo (transistor di potenza, MO- SFET, GTO) in funzione della potenza in gioco e della frequenza di switching richiesta. Nei disegni presentati le valvole saranno rappresentate con il simbolo del transistor, in seguito verranno sottolineati i campi di applicazione dei vari tipi di valvola elettronica. I a I a Q V D r V V cem V cem a) b) c) Figura 5.2: Chopper step-down: a) circuito, b) fase di on, c) fase di off In figura 5.2.a è riportato il funzionamento del chopper più elementare, atto a pilotare un motore in corrente continua. Questo tipo di circuito viene detto ad 1 quadrante (il primo nel piano corrente-tensione) in quanto la corrente erogata dal convertitore assume il verso concorde con la tensione. Il convertitore è in grado di applicare al motore la tensione media V a = V k in cui V tensione di alimentazione del chopper, k duty cycle. Questi tipi di convertitori sono in grado di generare una tensione minore di quella di alimentazione, vengono perciò detti chopper step-down. In questo circuito è stato introdotto il diodo di ricircolazione D r che evita danneggiamenti del transistor durante la commutazione e permette il ricircolo della corrente sugli avvolgimenti del motore durante la fase off, garantendo un cammino alla corrente che li percorre. Durante questa fase viene dissipata parte dell energia immagazzinata nell induttanza del motore. Nella stessa figura sono riportati gli schemi elettrici di funzionamento del convertitore, in (b) quando il transistor è in conduzione e in (c) quando il transistor non lo è. Per lo studio

51 CAPITOLO 5. AZIONAMENTI ELETTRONICI PWM 51 A a b c KHz Figura 5.3: Ripple di corrente in funzione della frequenza di switching, per V = 50V, R a = 0.5Ω, k = 0.3Nm/A: a) τ e = 5ms b) τ e = 10ms c) τ e = 20ms elettrico del circuito ci si deve rifare a queste due configurazioni considerando le condizioni iniziali, di corrente per le induttanze e di tensione per eventuali condensatori, presenti al termine della fase precedente. Durante la fase di on l equazione del circuito è (considerando ideali transistor e diodo) mentre nella fase di off V = R a I a + L a di a dt + V cem (5.1) R a I a + L a di a dt + V cem = 0 (5.2) Nelle condizioni di regime la corrente I a non è costante, infatti durante la fase di on la corrente cresce secondo la 5.1, mentre durante la fase di off decresce secondo la 5.2. Risolvendo la relazioni precedenti considerando le condizioni iniziali citate, calcolando il valore massimo della corrente I max che si verifica al termine della fase di on dopo un tempo t = kt, il valore minimo della corrente I min che si verifica al termine della fase di off dopo un tempo t = (1 k)t, il ripple di coppia risulta I = I max I min = V [ 1 + e T/τ e e kt/τ e e (1 k)t/τ ] e 2R a e T/τ e 1 Questa relazione è stata ottenuta supponendo che l energia immagazzinata nell induttanza sia tale da non fare annullare la corrente durante la fase di off. Il ripple di corrente genera nel motore un ripple di coppia, infatti C = KI a. L ampiezza del ripple di corrente dipende dalle caratteristiche del circuito, in particolare da L a e della frequenza F = 1/T di funzionamento del convertitore, quindi a parità di motore il ripple di coppia può essere ridotto aumentando la frequenza di funzionamento del convertitore. In figura 5.3 è riportato il ripple di corrente in funzione della frequenza di switching. In generale aumentando la frequenza di lavoro del convertitore il ripple diminuisce. Il diagramma è riportato per tre motori nelle medesime condizioni di funzionamento ma con τ e diverse. Al diminuire della τ e aumenta il ripple, quindi motori con elevate caratteristiche dinamiche (bassa τ e e τ m ) richiedono convertitori che funzionano ad elevata frequenza. Esistono alcune configurazioni di chopper che sono in grado di erogare tensioni maggiori di quelle di alimentazione. Queste configurazioni possono essere utilizzate per realizzare convertitori per motori CC in grado di fare una frenatura rigenerativa del motore. Con la frenatura rigenerativa l energia prodotta dal motore viene ceduta alla sorgente di alimentazione del convertitore, in modo che possa essere utilizzata nelle fasi in cui il motore funziona come generatore di coppia (potenza meccanica). Lo schema base di questi convertitori (detti chopper step-up) è riportato in figura 5.4.a. Nella 5.4.b è presentato il circuito equivalente quando il transistor Q è chiuso, mentre nella 5.4.c il circuito equivalente quando il transistor è aperto. Questi tipi di convertitore sono ad 1 quadrante e consentono una corrente negativa rispetto alla tensione dell alimentazione, perciò lavorano nel secondo quadrante nel piano corrente-tensione. La corrente generata dal motore (a causa della forza contro elettromotrice) viene fatta ricircolare sul motore quando il transistor è (5.3)

52 52 CAPITOLO 5. AZIONAMENTI ELETTRONICI PWM D T Q a b c Figura 5.4: Chopper step-up per la frenatura rigenerativa/reostatica chiuso, mentre quando il transistor è aperto l energia immagazzinata nell induttanza del motore viene ceduta all alimentazione. In particolare può essere utilizzata per caricare un condensatore posto in parallelo all alimentazione (si immagazzina energia nel condensatore come avviene per il volano di un meccanismo soggetto a carichi variabili). Durante il funzionamento del convertitore l energia non può fluire dall alimentazione verso il motore per la presenza del diodo D che impedisce la circolazione della corrente in questo verso. Durante la fase di on vale le relazione R a I a + L a di a dt = V cem mentre nella fase di off di a V + R a I a + L a dt = V cem Da quest ultima relazione, che descrive la carica del condensatore sull alimentazione, si evince che la carica dello stesso può avvenire anche quando V cem < V. L energia ceduta dal motore in un periodo (considerando valori medi di tensione e corrente) è (V a I)T, mentre l energia assorbita dal condensatore (V It off /T )T, egugliandole si ottiene V = V a 1 k quindi per duty cycle k minori di 1 è possibile trasferire energia verso alimentazioni con tensioni più alte. Chiaramente il condensatore non può essere caricato in modo indefinito (all aumentare dell energia immagazzinata nel condensatore aumenta la tensione ai sui capi), quindi raggiunta una tensione di soglia si deve interrompere il flusso di corrente verso il condensatore. Una possibile soluzione prevede la frenatura reostatica, realizzabile collegando in parallelo al motore una resistenza in grado di dissipare l energia proveniente dal motore. La resistenza viene collegata per mezzo del tristore T, quando il condensatore raggiunge la massima tensione ammissibile durante la fase di off del transistor (durante la frenatura reostatica il condensatore non si scarica grazie alla presenza del diodo). Per questo tipo di convertitore valgono le considerazioni fatte per gli step-down per quanto riguarda il ripple di corrente (che in questo caso influenza la coppia frenante del motore) e per la frequenza di funzionamento. L energia immagazzinata nel condensatore può essere poi utilizzata da un convertitore step-down per alimentare il motore che deve fornire coppia motrice (l energia fluisce dall alimentazione verso il carico meccanico) Chopper a più quadranti È possibile realizzare chopper che funzionano in più quadranti, con i quali si ottengono i due tipi di funzionamento citato. Le descrizioni del funzionamento dei chopper a due e quattro quadranti che vengono riportate rappresentano una delle possibili soluzioni. Qualsiasi sia la soluzione utilizzata è sufficiente cambiare la seguenza di commutazione dei dispositivi elettronici di potenza o il duty cycle per cambiare il comportamento del convertitore. In particolare questi azionamenti sono bidirezionali senza discontinuità di funzionamento, non si deve attendere l intervento di relè meccanici che invertono la polarità del collegamento del motore al driver.

53 CAPITOLO 5. AZIONAMENTI ELETTRONICI PWM 53 V Q 1 D 1 Q 2 D 2 V Q 1 D 1 Q 2 D 2 D 3 Q 3 D 4 Q 4 a) b) Figura 5.5: Chopper a più quadranti A due quadranti In figura 5.5.a è riportato lo schema di un chopper a due quadranti in grado di far ruotare il motore in una sola direzione (tensione monopolare) e di fare frenatura rigenerativa (corrente bipolare). I transistor che lo costituiscono vengono attivati alternativamente nel periodo T di ciclo, Q 1 è in conduzione per 0 t kt mentre Q 2 lo è per kt t T. Per evitare cortocircuiti i due transistor non possono essere attivi contemporaneamente (viene previsto un piccolo ritardo fra l istante di commutazione dei due dispositivi). Durante la fase on di Q 1 la corrente I a soddisfa la relazione V = R a I a + L a di a dt + V cem per cui in condizioni iniziali nulle (I a = 0) fluisce nel transistor Q 1 verso il motore (corrente positiva) che genera coppia. Nella fase successiva, in cui Q 2 è in conduzione, la corrente ricircola sul motore attraversando il diodo D 2, per cui si attenua secondo la R a I a + L a di a dt + V cem = 0 Se prima del termine di questa fase la corrente si annulla e cambia segno, a causa della V cem, essa ricircola sul motore in verso opposto attraverso il transistor Q 2 caricando l induttanza L a del motore. Nella fase successiva, in cui Q 1 è in conduzione, inizialmente la corrente ha verso opposto rispetto al caso precedente (nella stessa configurazione), per cui fluisce attraverso il motore verso la sorgente di alimentazione per mezzo del diodo D 1, in modo da trasferire l energia immagazzinata nell induttanza. Finché la corrente ha verso negativo, il sistema funziona nella configurazione rigenerativa, quando la corrente assume nuovamente il verso positivo il motore genera coppia motrice. Le due possibilità di funzionamento possono essere attivate semplicemente cambiando il duty cycle k del convertitore, infatti la tensione media applicata al motore è V a = kv, pertanto la corrente media che attraversa il convertitore è I a = kv V cem R a Risulta positiva se kv > V cem, quindi quando il motore ruota ad una velocità inferiore a quella a vuoto impostata (l energia viene trasferita dal carico all alimentazione), risulta negativa nel caso opposto, quindi quando il motore ruota ad una velocità maggiore di quella a vuoto (l energia viene trasferita dal carico all alimentazione). La massima coppia frenante dipende dalla velocità di rotazione del motore ottenibile imponendo k = 0. Esistono condizioni di funzionamento in cui la corrente erogata dal convertitore mantiene sempre lo stesso verso, positivo per la fase generativa, negativo per la fase rigenerativa. Per particolari valori di corrente all inizio della fase di conduzione di uno dei due transistor (condizioni iniziali) la corrente può invertirsi in modo da trasferire l energia nella direzione opposta. Il comportamento della corrente dipende dalle caratteristiche elettriche del motore (τ e ), dalla frequenza 1/T di funzionamento del convertitore e dal duty cycle impostato.

54 54 CAPITOLO 5. AZIONAMENTI ELETTRONICI PWM A quattro quadranti In figura 5.5.b è riportato lo schema di un chopper a quattro quadranti in grado di imporre al motore tensioni di alimentazioni bipolari e di fare frenatura rigenerativa per entrambe le polarità di alimentazione del motore. Nella configurazione che viene descritta nessun transistor rimane continuamente aperto o chiuso. La seguenza di comando prevede di attivare Q 4 dopo un periodo T dall attivazione di Q 1, in modo analogo Q 2 viene attivato dopo un periodo T dall attivazione di Q 3. Per quanto riguarda lo sfasamento di attivazione fra la coppia di transistor Q 1 Q 4 e Q 2 Q 3 il transistor Q 3 viene attivato quando il transistor Q 4 viene aperto. Considerando gli intervalli di tempo, in riferimento alla figura 5.6 risulta che Q 1 è in conduzione per 0 t kt, mentre Q 4 per T t T + kt. Q 3 è in conduzione per T + kt t 3T, ovvero per kt T t T, mentre Q 2 per kt t 2T. Q 1 Q 1 Q 2 T kt 2T 3T Q 2 kt T 2T 3T Q 3 Q 3 Q 4 Q a) b) Figura 5.6: 1 k 2 Segnali di comando delle valvole elettroniche del chopper a quattro quadranti: a) per 0 k 1, b) per Con questo tipo di comando risulta che per 1 k 2 al motore viene applicata una tensione media positiva, mentre per 0 k 1 una tensione media negativa, quindi l inversione di polarità della tensione applicata al motore avviene in prossimità di k = 1. 1) V a = V 3) V a = 0 2) V a = 0 4) V a = V Figura 5.7: Fasi di funzionamento chopper a 4 quadranti Nell intervallo di tempo 2T si possono verificare 4 diverse configurazioni rappresentate in figura 5.6 e 5.7: 1.Q 1 e Q 4 contemporaneamente chiusi. In questo caso al motore viene applicata una tensione V, quindi V a = V. Questa configurazione può verificarsi solo per 1 k 2. Se la corrente è concorde con la tensione applicata si è nella configurazione generativa (flusso di energia verso il motore), in caso contrario la corrente fluisce verso l alimentazione tramite i diodi D 1 e D 4 (flusso di energia dal motore verso l alimentazione).

