CREDI TU QUESTO? (Gv 11,26)

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1 5-2012/13 Don Franco Mosconi CREDI TU QUESTO? (Gv 11,26) La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui. I RACCONTI DELLA MISERICORDIA (Quaresima nell Anno della fede) Lectio Divina su Gv. 8,1-11 [L ADULTERA] EVANGELIZZARE: UN COMPITO DIFFICILE Affi Villa Elena, 16 febbraio 2013

2 Don Franco Mosconi Affi, 16 febbraio 2013 Iniziamo con una preghiera: Noi ti ringraziamo Gesù, perché tu ci proponi la tua amicizia. Ti ringraziamo perché, al di lá di ogni cosa che facciamo o possiamo fare, tu ci offri un rapporto vero, reale con te, da cui dipende ogni rapporto vero con gli altri. Ti chiediamo, Signore, di manifestarti a noi dicendoci ciò che siamo, rivelandoci la verità su di noi stessi, perché possiamo gustare la gioia del tuo Vangelo. Ti preghiamo, Signore, che ci salvi, che ci doni il tuo Spirito di verità, Tu che vivi e regni con il Padre e lo Spirito nei secoli dei secoli. Amen Prima di avviare questa nostra giornata di preghiera e di riflessione biblica, non possiamo non rivolgere un pensiero a Papa Benedetto, da poco dimessosi. Il suo gesto è stato un evento al quale tutti abbiamo in qualche modo, emotivamente o meno, partecipato. Il cammino, che tutta la Chiesa si trova davanti, non sarà più come prima. Lo conferma il fatto che Benedetto stesso abbia detto: Pregate per la Chiesa e per il mio successore. Mai nessun Papa ha pregato per il suo successore: erano tutti morti prima, mentre questo è ancora vivo! Certamente viene meno quella specie di papolatria che si era innescata e che non può più esistere. E stato certamente un gesto di umiltà il suo, ma consapevole e, direi, anche rivoluzionario: non si sentiva più in grado di proseguire il suo alto mandato da parte di tutta la Chiesa e venuto dall alto. Ora si può pensare anche a tante motivazioni dietro a quella scelta. Come ha detto anche lui: certi intrighi da parte della Curia l hanno fatto anche soffrire; la percezione che stiamo perdendo in parte il mondo giovanile; la mancanza di vocazioni al sacerdozio, specialmente in Occidente; la prospettiva di una possibile presenza più incisiva della donna nella Chiesa. Tutte realtà vere che possono anche scoraggiare un uomo che ha ottantasei anni, intelligente, sensibile come Benedetto. Tuttavia, nessuno si sarebbe aspettato simile gesto. Credo sia una lezione, non solo per la Chiesa, ma anche fuori della Chiesa. Spero serva pure a liberare il prossimo successore di Pietro anche da un certo potere temporale. L anno scorso un articolo diceva «VERRÀ FRANCESCO»: non è che fosse profetico, però alludeva a qualcosa di verosimile. Diciamo che è un gesto, quello di Benedetto XVI, che per la prima volta evidenzia un pontificato non più come potere, ma come servizio - il ministero di Pietro è di servire; il Papa è il Servus Servorum Dei si diceva -. Fino ad oggi nessun pontefice mai ha scisso con tale forza e chiarezza il suo ruolo, cioè l aspetto di servizio dall aspetto di potere, facendo prevalere in maniera netta e radicale, ormai, l aspetto del servizio. Quindi, d ora in avanti anche nella storia del mondo questa istituzione del pontificato non potrà più essere la stessa; d ora in poi la funzionalità di tale altissimo servizio cristiano dovrà prevalere su ogni altro aspetto. Probabilmente non ci sarà più un pontefice a vita. In tutta umiltà il nuovo Papa dovrà forse essere pronto a passare la mano a un altro per riuscire in questo servizio. Capisco che a ottantasei anni uno possa sentirne il peso, per il venir meno delle forze, la malattia, la stanchezza. Papa Giovanni Paolo II ha evangelizzato nella malattia; questo Papa ha fatto un altra scelta, da rispettare. 2

3 Quindi la rigida struttura di potere, da sempre implicita nella storia del Vaticano, dovrà diventare soltanto un organo di servizio, con le sue competenze, con le sue responsabilità, senza più arroccamenti gerarchici sotto il manto del vertice pontificale. Ispirato dalla sua grande spiritualità, Benedetto ha compiuto questo suo gesto. Ora sta alla cristianità saper essere coerente con tale gesto, tutta la cristianità: dal Papa, ai Cardinali, ai Vescovi, ai cristiani. Temo però che una parte rilevante dell assetto del potere della Chiesa Cattolica sia sventuratamente tentata di tradire tale gesto; è questo che rende dolorose le lacerazioni nel corpo ecclesiale. Auspico che, dopo mezzo secolo dal Vaticano II, la cristianità trovi un successore capace (un po come un tempo Giovanni XXIII) di proseguire, non dico di fare un nuovo Concilio: io ne sarei perplesso, benché per i problemi attuali sarebbe auspicabile. É necessario che sia ripristinata la collegialità che è stata un po dimenticata, sebbene già nata. Noi qui abbiamo fatto un incontro sulla Chiesa come dialogo. Questo comporta naturalmente che il pontefice sia collegato a tutti, anche per il Sinodo. Sarà il suo successore a fare quell esortazione che nasce dalle proposte emerse dal Sinodo stesso sull evangelizzazione precedentemente svoltosi. I RACCONTI DELLA MISERICORDIA Giovanni 8,1-11 [L ADULTERA] Ho pensato di proporvi questo brano: siamo in Quaresima, in questo Anno della fede. Direi che stamani prendiamo in considerazione un altra icona: LA MISERICORDIA DEL SIGNORE. E la misericordia del Signore che ha convocato qui voi e me, per ascoltare il Vangelo e contemplare la misericordia di Dio Padre. Finora ci siamo soffermati su Medaglioni come Abramo, Mosè, Maria, Giobbe, ma anche la Misericordia può essere personalizzata. Cercherò di essere un umile eco di questa Parola del Signore, che è parola di vita per tutti. Gv. 8, Gesù perdona una donna adultera [1] Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. [2] Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. [3] Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e [4] gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. [5] Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». [6] Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. [7] Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». [8] E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. [9] Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. [10] Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». [11] Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanche io ti condanno; va e d'ora in poi non peccare più». STORIA PARTICOLARE DEL TESTO É un testo che ha conosciuto una storia particolare. Questo brano narra l incontro tra Gesù e una donna sorpresa in adulterio. E un testo che la Chiesa ha sempre ritenuto Vangelo autentico, dunque appartenente al canone dei Libri biblici ispirati; eppure, come è noto, ha conosciuto una storia strana, particolare. Per esempio, è ignorato dai Padri della Chiesa greca fino al dodicesimo secolo. E ancora nel 1546, in occasione del Concilio di Trento, vi furono alcuni che avrebbero voluto espungere, togliere questa pericope dai Vangeli. Anche nei 3