55 CAPITOLO 5. AZIONAMENTI ELETTRONICI PWM 55 2.Q 1 e Q 3 contemporaneamente chiusi. In questo caso la corrente ricircola sul motore al quale viene applicata una tensione nulla, quindi V a = 0. Questa configurazione può essere raggiunta per qualsiasi valore di k. La corrente che percorre il motore in questa fase può decrescere o aumentare a seconda che questa configurazione si alterni ad una fase generativa od ad una rigenerativa. 3.Q 2 e Q 4 contemporaneamente chiusi. In questo caso la corrente ricircola sul motore al quale viene applicata una tensione nulla, quindi V a = 0. Questa configurazione può essere raggiunta per qualsiasi valore di k. La corrente che percorre il motore in questa fase può decrescere o aumentare a seconda che questa configurazione si alterni ad una fase generativa od ad una rigenerativa. 4.Q 2 e Q 3 contemporaneamente chiusi. In questo caso al motore viene applicata una tensione negativa V, quindi V a = V. Questa configurazione può verificarsi solo per 0 k 1. Se la corrente è concorde con la tensione applicata si è nella configurazione generativa (flusso di energia verso il motore), in caso contrario la corrente fluisce verso l alimentazione tramite i diodi D 2 e D 3 (flusso di energia dal motore verso l alimentazione). Per 0 k 1 (tensione applicata al motore negativa) la fasi sopraccitate si alternano nel periodo 2T con la seguenza , mentre per 1 k 2 (tensione applicata al motore positiva) con la seguenza Per un qualsiasi valore di k la tensione viene applicata al motore con una forma d onda rettangolare di periodo T, all interno del quale per il tempo δt = k 2 T viene imposta una tensione V (o V ), mentre per il tempo (1 δ)t una tensione nulla. La tensione e la corrente media imposta al motore risultano pertanto V a = 2V (0.5 δ) = V (1 k) I a = V a V cem R a Durante la frenatura rigenerativa la coppia frenante dipende dalla differenza V a V cem, per cui il valore massimo lo si ottiene in corrispondenza di V a = 0. Se si inverte la polarità della V a per aumentare la coppia frenante si abbandona la fase di frenatura rigenerativa e l energia proveniente dalla rete e dal carico viene dissipata sul motore (il motore funziona nel secondo quadrante). La frenatura rigenerativa è tanto più efficace quanto più è elevata la velocità di funzionamento del carico e quanto più è elevata la pendenza della curva caratteristica (K 2 /R a ) del motore Considerazioni 1.Per particolari situazioni di funzionamento, la corrente erogata dal chopper può assumere valori eccessivi per i componenti elettronici di potenza, per evitare che in tali condizioni si deteriorino la corrente erogata viene tenuta istante per istante sotto controllo da appositi circuiti. Se la corrente supera il massimo valore istantaneo ammesso viene cambiato il duty cycle in modo ridurre l intensità. Questo permette di imporre la massima corrente ammissibile dal convertitore e dal motore durante le fasi di accelerazione. 2.Il ripple di corrente (vedi la relazione) non dipende dall velocità di rotazione (V cem ), da essa dipende solo il valore medio della corrente. 3.Accoppiamenti convertitore-motore. I chopper sono in grado di imporre una tensione media e di erogare una corrente il cui ripple dipende dalle caratteristiche del motore. Il ripple di corrente genera un oscillazione della velocità del motore, infatti risulta ω I a = K J m s = K J m 2π1/T in cui 1/T è la frequenza di funzionamento del convertitore, K costante del motore. Per mezzo della 5.3 e ricordando la definizione di τ m risulta ω = V [ e T/τ e e kt/τ e e (1 k)t/τ ] e 2τ m K 2π1/T e T/τ e 1 per cui le variazioni di velocità sono tanto più basse quanto è più bassa la τ e del motore, quanto più alta la τ m e quanto più è elevata la frequenza di funzionamento del convertitore. Per ottenere elevate velocità

56 56 CAPITOLO 5. AZIONAMENTI ELETTRONICI PWM di funzionamento senza ripple accettando transitori lunghi, si possono pertanto utilizzare motori con elevata inerzia. La scelta di un convertitore che funziona ad elevata frequenza più ridurre ulteriormente il ripple di velocità. Se l inerzia del motore è molto elevata si possono utilizzare convertitori che funzionano a basse frequenze realizzati con dispositivi elettroni di potenza economici (tristori). L effetto di una elevata τ m risulta tanto puù sensibile quanto più bassa è la frequenza di funzionamento del convertitore.

57 Capitolo 6 Il Motore passo passo 6.1 Introduzione Il motore passo passo, insieme al driver di potenza che lo pilota, costituisce un azionamento a moto incrementale: ad ogni impulso di comando che giunge al sistema, il motore compie una rotazione finita. Volendone dare una rappresentazione grafica si ottiene il diagramma di figura 6.1 dove in ordinata è indicata la posizione angolare α del rotore e in ascissa il tempo t; t 1, t 2,..., t n rappresentano gli istanti in cui giungono gli impulsi di comando. α Il moto che si ottiene da questo tipo di sistema è un moto controllato in posizione: noto il numero di impulsi inviati, risulta nota la posizione del rotore. La velocità viene stabilita in base alla frequenza con cui giungono gli impulsi di comando. Proprio per questo carattere incrementale, una movimentazione di questo tipo è adatta per applicazioni in cui è richiesto un posizionamento a basso costo e prestazioni dinamiche modeste. Esempi di applicazioni sono: periferiche di sistemi digitali (stampanti, floppy, t 1 t 2 t n t posizionatori testine hard disks); settore automotive (regolazione valvola a farfalla, regolazione altezza fari); piccole automazioni in genere fino a potenze di qualche centinaio di W att. Figura 6.1: Avanzamento incrementale

58 58 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 6.2 Principio di funzionamento Per comprendere il funzionamento dei motori passo, si può considerare uno schema di principio molto semplificato di un motore passo a magneti permanenti (figura 6.2(a)). Sul rotore risiedono le coppie di poli magnetici, mentre sullo statore sono ricavate le espansioni polari attorno a cui sono avvolte le spire del circuito di alimentazione 1. Il rotore e lo statore costituiscono un circuito magnetico; facendo circolare corrente negli avvolgimenti, le espansioni polari si magnetizzano e tendono ad attrarre verso di sè i poli di statore opposti. La rotazione viene ottenuta alimentando le fasi secondo una determinata sequenza e con un determinato verso della corrente. Convenzionalmente si considerino positive le correnti, dette i A + e i B +, che percorrono gli avvolgimenti come indicato in figura 6.2(b) (dove sono rappresentati solo i circuiti magnetici statorici) (a) Schema motore (b) Convenzioni di segno per le correnti Figura 6.2: Motore passo a magneti permanenti Partendo dalla condizione iniziale in cui la fase A è alimentata con corrente i + A, la sequenza di alimentazione i + B, i A, i B, i + A, produce la rotazione di un giro completo del motore, come indicato in figura 6.3. In questo caso la rotazione del motore viene ottenuta alimentando in sequenza una sola fase per volta: si parla di alimentazione one phase on. Il motore a magneti permanenti considerato è caratterizzato da quattro avanzamenti per ogni giro completo: questi avanzamenti vengono denominati passi e si dice quindi che il motore è da 4 passi/giro, con un angolo di passo α p pari a 90. L avanzamento del motore può essere ottenuto anche alimentando le due fasi contemporaneamente; in questo caso si parla di alimentazione two phases on (due fasi contemporaneamente) e, con riferimento alla figura 6.4, la sequenza diventa [i + A i + B ], [i A i + B ], [i A i B ], [i + A i B ]. In questo modo il rotore assume posizioni intermedie rispetto al caso precedente e, come si vedrà successivamente, si ha una sensibile incremento di coppia. Entrambe le metodologie di alimentazione descritte generano un funzionamento full step (a passo intero), che si differenzia dal funzionamento ottenibile combinando le due metodologie di comando. È possibile, infatti, ottenere un tipo di funzionamento in cui il motore subisce avanzamenti angolari intermedi rispetto a quelli relativi alle alimentazioni one phase on e two phases on. Questo tipo di funzionamento è il cosiddetto funzionamento half step (a mezzo passo) (figura 6.5). In questo caso la sequenza di alimentazione delle fasi diventa: [i + A i + B ], i + B, [i A i + B ], i A, [i A i B ], i B, [i + A i B ], i + A. Qualunque sia la metodologia di comando e il tipo di funzionamento utilizzato, la rotazione del motore in verso opposto a quello finora considerato viene ottenuta invertendo la sequenza di commutazione delle fasi. Nel 1 Il tipo di motore a cui si fa riferimento, caratterizzato ad una sola coppia di poli e da due coppie di espansioni polari, non ha applicazioni pratiche; è caratterizzato da pochi passi/giro e da una bassa efficienza.

59 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 59 Figura 6.3: Sequenza di comando Figura 6.4: Sequenza di comando two phases on caso di alimentazione one phase on, ad esempio, mentre la sequenza i B +, i A, i B, i A + produce una rotazione completa oraria, la sequenza i B, i A, i B +, i A + ne produce una ancora completa ma antioraria. In questa rappresentazione schematica del funzionamento di un motore passo è facile intuire che la risoluzione del motore (cioè il numero di passi al giro) può essere aumentata aumentando il numero di coppie polari rotoriche.

60 60 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO Figura 6.5: Funzionamento half step 6.3 Tipologie di motori passo I motori passo esistono in diverse configurazioni: a magneti permanenti (PM - Permanent Magnet) a riluttanza variabile (VR - Variable Reluctance) ibridi (HY - Hybrid) Dalle diverse tipologie elencate si intuisce che il principio di funzionamento si basa sui fenomeni di attrazione e repulsione fra poli magnetici e sul principio di minimizzazione della riluttanza di un circuito magnetico (come descritto in appendice) Motore passo a magneti permanenti (PM) Il principio di funzionamento di un motore passo a magneti permanenti si basa sul fenomeno di attrazione di poli magnetici opposti, come ampiamente descritto a proposito dello schema semplificato preso in considerazione. Nella realtà, però, sul rotore sono presenti più di una coppia polare e le due fasi statoriche sono disposte come in figura 6.6; il verso di percorrenza della corrente determina la polarizzazione delle due espansioni polari di ogni fase. In figura 6.7 è rappresentata una sequenza di alimentazione delle fasi, per un motore con 6 coppie polari rotoriche, che provoca una rotazione in senso antiorario. Le due fasi sono distanziate di un angolo pari a due volte il passo polare 2 di rotore α r meno 1/4 del passo stesso. In questo modo, come mostrato in figura, ad ogni commutazione il rotore ruota di un angolo α p pari a α r /4. Nel caso specifico, in cui il rotore è formato da 6 coppie polari p r, si ha α r = 360 /6 = 60 e α p = α r /4 = 15 ; in definitiva si può affermare che un motore dotato di p r coppie polari sarà caratterizzato da: 2 Si ricordi che con passo polare si intende la distanza tra due poli omologhi.

61 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 61 N N S N S N S N S Figura 6.6: Motore passo PM α p α r Figura 6.7: Sequenza di pilotaggio angolo di passo α p = p r numero di passi al giro n p = 360 α p. Nella realtà lo statore è suddiviso in due sezioni, una per ogni fase, ognuna delle quali ha un numero di coppie polari pari a quelle di rotore (figura 6.8); il numero di espansioni polari statoriche influenza solo la coppia erogabile dal motore e non la sua risoluzione (cioè il numero di passi/giro n p ). I motori a magneti permanenti sono utilizzati in applicazioni di basso costo in cui le prestazioni richieste, in termini di velocità e coppia, non sono elevate (un esempio tipico sono i drives per floppy disk e le testine delle stampanti ad aghi). Una caratteristica tipica, dovuta alla presenza dei magneti permanenti, è che, anche con le fasi disalimentate, il motore è in grado di fornire una coppia, detta coppia residua (Detent Torque); il rotore quindi tende a mantenere la propria posizione, anche in assenza di alimentazione. Il campo di angoli di passo va da 3.6 a 18 con risoluzioni che vanno quindi da 20 a 100 passi/giro (con pilotaggio a passo intero); i più tipici sono quelli dotati di 6 o 12 coppie polari a cui corrispondono rispettivamente angoli di passo di 15 e 7.5, e risoluzioni di 24 e 48 passi/giro Motore passo a riluttanza variabile (VR) I motori passo a riluttanza variabile sono composti da un rotore dentato di materiale ferromagnetico che ruota all interno di uno statore che ospita gli avvolgimenti di 3 o 4 fasi. In figura 6.9 è rappresentato un motore caratterizzato da n r = 6 denti di rotore e n s = 8 espansioni polari statoriche su cui sono alloggiate 4 fasi.

62 torque eliminates of the the equivalent need for a brushless gearbox. motor. A stepper-driven This often system dynamic is position inherently error. stiff, with known limits to the Permanent canstack Magnet (P.M.) Motors. The tin-can or most motor shown in Fig. 1.1 is perhaps the applications. widely-used type in non-industrial low-speed It is essentially a low-cost, low-torque, fields device ideally suited to applications in construction such as computer peripherals. The motor but results in relatively large step angles, high-volume their overall simplicity lends itself to economic air production at very low cost. The axial- magnet gap or disc motor is a variant of the permanent largely design which achieves higher performance, However because of its very low rotor inertia. motor this does restrict the applications of the positioning to those the print involving wheel little in inertia. a daisy-wheel (e.g., printer). Fig. 1.1 Canstack or permanent magnet motor There Permanent are three Magnet main stepper (P.M.) Motors motor types: Variable Hybrid Motors Reluctance (V.R.) Motors Variable permanent Reluctance magnet in a V.R. (V.R.) motor, Motors. so the There rotor is no spins for a given freely frame without size detent restricted, torque. although Torque the output torque-to-inertia is frequently used ratio in small is good, sizes and for this applications type of motor as micro-positioning tables. V.R. motors are seldom such used magnet). in industrial They are applications not sensitive (having to current no permanent and require a different driving arrangement polarity other motor types. than the Fig. 1.2 Variable reluctance motor 62 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO (a) accoppiamento statore rotore (b) espansioni polari di statore NS N N S N S N S S N SN N S N S S N S N S Stator cup A Rotor Coil A Coil B Stator cup B Output shaft Courtesy Airpax Corp., USA (c) disposizione delle due fasi Figura 6.8: Motori passo PM In questa configurazione il passo dei denti di rotore e quello dei denti di statore sono sfasati di: ( α p = = ) = 15 n r n s n r n s cioè di 1/4 del passo della dentatura di rotore. Alimentando le fasi nella sequenza A, B, C, D, si ottiene, ad ogni commutazione, l allineamento delle espansioni statoriche corrispondenti alla fase alimentata con i denti di rotore più vicini; si ottiene quindi una rotazione in senso antiorario di un passo pari ad α p 3. Il motore presenta una risoluzione di: n p = 360 α p = n r n s n s n r = 24 passi/giro Variando il numero di espansioni polari statoriche e il numero di denti di rotore (mantenendo lo stesso rapporto tra i due), si ottengono anche angoli di passo più piccoli, fino a coprire l intera gamma che va da 1.8 a 15. Ad esempio raddoppiando sia il numero di denti di rotore che il numero di espansioni statoriche si dimezza l angolo di passo, raddoppiando di conseguenza la risoluzione (figura 6.10). A causa delle scarse prestazioni in termini di coppia e di rendimento, il motore passo a riluttanza variabile è impiegato raramente; inoltre l assenza di magneti permanenti fa si che il motore non sia dotato di coppia di mantenimento perciò, in caso di mancanza di tensione, il rotore non è in grado di mantenere in posizione l eventuale carico. 3 È interessante notare che, non essendoci la presenza di magneti permanenti, l allineamento dei denti statorici e rotorici non è influenzato dalla direzione del flusso del campo magnetico generato dall alimentazione delle fasi.

63 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 63 α r α s α p Figura 6.9: Sequenza di pilotaggio motore VR Motore passo ibrido (HY) I motori passo più diffusi combinano i principi della riluttanza variabile e dei magneti permanenti dando origine alla tipologia cosiddetta ibrida. Il rotore presenta un magnete permanente magnetizzato in senso assiale, cioè parallelamente all asse di rotazione. Alle estremità del magnete sono calzati due cappelli dentati uguali, uno con polarizzazione N e l altro con polarizzazione S. I due cappelli presentano dentature sfasate reciprocamente di mezzo passo angolare α r della dentatura stessa (figura 6.11). Lo statore è anch esso dentato ma con passo α s tale che α s α r = (1/4)α r. In figura 6.12 è rappresentato lo schema di un motore passo ibrido caratterizzato da n r = 10 denti di rotore e n s = 8 denti di statore. Lo statore ospita gli avvolgimenti delle fasi A e B che sono disposte in modo da generare le polarità indicate. Osservando questo schema si nota che, alimentando la fase A con corrente i + A (cioè assumendo positivo il verso di percorrenza di figura), le due coppie polari interessate da questa fase, si polarizzano in maniera opposta. L insieme dei fenomeni di minimizzazione della riluttanza del circuito magnetico e della tendenza all allineamento dei campi magnetici di statore e rotore provocano la generazione di una coppia sul rotore che tende ad allineare ad un estremità il cappello N con i denti S e il cappello S con i denti N all altra estremità. Alimentando ora la fase B con corrente i + B (e disalimentando la fase A), il rotore ruota in senso orario di un angolo di passo α p : α p = α s α r = 360 n s pari a 1/4 dell angolo di passo del rotore α r. ( = ) = 9 n r n s n r

64 64 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO α r α s α p Figura 6.10: Motore passo VR con risoluzione di 48 passi/giro Rotor Laminations Rotor Laminations 4 Magnet Polarity Half Pitch Off Set Magnet STEPPING MOTORS Fig. 5-2 Rotor Construction Figura 6.11: Sfasamento tra le due dentature di rotore Imponendo la sequenza i A +, i B +, i A, i B, i A +, si provoca una rotazione oraria di 4 passi angolari; la sequenza inversa produce invece una uguale rotazione ma in verso antiorario. Il motore in questione ha quindi una risoluzione di: n p = 360 = = n r 4 = 40 passi/giro α p α r Aumentando il numero di denti sia del rotore che dello statore nella stessa proporzione, l angolo di passo rimane sempre pari a 1/4 del passo angolare della dentatura rotorica α r. In questo modo, però, si ottiene un aumento della risoluzione del motore e quindi una diminuzione dell angolo di passo α p. Ad esempio con un rotore dotato di 50 denti (figura 6.13), che corrisponde ai motori più tipici presenti sul mercato, si ottiene un numero di passi al giro n p = 4 n r = 200, da cui si ottiene immediatamente il valore dell angolo di passo α p = 360 /200 = 1.8.

65 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 65 Commutazione da i A + a i B + Figura 6.12: Schema di principio di un motore passo ibrido

66 66 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO Figura 6.13: Motore passo ibrido Quando la risoluzione del motore è piuttosto alta, e quindi anche il numero di denti è elevato, le espansioni polari statoriche vengono dotate di dentatura; in particolare nel caso del motore caratterizzato da 50 denti, come si può osservare in figura 6.13, si hanno 8 espansioni polari di statore ognuna dotata di 5 denti. Fasi e avvolgimenti Come già accennato in precedenza, il funzionamento del motore passo avviene grazie all inversione del campo magnetico generato dalle fasi di statore. Nello schema di figura 6.12 si suppone che questa inversione venga realizzata agendo sul senso di circolazione della corrente negli avvolgimenti costituenti una singola fase: in questo caso si parla di motori bipolari. L inversione del senso di circolazione della corrente viene realizzato dall azionamento di pilotaggio detto anch esso bipolare. L inversione del campo magnetico, però, può essere realizzata anche agendo sul verso di avvolgimento delle fasi piuttosto che sul verso di circolazione della corrente. In questo caso vengono utilizzati quattro avvolgimenti, due per ognuna delle precedenti fasi A e B; sulle espansioni polari interessate ad esempio dalla fase A vengono avvolte in versi opposti l una rispetto all altra le fasi A1 e A2. L inversione della polarizzazione delle espansioni polari statoriche interessate dalla fase A viene quindi realizzata passando dall alimentazione della fase A1 all alimentazione della fase A2 e non più invertendo il senso di percorrenza della corrente. Le stesse considerazioni valgono naturalmente per la fase B. La sequenza di eccitazione, che genera l avanzamento del rotore di un passo, diventa quindi i A1, i B1, i A2, i B2, i A1, dove i segni + e non compaiono più poiché la corrente circola nello stesso verso in tutte le fasi: si parla di motori e azionamenti unipolari. In figura 6.14 sono rappresentate schematicamente le due situazioni sopra descritte (il differente verso di avvolgimento delle spire evidenzia la diversa polarizzazione del campo magnetico generato). Come si può notare dalla figura; è possibile capire se un motore è bipolare o unipolare semplicemente contando il numero di fili uscenti: un motore bipolare ha 4 fili mentre uno unipolare ne ha 8. È da notare però che un motore unipolare può essere pilotato anche da un azionamento bipolare; questa condizione può essere realizzata collegando i due avvolgimenti di ogni fase in serie o in parallelo (figura 6.15) in maniera tale che generino due campi magnetici concordi. In questo modo viene ripristinata una configurazione equivalente alla bipolare; la scelta del tipo di collegamento va fatta tenendo conto che, a parità di tensione applicata, la corrente circolante è differente nei due casi e quindi differente è anche la coppia erogabile dal motore. Sul mercato esistono anche motori che presentano all esterno 5 o 6 fili; questi sono motori unipolari in cui i collegamenti fra le quattro fasi sono realizzati internamente secondo le modalità indicate in figura 6.16.

67 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 67 (a) Motore bipolare (b) Motore unipolare Figura 6.14: Rappresentazione schematica degli avvolgimenti (a) Collegamento in serie (b) Collegamento in parallelo Figura 6.15: Collegamenti degli avvolgimenti di un motore unipolare 6.4 Comportamento meccanico La caratteristica statica Per la definizione del comportamento di un azionamento a motore passo assume particolare rilievo la caratteristica statica. Si consideri il motore con le due fasi alimentate con corrente pari alla corrente nominale; il campo magnetico di statore assume una posizione ben determinata e conseguentemente il rotore si porta in una posizione α 0 caratterizzata, per l equilibrio alla rotazione del rotore stesso, da una coppia motrice C m nulla. Applicando dall esterno in maniera quasi statica una piccola coppia resistente C r, il rotore si porta in una nuova posizione di equilibrio α m, in cui la coppia motrice esercitata non sarà più nulla ma pari a C r. Immaginando di ripetere il procedimento per diversi valori di C r e rappresentando graficamente il legame tra la coppia motrice C m e la posizione angolare del rotore α m, si ottiene il diagramma di figura Per valori di C r sufficientemente piccoli, rimuovendo la coppia resistente, il motore ritorna nella posizione α 0. Al crescere di C r la pendenza della curva diminuisce sempre più in modulo, finché si raggiunge un valore massimo C H ; questo valore è noto con il nome di holding torque (coppia di mantenimento). Se viene superato questo valore di coppia, il motore perde il passo. Tracciando l andamento della caratteristica statica sull angolo giro si ottiene una curva che, con buona approssimazione, può essere rappresentata con una sinusoide di periodo pari a quattro volte l angolo di passo

68 68 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO (a) 6 terminali esterni (b) 5 terminali esterni Figura 6.16: Collegamenti interni delle fasi in un motore unipolare C m C H α 0 α m α p Figura 6.17: Caratteristica statica di un motore passo α p : [ ] π C m = C H sin (α 0 α m ) 2α p La presenza di un magnete permanente consente al rotore di assumere una posizione di equilibrio stabile anche con motore non alimentato. Applicando una modesta coppia di carico, il rotore assume una differente posizione di equilibrio, alla rimozione della quale ritorna nella posizione originaria. Se però la coppia di carico supera un certo valore detto detent torque (coppia residua), il motore perde il passo La curva di pull-out Pilotando un sistema azionamento (driver) motore passo a frequenza di commutazione delle fasi costante f, si ottiene un funzionamento del motore a regime ad una velocità fissa corrispondente alla frequenza f di pilotaggio; (6.1)

69 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 69 la curva caratteristica di un motore passo è dunque una retta verticale. Quest ultima risulta però limitata superiormente da un valore di coppia pari alla massima coppia resistente che il motore può vincere in condizioni di regime. Tale coppia prende il nome di coppia di pull-out. Il valore della coppia di pull-out dipende dalla frequenza f di comando; la curva che rappresenta l andamento di questa coppia in funzione di f è detta curva di pull-out (figura 6.18) e definisce il campo di funzionamento del sistema driver-motore passo (in specifiche condizioni di alimentazione) nel I quadrante. C m buche di coppia f Figura 6.18: Curva di pull-out La curva di pull-out è in genere fornita per frequenze superiori alla frequenza propria corrispondente alla sola inerzia del motore. Il fenomeno di risonanza si manifesta con la presenza di buche di coppia, come verrà spiegato nel paragrafo Per frequenze di comando sufficientemente basse la coppia di pull-out assume un valore pari a circa la holding torque, mentre per frequenze maggiori decresce progressivamente fino ad annullarsi. Questa tendenza è da attribuirsi fondamentalmente ai transitori elettrici durante la commutazione dell alimentazione delle varie fasi e alla presenza di una forza controelettromotrice (proporzionale alla velocità di rotazione del motore). L andamento della corrente in un avvolgimento caratterizzato da una resistenza R e da un induttanza L, nella fase di alimentazione ad una tensione V, è descritta dall equazione differenziale: V Ri L di dt V cem = 0 dove con V cem si è indicata la forza controelettromotrice. L andamento della corrente è quindi caratterizzato da una costante di tempo elettrica τ = L/R e da un valore di regime pari a i R = (V V cem )/R. All aumentare della velocità di rotazione del motore, la forza controelettromotrice V cem aumenta e quindi la corrente di regime i R (e quindi la coppia erogabile dal motore) diminuisce. Accanto a questo fenomeno vi è poi da aggiungere il fatto che, all aumentare della frequenza di commutazione, diminuisce il tempo di permanenza a regime della corrente, fino ad arrivare alla condizione in cui la corrente non riesce a raggiungere il valore di regime e la coppia erogabile diventa sempre più bassa. Questi comportamenti sono mostrati in figura 6.19 in cui sono rappresentati gli andamenti delle correnti di una fase per tre diverse frequenze di commutazione f nel caso di un motore caratterizzato dai seguenti parametri:

70 70 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO Tipo Risoluzione Funzionamento Tensione di alimentazione fase Corrente nominale Resistenza di fase Induttanza di fase Costante di tempo elettrica τ Forza controelettromotrice bipolare 200 passi/giro passo intero 7.5 V 0.2 A 37.5 Ohm 52 mh 1.4 ms V/rpm Come si può notare dalla tabella, per i motori passo viene definito anche un parametro chiamato forza controelettromotrice che però non corrisponde alla grandezza precedentemente identificata con il simbolo V cem. Questo parametro rappresenta in realtà il coefficiente di proporzionalità che lega la forza controelettromotrice V cem alla velocità di rotazione del motore. Ad esempio, nel caso di un motore funzionante a passo intero, detto n p il numero di passi/giro e K E la costante di proporzionalità si ottiene la relazione: V cem = K E f n p 60 Figura 6.19: Andamento correnti di fase per diverse frequenze di commutazione La figura 6.19 mostra che, per il tipo di motore considerato, ad una frequenza di commutazione f = 50 Hz la corrente riesce a raggiungere il valore di regime i R. Aumentando la frequenza di commutazione a 150 Hz, il tempo di alimentazione della fase è ancora tale da consentire alla corrente di raggiungere il valore di regime che però diminuisce a causa dell aumento della forza controelettromotrice. Alla frequenza di 250 Hz, oltre ad una ulteriore diminuzione della corrente di regime, il tempo di alimentazione della fase diventa troppo piccolo e la corrente non riesce a raggiungere il valore di regime.

71 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO Comportamento sul singolo passo Si consideri un motore con una certa alimentazione delle fasi e in condizioni statiche. Esso esercita una coppia secondo la caratteristica statica C 0 (descritta dall espressione 6.1) e, considerando per semplicità nulla la coppia resistente C r, il motore assume la posizione α 0 (figura 6.20). C m C 1 1 α 0 α 1 α 2 α m 2 C 0 Figura 6.20: Comportamento sul singolo passo Effettuando una commutazione delle fasi, viene imposta al sistema una variazione a gradino della posizione di equilibrio di una quantità pari all angolo di passo α p. Trascurando i transitori elettrici, si può ritenere che istantaneamente la caratteristica statica C 0 si annulli e venga sostituita dalla C 1. Il motore, inizialmente nella posizione α 0, in base alla nuova caratteristica statica accelera e acquista velocità. Al passaggio per la posizione α 1, il rotore risulta dotato di un energia cinetica pari al lavoro compiuto dalla coppia C 1 per portare il rotore dalla posizione α 0 alla posizione α 1 e quantificato dall area contrassegnata dal numero 1 in figura Quindi il motore supera la nuova posizione di equilibrio e, ipotizzando che non vi siano dissipazioni di energia, prosegue la sua corsa fino al raggiungimento della posizione α 2 in cui l area 2 eguaglia l area 1. Il rotore ritorna poi verso la posizione α 1, la sorpassa e ritorna verso α 0 compiendo quindi un oscillazione. Questa oscillazione è governata dalla legge di moto: C m = J ω dove J è l inerzia del rotore, ω = α m la sua accelerazione angolare e C m è la coppia motrice espressa, come già visto, dalla relazione [ ] π C m = C H sin (α 1 α m ) 2α p In realtà, a causa soprattutto di fenomeni elettrici, le oscillazioni risultano smorzate. Lo smorzamento viene espresso attraverso una costante viscosa c, per cui l equazione del moto diventa: C m = J α m + c α m e quindi si può ritenere che la coppia motrice assuma in realtà la forma: [ ] π Cm = C m c α m = C H sin (α 1 α m ) c α m 2α p Questa equazione rappresenta il modello che descrive il comportamento del motore passo.