4 più antichi manoscritti questo testo manca. Poi, lungo i secoli vaga come un masso erratico, finché lo troviamo ora all interno del Vangelo di Luca ora in quello di Giovanni. La sorte di questo brano è veramente originale: da un lato la Chiesa lo dichiara appartenente alle Sacre Scritture in cui è contenuta la Parola di Dio; dall altro lo sente come un brano un po imbarazzante, scandaloso, come mostra il fatto che non sempre è stato accolto dalla comunità dei credenti, specialmente in Oriente. Si tratta di un brano che imbarazza un po anche noi che lo ascoltiamo qui e ora. Dopo un lungo e travagliato migrare, questo testo è stato inserito nel quarto Vangelo, il Vangelo secondo Giovanni, dopo il cap.7 e prima del versetto 15 del cap.8 (poi capiremo perché l hanno sistemato lì), in cui è attestata una parola di Gesù che sembra giustificare questa collocazione: «voi giudicate secondo la carne, io non giudico nessuno». Ho detto che il nostro testo presenta somiglianze tematiche, contenutistiche, con il Vangelo di Luca. Infatti, per la maggioranza degli studiosi il testo è di Luca, perché è l evangelista che più di tutti è attento all insegnamento di Gesù sulla misericordia, tuttavia, per esigenze storiche, viene collocato in Giovanni. Potrebbe essere collocato in modo letterario anche dopo Luca 21,37-38, come dimostrano i seguenti versetti: «durante il giorno Gesù insegnava nel tempio, la notte usciva e pernottava all aperto sul monte degli Ulivi. E tutto il popolo di buon mattino andava da lui nel tempio per ascoltarlo» (Lc 21,37-38); quindi si poteva ben collocarlo anche a quel punto. [1] Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. [2] Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Questo è l inizio del cap.8, quindi c è un parallelo tra il testo di Luca e quello di Giovanni, dato che Gesù insegnava nel tempio e la donna è trascinata lì. Noi, in obbedienza al canone delle Scritture, lo leggiamo dove la redazione finale lo ha collocato, ossia nel cap.8 del Vangelo secondo Giovanni, nel contesto di una discussione sul rapporto tra legge e peccato. A questo proposito, Giovanni 8,1-11 ci fornisce un icona straordinaria della giustizia e della misericordia di Gesù di fronte al male, di fronte a chi ha peccato. Ecco perché mi é parso giusto, in Quaresima, proporre questo testo. MOSÈ CI HA COMANDATO DI LAPIDARE DONNE COME QUESTA. TU CHE NE DICI? Gesù si trova a Gerusalemme: ha trascorso la notte sul monte degli Ulivi. All alba è al tempio, dove accoglie quanti si recano da lui per ascoltarlo (inizio cap.8). Tutti i Vangeli ci testimoniano questa prassi di Gesù, in particolare nei giorni che precedono la sua ultima pasqua, quella della sua passione e morte. Mentre lì è seduto e intento ad annunciare la Parola a quanti lo ascoltano, insieme ai suoi discepoli, ecco che: [3] scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio, e si dice che: «fanno questo per metterlo alla prova». Non è una scena insolita: spesso i Vangeli annotano che gli avversari di Gesù cercano di tendergli un trabocchetto, tentano di metterlo in contraddizione con la legge di Dio e, soprattutto, vorrebbero poterlo accusare di bestemmia, di disobbedienza al Dio vivente. Ma questa volta il tranello teso a Gesù non riguarda interpretazioni della legge, ma concerne una donna, o meglio, quella che è usata da costoro come caso giuridico. Viene sorpresa in adulterio, trascinata con la forza davanti a lui dai testimoni del suo peccato, da quelli che devono vigilare sul compimento della Torah, della legge di Dio. Eppure Gesù riesce a trasformare questo tranello in un incontro umano e umanizzante. Mai perdere di vista quest aspetto: il Vangelo è sempre umanizzante, oltre che umano. 4

5 Questi uomini religiosi, interpreti zelanti della legge, fanno irruzione in quest uditorio di Gesù, e trascinano davanti a lui una donna sorpresa in flagrante adulterio, la collocano in mezzo a tutti e si affrettano a dichiarare: [5] «Maestro, Mosè nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa» La loro dichiarazione è formalmente ineccepibile (Lv 20,10). Infatti, dice il Levitico 20,10: «Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l adultero e l adultera dovranno esser messi a morte», tutti e due; questo dice il testo. Ma anche Deuteronomio 22,22, cioè la legge, prevede la pena di morte per l uomo e la donna adultera. Anche Dt 23-24, sempre al cap.22, attesta la stessa pena mediante lapidazione, a proposito di un uomo e di una donna caduti in adulterio. Dunque, la loro dichiarazione è formalmente ineccepibile (Lv 20,10). Questa è una legge certamente severa, ma occorre comprendere che secondo la Torah l attentato al matrimonio è un attentato all alleanza con Dio, di cui il matrimonio è figura nella storia. In fondo, noi come cristiani, cosa abbiamo recepito nel Sacramento del matrimonio? Che due che si sposano in Chiesa credono che la loro unione è un alleanza, è una comunione, è una testimonianza dell alleanza di Dio con l umanità. Due sposi devono custodire la fedeltà, perché la loro fedeltà testimonia la fedeltà di Dio e il loro amore testimonia l amore di Dio. In altre parole, il matrimonio non è un semplice accadimento all interno della vita umana -almeno per chi crede-, ma è un alleanza chiamata ad essere fedele e perseverante nella storia. E una storia di amore che attraversa gli anni e la stagioni della vita e che narra l alleanza fedele e stretta da Dio con il suo popolo. C è una pagina di Malachia, sconosciuta ai più, che mi pare significativa. Malachia, al capitolo 2,14-16 : «Il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che hai tradito mentre era la tua compagna, la donna legata a te dall alleanza. Non fece egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua giovinezza. Perché io detesto il ripudio, dice il Signore Dio d'israele. Custodite il vostro soffio vitale e non siate infedeli» Siamo sempre nel contesto della Torah. Ma la durezza della pena prevista si spiega col fatto che l adulterio è una smentita del piano creazionale di Dio, ed insieme è una grave contraddizione all alleanza. Ecco dunque che gli esperti della Scrittura, gli Scribi, i custodi gelosi della legge e i suoi irreprensibili esecutori (irreprensibili in apparenza) e perciò ritenuti dalla gente uomini religiosi, chiedono a Gesù: «Tu che ne dici?» GESÙ SI CHINÒ E SI MISE A SCRIVERE COL DITO PER TERRA «Tu che ne dici?». La domanda posta a Gesù mira a coglierlo in contraddizione. Se Gesù non conferma quella condanna e non approva l esecuzione che ne consegue, cioè la lapidazione, può essere accusato di trasgredire la legge di Dio (Deuteronomio): è disobbedienza alla Torah. Se, al contrario, decide di favorire e di obbedire alla legge, perché accoglie i peccatori e le prostitute e mangia con loro? E in contraddizione! Perché annuncia la misericordia? Che ne dici? Cosa pensi? Tu che predichi il perdono di Dio, la remissione dei peccati, che dici di essere venuto a cercare i peccatori e non i giusti, da che parte ti schieri in questo caso che abbiamo qui davanti?, come ti muovi? Capite il tranello? la provocazione? 5