72 72 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO L espressione di C m rende l equazione non lineare in α m. Per poter determinare la frequenza delle oscillazioni, anche se in maniera approssimata, si può linearizzare l equazione che esprime la coppia motrice nell intorno della posizione di equilibrio α 1. La coppia motrice viene quindi approssimata con una retta passante per α 1 di pendenza pari alla tangente a C m in α 1 : L equazione di moto del sistema diviene quindi: mentre la pulsazione propria del sistema sarà: π ( ) C m = C H α1 α m 2α p π π J α m + c α m + C H α m = C H α 1 2α p 2α p ω n = C H J Da questa analisi risulta che se la frequenza di commutazione delle fasi è pari o prossima alla frequenza propria del motore, il sistema entra in risonanza e l ampiezza delle oscillazioni diviene tale da far perdere il passo al motore. Per questo motivo nel campo di funzionamento di un motore passo vi sono zone in cui si manifestano le cosiddette buche di coppia, cioè zone in cui il motore, a passo intero, funziona in maniera estremamente irregolare. Il problema viene superato pilotando il motore con tecniche a passo frazionario o a micropasso, alle quali si accennerà in seguito La curva di pull-in L avviamento del motore passo viene in genere effettuato a partire da frequenze di pilotaggio almeno doppie di quelle proprie del sistema. Supponendo che il motore sia inizialmente fermo, se la frequenza di partenza (o di start) è eccessivamente elevata in relazione al momento d inerzia dell albero motore ed alla coppia resistente, la coppia motrice non è sufficiente ad accelerare tanto rapidamente il rotore da farlo sincronizzare con il campo magnetico di statore: il motore perde il passo. Riportando sul piano caratteristico C m f, per diversi valori del momento d inerzia J, la massima coppia resistente che consente al motore di avviarsi alle diverse frequenze, si ottiene la curva di pull-in (figura 6.21). Per poter avviare il motore ad una frequenza superiore a quella di pull-in occorre farlo partire con frequenza sufficientemente bassa e incrementare gradualmente la velocità, ad esempio attraverso una rampa, fino a raggiungere il valore desiderato. Queste curve, che definiscono il campo di start del motore, ne definiscono anche, con ottima approssimazione, il campo di stop Correzione del modello In base alla curva di pull-out si può correggere il modello di funzionamento del motore passo che, nel paragrafo 6.4.3, è stato ricavato facendo riferimento solo alla caratteristica statica del motore, per ogni frequenza di funzionamento. Ora si suppone che, ad ogni frequenza di comando, il motore eserciti ad ogni istante una coppia motrice corrispondente alla caratteristica statica relativa alle fasi alimentate in quell istante, ma caratterizzata da un valore massimo individuato mediante la curva di pull-out a quella determinata frequenza di comando. La coppia massima del motore ad una certa frequenza è circa uguale a 1.1 volte la coppia di pull-out C po (f) a quella frequenza. Si può quindi scrivere: [ ] π C m = 1.1 C po (f) sin (α 0 α m ) 2α p dove α 0 varia nel tempo a gradini secondo una legge nota, imposta con il segnale di comando. Poiché le frequenze di comando sono solitamente molto superiori alla frequenza propria del sistema (onde evitare problemi di risonanza), la legge discontinua α 0 (t) può essere sostituita da una legge continua che ne rappresenta l andamento π 2α p

73 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 73 C m J 1 J 1 < J 2 < J 3 J 2 J 3 f Figura 6.21: Curve di pull-in medio. Gli effetti di smorzamento interni vengono tenuti in conto attraverso un termine viscoso proporzionale alla differenza delle velocità ( α m α 0 ) e con costante viscosa dipendente dalla frequenza. La coppia motrice assume quindi la forma: [ ] π C m = 1.1 C po (f) sin (α 0 α m ) c(f)( α m α 0 ) 2α p e il modello rappresentativo del motore diviene quello di figura 6.22 in cui la molla è non lineare. α m J α 0 Figura 6.22: Modello del motore passo Come già visto nel paragrafo 6.4.4, per poter far funzionare un motore ad una frequenza di comando superiore alla frequenza di pull-in (corrispondente ad una certa coppia resistente) occorre aumentare gradualmente la velocità del motore fino a raggiungere il valore desiderato. Dall analisi del modello appena descritto emerge che

74 74 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO al motore occorre dare una legge di moto α 0 (t) tale che le oscillazioni che ne derivano mantengano la coppia esercitata dal motore all interno del campo definito dalla curva di pull-out.

75 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO Curva caratteristica in funzionamento two phases on Come già accennato in precedenza, le fasi di un motore passo possono essere alimentate contemporaneamente realizzando la cosiddetta alimentazione two phases on Ad ognuna delle due fasi alimentate è associata una curva caratteristica statica, come rappresentato in figura Le due curve sono sfasate di un angolo pari all angolo di passo; applicando il principio di sovrapposizione degli effetti è possibile calcolare la caratteristica statica generata da questo tipo di alimentazione. Sommando le due curve si ottiene l andamento rappresentato in figura 6.23, caratterizzato da una holding torque maggiore di un fattore 2 rispetto al caso one phase on. Inoltre, sotto l azione di questa curva caratteristica, il rotore si porta in una posizione di equilibrio intermedia a quelle relative all alimentazione delle singole fasi. C m C H 2 C H α 0 α m α p 2 α p Figura 6.23: Caratteristica statica con alimentazione two phases on Per rendersi conto di quanto sopra esposto, è sufficiente scrivere le espressioni delle caratteristiche statiche relative ad ognuna delle due fasi, ad esempio rispetto al sistema di riferimento di figura Si ottengono le seguenti espressioni: C m1 = C H C m2 = C H [ ] π cos α m 2α p [ ] π sin α m 2α p Sommando le due equazioni si arriva ad ottenere per la coppia risultante C m12 : C m12 = 2C H [ π cos α m + π ] 2α p 4 da cui risulta evidente l aumento della holding torque: l ampiezza non è più pari a C H ma pari a 2C H. Inoltre calcolando l intersezione della curva con l asse delle ascisse si ottiene α m = α p /2, cioè la posizione di equilibrio del rotore è intermedia tra quelle relative alle singole fasi. Alimentando, ad ogni commutazione, due fasi contemporaneamente, il motore continua ad avanzare con incrementi di un angolo di passo; continua cioè a funzionare a passo intero (full step).

76 76 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO Accanto al vantaggio di avere una coppia maggiore, occorre però tener presente che l alimentazione two phases on, proprio a causa del fatto che vengono alimentate due fasi contemporaneamente, comporta una dissipazione energetica maggiore per effetto Joule. Questa tecnica di pilotaggio viene utilizzata anche per ottenere il funzionamento a mezzo passo (half step). Ad ogni commutazione il rotore compie mezzo angolo di passo e quindi il numero di passi del motore raddoppia: un motore da 200 passi/giro assume, in condizioni di funzionamento half step, una risoluzione di 400 passi/giro. Come si può notare dalla tabella precedente, vi sono passi in cui è alimentata una sola fase, e passi in cui ne sono alimentate due. Ciò provoca una irregolarità nella coppia poiché si passa da istanti in cui la holding torque ha un valore C H, a istanti in cui assume un valore pari a 2C H. Per ovviare a questo inconveniente si può ricorrere ad azionamenti che consentano di modulare la corrente inviata al motore. In particolare, negli istanti di alimentazione contemporanea delle fasi, la corrente dovrebbe essere pari a 1/ 2 volte la corrente di alimentazione di una singola fase.

77 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO Il pilotaggio dei motori passo Nei paragrafi precedenti si è accennato al fatto che i motori passo possono essere realizzati in configurazione unipolare o bipolare; questo si riflette anche sugli azionamenti che quindi si suddividono in unipolari e bipolari Driver unipolari Il driver unipolare è dedicato al pilotaggio di motori passo unipolari, cioè motori dotati di due avvolgimenti per ogni fase. In funzione della logica di comando, imposta al driver dall esterno, la corrente viene fatta circolare nelle diverse fasi secondo lo schema di figura 6.24, in cui sono rappresentati anche i transistors di pilotaggio. Figura 6.24: Schema di un driver unipolare Ognuna delle quattro fasi deve quindi essere collegata, da un lato ai transistors e dall altro all alimentazione; come già accennato nel paragrafo 6.3.3, vi sono casi in cui questi ultimi collegamenti sono già realizzati all interno del motore che quindi non si presenta più con 8 fili esterni ma con 5 o 6. La sequenza delle fasi viene realizzata attraverso una opportuna logica di pilotaggio dei transistors adibiti alla chiusura del circuito di alimentazione di ognuna delle quattro fasi. In dipendenza della sequenza con cui vengono comandati i transistors, si hanno i diversi tipi di funzionamento: one phase on, two phase on, half step. Ad esempio per realizzare un funzionamento full step, two phase on, la sequenza sarebbe: Passo Q 1 Q 3 Q 3 Q 4 1 ON OFF ON OFF 2 OFF ON ON OFF 3 OFF ON OFF ON 4 ON OFF OFF ON Un esempio di driver unipolare è il circuito integrato 5804 della Allegro Microsystems (figura 6.25(a)) per il quale è rappresentato in figura 6.25(b) un possibile schema di utilizzo. Il pilotaggio dei transistors è realizzato dalla parte di logica interna, mentre alcuni dei comandi che giungono dall esterno sono: segnale ad onda quadra (pin 11, step input), la cui frequenza è pari alla frequenza di commutazione delle fasi desiderata; segnali ai pins 9, 10 e 14 che consentono di selezionare rispettivamente: il funzionamento one o two phase on, half step, e il verso di rotazione del motore (direction). In figura 6.25(c) è riportato un esempio che mostra l andamento dei segnali nelle fasi del motore (output a, b, c, d), in dipendenza dei segnali di ingresso (clock [step-input], one phase, half step).

78 78 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO (a) Assegnazione pin (b) Schema d impiego (c) Segnali (il termine wave drive è utilizzato come sinonimo di alimentazione one phase on) Figura 6.25: Driver unipolare Driver bipolari Quando si devono pilotare motori bipolari è necessario ricorrere a driver bipolari; caratteristica peculiare di questo tipo di azionamento è la possibilità di invertire il verso di percorrenza della corrente di fase. Figura 6.26: Schema di un driver bipolare relativo ad una singola fase Per realizzare questa funzione viene utilizzato uno schema circuitale a doppio ponte (full bridge), che consente il funzionamento del motore nei quattro quadranti. In figura 6.26 è rappresentato lo schema di collegamento di una delle due fasi del motore con il relativo doppio ponte.

79 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 79 Pilotando alternativamente le coppie di transistors Q 1, Q 4 e Q 2, Q 3, la fase viene alimentata con polarità diverse 4. Un esempio di driver bipolare è il circuito integrato L6219 della ST Microelectronics, il cui schema a blocchi è rappresentato in figura 6.27; power bridge 1 e 2 sono i circuiti a doppio ponte. Figura 6.27: Schema a blocchi driver bipolare L6219 Anche in questo caso i transistors non vengono pilotati direttamente ma alcuni dei segnali di input forniti (ad esempio per la fase A) sono: phase1: il segnale alto o basso al pin corrispondente determina il verso di percorrenza della corrente; I01, I11: a seconda dello stato alto o basso di questa coppia di pin viene determinato il livello di corrente circolante nella fase (che può essere posto anche a zero). Questi due ingressi consentono quindi di selezionare il funzionamento one phase on, two phases on, half step o a micropasso (microstepping) Il controllo della corrente Come già descritto nel paragrafo 6.4.2, all aumentare della frequenza di comando, la coppia erogabile dal motore, in condizioni di regime, diminuisce. A causa dell induttanza degli avvolgimenti, infatti, la corrente di alimentazione, che tende a raggiungere il valore di regime i R = (V V cem )/R, subisce, all atto della commutazione, un transitorio con costante di tempo τ = L/R. All aumentare della frequenza di comando si ha la compresenza di due fenomeni: da un lato il tempo durante il quale la fase è alimentata diventa paragonabile alla costante di tempo elettrica τ, dall altro si ha un continuo aumento della forza controelettromotrice V cem e quindi una continua diminuzione del valore della corrente di regime i R. L insieme di questi due aspetti provoca la diminuzione della coppia erogabile. Per ovviare al problema legato a τ, si può agire inserendo una resistenza in serie ad ognuna delle fasi del motore: in questo modo la resistenza totale (R tot ) del circuito relativo ad ogni singola fase viene aumentata con una conseguente diminuzione della costante di tempo (figura 6.28). Per garantire lo stesso valore della corrente a regime il circuito deve essere alimentato con una tensione V maggiore di V e questo consente di ridurre anche l effetto della forza controelettromotrice sulla variazione di i R. Un pilotaggio della corrente di questo tipo prende il nome di L/nR direct voltage drive, intendendo con nr che la resistenza totale è n volte più alta della resistenza di fase R. Nel caso particolare di figura 6.28 la resistenza totale è pari a 2 volte la resistenza di fase e quindi, per garantire lo stesso valore di corrente di regime anche la tensione applicata deve essere doppia. Questa tecnica presenta però lo svantaggio di dissipare maggior potenza per effetto Joule a causa dell aumento di resistenza; un modo per risolvere questo problema è ricorrere ad un azionamento a due livelli di tensione. 4 La logica di comando, oltre a fornire la sequenza di apertura e chiusura dei transistors, fa in modo che le coppie Q 1, Q 2 e Q 3, Q 4 non risultino mai chiuse contemporaneamente, onde evitare la condizione di corto circuito.

80 80 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO + R + V R 1 2 L + V V R L IMAX Current 2 I MAX = V R = 2 V 2 R 63% 1 τ e1 = L R τ e2 = L 2 R Time τ e2 τ e1 Figura 6.28: Andamento della corrente di fase Figura 6.29: Schema di azionamento a due livelli di tensione Durante il transitorio, la fase, senza resistenze aggiuntive, viene alimentata con una tensione molto più alta della tensione necessaria al raggiungimento del valore i R. In questo modo, pur rimanendo invariato il valore di τ, la corrente cresce molto più rapidamente durante il transitorio; al raggiungimento del valore desiderato i R (condizione determinata attraverso un sensore di corrente), l azionamento passa ad alimentare la fase con la tensione V (figura 6.29). In questo caso, visto che a regime la tensione applicata alla fase è V, l effetto della forza controelettromotrice non viene ridotto, come invece nel caso precedente. L approccio più comunemente utilizzato e più efficiente è quello basato sull impiego di un chopper a controllo di corrente. In questo caso la fase viene alimentata con un valore di tensione molto più alto di V e al

81 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 81 raggiungimento del valore desiderato di i R viene effettuato il chopping della tensione di alimentazione fissando una determinata frequenza di switching e un determinato duty cycle (figura 6.30), secondo quanto prevede la tecnica di modulazione della larghezza d impulso PWM (Pulse Width Modulation). Figura 6.30: Andamento della corrente di fase La corrente circolante nella fase viene misurata attraverso una resistenza di sense e il valore viene confrontato con quello desiderato; la differenza tra i due viene comparata con un segnale a frequenza fissa proveniente da un oscillatore e viene così stabilito il valore da attribuire al duty cycle in modo da mantenere la corrente desiderata (figura 6.31).

82 82 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO Figura 6.31: Schema dello stadio di comparazione Inoltre in questo tipo di controllo, poiché la tensione di alimentazione è molto più alta di V, si ha una notevole riduzione dell effetto della forza controelettromotrice sia durante il transitorio che a regime. Un esempio di questo tipo di controllo è quello che avviene nell integrato L6219. La figura 6.27 mostra la presenza dei due pin SENSE1 e SENSE2 a cui vengono collegate le rispettive resistenze di sense. Le tensioni ai capi delle resistenze costituiscono l ingresso dei relativi comparatori (COMPARATOR INPUT1 e 2) e vengono poi confrontate con i segnali di riferimento VREF1 e VREF2. La differenza tra i segnali misurati e di riferimento viene comparata con un segnale a frequenza fissa proveniente da un oscillatore interno al circuito integrato; in questo modo viene stabilito il valore del duty cycle necessario. Funzionamento a micropasso La possibilità di modulare la corrente viene utilizzata per estendere il frazionamento del passo fino a giungere al funzionamento a micropasso (microstepping). Nel funzionamento a micropasso le correnti assumono un andamento, in funzione della posizione angolare, sempre più simile a quello sinusoidale, man mano che si aumenta il frazionamento del passo. La figura 6.32 mostra la sequenza di alimentazione delle fasi in diverse condizioni di funzionamento per un motore bipolare con risoluzione 200 passi/giro. Il frazionamento del passo porta una serie di notevoli vantaggi tra cui: miglioramento della risoluzione angolare del motore; restringimento del campo di frequenze di comando in cui il motore entra in risonanza; riduzione dell irregolarità di moto con conseguente riduzione anche della rumorosità.

83 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 83 (a) Alimentazione one phase on, funzionamento full step (b) Alimentazione two phases on, funzionamento full step (c) Funzionamento half step (d) Funzionamento microstepping (1/8 di passo) Figura 6.32: Sequenza di alimentazione fasi

84 84 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 6.6 Principio di generazione della coppia Il principio di funzionamento dei motori passo si basa sui fenomeni di attrazione e repulsione fra poli magnetici e sul principio di minimizzazione della riluttanza di un circuito magnetico. Interazione tra poli magnetici. Alla base degli studi compiuti sul magnetismo ci sono una serie di considerazioni di carattere sperimentale tra cui l osservazione che, se si prendono due calamite e si avvicinano l una all altra, per esempio tenendone una fissa e lasciando l altra libera di ruotare, fra le due si esercitano delle forze che tendono a far ruotare quella mobile fino al raggiungimento di una posizione di equilibrio (figura 6.33). In S N F S F N Figura 6.33: Interazione tra poli magnetici altre parole, il sistema si porta in una configurazione tale che i vettori induzione magnetica B, relativi ai campi magnetici generati dai due elementi, risultino allineati. Riluttanza variabile Una barretta di materiale ferromagnetico, immersa in un campo magnetico esterno e libera di ruotare attorno al baricentro, ruota fino al raggiungimento di una posizione di equilibrio, corrispondente all allineamento con le linee di flusso del campo magnetico stesso. Questo fenomeno può essere descritto anche da un punto di vista analitico, in base a considerazioni di carattere energetico. Consideriamo il circuito magnetico di figura Il circuito è alimentato da una corrente i e sull elemento ferromagnetico rotante agisce una coppia resistente C r che si oppone alla rotazione dell elemento stesso verso la posizione di equilibrio. Dal punto di vista del flusso di potenza, il sistema può essere schematicamente rappresentato come in figura 6.35 dove W el, E mag e W mec sono rispettivamente la potenza elettrica entrante, l energia accumulata nel campo magnetico e la potenza meccanica uscente. Le espressioni assunte da queste grandezze sono le seguenti: W el = V cem i λ 2 E mag = 1 2 L(ϑ) dϑ W mec = C r dt in cui λ è il flusso concatenato e L(ϑ) è il coefficiente di autoinduzione, dipendente dalla posizione ϑ assunta dall elemento rotante. In base al teorema delle potenze si può scrivere il seguente bilancio energetico W el = W mec + de mag dt (6.2)

85 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 85 ϑ i V cem C r Figura 6.34: Schema di un sistema elettromeccanico W el de mag dt W mec Figura 6.35: Flusso di potenza attraverso un sistema elettromeccanico e sostituendo l espressioni della potenza meccanica (Eq. 6.2) si ottiene: dϑ V cem i = C r dt + de mag dt Il flusso concatenato λ e la corrente i sono legati dalla relazione λ = L(ϑ) i 5 e, per la legge di Faraday-Neumann, tra la forza controelettromotrice V cem e λ esiste la relazione V cem = dλ/dt. In base a queste considerazioni, la relazione precedente può essere riscritta come: de mag = i dλ C r dϑ (6.3) L energia immagazzinata nel campo magnetico è una grandezza funzione del flusso concatenato λ e della posizione ϑ assunta dall elemento rotante ed è quindi una funzione di due variabili: E mag = E mag (λ, ϑ). Il differenziale di una funzione di due variabili assume la forma: de mag (λ, ϑ) = E mag(λ, ϑ) λ dλ + E mag(λ, ϑ) ϑ dϑ (6.4) Dal confronto tra l Eq. 6.3 e l Eq. 6.4, quindi, si ricava immediatamente che l espressione della coppia C r è pari a: 5 Questa relazione presuppone che il materiale in questione sia caratterizzato da una permeabilità magnetica µ costante, condizione che risulta con buona approssimazione verificata.

86 86 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO C r = E mag(λ, ϑ) ϑ Derivando e sostituendo successivamente a λ la sua espressione in funzione di i, si ottiene: (6.5) C r = 1 2 i2 dl(ϑ) dϑ Per l esempio di figura 6.34 è possibile dimostrare che la funzione che lega il coefficiente di autoinduzione L alla posizione angolare ϑ è del tipo L(ϑ) = 1 2 [L d + L q + (L d L q )cos2ϑ] (6.6) che graficamente assume l andamento rappresentato in figura La coppia C r, e quindi la coppia C m L L d L q π 2 π 3 2 π 2π ϑ Figura 6.36: Coefficiente di autoinduzione vs. ϑ motrice che il sistema elettromeccanico sviluppa, assume la forma: C m = C r = 1 2 i2 (L d L q ) sin2ϑ Dall analisi dell andamento della coppia C m, rappresentato in figura 6.37, si nota che le uniche posizioni di equilibrio stabile sono quelle caratterizzate da un angolo di rotazione ϑ = nπ con n intero positivo. L azione della coppia tende quindi ad allineare l elemento rotante con le espansioni polari del circuito magnetico e a porre il sistema in una condizione caratterizzata dalla massimo valore di induttanza L (come si deduce dal grafico relativo all andamento di L in funzione di ϑ osservando i valori assunti da L per ϑ = nπ). Nello studio dei circuiti magnetici è molto utilizzato il concetto di riluttanza magnetica R. Questa grandezza è legata al flusso ϕ del campo magnetico generato dall avvolgimento e alla corrente i dalla relazione R = Ni/ϕ (legge di Hopkinson), dove N è il numero di spire dell avvolgimento e il flusso ϕ è legato al flusso concatenato λ dalla relazione λ = ϕ N. Ricordando poi che λ = L(ϑ) i si deduce che la riluttanza R e l induttanza L sono legate dalla relazione: R = N 2 L da cui si nota che, quando L assume valore massimo, R assume valore minimo. Ecco quindi che il sistema lavora sempre in maniera da minimizzare la riluttanza del circuito magnetico.

87 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO 87 C m π 2 π 3 2 π 2π Figura 6.37: Coppia vs. ϑ

88 88 CAPITOLO 6. IL MOTORE PASSO PASSO

89 Capitolo 7 Oleoidraulica 7.1 Introduzione L Oleoidraulica è una tecnica di azionamento che utilizza come vettore dell energia un liquido. Tipicamente viene utilizzato olio minerale e più raramente fluidi speciali a base acquosa o sintetici. L energia a cui si fa riferimento è l energia associata alla pressione del fluido, rispetto alla quale vengono normalmente trascurate, nelle normali applicazioni industriali, l energia cinetica e quella gravitazionale. La caratteristica più importante di questa tecnica è che il fluido può essere considerato con buona approssimazione incomprimibile L impiego di azionamenti idraulici Vantaggi: rapporto potenza/peso degli attuatori molto grande, caratteristica che li rende molto utili per impieghi mobili; temperature di funzionamento relativamente basse grazie all asportazione del calore da parte del fluido, a volte anche verso uno scambiatore di calore; azione lubrificante del fluido che garantisce lunga vita ai componenti; assenza di circuiti magnetici che rappresentano un onere dal punto di vista del peso e introducono limitazioni alla potenza trasmessa a causa di fenomeni di saturazione; possibilità di raggiungere alte velocità da parte degli attuatori sia lineari che rotativi; elevata regolarità di movimento alle bassissime velocità. Svantaggi: necessità di un apposito impianto per la generazione dell energia; l olio minerale è un fluido altamente inquinante e infiammabile; particolare attenzione al filtraggio del fluido: il suo grado di pulizia è di fondamentale importanza per le prestazioni del sistema oleoidraulico; costi iniziali dei componenti piuttosto elevati; rendimenti bassi nel caso di regolazione di tipo dissipativo.

90 90 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Figura 7.1: Principio di funzionamento di un attuatore oleoidraulico Principio di funzionamento Il principio di funzionamento è rappresentato in figura 7.1. Si considerino trascurabili tutte le perdite di potenza dovute a trafilamenti e perdite di carico nel fluido e si consideri di utilizzare un attuatore cilindrico di area A. Deve essere vinto un carico F e l attuatore si deve spostare con velocità v. Per realizzare questo obiettivo si impone una portata volumetrica al fluido tale che: Q = va Conseguentemente sul fluido nasce una pressione p per vincere la forza di carico pari a: p = F A L incomprimibilità del fluido consente la generazione di pressioni elevate e una elevata precisione della legge di movimentazione del carico. La portata Q può essere inviata all attuatore in due differenti modi: soluzione circuitale delle trasmissioni idrostatiche; regolazione della portata tramite una valvola di strozzamento. Trasmissioni idrostatiche Viene utilizzata una pompa, che in figura 7.2 è una pompa a pistoni, per inviare istante per istante la portata Q necessaria alla generazione del movimento del carico con velocità v. Figura 7.2: Regolazione della velocità con la portata della pompa A tal fine, il pistone della pompa viene mosso con velocità v p secondo la relazione: v p = Q A p

91 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 91 In queste condizioni la curva caratteristica dell azionamento risulta essere una retta verticale, cioè a velocità costante (curva a in figura 7.3). Figura 7.3: Curve caratteristiche di azionamenti oleoidraulici Il rapporto di trasmissione tra pompa e carico sarà dunque: τ = v v p = A p A Inoltre, poiché p = F p A p = F A, si ottiene: 1 τ = F F p cioè l inverso del rapporto di trasmissione è il fattore di moltiplicazione della forza; con un opportuno dimensionamento dell azionamento è quindi possibile ottenere al carico delle forze elevate pur applicando sul pistone della pompa forze relativamente basse. Nelle ipotesi semplificative fatte la potenza fornita dalla pompa eguaglia quella assorbita dal carico: W = pq = F v e presenta delle limitazioni superiori dovute solo alla resistenza meccanica dei componenti costituenti l azionamento (infatti a pari portata aumentando la potenza aumenta la pressione) o alla potenza nominale del motore che aziona la pompa. Come indicato in figura 7.2 è opportuno inserire a valle della pompa una valvola di massima pressione con funzioni di valvola di sicurezza. Nel caso in cui la pressione dovesse aumentare oltre i limiti consentiti dalla struttura, la valvola provvederebbe a scaricare portata ed instaurerebbe un valore di pressione costante, pari alla sua pressione di taratura. In questo caso la curva caratteristica diventa a pressione, e quindi forza, costante e assume l andamento corrispondente alla curva b di figura 7.3. Regolazione con valvola di strozzamento Questa soluzione prevede l utilizzo di una pompa che eroga una portata fissa Q p > Q (figura 7.4), mentre la regolazione della portata Q al carico è affidata ad una valvola di strozzamento. Quest ultima agisce in maniera tale da innalzare la pressione di mandata della pompa causando lo scarico di una porzione Q a di portata attraverso la valvola di massima pressione, che quindi, in questo caso, non ha solo funzione di valvola di sicurezza, ma la sua normale condizione di funzionamento è in posizione di apertura. In queste condizioni, per un determinato valore di strozzamento, si osserva che all aumentare del carico, e quindi all aumentare sia di p che di p p, la portata Q diminuisce, poiché aumenta la portata Q a scaricata dalla valvola di massima pressione. La curva caratteristica assume quindi l andamento della curva c di figura 7.3. Con questo tipo di sistema si incorre però in notevoli perdite energetiche nella valvola di strozzamento e nella valvola di massima pressione. Infatti la potenza oleoidraulica generata è W p = p p Q p, quella che fluisce verso la valvola di strozzamento è W = p p Q e quella effettivamente utilizzata al carico è W m = F v = pq.