6 Sostiamo un momento davanti a questa scena. Ci sono alcuni che hanno portato a Gesù una donna, non perché sia salvata, ma perché sia condannata. Discepoli e ascoltatori sono un po distanti; c è solo Gesù di fronte a questi uomini religiosi e, in mezzo, una donna in piedi. Lei sola è stata condotta in giudizio, non il suo complice, che secondo la legge di Mosè doveva essere anche lui condannato a morte; ma solo lei è esposta all opinione pubblica con il suo peccato, che è dichiarato di fronte a tutti. Una donna nell infamia, nella vergogna, e tutti intorno a lei sono giudici, nemici, accusatori. Non c è spazio per considerare la sua storia, i suoi sentimenti, la sua consapevolezza. Per i suoi accusatori ella non ha solo commesso il peccato di adulterio: è un adultera, cioè è definita unicamente dal suo peccato, da questo peccato pubblico, noto a tutti «è stata sorpresa, in adulterio». E la stessa situazione che incontriamo in quella famosa pagina di Luca dove, di fronte a una donna prostituta, «giunta di nascosto vicino a Gesù per piangere ai suoi piedi, a profumarli, il fariseo Simone afferma: questa donna è una peccatrice!». E un testo che abbiamo commentato e dove Gesù diceva: «Simone, ho una cosa di dirti: c erano due debitori, uno di cinquanta, uno di cinquecento denari; tutti e due vengono condonati. Chi amerà di più?». Qui Gesù si china e si mette a scrivere per terra, senza proferire parola. Notate: dalla posizione di chi è seduto passa a quella di chi si china verso terra. Di più, in questo modo egli s inchina di fronte alla donna che ha i piedi davanti a lui: questa donna è in piedi, lui è seduto e si china. Pensiamo all eloquenza di tale immagine. La donna era stata presa e fatta stare in piedi davanti a Gesù, seduto, come un maestro e un giudice; la donna ha alle spalle i suoi accusatori con le pietre già pronte in mano. Quindi questa donna in piedi vede Gesù chinato a terra di fronte a lei. E un icona splendida. Gesù scrive sulla terra con il suo dito. Qui ci son tante interpretazioni: un gesto enigmatico, forse un mimo profetico, azione che certamente ci dà da pensare per la sua opacità, ma anche per una sovrabbondanza di significati. Che cosa significa questo gesto? Chi dice che Gesù scrive i peccati degli accusatori della donna (questo lo pensava San Girolamo nel suo dialogo contro i pelagiani); oppure scrive frasi bibliche, secondo l opinione di alcuni esegeti moderni. Non è facile interpretare questo gesto che forse va inteso in quanto tale, senza soffermarsi su parole eventualmente scritte da Gesù. Io ho sempre pensato che per Gesù è un diversivo teso a far pensare la gente, per dar tempo agli anziani di rendersi conto di quello che stanno per fare. Il fatto che scriva per terra significa: prendiamo tempo, diamo tempo a questa gente Penso che qui si debbano vedere: da un lato gli scribi e i farisei che ricordano la legge di Mosè, che era stata scolpita su tavole di pietra; dall altro Gesù, che scrive per terra -la terra di cui siamo fatti noi uomini e donne figli di Adamo, il terrestre: ci indica che la legge va inscritta nella nostra carne, nelle nostre povere vite segnate dalla fragilità, dalla debolezza, dal peccato. Gesù ricorda che noi siamo polvere. E, non a caso, è detto che Gesù scrive con il dito, come la legge di Mosè fu scritta sulla pietra dal dito di Dio (Es 31). Vedete che ci sono dei legami? A questo punto: CHI DI VOI È SENZA PECCATO, GETTI PER PRIMO LA PIETRA CONTRO DI LEI Quindi Gesù resta chino, mentre i suoi accusatori insistono nell interrogarlo. 6

7 Infine, dopo il silenzio, non vuoto, ma riempito dal suo gesto di scrivere sulla terra, egli alza il capo. Non risponde direttamente alla questione che gli hanno posto, ma fa un affermazione che contiene in sé anche una domanda: Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei. Poi si china di nuovo e torna a scrivere per terra. Ma chi può dire di essere senza peccato? Gesù conferma la legge, secondo la quale il testimone deve essere il primo a lapidare il colpevole, ma dice anche che il testimone, per compiere tale gesto, deve essere lui per primo senza peccato. Questo è un risvolto da tenere presente: non è che Gesù abolisca la legge, però dice anche che il testimone di questo peccato, di quest adulterio, per compiere tale gesto deve essere per primo senza peccato. Il problema, infatti, è il peccato: quella donna adultera ha commesso un peccato pubblico, manifesto. Gli altri suoi accusatori non hanno peccati o, in verità, hanno peccati nascosti? E se hanno peccati nascosti, con quale autorevolezza lanciano le pietre che uccidono? Cioè la vera giustizia che si vuole restaurare dopo il peccato avvenuto, esige che, anzitutto, si metta ordine nella propria vita. Solo Gesù, lui che era senza peccato, poteva scagliare la pietra. Ma non lo fa! La sua parola-domanda - che non contraddice la legge e nel contempo conferma la sua prassi di misericordia - appare efficace, va al cuore dei suoi accusatori «i quali udito ciò se ne vanno uno per uno cominciando dai più anziani». Quest ultima precisazione dell autore attesta una verità semplice, ma che non dovremmo mai dimenticare: più si avanza in età, più numerosi sono i peccati fatti e accumulati. Questa coscienza dovrebbe attenuare la nostra inflessibilità verso gli altri invece di indurirla: cioè dovremmo essere tutti più misericordiosi. Così una parola di Gesù, una parola sola, ma incisiva al punto da essere proverbiale e autentica, una di quelle domande che ci scuotono, che ci fanno leggere in profondità noi stessi, impedisce a quegli uomini di fare violenza in nome della legge, che essi credono di interpretare con giustizia e con rigore. Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra. Stamani questa frase è rivolta a ciascuno di noi; è una parola rivolta a me, a noi; a ciascuno di noi ogni volta che stiamo per giudicare un fratello o una sorella, un uomo o una donna che ha un peccato manifesto, un peccato pubblico. Commentava già con molta intelligenza il grande Agostino sul Vangelo di Giovanni: Questa parola di Gesù è eloquenza della giustizia. Si punisca la peccatrice, ma non la puniscano i peccatori. Si adempia la legge, ma non l adempiano coloro che violano la legge. Solo Dio potrebbe condannare quella donna e solo Gesù, Colui che racconta Dio. In fondo, chi è Dio? Lo possiamo sapere soltanto guardando Gesù, soltanto guardando i gesti parlanti di Gesù. Solo Dio potrebbe condannare quella donna, e solo Gesù, colui che racconta Dio, che manifesta Dio, è autorizzato a fare un azione che narri l agire di Dio. Ecco che dall agire di Gesù noi comprendiamo anche l agire di Dio («non condannate, non giudicate»). Ebbene qui Gesù evangelizza Dio. Cosa vuol dire? Gesù ci dice chi è Dio. Rende Dio Vangelo, buona notizia. Dio nessuno l ha mai visto: è vero! ma molti pensano di interpretarlo, di agire in nome suo. Così, di fatto, scolpiscono e raccontano l immagine di un Dio a volte perverso, mettono una maschera sul suo volto. Solo Gesù ci può raccontare Dio, solo Gesù fa l esegesi del Padre. Gesù afferma che di fronte al peccatore, alla peccatrice, Dio ha un solo sentimento: non la condanna, non il castigo, ma il desiderio che si converta e viva. 7

8 Quante volte l abbiamo sentito?: «non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva». Così dev essere anche per questa donna. Per questo Gesù fa cadere le pietre dalle mani di quegli accusatori giudici, al prezzo di assumere su di sé la pena riservata a questa donna. Non è un caso, infatti, se, proprio alla fine di questo cap. 8, leggiamo: «i suoi avversari raccolsero pietre per gettarle contro Gesù», quando Gesù incomincia a dire che in fondo è il Figlio di Dio, in quella diatriba su Abramo: «prima che Abramo fosse, io Sono» (cap.8). Questo infuria gli Scribi che incominciano a scagliar delle pietre contro di lui. E solo quando tutti se ne sono andati, Egli si alza in piedi e sta di fronte alla donna: prima era chinato, era seduto; alla fine si alza in piedi. Lei, posta in mezzo a tutti, è finalmente restituita alla sua identità di donna che sta davanti a Gesù, e vede Gesù in piedi davanti a lei: così è possibile un incontro vero. E la fine di un incubo per la donna, perché i suoi zelanti lapidatori si sono dileguati e perché colui che doveva giudicarla non è più seduto come un giudice. Poco prima era chinato di fronte a lei, ora sta in piedi, come il giudice che dovrebbe assolvere e giustificare. DONNA, VA E D ORA IN POI NON PECCARE PIÙ Donna, va e d ora in poi non peccare più Ora è possibile questo incontro parlato, che comincia con l appellativo rivolto da Gesù alla sua interlocutrice: Donna. La chiama Donna, come aveva fatto con sua Madre a Cana, come ha fatto con la Samaritana, come farà con Maria di Magdala all alba di Pasqua. Gesù, rivolgendosi a lei in questo modo, le restituisce la sua piena dignità, la fa risaltare davanti a sé per quella che è, non un adultera, non una peccatrice -tutti titoli che anche noi daremmo e, di fatto, diamo, a persone infedeli-; la chiama Donna. Nessuno le aveva rivolto la parola, tutti l avevano trascinata come un oggetto. Gesù, invece, le rivolge la parola, la restituisce alla sua dignità di donna e le chiede: «Dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?». E lei risponde: «Nessuno, Signore». Notate questa espressione: Oudeis, Kyrie = Nessuno, Signore, e fa una grande confessione di fede: colui che si trova di fronte a lei è più di un semplice Maestro, è il Signore! Così come il discepolo amato confesserà dopo la sua resurrezione, quando lo vede: «É il Signore!». E, infine, Gesù conclude questo incontro con un affermazione straordinaria: «Neanch io ti condanno; va e d ora in poi non peccare più». Gesù non cancella quella colpa che è avvenuta, ma rivela un modo diverso di reagire: «Neppure io ti condanno; va e d ora in poi non peccare più». Sono parole assolutamente gratuite, unilaterali. Il testo, infatti, -e noi dobbiamo stare al testo- non dice che la donna era pentita, non è scritto questo. Gesù non è interessato ai suoi sentimenti, ma rivela che quando è avvenuto l incontro tra la santità di Gesù e il peccato di questa donna, allora -per riprendere ancora le parole di Agostino- rimasero solo loro due: la misera e la misericordia. Ecco la gratuità di quella soluzione! Gesù non condanna, perché Dio non condanna, ma con questo suo atto di misericordia preveniente, offre alla donna la possibilità di cambiare. E un po quello che troviamo in Luca, quando racconta la parabola del prodigo : è solo di fronte all amore gratuito del Padre che uno cambia vita. E di fronte a questa straordinaria presenza di Gesù, con questo suo atto di misericordia, c è la possibilità che questa persona possa cambiare la sua vita. 8