92 92 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Figura 7.4: Regolazione della velocità per strozzamento Valutando i rendimenti possiamo scrivere: rendimento della valvola di massima pressione: rendimento della valvola di strozzamento: rendimento globale: η p = W W p η v = W m W η g = W m W p = pq p p Q p = p pq p p Q p pq p p Q = η pη v Si nota quindi che, quando le esigenze del carico risultano molto ridotte, gran parte della potenza generata dalla pompa viene dissipata. 7.2 Fluidi oleoidraulici Come già accennato in precedenza, i liquidi più utilizzati in oleoidraulica sono gli oli minerali. Pur essendo più costosi di altri liquidi, come ad esempio l acqua, possiedono però delle caratteristiche molto importanti: garantiscono una buona lubrificazione delle parti in movimento; esercitano un azione protettiva contro l ossidazione degli organi della macchina; la temperatura di ebollizione è più alta di quella dell acqua e quindi possono lavorare a temperature d esercizio maggiori; la viscosità è maggiore di quella dell acqua. Questo consente di raggiungere velocità relative degli organi molto elevate. Bisogna però ricordare che la viscosità dipende fortemente dalla temperatura del liquido, diminuendo all aumentare di quest ultima. Quindi è possibile ad esempio che un olio con buona viscosità all avviamento diminuisca il suo potere lubrificante all aumentare della temperatura, oppure che un olio con buon comportamento a caldo abbia un pessimo scorrimento a freddo generando problemi di cavitazione e perdite di carico. Come già accennato in precedenza, quando si fa riferimento agli azionamenti di tipo oleoidraulico, una delle caratteristiche più importanti che vengono evidenziate, e che li rendono preferibili ad esempio agli azionamenti pneumatici, è l incomprimibilità del fluido vettore della potenza. In realtà l olio, come d altra parte tutti i liquidi, presenta una certa comprimibilità valutabile attraverso il coefficiente di elasticità a compressione cubica:

93 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 93 ϵ = dp dv V dove: dp=variazione di pressione imposta al volume V dv =variazione di volume conseguente alla variazione di pressione dp Per i liquidi il valore di ϵ si aggira attorno a Questo vale nel caso in cui si consideri un liquido puro; in realtà nell olio è sempre presente dell aria in soluzione, per cui la comprimibilità aumenta e si deve fare quindi riferimento non più al coefficiente ϵ ma ad un coefficiente equivalente ϵ e più piccolo che tiene conto anche del contributo dato dalla presenza di aria in soluzione. L effetto della comprimibilità del fluido si manifesta nel conferimento al sistema di una certa elasticità che in alcune condizioni di funzionamento si può manifestare con una certa evidenza. Si consideri ad esempio la portata: Q = dv dt = V dp ϵ e dt Supponendo che in una camera di un cilindro di volume V = 0.1 m 3 riempita di olio con ϵ e = N/m si generi un aumento di pressione p = P a in un intervallo di tempo t = 0.1s, considerando l andamento della pressione lineare nel tempo, si ottiene una richiesta di portata pari a Q = 600 l/min, cioè un valore affatto trascurabile. L introduzione di una elasticità determina poi, in associazione con le inerzie presenti, una frequenza propria del sistema che impone dei precisi limiti di impiego dal punto di vista dinamico. 7.3 Il problema termico Il campo di temperature in cui generalmente i fluidi idraulici operano è compreso tra 50 e 60 C, mentre per quanto riguarda la massima temperatura di lavoro questa dipende dai limiti imposti dalla viscosità dell olio, dalla sua durata e dal deterioramento dei vari organi in materiale sintetico presenti nell impianto. L aumento della temperatura è generato dalla parte di potenza W d non utilizzata come potenza utile, che viene dissipata ad esempio su resistenze idrauliche introdotte appositamente per effettuare un controllo di portata, o su valvole di massima pressione, come nell esempio di figura 7.4. In un impianto oleoidraulico risulta quindi molto facile che la temperatura tenda ad aumentare verso valori molto elevati, ed è proprio per questo che l analisi termica assume una notevole importanza. Il problema termico viene affrontato con le stesse modalità utilizzate per i motori elettrici. Indicando con R th la resistenza termica dell impianto, con C th la capacità termica dell olio e con θ la sovratemperatura dell olio rispetto alla temperatura ambiente, si può scrivere l equazione di bilancio termico: dθ C th dt + θ = W d R th La temperatura, ad ogni istante di tempo, non è uniformemente distribuita nel fluido ma è comunque possibile prendere come temperatura di riferimento la temperatura del serbatoio, dove è presente la maggior parte del fluido e dove la temperatura è distribuita in maniera pressoché uniforme. Risolvendo l equazione differenziale di bilancio termico si ottiene l andamento della temperatura dell olio: dove: θ r = W d R th sovratemperatura di regime τ th = C th R th costante di tempo termica θ(t) = θ r (1 e t τ th ) In generale la potenza dissipata W d non è costante nel tempo, ma varia durante il ciclo di funzionamento. La sua durata risulta però molto inferiore al tempo τ th (che è dell ordine di 30 min), quindi all interno di un

94 94 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA ciclo la potenza dissipata può ritenersi costante e pari alla potenza dissipata media W dm. Se poi tutti i cicli sono identici la potenza media risulta costante. Per limitare l aumento di temperatura e per poter rimanere quindi nel campo di lavoro indicato inizialmente occorre seguire parallelamente due strade: effettuare la progettazione dell impianto cercando di limitare il più possibile le dissipazioni energetiche. Ad esempio nei casi simili a quello di figura 7.4 la pressione di scarico della valvola limitatrice di pressione deve essere tarata al minimo valore necessario al corretto funzionamento del sistema evitando così inutili dissipazioni aggiuntive. Inoltre da una attenta analisi dei cicli potrebbe emergere che in alcune fasi l impianto non richiede nè portata nè pressione; in questo caso è possibile prevedere l inserimento di un gruppo di valvole che in queste fasi mandino a scarico tutta la portata della pompa ad una pressione pari a quella atmosferica, riducendo al minimo le perdite energetiche. dopo aver effettuato le opportune scelte progettuali, occorre dimensionare correttamente il volume e le superfici del serbatoio al fine di ridurre la resistenza termica (R th ) favorendo così lo scambio termico con l ambiente. A questo scopo le superfici del serbatoio possono poi essere anche alettate, al fine di aumentare la superficie di scambio termico, oppure si può ricorrere all installazione di scambiatori di calore ad aria o ad acqua. 7.4 La generazione dell energia Negli azionamenti oleoidraulici l energia viene generata tramite le pompe, che operano la trasformazione dell energia meccanica fornita da un motore primo, generalmente elettrico, in energia oleoidraulica del fluido. Le pompe più utilizzate sono quelle di tipo volumetrico, poiché consentono di elevare notevolmente la pressione del fluido mantenendo buoni rendimenti e una portata poco variabile con il carico Le pompe volumetriche ideali In figura 7.5 è rappresentata una pompa volumetrica a pistoni monocilindrica, in cui si possono identificare la camera C a volume variabile, i condotti di aspirazione A e di mandata M e le relative valvole che consentono l apertura o la chiusura dei collegamenti tra camera e condotti. Figura 7.5: Schema di una pompa volumetrica monocilindrica in fase di mandata Nella fase cosiddetta di aspirazione, la camera C aumenta il proprio volume provocando l apertura della valvola di aspirazione e la chiusura di quella di mandata e quindi l ingresso di fluido alla pressione di aspirazione p A. Invece nella fase di mandata il volume della camera diminuisce, la pressione all interno aumenta e causa l apertura della valvola di mandata e la chiusura di quella di aspirazione. Il fluido imbocca quindi il condotto di mandata alla pressione p M maggiore di p A. In condizioni ideali (cioè con fluido incomprimibile e in assenza di trafilamenti o difetti di riempimento della camera C) ad ogni ciclo viene inviato nel condotto di mandata una quantità di fluido pari alla cilindrata al giro C p della pompa (volume massimo della camera C).

95 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 95 La portata Q inviata assume quindi un andamento periodico in un ciclo, fluttuante attorno al valor medio Q p. Le fluttuazioni vengono caratterizzate attraverso il grado di irregolarità della pompa definito come: i = Q max Q min Q p In realtà le fluttuazioni avvengono a frequenza elevata e hanno un ampiezza limitata poiché vengono utilizzati più cilindri pompanti. Nel seguito la portata verrà quindi ritenuta costante e pari al valor medio Q p. (Riguardo al numero di cilindri pompanti la figura 7.6 mostra che è preferibile utilizzare un numero dispari di cilindri, poiché in questo modo è garantita una minor oscillazione della portata.) Figura 7.6: Oscillazioni della portata al variare del numero di cilindri Una pompa volumetrica può quindi essere considerata un generatore di portata. La prevalenza p p = p M p A dipende invece solo dai carichi applicati; l unico limite è rappresentato dalla resistenza strutturale della pompa. La curva caratteristica, nel piano pressione portata, è dunque rappresentata da una retta verticale (curva a in figura 7.7). Figura 7.7: Curve caratteristiche di pompe volumetriche Si consideri ora al posto della cilindrata al giro C p la cilindrata al radiante D p : D p = C p 2π

96 96 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Detta θ p la velocità angolare della pompa espressa in rad/s, la portata, sempre in condizioni ideali, può essere espressa come: La potenza meccanica fornita dal motore alla pompa è pari a: Q pi = D p θ p (7.1) W m = T pi θ p dove: T pi è la coppia fornita dal motore in condizioni ideali. La potenza oleoidraulica fornita dalla pompa ha l espressione: W o = p p Q pi In condizioni ideali W m sarà uguale a W o e quindi si ottiene per la coppia la seguente espressione: Le pompe volumetriche reali T pi = D p p p (7.2) A causa della presenza di trafilamenti, difetti di riempimento e della comprimibilità del fluido, la portata volumetrica reale risulta minore di quella ideale espressa dalla relazione 7.1. In particolare all aumentare della pressione di mandata si nota una diminuzione della portata: la curva caratteristica assume l andamento rappresentato dalla curva b di figura 7.7. Al fine di quantificare questo fenomeno si definisce il rendimento volumetrico di una pompa come rapporto tra la portata volumetrica reale Q p e ideale: η v = Q p D p θ p Analogamente, a causa di fenomeni dissipativi quali l attrito sui cuscinetti o le perdite nel fluido, all albero della pompa deve essere fornita una coppia maggiore di quella ideale calcolata attraverso la relazione 7.2. Viene quindi introdotto il rendimento meccanico espresso come rapporto tra la coppia ideale e quella reale T p. η m = D pp p T p Ricordando le relazioni del paragrafo precedente, il rendimento globale, definito come rapporto tra la potenza oleoidraulica W o che la pompa fornisce e la potenza W m in ingresso fornita dal motore, può essere espresso come: η g = η v η m I costruttori generalmente forniscono indicazioni sul rendimento globale mediante grafici nel piano portata pressione che rappresentano curve isorendimento. In questo modo è possibile identificare la zona del piano Q p p p in cui si ha minor dispendio energetico e quindi in cui conviene lavorare Tipi di pompe volumetriche Dal punto di vista costruttivo, le pompe volumetriche possono essere raggruppate nelle seguenti famiglie principali: pompe a viti; pompe ad ingranaggi; pompe a palette;

97 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 97 pompe a pistoni radiali; pompe a pistoni assiali. La possibilità di effettuare la regolazione della portata e la reversibilità rappresentano altre caratteristiche distintive importanti, trasversali rispetto alla classificazione precedente. Pompe a viti Le pompe a viti si distinguono per l elevata silenziosità di funzionamento. Per questo motivo trovano impiego ad esempio per la movimentazione di scenografie o palchi in teatri d opera. Sono costituite da due o tre alberi muniti di un elicoide (figura 7.8). Figura 7.8: Pompa a viti L albero centrale, dotato di elica destra, è mosso dal motore e trasmette il moto agli altri due alberi muniti invece di elica sinistra. L ingranamento tra le eliche origina un volume chiuso che, a causa della rotazione degli alberi, trasla dalla zona di aspirazione e quella di mandata. Alcuni parametri caratteristici di questo tipo di pompa sono: cilindrata: da 15 a 350 cm 3 ; pressione massima di esercizio: 200 bar; velocità di rotazione: da 1000 a 3500 giri/min; rendimento globale inferiore a Pompe ad ingranaggi Le pompe ad ingranaggi si dividono in pompe ad ingranaggi esterni e pompe ad ingranaggi interni. Pompe ad ingranaggi esterni Le pompe ad ingranaggi esterni (figura 7.9) sono molto usate nel campo mobile poiché consentono il raggiungimento di pressioni piuttosto elevate con dimensioni contenute. Lo schema di figura 7.10 esemplifica il principio di funzionamento. L ingranaggio (7) è calettato sull albero che riceve la potenza dal motore; le bronzine (4) e (5) servono a posizionare i due ingranaggi in modo da avere il minimo gioco di ingranamento.

98 98 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Figura 7.9: Pompe ad ingranaggi esterni Figura 7.10: Schema di una pompa ad ingranaggi esterni I vani di trasporto del fluido sono delimitati dai fianchi dei denti, dalla superficie interna del corpo pompa e dalle superfici frontali delle bronzine. Il fluido viene quindi trasportato lungo i due percorsi esterni, mentre i denti ingrananti nella parte centrale della pompa servono a garantire la tenuta. Per consentire il corretto funzionamento senza rilevanti perdite volumetriche e necessario che la tenuta dei vani sia molto buona. Quando la pressione aumenta, pero, le bronzine tendono scostarsi dai fianchi degli ingranaggi dando quindi origine a perdite di carattere volumetrico. Per ovviare a questo inconveniente si adotta la tecnica di autobilanciamento: si fa agire la stessa pressione di esercizio P sulle facce esterne delle bronzine in modo da equilibrare la pressione che tende ad allontanarle dagli ingranaggi. Questo tipo di pompe presenta una rumorosita piuttosto elevata a causa dell olio che resta intrappolato tra i denti ingrananti: la pressione aumenta notevolmente e sulle ruote dentate si manifestano pulsazioni di pressione. Alcuni parametri caratteristici di questo tipo di pompa sono: cilindrata: da 0.2 a 200 cm3 ; pressione massima di esercizio: 300 bar; P. Righettini, R. Strada c Azionamenti dei sistemi mecccanici - Appunti delle Lezioni

99 99 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA velocita di rotazione: da 500 a 6000 giri/min; rendimento globale inferiore a Pompe ad ingranaggi interni Sono pompe molto silenziose e trovano applicazione in ambito industriale (macchine per materie plastiche, macchine utensili) e su veicoli che operano in ambienti chiusi. Figura 7.11: Pompa ad ingranaggi interni Il principio di funzionamento si basa sull ingranamento tra una ruota dentata mossa da un motore e un rotore dentato internamente (figura 7.12). Figura 7.12: Schema di una pompa ad ingranaggi interni La rotazione del rotore dentato accoppiato alla ruota dentata principale genera un aumento del volume tra i fianchi dei denti identificando chiaramente la zona di aspirazione a cui il fluido giunge attraverso l omonimo condotto. Dopo un angolo di rotazione di circa 120, durante il quale avviene l aspirazione, vi e una zona in cui e presente un elemento falciforme in cui si ha semplice trasporto del fluido senza variazioni di volume. Successivamente il volume diminuisce identificando una zona di mandata in cui il fluido viene spinto attraverso l omonimo condotto ad una pressione pari a quella di lavoro. P. Righettini, R. Strada c Azionamenti dei sistemi mecccanici - Appunti delle Lezioni