9 Non ci viene nemmeno detto che essa cambiò vita, che si convertì, che andò a fare penitenza; nemmeno che è diventata discepola di Gesù, che si mise a seguirlo: non è detto! Guardiamoci bene dal far dire al Vangelo ciò che noi desidereremmo dicesse. Bisogna essere molto rispettosi. Non sappiamo se questa donna perdonata, dopo l incontro con Gesù, abbia cambiato vita. Solo sappiamo che, affinché cambiasse vita e tornasse a vivere, Dio il quale non vuole la morte del peccatore, l ha perdonata attraverso Gesù e l ha inviata verso la libertà: «Va (va verso te stessa) e d ora in poi non peccare più». CONCLUSIONE Penso che dopo la lettura di questo incontro, comprendiamo meglio -come dicevamo all inizio- le parole pronunciate da Gesù in Gv.8,15: «Io non giudico nessuno». Gesù, infatti, è venuto non per giudicare, ma per salvare il mondo. Gesù è venuto per i peccatori, non per i giusti; per i malati, non per i sani. La contemplazione dell incontro di Gesù con questa donna, ci ha fatto conoscere la misericordia di Dio, le sue viscere di compassione, la sua passione d amore per noi uomini e donne. Questa compassione gli impedisce di condannare; quasi quasi lo obbliga a offrire gratuitamente il suo perdono in vista della nostra possibile conversione. E solo l amore smisurato che apre gli occhi. Quante volte ho detto: impariamo a innamorarci di Dio, a non aver paura di Dio, a non aver paura delle nostre miserie; nonostante tutto, cresciamo nell amore per il Signore! Quando diciamo queste cose, o del prodigo, o di questa donna, non le diciamo per facilitare le cose, se Dio è così : se Dio è così, non merita di essere offeso, ma merita di essere amato. La giustizia di Dio contiene in se stessa il perdono; per questo di fronte al peccato Gesù fa giustizia perdonando. Chiamato a scegliere tra la legge e la misericordia, Gesù sceglie la misericordia; senza mettersi contro la legge, sa distinguere il peccato dal peccatore. Era quella distinzione che a suo tempo il Papa buono, Giovanni XXIII, aveva fatto, scandalizzando: condanniamo il peccato, ma il peccatore no ; così fa Gesù: distingue il peccato dal peccatore. La legge è essenziale quale istanza in grado di rivelare il peccato, ma una volta infranta la legge, di fronte al peccatore concreto deve regnare la misericordia. Nessuna condanna, solo misericordia: qui sta la grandezza e l unicità di Gesù, il nostro Gesù, il nostro Signore. Infatti, ogni volta che Gesù ha incontrato un peccatore, lo ha assolto dai suoi peccati, non applicando mai una giustizia punitiva. Ha esortato con forza, a volte ha pronunciato quei «Guai!» in vista del giudizio: «Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida!» (Mt 11,21), unicamente perché il tuo male ricade su di me. In genere il male ricade su chi non lo fa. Quindi, ha pronunciato quei famosi «Guai!», ma non ha mai castigato nessuno, perché sapeva distinguere tra la condanna del peccato e la misericordia verso il peccatore. Forse è una distinzione che a noi riesce assai difficile. Ecco il messaggio della misericordia di Dio che cancella ogni peccato, del suo perdono preveniente, anche rispetto alla nostra conversione. Qui sta la singolarità scandalosa di Gesù, rifiutata da chi si ritiene giusto, ma accolta dai peccatori. 9

10 Sempre sono l una di fronte all altra: la misericordia inesauribile di Dio e la nostra miseria. L unica cosa che ci è chiesta è di riconoscere consapevolmente la nostra miseria e di accettare che il Signore la ricopra con la sua misericordia. Aderendo con tutto il nostro essere a tale misericordia, potremmo, a nostra volta, diventare capaci di compassione verso tutti, uomini e donne, nostri fratelli e nostre sorelle, amandoli -come scrive Paolo-: «con le viscere di misericordia di Gesù Cristo» (Fil 1,8). Dovremmo fare nostre queste viscere di misericordia di Gesù Cristo. Mi pare che anche questo medaglione sia da meditare: entri veramente nelle pieghe del nostro cuore. Se tutti facessimo così, penso che il mondo cambierebbe veramente. E...si impara dal Signore: impariamo da Lui! ***************** EVANGELIZZARE : UN COMPITO DIFFICILE La volta scorsa abbiamo approfondito il discorso sulla nostra fede in prospettiva della nuova evangelizzazione e del momento storico che la Chiesa sta vivendo. Praticamente abbiamo riflettuto sul fatto che: la fede è un esperienza difficile: la situazione attuale disgrazia o opportunità? che siamo in un momento in cui è finito il regime della cristianità; oggi chi crede sceglie liberamente di credere, mentre una volta si nasceva cristiani; abbiamo accennato a una proposta ormai libera con una risposta libera; del cambiamento di certe rappresentazioni religiose. A questo punto proponevo il testo degli Atti degli Apostoli 8, E uno dei testi più belli che entrano nel nostro tema odierno. ATTI DEGLI APOSTOLI 8 [26] Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: «Alzati, e và verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». [27] Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etiope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme, [28] se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia. [29] Disse allora lo Spirito a Filippo: «Và avanti, e raggiungi quel carro». Sottolineiamo come dall inizio alla fine è lo Spirito che muove Filippo [30] Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». [31] Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. [32] Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. [33] Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato 10

11 negato,ma la sua posterità chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita. [34] E rivoltosi a Filippo l'eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». [35] Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù. [36] Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: «Ecco qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?». [37]. [38] Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò. [39] Quando furono usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore (notate: lo Spirito) rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino. [40] Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa. LA FEDE È UNA ESPERIENZA DIFFICILE Mi rifaccio alla conclusione della volta scorsa. Dicevamo che quando uno deve difendere il Vangelo, vuol dire che non lo manifesta più, che non ha più fiducia nella sua forza, perché il Vangelo si difende da solo. Uno difende Dio? Dio non ha bisogno della mia difesa, Dio si difende da solo. La fede cristiana può solo offrirsi, senza puntelli, sapendo che il Vangelo ha in se stesso la forza per dimostrare il suo valore, la sua capacità di umanizzazione. La volta scorsa, alla fine, ho voluto sottolineare questo aspetto: La testimonianza è la modalità di chi dice quello che per grazia è diventato. Cosa è capitato dentro di me da quando ho conosciuto il Signore? Quindi la modalità dell autopresentazione è per sua natura disarmata, non pretenziosa; chi si autopresenta lo fa nella nudità di quello che è, come una libertà che si apre a un altra libertà. E poi, dicevamo, la testimonianza è sempre fatta nella modalità del dialogo. Il Vangelo di Gesù non può che essere proposto nella forma del dialogo. Chi testimonia, è capace di stupirsi; chi testimonia, è capace di lasciarsi evangelizzare da coloro che evangelizza, di cogliere che in quella persona a cui si rivolge è presente una parola di Vangelo che gli è indirizzata. La Chiesa annuncia Gesù e si lascia a volte sorprendere dal fatto che Egli la precede nelle persone e nelle culture alle quali essa lo annuncia. Così la Chiesa, mentre evangelizza, si lascia evangelizzare; mentre annuncia si pone in stato di profondo ascolto; mentre insegna si lascia istruire. Come afferma la GUDIUM ET SPES che dice: la Chiesa ha tanto da dare, ma anche tanto da ricevere. Perché in questi ultimi decenni forse abbiamo sottolineato la prima parte e trascurato la seconda? E il solo modo che abbiamo per annunciare Gesù Cristo è di raccontarlo nel modo della testimonianza e del dialogo. Ogni altro modo (cioè la conquista) smentisce il volto di Cristo. 11

12 UN TESTO BIBLICO CHE PUÒ ISPIRARE UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE: FILIPPO E L EUNUCO (AT.8,26-40) Questo testo di Luca ci può aiutare veramente a recuperare una nuova capacità di evangelizzazione nella cultura attuale. Luca ci offre alcune caratteristiche che devono sempre connotare chi annuncia il Vangelo. E un testo costruito un po a specchio su quello dei discepoli di Emmaus; c è lo stesso schema: c è una strada, nei due casi, c è un incontro, che avviene su una strada; c è una domanda; c è il dialogo che parte dalle Scritture e continua nella sua spiegazione; c è un gesto sacramentale: a Emmaus lo spezzare del pane, qui il gesto dell immersione nell acqua (il battesimo); c è una sparizione: là Gesù sparisce «non lo videro più», qui pure Filippo sparisce «lo Spirito rapì Filippo»; c è il ritorno a casa: quelli corrono a Gerusalemme, questi continuano sulla strada. Sono due quadri sinottici di Luca, con la sola differenza che nel Vangelo l evangelizzatore è Gesù, negli Atti è la comunità cristiana rappresentata da Filippo. Intenzionalmente Luca termina il Vangelo mostrando che il Risorto è il soggetto dell evangelizzazione, mentre negli Atti mostra come la comunità cristiana primitiva annuncia Gesù. Quindi è un testo estremamente istruttivo per l evangelizzazione. E vero che viviamo un momento in cui è cambiata la società: non è più quella di una volta, non a caso la Chiesa ha fatto il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, in modo particolare degli adulti di oggi, ma bisogna fare anche un po d igiene mentale di quello che abbiamo assorbito finora, per recuperare atteggiamenti più sani, più evangelici. Un primo aspetto: stare sulla strada. FARE STRADA INSIEME Luca ci ha raccontato nei capitoli precedenti le imprese del diacono Filippo. Filippo è il simbolo di tutta la comunità ecclesiale e, nella sua missione di evangelizzazione, - una missione caratterizzata anche dal successo con potenza nelle parole e nei prodigi. Improvvisamente l angelo del Signore lo manda su una strada deserta, in direzione di Gaza, a mezzogiorno, quando non passa nessuno. Filippo non è a Gerusalemme nella città santa, non è nemmeno nel tempio, ma su una strada profana, verso una città profana, in un ora in cui è assolutamente improbabile incontrare qualcuno. Queste due note ci offrono una prima provocazione: non è forse questo il passaggio che stiamo vivendo e che le nostre comunità cristiane sono chiamate ad assumere in questo momento di cambiamento culturale, di secolarizzazione? Veniamo da un tempo di cristianità nel quale la Chiesa godeva il consenso generale, religioso e civile, e la sua missione era caratterizzata da successo, da parole efficaci, da prodigi. Ora ci troviamo sbalzati su una strada deserta, in una cultura che forse sentiamo anche estranea. Siamo soli, su una strada dove sembrano scomparsi i riferimenti religiosi; ci sentiamo senza puntelli, senza appoggi istituzionali, sociali. Cioè la fede cristiana è lasciata a se stessa, a dare prova del suo valore, nella nudità dei consensi sociali. Ci chiediamo: - ma siamo pronti come cristiani ad abbandonare i luoghi rassicuranti della cristianità? - a sopportare la fatica e la frustrazione di stare dentro una cultura che non fa più della fede cristiana il suo riferimento condiviso? 12

13 - ce la sentiamo di assumere l invito dell Angelo del Signore, ad affrontare la solitudine di stare su una strada deserta, abbandonando un tipo di Chiesa, un tipo di linguaggio sacro del tempio, e a trovarci forse spaesati sulle strade della vita quotidiana, aspettando che qualcuno passi? E bene sottolineare che: è l Angelo del Signore, cioè lo Spirito Santo, che spinge Filippo lontano dalla Gerusalemme e a portarlo su una strada deserta! Come non ricordare che lo stesso Spirito spinse Gesù nel deserto per essere tentato? Il deserto e la strada deserta indicano quei luoghi profani nei quali sembra insensato o rischioso avventurarsi; indicano la storia e la cultura quando queste non si riconoscono più nei codici religiosi abituali. L invito del testo è di andarci volentieri, di stare volentieri dentro questa cultura apparentemente deserta, secolarizzata; non lasciarsi prendere dalle nostalgie dei tempi passati, ma di starci con speranza, con ottimismo, sapendo che questa cultura - né più né meno di quelle passate - è adatta al Vangelo, e che le donne e gli uomini di oggi, i nostri giovani e i nostri ragazzi, rimangono capaci di Dio, capax Dei, e che mantengono nel cuore un apertura, magari nascosta, all Infinito. Già il Qoèlet diceva che Dio ha messo nel cuore questa sete di infinito, questa nostalgia di qualcosa che va oltre l orizzonte stretto della terra. Ecco la prima connotazione dell evangelizzare: Come credenti, stare bene e volentieri in questo tempo, che è fatto così! Sono diciotto anni che facciamo questi incontri sulla parola di Dio, essenzialmente sulla parola di Dio, per creare dentro di noi questo spessore interiore al fine di vivere il meglio possibile in questa situazione. 1. Quindi la prima annotazione nell evangelizzare è: stare bene e volentieri in questo tempo, non sognare tempi passati di successi; accogliere con gioia l invito del Risorto a stare in questo tempo con fiducia e speranza. L invito non è un invito all ingenuità, ma a stare volentieri al mondo, nel mondo nel quale siamo stati posti dalla vita. Noi viviamo adesso, siamo responsabili adesso. E su quella strada deserta su cui lo Spirito lo ha sospinto, Filippo, contro ogni umano calcolo e contro ogni sensata previsione, è sorpreso da una presenza. Luca ci comunica questo senso di sorpresa e di meraviglia; pensate c è un avverbio che denota la sorpresa: «ed ecco». Fa seguito la descrizione di un personaggio strano «un Etiope, eunuco, funzionario della regina Candàce, venuto a Gerusalemme per il culto». Non era un Ebreo, era un simpatizzante dell ebraismo «che sta leggendo il profeta Isaia». Quindi sulla strada deserta, ad un ora non certamente propizia, per l evangelizzatore Filippo si realizza un incontro che suscita stupore: c è un uomo che viene da lontano, da quel confine della terra come era considerata l Etiopia, un uomo caratterizzato dal suo ruolo sociale, soprattutto segnato dalla sua condizione marginale e disprezzata di eunuco; un uomo menomato fisicamente, funzionario della regina (in genere sceglievano questo tipo di persone, le ragioni si intuiscono). E un uomo che è stato privato con violenza di uno dei diritti fondamentali: l esercizio della propria sessualità. In un contesto antico e mediorientale ciò che è più umiliante è il fatto di non poter avere figli, di non avere discendenza. Inoltre, nel contesto ebraico, l essere eunuco è una menomazione talmente grave da escludere dal culto e dalla comunità. Non a caso lo Spirito fa incontrare a Filippo proprio una persona del genere. In contrasto con la sua situazione di povertà umana c è un benessere economico, perché ha un incarico importante: è amministratore del tesoro della regina; è una carica importante che gli permette di vivere bene. Potremmo dire, secondo una certa analogia tra l eunuco e l uomo di oggi -più che oggi forse di ieri-: si può essere ricco ma sterile, sazio di beni ma spesso incapace di trovare senso alla vita. 13