100 100 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA La forma delle dentature garantisce un elevata silenziosità dovuta all assenza di volumi di olio intrappolati che possano generare delle pulsazioni di pressione. Alcuni parametri caratteristici di questo tipo di pompa sono: cilindrata: da 3 a 250 cm 3 ; pressione massima di esercizio: 300 bar; velocità di rotazione: da 500 a 3000 giri/min; rendimento globale inferiore a Pompe a palette Le pompe volumetriche a palette (figura 7.13) sono caratterizzate da un rotore ad asse fisso in cui sono ricavate delle cave per lo scorrimento delle palette e da uno statore esterno. Figura 7.13: Pompe a palette Lo statore, il cui asse presenta una eccentricità rispetto a quello del rotore, costituisce la superficie di appoggio delle palette, come indicato nello schema di figura Durante la rotazione, le palette, sotto l azione della forza centrifuga, vanno a contatto della superficie interna dello statore, dando origine ad un volume delimitato dalle due palette contigue e dalle piastre laterali di chiusura della pompa. Durante la rotazione, a causa dell eccentricità, le zone così delimitate subiscono delle variazioni di volume. In particolare, considerando una rotazione oraria, nel tratto che va da B a C si ha un aumento di volume con conseguente aspirazione di fluido, mentre nel tratto che va da C a B si ha una diminuzione del volume con conseguente espulsione del fluido nel condotto di mandata. I condotti di aspirazione e di scarico vengono quindi posti in comunicazione rispettivamente con le zone a volume decrescente e crescente attraverso cavità ricavate nello statore o mediante fori sulle piastre laterali di chiusura. A basse velocità di rotazione questo tipo di pompa non funzionerebbe correttamente, poiché il contatto tra paletta e superficie statorica è garantito solo dalla forza centrifuga. Per questo motivo vengono inserite all interno delle cave rotoriche delle molle di spinta o dell olio in pressione. In questo modo il contatto è sempre garantito indipendentemente dalla velocità di rotazione. Occorre però tener presente che l inserimento di dispositivi ausiliari di spinta contribuisce ad aumentare l usura delle palette. Le pompe a palette sono realizzate anche nella versione cilindrata variabile. In questo caso viene inserito un dispositivo che varia l eccentricità tra gli assi del rotore e dello statore agendo su quest ultimo (figura 7.15). Alcuni parametri caratteristici delle pompe a palette sono: cilindrata: da 5 a 100 cm 3 ; pressione massima di esercizio: 100 bar;

101 101 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA C B Figura 7.14: Schema di una pompa a palette Figura 7.15: Schema di una pompa a palette a cilindrata variabile velocita di rotazione: da 1000 a 2000 giri/min; rendimento globale inferiore a Pompe a pistoni radiali Le pompe a pistoni radiali (figura 7.16) sono tipicamente impiegate nelle applicazioni ad alte pressioni (oltre i 400 bar), infatti sono le uniche pompe in grado di funzionare in maniera continuativa ed efficiente a pressioni cosı alte. Questo tipo di pompa viene realizzato essenzialmente in due tipologie costruttive: P. Righettini, R. Strada c Azionamenti dei sistemi mecccanici - Appunti delle Lezioni

102 102 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Figura 7.16: Pompe a pistoni radiali B C Figura 7.17: Schema di una pompa a pistoni radiali a cilindri rotanti con cilindri rotanti; con cilindri stazionari. Pompe a pistoni radiali con cilindri rotanti Come indicato in figura 7.17 sono costituite da un rotore ad asse fisso, collegato al motore, su cui sono ricavati un certo numero di cilindri radiali all interno dei quali scorrono i rispettivi pistoni. I pistoni, collegati opportunamente a dei pattini tramite biellette, scorrono sulla superficie interna di un anello esterno al rotore che presenta una eccentricità rispetto a quest ultimo. Mettendo in rotazione l albero della pompa iniziano a ruotare anche i cilindri con i relativi pistoni che, essendo a contatto della superficie interna dell anello statorico esterno al rotore, variano il volume della loro camera. In particolare, considerando una rotazione oraria, lungo il tratto B-C il volume aumenta dando origine alla fase di aspirazione, mentre nel tratto C-B il volume diminuisce dando origine all espulsione del fluido nel condotto di mandata. I condotti di aspirazione e di mandata sono realizzati attraverso un distributore fisso coassiale al rotore e vengono messi in comunicazione con i cilindri attraverso le due scanalature ricavate sul rotore stesso, rappresentate in figura I pistoni vengono mantenuti a contatto con l anello esterno mediante la pressione di lavoro durante la fase di mandata e dalla pressione imposta da un circuito ausiliario di sovralimentazione durante la fase di aspirazione.

103 103 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Pompe a pistoni radiali con cilindri stazionari Il funzionamento si basa sulla presenza di un rotore ad asse fisso, collegato all albero motore, che presenta una zona eccentrica su cui poggiano gli elementi pompanti (schema di figura 7.18). Figura 7.18: Schema di una pompa a pistoni radiali con cilindri stazionari La zona eccentrica e anche caratterizzata da una scanalatura attraverso la quale il fluido in bassa pressione, che riempie tutto il corpo pompa, viene inviato agli elementi pompanti. Con riferimento allo schema di figura 7.18 si nota che i pompanti sono costituiti da un pistone (3), una bussola (4), una testa sferica (5), una molla di compressione (6), una valvola di aspirazione (7) e una valvola di mandata (8). Lo schema di figura 7.19 evidenzia il principio di funzionamento del singolo pompante, mostrando le fasi di aspirazione e mandata piu le due fasi intermedie in cui il pistone si trova al punto morto superiore e inferiore. Per entrambi i tipi di pompe i parametri caratteristici possono essere cosı riassunti: generalmente vengono costruite a cilindrata fissa; cilindrata: da 0.5 a 100 cm3 ; pressione massima di esercizio: 700 bar; velocita di rotazione: da 1000 a 3000 giri/min; rendimento globale compreso tra 0.80 e P. Righettini, R. Strada c Azionamenti dei sistemi mecccanici - Appunti delle Lezioni

104 104 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Figura 7.19: Fasi di funzionamento di un pompante Pompe a pistoni assiali Le pompe a pistoni assiali sono caratterizzate da un gruppo in cui sono ricavati dei cilindri disposti assialmente in cui scorrono i relativi pistoni la cui estremita e fissata ad una piastra. La trasmissione del moto tra i due elementi puo essere affidata ad un giunto cardanico doppio o semplicemente alle biellette di collegamento tra pistone e piastra. A seconda che la parte rotante sia il gruppo pistoni o la piastra, si hanno due diverse tipologie di pompa: pompa a pistoni assiali a testa inclinabile; pompa a pistoni assiali a piastra inclinabile. Sia in un tipo di pompa che nell altro, durante la rotazione relativa tra i due elementi, i pistoni effettuano un moto alternativo aumentando e diminuendo il volume delle camere dei cilindri: in questo modo si identificano la zona di aspirazione e quella di mandata. La distribuzione del fluido viene effettuata attraverso un distributore fisso recante delle luci a fagiolo di aspirazione e di mandata, come indicato nelle figure 7.20 e Questi tipi di pompe sono facilmente realizzabili in configurazione a cilindrata variabile: e semplice infatti inserire un dispositivo di regolazione dell inclinazione della testa cilindri o della piastra. Si noti che comunque la tipologia costruttiva in cui risulta piu conveniente effettuare la regolazione della portata e sicuramente la configurazione a piastra inclinabile. Il motivo risiede nella minore inerzia che ha la piastra rispetto al gruppo cilindri che la rende ideale soprattutto per applicazioni che richiedono una dinamica piuttosto elevata. Alcuni parametri caratteristici delle pompe a pistoni assiali sono: cilindrata: fino a 420 cm3 ; P. Righettini, R. Strada c Azionamenti dei sistemi mecccanici - Appunti delle Lezioni

105 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 105 Figura 7.20: inclinabile Schema di una pompa a pistoni assiali a testa Figura 7.21: Schema di una pompa a pistoni assiali a piastra inclinabile Figura 7.22: Pompa a pistoni assiali a testa inclinabile Figura 7.23: Pompa a pistoni assiali a piastra inclinabile pressione massima di esercizio: 300 bar; velocità di rotazione: da 500 a 3000 giri/min; rendimento globale compreso tra 0.80 e Criteri di scelta della pompa Una volta configurato il circuito idraulico per il comando degli attuatori, la scelta della pompa viene effettuata innanzitutto sulla base dei valori di portata e pressione massime richieste.

106 106 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA A completamento dei criteri di scelta vanno poi aggiunte altre considerazioni quali ad esempio la variabilità della cilindrata, i rendimenti, la rumorosità e i costi. La scelta della pompa costituisce comunque in genere lo stadio finale della progettazione della macchina o dell impianto oleidraulico. 7.5 Gli accumulatori oleoidraulici Nel paragrafo precedente è stato affermato che uno dei criteri per la scelta del tipo di pompa è la sua capacità di soddisfare le richieste massime di portata dell impianto. Molto spesso però le richieste di portata degli attuatori variano ciclicamente in modo molto sensibile, perciò si rischia di sovradimensionare notevolmente la pompa rispetto al suo impiego medio. Tutto ciò si ripercuote poi anche sulla scelta del motore che conseguentemente dovrà essere in grado di fornire coppie massime superiori. Inoltre nelle fasi di esubero della portata della pompa quest ultima viene messa a scarico attraverso una valvola limitatrice di pressione con conseguente dissipazione di energia. Questi tipi di inconvenienti possono essere risolti mediante l utilizzo di accumulatori oleoidraulici. Gli accumulatori sono dispositivi che consentono l accumulo e la restituzione di fluido. Sono costituiti da una camera a volume variabile in cui viene accumulato il fluido che assume un valore di pressione imposto con diverse metodologie: a peso (figura 7.24); a molla (figura 7.24); a gas compresso (figura 7.25) con elemento di separazione: a pistone; a sacca; a membrana. Figura 7.24: Accumulatori a peso e a molla I più utilizzati in campo industriale sono gli accumulatori a gas compresso. I motivi che inducono ad inserire in un circuito un accumulatore possono essere così riassunti: come già anticipato precedentemente permettono di effettuare un dimensionamento corretto della pompa e del motore che la aziona, nel caso di richieste di portata da parte degli attuatori variabili sensibilmente. In questo caso l accumulatore svolge la funzione di integratore del generatore di energia e consente di dimensionare la pompa per un valore pari alla portata media, sopperendo alle richieste di portata mediante la restituzione del liquido accumulato durante le fasi di esubero della portata della pompa. L accumulatore può essere impiegato come dispositivo di sicurezza o di emergenza per garantire in una determinata zona del circuito che la pressione, anche quando la pompa dovesse essere esclusa dal circuito, mantenga un valore superiore ad un certo valore minimo che consenta ad esempio di portare a termine un ciclo di lavoro.

107 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 107 Figura 7.25: Accumulatori a gas compresso L accumulatore svolge anche la funzione di smorzatore consentendo di limitare le oscillazioni di pressione periodiche indotte dalle oscillazioni di portata della pompa e di attenuare le sovrappressioni dovute ad esempio a colpi d ariete generati da brusche manovre sulle valvole. Questo è uno dei casi in cui il fluido non può essere ritenuto incomprimibile e per questo motivo nascono delle onde di pressione che possono danneggiare i componenti più sensibili, soprattutto quando le eventuali valvole limitatrici di pressione presenti hanno tempi di intervento troppo alti rispetto alla dinamica del fenomeno. 7.6 Valvole Le valvole comunemente impiegate nei circuiti oleoidraulici possono essere raggruppate nelle seguenti categorie: valvole di controllo della pressione; limitatrici di pressione; riduttrici di pressione; valvole di regolazione della portata; distributori Valvole di controllo della pressione Le valvole di controllo della pressione si suddividono in valvole limitatrici di pressione (dette anche di massima pressione) e valvole riduttrici di pressione. Valvole limitatrici di pressione Le valvole limitatrici di pressione hanno la funzione di garantire che la pressione, nella sezione in cui sono inserite, non superi il valore di taratura impostato. Vengono essenzialmente utilizzate come valvole di sicurezza; nel caso in cui la pressione nel circuito dovesse crescere accidentalmente fino a raggiungere i limiti di sicurezza dell impianto, la valvola manderebbe a scarico parte della portata in modo da mantenere la pressione al valore impostato. Come già accennato nel paragrafo e indicato in figura 7.4, questo tipo di valvola può anche essere utilizzata per effettuare una alimentazione a pressione costante mandando costantemente a scarico una porzione della portata generata dalla pompa. Dal punto di vista costruttivo possono essere identificate due configurazioni principali: ad azione diretta o monostadio; pilotata o bistadio.

108 108 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA La configurazione ad azione diretta (figura 7.26) è la più semplice. La pressione di alimentazione agisce su di un cursore che, sotto l azione di una molla precaricata attraverso un elemento di regolazione, mantiene chiusa la bocca di scarico. Quando la pressione di alimentazione raggiunge un valore tale da superare la forza generata dalla molla, il cursore si sposta lasciando fluire portata verso lo scarico. Figura 7.26: Schema di una valvola di massima pressione ad azione diretta Una caratteristica di questa realizzazione costruttiva è che, poiché si devono vincere forze elevate con ingombri ridotti, la molla deve essere piuttosto rigida. Ciò impone che all aumentare della portata da scaricare, e quindi dell apertura del cursore, la pressione del fluido aumenti sensibilmente fino a superare il 40% del valore di taratura (curva a in figura 7.27). Figura 7.27: Curve caratteristiche di valvole limitatrici di pressione Questo tipo di problema viene risolto mediante la configurazione pilotata (figura 7.28). Lo stadio pilota è essenzialmente una valvola di massima pressione monostadio alimentata, questa volta, attraverso una strozzatura S. In condizioni di riposo della valvola, sul cursore pilota e su entrambe le facce del cursore principale, agisce una pressione pari alla pressione di alimentazione P. In queste condizioni, il cursore principale, grazie anche all azione di una molla cedevole e poco precaricata, mantiene chiuso il collegamento tra la bocca di alimentazione e la bocca di scarico. Quando la pressione di alimentazione supera il valore di taratura della molla dello stadio pilota, il relativo cursore si sposta consentendo al fluido di raggiungere lo scarico attraverso un condotto ricavato all interno del cursore principale.