14 Bene, la sorpresa per Filippo è che quest uomo, così insolito, è in ricerca religiosa, legge la Bibbia. 2. E qui c è una seconda indicazione preziosa: se abbiamo il coraggio e la fedeltà di collocarci sulla strada, con gli atteggiamenti di cui sopra, è possibile che si realizzino incontri sorprendenti, dai quali non è assente l iniziativa dello Spirito. Potremmo forse constatare con sorpresa che quanti consideravamo lontani come l Etiope -secondo i nostri stereotipi religiosi-, e quanti consideravamo ai margini -secondo i nostri modelli sociali-, ora sono attraversati dalla ricerca di senso, dalla domanda religiosa. Certo tale domanda e ricerca possono esprimersi con linguaggi, con modalità, che non sono quelle a cui siamo abituati. Qui sta la sensibilità e la capacità d interpretazione dell evangelizzatore per cogliere l orientamento profondo che la persona in ricerca tenta di manifestare. Forse la prima finezza dell azione evangelizzatrice si rivela proprio nel cogliere le ansie e i desideri che le persone esprimono con le modalità più diverse, nel saper leggere i vissuti narrati, dove si nasconde la domanda di senso. Con questo sguardo affinato, quanti incontri possono risultare sorprendenti, quante persone attraversate dal gemito dello Spirito si possono incontrare! Forse nei nostri giovani, apparentemente superficiali ed estranei a noi, c è questo grande bisogno di vita e quando trovano adulti che li ascoltano, senza moralismi o pregiudizi, forse può verificarsi un incontro. Quindi, la prima caratteristica da sottolineare è: - stare volentieri e bene in questo tempo così secolarizzato non più in regime di cristianità. Una seconda caratteristica dell evangelizzatore di oggi è: - lasciarsi sorprendere da tutti, dai giovani, dagli adulti, guardare tutti con simpatia. Bisogna che la Chiesa si lasci di nuovo raggiungere dalla compassione del Signore nei riguardi di tutte le persone. Passione e compassione, sono i due atteggiamenti indicati in questo brano; inoltre occorre fare strada assieme. Se osserviamo il percorso di Filippo con l eunuco etiope, lo vediamo contrassegnato da una pedagogia dell accompagnamento, ma chiaramente modellata su quella utilizzata dal Risorto con i due discepoli di Emmaus. C è una serie di verbi significativi: incontrare, correre, vicino, sentire, salire sul carro, sedersi vicino. Qui è indicata una delicata e profonda progressione per entrare in relazione con la persona. C è un dinamismo interiore che spinge ad andare, a correre vicino, ad ascoltare attentamente, a fare strada insieme: non a caso è lo Spirito che ha spinto Filippo. In questa prima parte -che è già annuncio- Filippo è passivo, non parla, si limita ad avvicinarsi, ad ascoltare, cioè a entrare in una vera relazione. La prima parola di evangelizzazione è il silenzio, un silenzio accogliente dell altro. Non è incominciare a spiegare le cose. L unica sua parola è una domanda, uno stimolo: «Capisci quello che leggi?», che provoca nella persona una presa di coscienza e una domanda di aiuto: «E come potrei comprendere, se nessuno mi istruisce?» se nessuno mi guida? Quindi l accompagnamento richiede -come nel cammino dell eunuco- la capacità di affiancarsi con rispetto a colui che sta cercando, che va interrogandosi. Affiancarsi con rispetto. I modi e i tempi di questa ricerca non vanno prefissati o imposti da colui che si sente evangelizzatore; semplicemente si affianca al cammino di riscoperta della fede. I tempi sono piuttosto dettati dal cammino interiore, dal progressivo dischiudersi di colui che cerca. In fondo 14

15 l accompagnatore è un umile servitore dell azione dello Spirito nel cuore di chi è in ricerca, e si presenta come un rispettoso aiuto alla sua libertà. Quindi l atteggiamento di non controllo, di non potere sulla fede dell altro, richiede vigile pazienza, capacità di cogliere il momento di grazia che si manifesta nell altro, nonché attenzione a rispondervi con disponibilità, con intelligenza, con questa apertura faticosa ma fruttuosa ad impostare cammini personalizzati. L accompagnamento rispettoso sulla strada della ricerca, della riscoperta della fede, non significa attesa passiva, vuol dire anche dare una mano, perché la ricerca possa avanzare e trovare approdo. Filippo pone delle domande all eunuco, suo interlocutore, perché il bisogno di ricerca e d illuminazione si approfondisca. Egli stesso poi accetta gli interrogativi dell eunuco e vi risponde offrendo la propria parola. E in fondo questa pedagogia del dialogo quella che il cammino di Filippo con l eunuco ci suggerisce. - Una terza caratteristica dell evangelizzare è: quella di servire il cammino interiore delle persone lasciandosi programmare dai tempi e dai ritmi delle persone, piuttosto che programmare noi il loro cammino. ANNUNZIARE GESÙ COME BELLA NOTIZIA [35] Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù. Il racconto di Luca ci dice poi, con un versetto molto bello, il v. 35, che Filippo prende la parola e gli evangelizza Gesù! Gli evangelizzò Gesù! E difficile rendere la forza di questa espressione. Evangelizzare Gesù significa annunciare Gesù come significativo per la sua vita. Ecco quello che deve fare l evangelizzatore: trasmettere all altro ciò che ha voluto dire per te Gesù; cosa è cambiato nella tua vita; cosa sta avvenendo dentro di te da quando hai conosciuto il Signore. In fondo, Filippo gli dà Gesù. Non sappiamo quale aspetto del messaggio di Gesù Filippo abbia detto all eunuco, ma il testo di Isaia del «Servo sofferente» ci fa capire che egli è andato dritto al cuore dell annuncio cristiano, cioè il mistero di morte e resurrezione del Signore. E la situazione che caratterizza come annunciare il Vangelo, che cosa annunciare. Ciò che può portare all incontro con il Signore Gesù deve essere una parola che è Vangelo sulla situazione reale che la persona sta vivendo, sulla domanda fondamentale che la persona si sta ponendo. La buona notizia è che la mia vita rovinata non è più solo rovinata, perché qualcuno la condivide, la porta al riscatto, perché al Signore Gesù è successa la stessa cosa e il Padre suo lo ha risuscitato. La buona novella di Gesù Cristo diventa davvero per l eunuco fonte di un inattesa speranza. Nella situazione di povertà radicale dell eunuco, Filippo gli annuncia Gesù come la buona notizia nella sua situazione concreta. Questo è il Kerygma, questo è l annuncio, questa è la straordinaria forza di questo versetto concentrato «e annunciò a lui Gesù». Gli evangelizzò Gesù sulla situazione della sua vita precisa. Bisogna rischiare una parola di Vangelo su quello che la gente sta vivendo, dimenticando ciò che abbiamo imparato, balbettando quello che ci viene dal cuore. Bisogna mettersi, in fondo, allo scoperto, non basandoci sulla nostra preparazione teologica o sulle formule dottrinali rassicuranti. 15

16 Per esempio: alla persona che incontro in un ospedale e mi dice che sta morendo, o alla persona che ha perso il figlio o che sta vivendo un dramma familiare; a questi non posso rispondere ripetendo il catechismo, ma devo dire Gesù, venendo allo scoperto, mettendomi in gioco. L evangelizzatore, in fondo, è lasciato a se stesso e alla sua autenticità, alla sua esperienza fatta da quando ha incontrato il Signore. - È la quarta caratteristica dell evangelizzatore: non si accompagna veramente, se non si arriva a testimoniare la propria fede nel Signore Gesù presentandola agli altri come la nostra gioia, come l annuncio che ha toccato la nostra vita. Tale annuncio non è la comunicazione di una dottrina, ma la capacità di presentare il Vangelo a partire dall esperienza di vita delle persone, di farlo risuonare come proposta di speranza rispetto ai problemi e agli interessi che le persone hanno. Si tratta di rischiare parole di Vangelo immediate, non troppo strutturate, parole fedeli ma anche creative, affinché le persone possano cogliere che il Signore Gesù è il loro Salvatore. E poi non creare impedimenti, perché nella storia, negli Atti specialmente, troviamo queste cose. [36] Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: «Ecco qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?». Dopo l annuncio di Filippo l eunuco fa una domanda, che è rivolta anche a noi e che si può parafrasare così: A questo punto ho capito, ti ringrazio, ho capito che Gesù è la nostra gioia, che Gesù è il nostro Salvatore. Che cosa impedisce che io sia battezzato? Cosa impedisce che io entri a far parte della comunità dei salvati? Ecco Luca formula questa domanda in modo molto evocativo. Nel linguaggio del suo Vangelo, degli Atti degli Apostoli, l impedimento che l eunuco evoca è quello che molte volte emerge nella comunità religiosa cristiana. Basta pensare agli apostoli che impediscono ai fanciulli di andare da Gesù; ai farisei che impediscono a qualcuno con i loro schemi religiosi di entrare nel Regno dei cieli «voi impedite di entrare». Ricordate l episodio di Pietro con Cornelio: quando vede lo Spirito Santo scendere su queste persone che sono dei pagani e la comunità cristiana lo rimprovera di avere dato il battesimo a un pagano, Pietro dice «ma cosa impediva? Ormai ho visto che lo Spirito Santo era sceso su di loro come su di noi, cosa potevo fare io?». Ecco perché c è questa domanda. Su questo sfondo si capisce la domanda dell eunuco. Ci appare come una specie di protesta contro chi, all interno della comunità cristiana, nutre ancora pregiudizi: cioé che un eunuco, uno socialmente disprezzato, uno socialmente emarginato, impossibilitato per la sua condizione a far parte dell antico popolo di Dio, possa essere accolto nella comunità dei salvati. «Cosa impedisce a questo punto?» Questo grido di protesta dell eunuco raggiunge anche le nostre comunità cristiane. Il sottile pregiudizio, infatti, che i socialmente emarginati, quanti non rispondono a un certo modello religioso, coloro che sono stati moralmente fragili, siano presenza stonata nelle comunità cristiana. C è un attualità incredibile in questi episodi degli Atti, perché anche oggi in molti credenti persiste questo tipo di ostacolo. Ci possono essere resistenze, sospetti nei praticanti tradizionali verso chi è giunto, talora attraverso percorsi faticosi, a intravedere nel Vangelo di Gesù Cristo una speranza di salvezza per la propria vita, per la propria storia, magari tortuosa. Sarebbe triste che dopo aver evocato e programmato la ricerca dei cosiddetti lontani, le comunità cristiane si rendessero poco accoglienti o addirittura facessero sentire a disagio coloro che Dio ha inaspettatamente reso vicini. Ecco perché l eunuco dice «Che cosa impedisce ormai a questo punto?». L evangelizzazione, certo, è un mondo complesso, dove i percorsi che portano ad una prima apertura di fede possono essere i più diversi, dove coloro che cercano speranza nel Vangelo possono provenire da condizioni o da storie personali le più disparate; ciò richiede alle comunità cristiane di essere evangelicamente attente, aperte, accoglienti. 16

17 E contro questo pericolo di rigidità e chiusura che si è elevata la protesta dell eunuco, una volta che ha compreso che in Gesù Cristo c è speranza di salvezza per tutti, anche per gli emarginati come lui, anche per i disperati. Luca, che non è mai banale, dice: [38] Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò Notate: «scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco». Bisogna essere ingenui a non capire che in questa insistenza c è un significato: questa insistenza vuol dire che quando accompagno qualcuno alla fede, non posso restare fuori; vuol dire che non esco indenne da un accompagnamento; vuol dire, fondamentalmente, che il primo annuncio deve essere un percorso che la Chiesa fa mentre lo fa compiere agli altri. Chi si avvicina alla fede è una grande opportunità per la Chiesa, perché rifaccia l esperienza del mistero pasquale. «...ed egli lo battezzò» È la comunità cristiana che ha ricevuto il dono della fede e che è in grado di comunicarla in ogni tempo. Allora questo momento storico, non più di regime di cristianità, è una tragedia o una chance? È una chance che abbiamo per rifondare evangelicamente la fede. Possiamo dire che i non credenti sono la nostra chance per poter tornare a credere veramente. I ricomincianti alla fede sono la nostra fortuna, nella misura in cui li accogliamo e accettiamo di rifare con loro il nostro percorso di fede, che è la condizione fondamentale per potergliela comunicare: torneremo anche noi ad essere veramente credenti. I veri accompagnamenti educativi non lasciano intatti, ma coinvolgono, rimettono in gioco totalmente; se ne esce non solo educatore dell altra persona, ma anche rieducato personalmente. Ecco questa espressione di Luca: «scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco». - Ecco un altra caratteristica dell evangelizzare che consiste proprio: nell abbandonare ogni e qualsiasi pregiudizio moralistico e religioso e credere che tutte e tutti, comunque sia la loro vita, sono degni del Vangelo. Tutti!, anzi, i più poveri sono i più adatti ad accoglierlo, perché quello è stato lo stile di Gesù. Sempre di più ci saranno persone che vengono da altrove e faranno parte della comunità dei salvati, anche se in modo graduale; che saranno raggiunti dalla grazia del Signore, anche se per storie di vita o per scelte non potranno mai essere del tutto a posto -secondo i nostri canoni- e che cioè continueranno ad essere dei credenti eunuchi, dei menomati; ma per questo: li terremo lontani dalla comunità, perché non sono perfetti? Se così fosse, presto le nostre comunità sarebbero deserte e anche noi ce ne dovremo andare. É un testo di un attualità unica. SAPERE SCOMPARIRE - C è un altro elemento splendido, per me molto bello: sapere scomparire. L ha fatto Gesù, l ha fatto Filippo. É bello sottolineare che il testo termina con l indicazione che lo Spirito rapisce Filippo e lo porta lontano, mentre l eunuco prosegue con gioia (la gioia messianica) la sua strada. Quest ultimo aspetto è di fondamentale importanza per ogni evangelizzatore; cioè segnala il carattere di mediazione di ogni accompagnamento e la necessità di lasciare pieno spazio all azione dello Spirito. Chi converte è il Signore. Egli potrà servirsi anche di noi, potrà servirsi anche di me, quando meno me lo aspetto, ma chi evangelizza è Lui. 17