109 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 109 Figura 7.28: Schema di una valvola di massima pressione a due stadi (o pilotata) Questo flusso viene anche laminato attraverso la strozzatura S generando una diminuzione della pressione sulla faccia superiore del cursore principale che, non trovandosi più in condizioni di equilibrio, apre il passaggio tra l alimentazione e lo scarico. Questo tipo di configurazione permette di dimensionare lo stadio pilota per valori di portata inferiori al caso ad azione diretta e quindi consente di utilizzare una molla di taratura più cedevole. Si ottiene quindi una curva caratteristica in cui la pressione di massima apertura della valvola non supera il 15% della pressione di taratura (curva b in figura 7.27). Valvole riduttrici di pressione Le valvole riduttrici di pressione vengono introdotte quando si ha la necessità di avere una parte di circuito ad una pressione minore della pressione di alimentazione (ad esempio per regolare le forze di serraggio di manipolatori). Anche questo tipo di valvola può essere realizzato in configurazione ad azione diretta o pilotata. Nella configurazione ad azione diretta (figura 7.29), sui due estremi del cursore agiscono la forza della molla di regolazione e la forza generata dalla pressione a valle. Quando dovesse verificarsi una diminuzione di quest ultima, il cursore, non più in equilibrio, si sposterebbe aprendo maggiormente il passaggio del fluido in modo da riportate la pressione a valle al valore impostato. Analogo è il funzionamento della versione pilotata (figura 7.30). La taratura del valore di pressione viene effettuata da una valvola di massima pressione pilota. In condizioni di riposo della valvola, il cursore principale è soggetto sulle facce di estremità alla pressione di valle e all azione di un molla cedevole. In questa posizione di equilibrio mantiene aperto il collegamento tra monte e valle garantendo una certa differenza di pressione. Quando la pressione a valle supera il valore di taratura della valvola pilota quest ultima manda a scarico parte di fluido che viene quindi laminato attraverso la strozzatura S. La pressione sulla faccia inferiore del cursore principale diminuisce e quest ultimo si sposta verso il basso riducendo il passaggio di fluido. In questo modo si ottiene il ripristino del valore della pressione a valle. In entrambi i tipi di valvola il cursore principale, una volta ripristinato il valore della pressione a valle, si riporta nella posizione iniziale.

110 110 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Figura 7.29: Schema di una valvola riduttrice di pressione ad azione diretta Figura 7.30: Schema di una valvola riduttrice di pressione pilotata Valvole di regolazione della portata Le valvole regolatrici di portata sono utilizzate per il controllo di velocità degli attuatori. Il principio di funzionamento è di tipo dissipativo: poiché la velocità degli attuatori è rigidamente determinata dalla portata fluente, si fa in modo di innalzare la pressione a monte attraverso un strozzatura variabile causando così lo scarico di parte della portata attraverso una valvola di massima pressione. La relazione che lega la perdita di carico p attraverso una resistenza idraulica R alla portata fluente Q è la seguente: p = RQ 2 (7.3)

111 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 111 Se non si avessero variazioni delle pressioni di monte e di valle o variazioni di viscosità dovute alla variazione di temperatura, il valore di portata sarebbe unicamente dipendente dalla resistenza idraulica R, cioè dal valore di strozzamento del fluido impostato sulla valvola. In questo caso potrebbero essere impiegate delle semplici strozzature tarabili. Quando invece i fenomeni precedenti assumono importanza nella determinazione della portata, si deve ricorrere a valvole che attraverso opportune compensazioni tengano conto delle variazioni di temperatura e di pressione. La compensazione di temperatura non risulta essere molto efficiente, quindi nel seguito si analizzeranno solo le due configurazioni costruttive relative alla compensazione della pressione: configurazione a due bocche; configurazione a tre bocche. Valvole di regolazione della portata a due bocche Questo tipo di valvola è sostanzialmente costituita da una strozzatura tarabile, sulla quale viene impostato un certo valore di caduta di pressione desiderato, e una strozzatura variabile automaticamente realizzata attraverso un cursore mobile. Figura 7.31: Schema di una valvola regolatrice di portata a due bocche Nello schema di figura 7.31 la strozzatura tarabile T è posta a valle della strozzatura S regolata dal cursore mobile. Con riferimento alla schema della valvola di figura, in cui si fa notare che i due lati del cursore sono in collegamento fra di loro attraverso un foro praticato nel cursore stesso, la spola risulta soggetta alle forze generate dalla pressione di monte e di valle che insistono su aree uguali e alla forza generata dalla molla precaricata. Poiché la molla ha una costante di rigidezza molto bassa, si può assumere che il cursore sia in equilibrio quando la forza generata dalla differenza delle pressioni eguaglia il precarico. Nel caso in cui dovesse verificarsi un aumento della pressioni di monte e quindi un aumento della caduta di pressione sulla strozzatura T, si avrebbe un conseguente aumento della portata (come si osserva dalla relazione 7.3). A questo punto il cursore, non più in equilibrio, si sposterebbe a sinistra in modo da diminuire la strozzatura S e da mandare a scarico attraverso la valvola di massima pressione, che deve essere prevista a monte nel circuito, l eccesso di portata diminuendo così la pressione di monte fino al ripristino delle condizioni di equilibrio.

112 112 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Valvole di regolazione della portata a tre bocche Come mostrato dallo schema di figura 7.32, questo tipo di valvola è costruttivamente molto simile alla versione a due bocche. La differenza sostanziale risiede nella presenza della terza bocca attraverso la quale il fluido in eccesso viene scaricato senza quindi che vi sia la necessità di impiegare una valvola di massima pressione a monte. Figura 7.32: Schema di una valvola regolatrice di portata a tre bocche In base alla configurazione costruttiva della valvola, il cursore risulta soggetto, come nel caso precedente alle forze generate dalla pressione di monte, di valle e dalla molla precaricata. Quando si verifica un aumento del salto di pressione (e quindi un aumento della portata in base alla relazione 7.3) il cursore si sposta ancora verso sinistra aprendo però il passaggio dall alimentazione verso la terza bocca di scarico, finché la pressione di monte diminuisce e si ritorna nelle condizioni iniziali Distributori I distributori sono valvole che consentono di variare la direzione di flusso all interno del circuito idraulico. Sono generalmente costituiti da quattro bocche: l alimentazione P, lo scarico T e le bocche di utenza A e B a cui possono essere collegate ad esempio le bocche di mandata e di scarico di un attuatore. Dal punto di vista funzionale possono realizzare una notevole varietà di collegamenti interni fra le varie bocche come indicato in figura Il funzionamento è molto semplice: un cursore alloggiato all interno del corpo valvola viene azionato in maniera da aprire o chiudere dei passaggi tra le varie bocche. Lo spostamento del cursore può essere imposto attraverso comandi manuali (ad esempio a leva), idraulici (pilotati da un segnale proveniente dallo stesso circuito in cui è inserito il distributore o da un circuito ausiliario) o elettrici (elettromagnete). 7.7 Attuatori Gli attuatori utilizzati nei circuiti idraulici sono attuatori di tipo volumetrico: cilindri; motori idraulici. Con questo tipo i attuatori è possibile regolare in maniera efficace la velocità e sviluppare forze notevoli.

113 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 113 Figura 7.33: Schema di impiego di un distributore Figura 7.34: Alcune tipologie di collegamenti tra le bocche di un distributore Attuatori ideali Cilindri Si consideri il cilindro oleoidraulico ideale schematicamente rappresentato in figura 7.35 in cui le aree delle camere di alimentazione e scarico sono uguali e pari ad A. Figura 7.35: Schema di un cilindro idraulico ideale La caduta di pressione sul cilindro è pari a: p m = p 1 p 2 La forza esercitata in condizioni ideali dal cilindro sarà:

114 114 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA e la velocità: F mi = p m A (7.4) ẋ m = Q mi (7.5) A dove Q m = Q 1 = Q 2 in base all assunzione di essere in un caso ideale senza trafilamenti. L area A rappresenta quindi un importante parametro per la definizione della grandezza di un cilindro. La potenza meccanica erogata dal cilindro sarà quindi: e la potenza idraulica fornita al cilindro: W mi = F mi ẋ m W o = p m Q mi In queste condizioni la curva caratteristica di un cilindro sarà una retta verticale nel piano forza velocità, cioè può essere considerato come un generatore di velocità in cui la forza erogabile è limitata solo dalla sua resistenza strutturale. Motori idraulici Le considerazioni fatte precedentemente riguardo ai cilindri ideali possono essere ripetute per i motori idraulici ideali. Sostituendo all area A la cilindrata al radiante D m si ottiene per la velocità la seguente espressione: θ m = Q mi D m (7.6) Detta T mi la coppia generata dal motore idraulico la potenza erogata può essere espressa come: La potenza idraulica fornita al motore è: W m = T mi θm W o = p m Q mi Eguagliando, in condizioni ideali, le due potenze si ottiene l espressione della coppia erogata dal motore: T mi = D m p m (7.7) Anche in questo caso si nota come in condizioni ideali il motore possa essere considerato un generatore di velocità caratterizzato da una curva caratteristica verticale nel piano coppia velocità Attuatori reali Le prestazioni degli attuatori, sia che si tratti di motori che di cilindri, sono influenzate dalla presenza di trafilamenti, dai difetti di riempimento delle camere, dalla comprimibilità del fluido e da fenomeni di perdita di potenza come ad esempio le perdite per attrito sui cuscinetti. A causa di questi fenomeni dissipativi, l attuatore è in grado di generare forze o coppie inferiori a quelle idealmente erogabili (espresse dalle relazioni 7.4 e 7.7). I trafilamenti e i difetti di riempimento determinano la necessità di avere in ingresso portate superiori a quella ideale espressa per ottenere la stessa velocità espressa dalle 7.5 e 7.6. Al fine di valutare le prestazioni degli attuatori, vengono utilizzati ancora i rendimenti volumetrici, meccanici e globali. Viene definito rendimento volumetrico η v il rapporto tra la portata ideale Q mi e la portata realmente necessaria Q m, e rendimento meccanico η m il rapporto tra la coppia (o la forza) realmente erogata dall attuatore e quella ideale.

115 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA 115 Nel caso di un motore idraulico si ottengono le seguenti espressioni: η v = D m θ m η m = Q m T m D m p m Per valutare le prestazioni globali di un attuatore si ricorre all utilizzo del rendimento globale η g espresso come rapporto tra la potenza meccanica W m realmente uscente dall attuatore e la potenza oleoidraulica W o fornitagli in ingresso. η g = W m W o = T mθ m = θ md m T m = η v η m p m Q m Q m p m Q m Rappresentando graficamente l andamento di questi rendimenti in funzione della grandezza µ θ m /p 1, dove µ è la viscosità del fluido e considerando trascurabile la pressione p 2, si ottengono gli andamenti di figura Figura 7.36: Andamento dei rendimenti di un motore idraulico Analogamente al caso delle pompe volumetriche, i costruttori forniscono però delle curve isorendimento globale per ogni motore rappresentate nel piano coppia velocità angolare, in maniera tale da poter stabilire la zona ottimale in cui far lavorare il motore. La costante di rigidezza di un cilindro La comprimibilità del fluido introduce elasticità nell attuatore oleoidraulico dando origine alla nascita di fenomeni indesiderati durante particolari condizioni di funzionamento. Si consideri di bloccare le bocche delle due camere del cilindro e di applicare una forza df allo stelo del cilindro: lo stelo subirà uno spostamento dx in direzione della forza, il fluido contenuto in una camera si comprimerà mentre l altro si espanderà. Come indicato nello schema di figura 7.37, il fluido nelle due camere può essere rappresentato attraverso due molle di rigidezza K 1 e K 2 poste in parallelo rispetto allo stelo. Il valore di costante di rigidezza equivalente K e sarà pari a K 1 +K 2. Con riferimento alla camera 1 è possibile scrivere la relazione: dove: K 1 = df 1 dx

116 116 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Figura 7.37: Schema equivalente di un cilindro df 1 = Adp 1 Ricordando l espressione del coefficiente di elasticità a compressione cubica equivalente è possibile scrivere: da cui: dp 1 = ϵ e dv 1 V 1 dv 1 1 K 1 = Aϵ e V 1 dx = Aϵ Adx 1 e V 1 dx = A2 ϵ e V 1 Analogamente si ottiene per K 2 la seguente espressione: K 1 = A2 ϵ e V 2 La costante di rigidezza equivalente del sistema è dunque: K e = K 1 + K 2 = A 2 ϵ e ( 1 V V 2 ) La relazione precedente può essere espressa in funzione del volume totale di fluido V t = V 1 + V 2 ottenendo: ( ) 1 K e = A 2 1 ϵ e + V 1 V t V 1 L andamento di K e può essere rappresentato adimensionalmente come indicato nel grafico di figura Si nota che la curva ha un valore minimo in corrispondenza di un rapporto tra i volumi V 1 e V t pari a 1/2. Il valore corrispondente di K e è: K e = 4A2 ϵ e V t Da queste considerazioni emerge quindi che di notevole importanza per la determinazione della costante di rigidezza è il volume elasticante di olio V t, che in realtà comprende non solo il volume delle camere 1 e 2 ma anche quello presente nei condotti e nelle valvole. In base all espressione della costante di rigidezza è possibile valutare la pulsazione delle oscillazioni libere: ω n = Ke M = 4ϵ e D m 2 dove M rappresenta la massa del carico ridotta allo stelo del cilindro. Considerazioni analoghe valgono per il motore idraulico e si ottengono le stesse relazioni in cui al posto dell area A e della massa M compaiono rispettivamente la cilindrata D m e il momento d inerzia del carico ridotto all albero motore J r. V t M

117 117 CAPITOLO 7. OLEOIDRAULICA Tipi di motori idraulici Il motore idraulico trasforma l energia oleoidraulica in energia meccanica con un movimento rotatorio attorno a un asse. Spesso ad un motore e richiesto di funzionare anche in frenatura (cioe da pompa), se trascinato dai carichi. Cio corrisponde ad estendere il funzionamento al IV o quadrante del piano caratteristico coppia velocita. Il motore deve poi anche essere in grado di invertire il senso di rotazione (cioe il senso di flusso del fluido): il funzionamento dovra essere esteso anche al III o quadrante ed eventualmente al II o. I motori oleoidraulici possono essere suddivisi in due grandi gruppi: motori veloci (campo di funzionamento tra 30 e 3000 giri/min); motori lenti (campo di funzionamento tra meno di 1 e 300 giri/min). A parita di potenza massima erogabile i motori lenti sono in grado di fornire una coppia maggiore e quindi, ricordando l espressione della coppia di un motore idraulico, sono caratterizzati da una cilindrata maggiore. Nel campo di velocita coperto da entrambi i tipi di motori, l impiego di un motore lento e piu conveniente di quello di un motore veloce. I motori lenti piu diffusi sono a pistoni alternativi con cilindri stazionari, con pistoni radiali detti motori stellari (figura 7.38). Figura 7.38: Motore oleoidraulico stellare In questa configurazione costruttiva un distributore coassiale al motore e solidale con l albero provvede ad alimentare e a scaricare ciclicamente i cilindri che a loro volta mettono in rotazione l albero stesso. 7.8 Le trasmissioni idrostatiche Per controllare in velocita un attuatore e possibile agire generando attraverso una pompa la portata corrispondente alla velocita desiderata. La pompa puo essere a portata fissa o variabile, cosı come il motore puo essere a velocita fissa o variabile. Questo metodo di controllo della velocita si rivela molto vantaggioso dal punto di vista P. Righettini, R. Strada c Azionamenti dei sistemi mecccanici - Appunti delle Lezioni

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