18 Ecco perché a un certo momento Filippo sparisce. C è questa necessità di lasciare pieno spazio all azione dello Spirito e al cammino personale delle persone. Quindi l accompagnamento mira a restituire alle persone l azione dello Spirito, il quale è l unico missionario competente: solo Lui è capace di restituire a ciascuno la propria autonomia. Non si accompagna per plagiare, per controllare, ma per rendere indipendenti. Le affermazioni: io sono un figlio spirituale di, figlio spirituale di sono improprie: siamo tutti figli spirituali dello Spirito Santo. Ci possono essere delle mediazioni, e le ringraziamo, però alla fine bisogna fare come Filippo, come ha fatto Gesù ad Emmaus: sparire. C è una presenza che sparisce per rendere le persone indipendenti. Questo significa anche che, nei riguardi delle persone che noi accompagniamo, il compito di annuncio è a termine, ed è bene così. E bene che, accompagnata una persona, noi scompariamo, perché possa fiorire la sua libertà sotto l azione dello Spirito, nelle direzioni che forse noi non possiamo nemmeno immaginare. Questo significa che l accompagnamento rinuncia a verificare i risultati: noi seminiamo, qualcun altro irrigherà, ma solo Dio fa crescere. Come Paolo scrive ai Corinzi, perché c erano delle divisioni: C è chi semina, c è chi irriga, ma c è un altro che fa crescere. TRE ATTEGGIAMENTI DELL EVANGELIZZAZIONE OGGI Vorrei sintetizzare il percorso fatto, evidenziando gli atteggiamenti fondamentali che ci possono guidare e servire da percorso come stile di evangelizzazione. a) rimanere sempre e assiduamente discepoli del Vangelo. Quando noi annunciamo il Vangelo rischiamo, senza renderci conto, di dimenticare che siamo noi i primi destinatari; allora ci comportiamo come se, essendo diventati conoscitori del Vangelo, non ci restasse altro che trasmetterlo agli altri. E come se noi non avessimo più nulla da ascoltare o da ricevere dal Vangelo e, diventati maestri nell arte di comprenderlo e di viverlo, non ci toccherebbe che diffonderlo e comunicarlo. No, rimaniamo discepoli del Vangelo fin che viviamo. Può così avvenire che non ci lasciamo più evangelizzare altrimenti, e che mettiamo in atto delle forme di evangelizzazione che contraddicono il messaggio stesso che annunciamo. Tutti sappiamo che ci possono essere pratiche pastorali che, benché condotte in nome del Vangelo, sanno più di conquista, di volontà di potere, che della buona novella di Gesù. Per questo è fondamentale che l evangelizzatore e l intera comunità rimangano incessantemente destinatari del Vangelo, tutti discepoli e tutti sottomessi alla Parola. La questione prima per ogni evangelizzatore è annunciare il Vangelo, ma domandarsi sempre: cosa ha da dirmi oggi questo Vangelo? Questa è stata in fondo la conversione fondamentale di Pietro e dopo di lui quella della sua comunità. Quindi un primo atteggiamento: rimanere sempre e assiduamente discepoli del Vangelo. b) ascoltare la Parola che invita a dislocarci là dove il Risorto ci precede «non è qui, vi precede in Galilea, là lo vedrete» (Mc 16). Abbiamo detto che dobbiamo restare costantemente discepoli del Vangelo. Ora, cosa ci dice il Vangelo il mattino di Pasqua? «non è qui, vi precede in Galilea, là lo vedrete». Questo annuncio dell Angelo obbliga l evangelizzatore a dislocarsi continuamente: c è qui un cambiamento di prospettiva radicale. Non possediamo il Cristo come oggetto tenuto in mano e controllato, pronto ad essere comunicato agli altri che non ce l hanno. Il Cristo non è un oggetto posseduto che abbiamo a disposizione. Per raggiungerlo, siamo invitati a uscire da noi stessi, a lasciare il nostro luogo per andare nel luogo dell altro, la Galilea delle Genti, la casa del pagano, là dove Lui ci precede. Quando arriviamo in un posto, siamo già stati preceduti dallo Spirito del Signore. 18

19 Noi non portiamo agli altri quello che loro non hanno, ma li raggiungiamo sulla loro strada per scoprire con loro le tracce del Risorto che è già presente, che ci ha già preceduti. Cioè la fede è un cammino di riconoscimento di ciò che è già stato donato segretamente. «Vi precede in Galilea, là lo vedrete» Lo Spirito Santo ci precede sempre, per questo dobbiamo sempre lasciarci evangelizzare da coloro che evangelizziamo. Lo stesso Spirito agisce nell evangelizzatore e nell evangelizzato, e il primo, se conosce veramente quello che annuncia, accetta anche di essere convertito da colui che ha accettato di ascoltarlo. Tutta l arte dell evangelizzatore consiste allora nel favorire il riconoscimento nel discernere e segnalare la presenza del Regno di Dio nelle persone, nelle situazioni, anche là dove proprio non ce l aspetteremmo. Quindi non dobbiamo andare verso gli altri per guadagnarli alla nostra causa, per portare loro quello che non hanno, ma per riconoscere con loro, dentro la storia della loro vita, la presenza del Risorto, in modo da rimanere noi stessi sorpresi. «non è qui, vi precede in Galilea, là lo vedrete» Siamo sorpresi. Ogni persona - sia giovane, sia adulta, genitore, anziano, persone critiche o non più credenti - se accostata con questo stile, può essere aiutata a vedere quello che non vede, e aiuta noi a non dare mai per scontato che Dio ha sempre una falcata di vantaggio su di noi e che il suo Spirito fa nuove tutte le cose. E, un ultimo aspetto: b) lasciarsi accogliere nel luogo dell altro; entrare in uno spazio di accoglienza reciproca. Le nostre comunità cristiane devono essere sempre accoglienti. Non ci potrebbe essere in questo invito a essere accoglienti un inconsapevole condizione di superiorità nei riguardi dell altro? Quando noi moltiplichiamo i segni di accoglienza, stiamo dicendo loro: venite a trovare da noi quello che non avete da voi. In questo gioco comunicativo può avvenire, allora, che chi accoglie si mette inconsapevolmente sopra l altro, e colui che viene accolto si senta sotto. La Chiesa può essere percepita già nelle sue intenzioni come un agenzia che stabilisce con la gente una relazione unidirezionale: dà ma non riceve, parla ma non ascolta, invita a convertirsi ma non si converte. No, non è così. Per uscire da questo rapporto di disuguaglianza, basata sul registro dominante/dominato, non dovremmo -secondo il Vangelo- invertire la logica?, non tanto cercando di accogliere l altro da noi, bensì rischiare l accoglienza da lui, dando fiducia alle sue capacità di accoglienza. «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». (Lc 19,5) Zaccheo era la persona meno desiderata, criticata da tutti. E Gesù cosa fa? «scendi subito, oggi devo fermarmi a casa tua». Il Vangelo non ci dice di essere accoglienti, ci dice di andare verso gli altri e di affidarci alla loro ospitalità: «Quando entrate in una casa, rimanete fino alla vostra partenza»; «Chi accoglie voi, accoglie me»; «Sto alla porta e busso, se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre, io verrò e cenerò con lui». Queste prospettive evangeliche, non sopprimono assolutamente le esigenze dell accoglienza, ma le pongono in questa ottica di reciprocità in cui gli uni e gli altri danno e ricevono; l ospitalità ricevuta, infatti, porta all ospitalità restituita. Il termine ospite non indica forse sia la persona che ospita sia quella che viene ospitata? E per chiudere: c) ritorno al Vangelo da parte delle nostre comunità. L attenzione ai ricomincianti può diventare la strada del nostro ricominciamento. Un ricominciante, qualunque e di qualsiasi tipo sia, chiede a noi di rifare con lui la strada della fede. Non ci chiede di annodare il filo nel punto in cui si era interrotto, non chiede mai di credere come credeva una volta, ma a partire da ciò che egli è in questo momento. Ci chiede di credere in modo nuovo, in modo che assuma tutta la sua storia, le sue esigenze. Se accettiamo il cammino di accompagnamento, saremo condotti a ripensare la fede diversamente, educativamente, da come l avevamo imparata anche noi. 19

20 Per questo nella complessità e nel peso delle incombenze pastorali che abbiamo occorre che scegliamo delle priorità, una di queste è proprio quella di dare tempo a chi accetta di ricredersi e ritorna disponibile a credere. Quindi il problema della fede degli adulti è un problema di rieducazione della nostra fede di credenti. La crisi della evangelizzazione rinvia alla necessità di una nuova riformulazione del messaggio, ma tale riformulazione chiede alla comunità ecclesiale, a noi per primi che la rappresentiamo visibilmente, di rivisitare anche la nostra fede, di non darla mai più per scontata, reimparare a viverla, reimparare a dirla. Come potremo essere educatori della fede degli adulti se non ci rieduchiamo, se non ci rieducheremo a credere diversamente, in modo non infantile? Quindi la crisi dell evangelizzazione va interpretata come un appello affinché la comunità ecclesiale torni ad ascoltare -lei per prima- il Vangelo, come se fosse la prima volta. Trasposizione da audio-registrazione non rivista dall autore Nota: La trasposizione è alla lettera, gli errori di composizione, le ripetizioni sono dovuti alla differenza tra la lingua parlata e la lingua scritta. La punteggiatura è posizionata ad orecchio e a libera interpretazione del testo da parte di chi trascrive. 20

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